Parrà quantomeno strano che voglia pubblicare la poesia di ROBERTO VITTORIO DI PIETRO in un periodo ancora lontano dal 6 gennaio, ma c'è una precisa ragione nella mia scelta. Lo svelerà proprio l'ultimo verso di questa mirabile composizione.
Giotto: Epifania
EPIFANIA
Con quanta fretta il mondo ti fa crescere!
Oggi t'ho ritrovato nel presepe
già un ragazzino fatto e austero quasi
quanto Melchiorre il magio: per lo scrupolo
di qualche vecchio prete, ormai altrettanto
maturo nel contegno e nel vestito.
Già ritto in armi, o Bambinello? Troppo
precocemente divenuto il Figlio
dell'Uomo destinato a farsi martire
con umili parabole o schermaglie
nel tempo degli ipocriti eruditi.
Gesù, t'ho salutato ripensandoti
nel modo in cui dormivi giorni addietro,
coi piedi scalzi e le manine tese,
sereno piccoletto: come quando
la tua innocenza ignuda sulla paglia
porgeva amore da due occhietti chiusi,
cantava la sua gloria dal silenzio
di due labbruzzi ancora trasognati,
ignari che fra le parole umane,
pur concepite oneste, savie e leali,
s'insinua un tradimento o una sconfitta.
Mi restituisti il verde del sorriso
tuo primo, di un'infanzia come zolla
feconda e forte senza voce alcuna;
con quello me ne andai, e con un filo
di muschio vero, stretto tra le dita.
Ma nel lasciarti adulto, pronto a insorgere
contro la gran cometa e il chiasso immane
di tutte quelle cose che, strillando,
ostentano calore e sono morte,
ho visto alzarsi un'ombra...era un vessillo?...
Un labaro abbrunato. Già una croce.
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