8 – SANTA ELISABETTA
una
giovane moderna, sedotta dai suoi TRE
Ascoltiamo la testimonianza ed i
consigli di una santa, “profeta” della presenza e della inabitazione di
Dio-Trinità «nel cielo della nostra anima». Si tratta della carmelitana scalza
Elisabetta Catez (Bourges 1880– Dijon 1906), più conosciuta come Suor
Elisabetta della Trinità. La scegliamo per la sua forte esperienza mistica
[conoscenza di Dio di prima mano], e per la pertinenza della sua testimonianza.
ABITATA DA UNA PRESENZA
La storia dell’anima di Elisabetta inizia in ... Dio, con l’esperienza
della sua Presenza.
Era figlia di un
ufficiale dell’esercito e di una madre molto sensibile e un po’ possessiva.
Ricevette un’educazione cristiana normale.
Ciò che non era normale era quella sensazione di una Presenza amorosa che
colmava il suo cuore di bambina. Come poco normali erano l’assoluta rettitudine
e l’instancabile generosità con cui desiderava rispondere a questa Presenza:
ricambiare con amore a quest’Amore, con presenza a questa Presenza.
Elisabetta era una giovane moderna, cui piaceva la
moda e l’eleganza. Agli occhi di certe persone passava persino come abbastanza
“mondana”. Alla morte del padre, viaggia con la madre e con la sorella Guita
per tutta la Francia e per parte della Svizzera. L’incantano le montagne e il
mare, possiede molti amici, e suona con maestria il piano, come “Primo Premio”
dal Conservatorio di Dijion.
Accade, però, che molto spesso si sente “visitata” da
una Presenza divina, misteriosa. E la nostra giovane pianista decide che sia il
Dio Vivo la musa e la musica del suo cuore. O, meglio, è lo stesso Signore che
così ha deciso. È una chiamata divina, che costituisce la gioia inestinguibile
per Elisabetta: «Gesù è il mio amore!».
Durante le
serate danzanti e le conversazioni tra le famiglie dei militari, è presto
notata. Lei, tuttavia, respinge tutte le proposte di matrimonio: «Il mio
cuore non è libero!», si limita a rispondere con cortesia … Però, mente.
Perché, invece, è libera; completamente libera, libera da ogni cosa: occupata
soltanto da … questa Suprema Presenza.
«Gesù, la mia anima ti anela!» (a 14 anni). «Sempre il cuore è
con Lui, e «a Lui pensa notte e giorno senza cessare, a quell’Amico divino e
celestiale» (18 anni).
«Ti offro la cella del mio cuore, affinché
sia la tua piccola Betania» (anni
20). Betania, dove Gesù riprendeva forze vicino a cari amici (Lc 10.38-42). «Ti
ho donato il mio cuore, che ti ama fino a morire».
Per non disgustare nessuno, e per amore del Signore,
Elisabetta intraprende una lotta mortale contro la sua spontanea impulsività e
le sue tormentose rabbiette: «Il mio terribile temperamento!», si
lamenta. Nessuno, però, lo nota.
Durante la giovinezza, «Dio» per lei è «Gesù». O
semplicemente «Lui». «Lui» è unico! E Gesù la conduce al Padre e le invia il
suo Spirito. Nella festa della Pentecoste, al compiersi dei 18 anni, per la
prima volta parlerà – almeno nei suoi scritti – della Trinità. La sua
esistenza, la conosce da quando imparò a fare il Segno della Croce.
Un tratto tipico della giovane
mistica: chiama già se stessa «sposa della Trinità». Con che radicalità
desidera donarsi al fuoco dello Spirito, che spesso “’inonda” della sua
Presenza e la «colma dei suoi favori»!
DI NOME: «ELISABETTA
DELLA TRINITÀ
La mamma si oppone
tenacemente al progetto della radiosa «pupilla dei suoi occhi» di entrare al
Carme-lo. Si può comprendere. E lo capisce ancor meglio la giovane Elisabetta.
Con tatto, e armata di pazienza per vari anni, finisce per vincere la sua
opposizione. Più tardi, la figlia attirerà la madre verso i cammini di Dio.
Le sarebbe
piaciuto assumere nel Carmelo il nome di “Elisabetta di Gesù”. Le propongono il
nome di Elisabetta della Trinità. E ne rimane sorpresa... In seguito, tuttavia,
scrive:
«Mi sembra che questo nome denoti una vocazione
speciale... Amo tanto questo mistero della santissima Trinità! È un abisso in
cui mi sommergo …».
Un anno più tardi, già religiosa, scrive alla sorella
nella notte della solennità della Santissima Trinità:
«Sì, Guita cara, questa festa dei “Tre” è realmente
la mia festività; non ce n’è altra che per me l’uguagli … È una festa di
silenzio e di adorazione. Non avrei mai compreso tanto bene questo mistero e la
grande vocazione che si racchiude nel mio nome».
Con
quale gioia ripete le parole di san Paolo: «Per amor suo ho abbandonato
tutto!» (Filip. 3,8).
Ai suoi occhi, è
puro guadagno, una grazia straordinaria, orizzonti, vita, felicità, c'è «Lui»
... Prova una profonda simpatia per il focoso san Paolo, «dal cuore grande e
sconfinato», e leggerà «cose magnifiche» nelle sue «meravigliose lettere».
Se ci chiedessimo quale frase di san Paolo l’abbia più profondamente
marcata, fin nel più profondo dell’anima tanto frequentemente visitata dalla
Presenza di Dio, si dovrebbe citare senza dubbio la confidenza che l’Apostolo
fa ai cristiani della Galazia: «Vivo io, però non sono io; è Cristo che vive in
me. Mentre vivo in questa carne, per la fede vivo nel Figlio di Dio, che m’amò
sino a donarsi per me» (Gal 3,20).
Gesù e Paolo non si erano conosciuti personalmente. Ma Paolo (ed
Elisabetta) hanno compreso che Gesù, nella profondità della sua divinità, ci ha
conosciuti tutti, uno per uno, ed ha donato la sua vita sulla croce per tutti e
per ognuno di noi personalmente. All’amica Francesca scrive: «Tu che hai un cuore tanto ardente, non
comprendi che cos’è l’amore quando si tratta con Qualcuno che ci ha amato
tanto?».
MAESTRA DI ORAZIONE TRINITARIA
Resa
sapiente da una lunga esperienza mistica e da una totale generosità, Elisabetta
si rivela per i suoi amici una straordinaria pedagoga in ciò che si riferisce
all’attenzione orante al Dio-Trinità.
Ascoltiamo i
suoi principali consigli. Ecco un riassunto delle sue lezioni:
a – Metteteci
interesse
Un elemento basilare è che “ci mettiamo interesse”. Possiamo amare
soltanto ciò che conosciamo. Bisogna sentire interessa per Dio e per le cose
della fede. Elisabetta ascoltava avidamente ciò che di Dio si diceva nella
liturgia, nella catechesi, in questa o quell’altra conferenza. Fece vari ritiri
spirituali, lesse diversi libri spirituali. “La storia di un’anima” di santa
Teresa di Lisieux l’impressionò molto; come pure le opere di san Giovanni della
Croce.
Si alimentò, soprattutto, alla stessa fonte della
nostra fede, il Nuovo Testamento: questo libretto che costa meno
che un’entrata per un concerto o per una partita di calcio, o anche di un
compact-disk o un biglietto di lotteria. La nostra fede richiede cibo solido!
Molta gente s’impone un estremo “risparmio” (!)
in questa materia! Il risultato catastrofico è l’”anoressia della fede”,
il disboscamento della sua memoria religiosa, la fine della sua relazione con
Dio. I germi, tuttavia, continuano ad esserci, e basterebbe ogni giorno
innaffiarli un po’ con quell'acqua viva di cui parla il Signore, e di cui tanta
sete aveva la samaritana (Giov 4, 15), affinché quella piantina riprendesse
presto vita e ricominciasse a rifiorire.
Elisabetta beveva a grandi sorsi l’acqua viva che la fede in Gesù le
offriva. All’amica Francesca – e a tutti noi – consigliava: «Alimenta
l’anima con le grandi verità della fede, che ad essa rivelano la sua immensa
grandezza e il fine per cui Dio l’ha creata».
Sul punto di
morte, dirà al dottor Barbier, che l’aveva seguita:
«Si
ricordi con frequenza di quelle cose di cui abbiamo parlato insieme.
Lasci che la sua anima vibri al soffio della grazia che queste cose
produrranno in essa …
Mi ha reso così felice vedere come lei stimava il mio caro san Paolo,
che la prego di accettare come ultimo addio di un’inferma il libro di queste
Lettere, da cui la mia anima trasse tanta forza nella sofferenza. Torneremo ad
incontrarci nella luce che queste pagine proiettano su chi le legge con la fede
di figlio di Dio, in quella luce che presto non avrà più ombre per me».
b - Vigilate! State attenti!
L’interesse per le realtà
della fede deve essere accompagnato da un’attenzione vigilante alla presenza
di questo Dio che a noi si dona. Senza attenzione, non ci potrà essere un
tratto autentico e duraturo. Possiamo amare soltanto chi conosciamo, e
stimeremo chi amiamo nella misura in cui continuiamo a prestargli l’attenzione
necessaria.
Dobbiamo
«ravvivare la nostra fede» – afferma Elisabetta.
«Prender coscienza» del Dio che sta lì; «Capire come ci ama»
questo «Amico di tutte le ore».
Possiamo porci in contatto con Lui con
tutta confidenza: «È molto semplice. Non c'è bisogno di bei pensieri; basta
lasciar parlare il cuore».
Alla sorella Guita, Elisabetta spiega
che per pregare non c’è bisogno di libri eruditi: «Prendi il Crocefisso,
guarda, ascolta».
Per
lei, il «libro preferito» tra tutti, è «l’anima di Cristo: essa mi ha
rivelato tutti i segreti del Padre».
c – Rinnovate la “Presenza di Dio”
Sapendo come conosce il cuore umano,
Elisabetta sa com’è facile perdere il contatto con Dio, dimenticarlo per lungo
tempo. Per questo insiste a che ritorniamo frequentemente a Dio; che ci
sommergiamo più volte in Dio; che moltiplichiamo i momenti dedicati
gratuitamente alla sua attenzione.
Il ritmo può aumentare. Rivolgendoci «una
volta tanto» a Dio, si giunge a «molte
volte lungo la giornata». Ad altri consiglia che preghino «con
frequenza». Lei stessa cerca di «vivere unita a Dio dal mattino alla
sera, e dalla sera al mattino».
A Francesca, che era un fascio di nervi, le scrive:
«Hai bisogno di costruirti, come
faccio io, una cella dentro la tua anima. Quindi, pensa che Dio sta lì, ed
entraci di tanto in tanto. Quando ti senti nervosa ed infelice, mettiti
immediatamente lì dentro, e raccontalo solo al Maestro …
Se tu sapessi come ci comprende bene! Se lo
comprendessi, non soffriresti più!».
Con la giovane Germana, altra amica, va ancora più
lontano:
«Tutta la Trinità riposa in noi …
Uniamoci per convertire le nostre giornate in una comunione permanente.
Svegliamoci alla mattina nell’Amore; trascorriamo il giorno dedicate all’Amore
– cioè facendo la volontà di Dio, sotto il suo sguardo, con Lui, in Lui e solo
per Lui».
Consacrandosi a Dio con la professione religiosa,
Elisabetta desidera che
«ciò rappresenti l’inizio di un atto d’adorazione
che non cessi mai nella sua anima».
Per questa giovane «essere sposa di
Cristo consiste nel tenere gli occhi fissi nei suoi, il pensiero ossessionato
da Lui, il cuore totalmente preso, l’anima piena della sua vita, traboccante
della sua preghiera, tutto l’essere schiavo e a Lui donato».
d – Fate di questa “Presenza” un’abitudine
Per questo la nostra fedeltà
nel rivolgerci a Dio deve convertirsi in abitudine.
«Non si deve
lasciar abbattere dalle sue miserie. San Paolo afferma: “Quanto più si
moltiplicò il peccato, tanto maggiormente abbondò la grazia” (Rm 5,20) …
Voglio confidarle
un segreto segreto. Pensi a
questo Dio che abita in lei e di cui è tempio. È ancora san Paolo che ce
l’assicura, e possiamo credergli.
Poco a poco
l’anima si abitua a vivere in sua dolce compagnia e si rende conto che in sé
possiede un piccolo cielo, dove il Dio dell’amore ha posto la dimora … Non
sostenga che questo non è per lei, perché troppo miserabile. Al contrario, ciò
è una ragione in più per avvicinarci al Signore. Non ci purificheremo
soffermando sulla nostra miseria, ma soltanto volgendo gli occhi a Cristo, che
è tutto purezza e santità».
e – Cercate Dio
in ogni circostanza
• Elisabetta
c’insegna a cercare Dio nascosto dovunque si trovi. Lei lo vedeva nella
bellezza della creazione: «Quella
vallata alla luce delle stelle, quell’immensità, quell’infinito: Tutto ciò mi
parlava di Dio».
• Lo
vedeva nel prossimo: «In te abbraccio Dio». Lo possedeva
irradiandolo coscientemente agli altri. Prima di uscire per una serata danzante
per festeggiare i suoi 22 anni, scriveva ad un’amica:
«Credo
che a Lui piaccia vedermi lì. Chiedigli che mi comporti in modo tale, che Lo
percepiscano coloro che ci avvicinano a me e pensino a Lui».
• La
Presenza di Dio le traspare in tutto ciò che avviene: «Qualsiasi
episodio, qualsiasi avvenimento, qualsiasi sofferenza e gioia è un sacramento
che Dio le offre». Anzi, assicurava che sentiva Dio « più vicino»
quando soffriva, e che il dolore per lei era come una torcia il cui fuoco era
l’amore.
• Il
luogo assolutamente privilegiato, tuttavia, per l’incontro con Dio era l’Eucaristia:
«Credo che nulla esprima maggiormente l’amore che alberga nel Cuore di Dio
che l’Eucaristia». Elisabetta rivela a Gesù che lei desidera: «vivere
unita a Te, da una comunione all’altra».
• È ben noto la sua
speciale attenzione per vivere il mistero dell'inabitazione del
Dio-Trinità, la sua presenza nel più intimo del nostro essere. Ancora giovane
laica, scopri questo «cielo della sua anima».
Il giorno in cui compresi questo,
tutto s’illuminò nel mio intimo, e bramavo raccontare sottovoce questo segreto
a tutti coloro che amavo, affinché anche loro si unissero a Dio».
E le vengono
desideri di manifestarlo a tutto il mondo: «La Trinità – spiega
Elisabetta –, lei è la nostra dimora, il nostro focolare, la nostra casa
paterna, da cui giammai dovremmo uscire». L’amica Germana non dovrà mai
dimenticare che «nella sua intimità più profonda dimorano il Padre, il
Figlio e lo Spirito Santo», e che questo «ci pone in una specie di
comunione continua con la Santissima Trinità».
Quando
sua madre si sente sola, Elisabetta l’incoraggia, ricordandole che
«in ogni momento,
di giorno e di notte, le tre divine Persone dimorano in te …Quando si sanno
queste cose, si vive in un’intimità realmente adorabile. Ormai non siamo più sole!…
Pensa che stai con Lui, e trattalo come uno che si ama»
Nel cielo della sua anima Elisabetta desidera vivere
una «relazione intima, dove l’anima si rovescia in Dio e Dio
si rovescia in lei per trasformarla in Lui».
f–
Con unità e silenzio interiore
Per non tornare a ripiegarsi su se stessa, Elisabetta consiglia una
sana ascesi di unità interiore, di silenzio interiore, affinché, liberi da ogni
motivazione egoistica, conserviamo le nostre forze per Dio. E si spiega:
«Conservare le nostre forze per Dio consiste
nell’ottenere l’unità interiore attraverso il silenzio interiore … Un’anima che
transige col suo io, che vive schiava della propria sensibilità, che va dietro
a pensieri inutili e ad ogni specie di desideri, è un’anima che disperde le sue
energie e che non è orientata totalmente verso Dio. La sua lira non vibra
all’unisono, e il divino Maestro, al toccarla, non può estrarne armonie divine.
In lei continua ad esserci troppo di umano. Si produce una dissonanza … Deve
continuamente accordare le corde del suo strumento…».
Alcune
settimane prima di morire, Elisabetta testimonierà quante forze trasse dalla
«presenza di Dio, di questo Dio tutto
Amore, che abita nelle nostre anime.
Ti
faccio una confidenza: quest’intimità con Lui “nell’interiorità” è stata lo
splendente sole che ha illuminato la mia vita, convertendola in un cielo
anticipato. Questo è ciò che mi sostiene in mezzo alle sofferenze. Non ha timore della mia debolezza … perché il
Dio forte sta in me».
[Da L'incontro coi Tre – santa Elisabetta della Trinità – p.
Claudio Truzzi]
ELEVAZIONE
ALLA SANTISSIMA TRINITÀ
O mio
Dio, Trinità che adoro, aiutami
a dimenticarmi completamente, per fissarmi in Te, immobile e tranquilla, come se la
mia anima fosse già nell'eternità.
Nulla possa turbare la mia pace né farmi
uscire da Te, o mio Immutabile, ma che ogni istante m'immerga sempre più nella
profondità del tuo Mistero.
Pacifica la mia anima, rendila tuo cielo, tua
dimora prediletta, luogo del tuo riposo.
Che non ti ci lasci mai solo, ma che sia là tutta,
interamente desta nella mia fede, tutta in adorazione, pienamente abbandonata
alla tua azione creatrice.
O mio Cristo amato,
crocifisso per amore, vorrei essere una sposa per il tuo Cuore, vorrei coprirti
di gloria, vorrei amarti fino a morirne. Ma sento la mia impotenza, e ti chiedo
di «rivestirmi di te»,
d'identificare la mia anima a tutti i movimenti della tua anima, di
sommergermi, d'invadermi, di sostituirti a me, affinché la mia vita non sia che
un'irradiazione della tua vita. Vieni in me come Adoratore, come Riparatore e
come Salvatore.
O Verbo
eterno, Parola del mio Dio, voglio passare la mia vita ad ascoltarti; voglio
rendermi perfettamente docile per imparare tutto da Te. Poi, attraverso tutte
le notti, tutti i vuoti, tutte le impotenze, voglio sempre fissare Te e restare
sotto la tua grande luce.
O mio Astro amato, affascinami perché non
possa più uscire dalla tua irradiazione.
Fuoco consumante, Spirito
d'amore,
«discendi in me», affinché si faccia nella mia anima come una incarnazione del
Verbo ed io gli sia una umanità aggiunta nella quale Egli rinnovi il suo
Mistero.
E tu, o Padre, chinati sulla tua povera piccola creatura,
«coprila della tua ombra», e non vedere in lei che «il Diletto nel quale hai
posto tutte le tue compiacenze».
O miei Tre,
mio Tutto, mia
Beatitudine, Solitudine infinita, Immensità in cui mi perdo, mi abbandono a
Voi come una preda. Seppellitevi in me, affinché io mi seppellisca in Voi, in
attesa di venire a contemplare nella vostra luce l'abisso delle vostre
grandezze. 21 Novembre 1904
SE TU NON FOSSI DIO
Se tu, il Padre, il Creatore, e tu non fossi Dio l'Indicibile,
l'immensa Tenerezza – tu che sei al di là delle cose visibili del tempo, dello
spazio –: quale non sarebbe la mia collera!
Si, quale non sarebbe la mia collera se tu non fossi Dio, la Parola
incarnata che tutto ha sofferto in mezzo a noi e tutto ha detto e tutto
chiesto, che ha mostrato la Via, la Verità, la Vita, cosicché noi non siamo più
senza Pastore, senza la guida che tutti possono comprendere... Ma tu sei Dio!
Colui che ogni uomo incontra prima o poi, magari all'ultimo momento se lo si
vuole, colui che è la Risposta.
Risposta al cuore umano misterioso a se stesso, ma
non davanti a te perché tu sei Dio! Marie- Yvonne, ssb
ABITA IN ME PER SEMPRE!
In un vaso di fragile argilla noi uomini portiamo il Santissimo, ma tu, Spirito Santo, quando
abiti in un uomo abiti in qualcosa d'infinitamente inferiore: tu, Spirito
di santità, abiti fra l'impurità; tu, Spirito di sapienza, abiti fra la stoltezza;
tu, Spirito di verità, abiti fra l'inganno! Oh, abita in me per sempre!
E tu che non cerchi gli agi di un'abitazione confortevole perché certo
la cercheresti invano, tu che crei e rigeneri e ti fai tu stesso la tua dimora,
oh, abita in me per sempre! Perché un giorno tu finisca col compiacerti di
questa dimora che ti sei preparato tu stesso in mezzo alle nefandezze, alle cattiverie e agli inganni del mio cuore.
Sòren Kierkegaard
AL
MATTINO – ABBANDONO IN DIO
Quel che mi accadrà oggi, mio Dio, non lo so. Tutto quello che so è che
nulla mi accadrà che tu non abbia previsto e disposto per il mio maggior bene
da tutta l'eternità.
Questo solo mi basta. Ti chiedo in nome di Gesù Cristo e per i
suoi innumerevoli meriti, la pazienza nelle tribolazioni e la perfetta
accettazione affinché tutto quello che tu vuoi o permetti che accada sia per la tua gloria e per la mia santificazione. Amen.
sia per la
tua gloria e per la mia santificazione. Amen. Giacomo Alberione
ALLA SERA – VENGO A TE, SIGNORE
Vengo a te,
Signore, con una giornata pesante sulle spalle.
Ho eseguito
il mio umile compito; non son potuto stare in ginocchio, ma ho camminato e
lavorato.
Grido a te
dall'abisso della stanchezza che mi prende durante ed alla fine di ogni
giornata.
Ti offro
tutti questi umili lavori che ogni giorno devo ripetere.
Ti offro
anche quello che fa il mio prossimo.
Ti offro
questa mia vita che passa, le amarezze e le consolazioni, quando ci sono.
Ti offro i miei piedi pesanti e le mie mani
stanche.
Prima di chiudere gli occhi le labbra ed il cuore,
al termine della giornata, … buona notte, Padre Dio!
–
GRAZIE PER I TUOI DONI
che il tuo
amore chi ha donato; se molti son i nostri debiti, infinito è il tuo perdono.
Domani ti serviremo meglio, alla tua presenza.
All’ombra delle tue ali, proteggici, Padre nostro.
Rimani con noi e donaci la tua benedizione.
Prima di
chiudere gli occhi, le labbra ed il cuore al termine di questo giorno, buona notte, Padre Dio! Come un bimbo, che non
riesce a dormire senz’afferrare la mano di sua madre,
così il mio
cuore si posa sulle tue mani, al cader della sera.
Come un
bimbo, che sa che qualcuno veglia il suo sonno d’innocenza e di speranza,
così riposerà l’anima mia, sicura, sapendo che sei Tu chi ci proteggi.
Tu addolcirai la mia ultima amarezza, tu allevierai la mia ultima
stanchezza,
tu proteggerai i sogni della notte, tu cancellerai i segni del mio pianto.
Tu, domani,
nuovamente ci darai della luce la torcia e l’allegria,
ed in cambio
delle ore morte che ti porto, tu mi donerai un nuovo giorno, vivo. Amen
SPIRITO
SANTO – Mano
dell'infermiera
Un uomo che aveva
subito un intervento a cuore aperto raccontava la sua esperienza.
Il giorno prima dell'intervento una
bella infermiera era venuta nella sua stanza per visitarlo.
Le aveva preso la mano…; l'aveva
stretta
e poi le aveva detto di sentire la sua
e di stringerla a sua volta.
«Ascolti!
– disse la donna – Durante l'operazione
di domani lei verrà separato dal suo cuore
e tenuto in vita solo dalle macchine.
Quando il suo cuore sarà finalmente
sistemato e l'operazione terminata,
riprenderà conoscenza e si sveglierà in
una stanza di rianimazione.
Tuttavia, dovrà restare immobile per
sei ore.
Potrebbe non riuscire a fare alcun
movimento, a parlare, persino ad aprire gli occhi,
ma sarà cosciente;
sentirà e comprenderà tutto ciò che le
succede intorno.
Durante quelle sei ore io rimarrò al
suo fianco e le terrò la mano, proprio come sto facendo ora.
Starò con lei finché non si sarà
ripreso completamente.
Anche se potrà sentirsi inerme, quando
sentirà la mia mano saprà che io non la lascerò».
«Successe
esattamente quello che l'infermiera mi aveva detto» – spiegava l'uomo.
«Mi svegliai, ma non riuscivo a fare
nulla.
Potevo, però, sentire la sua mano che
stringeva la mia,
per ore, e fu questo a fare la
differenza».
Lo Spirito Santo
che Gesù ha promesso ai suoi amici,
è proprio così:
ci tiene la mano, per tutta la vita.
Ed
è questo a fare la differenza...
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