Elena Rocca (1893-1919)
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“Ringrazio Dio
di avermi fatto assistere
alla morte di
quell’Angelo,
morte che ha
saputo diffondere sull’animo mio
un senso
ineffabile di giocondità”.
(Inizio
della lettera di Don Giuseppe Mazzanti a 16 giorni dalla morte di Elena)
Imola 18 gennaio 1919
Carissimo
Padre,
Le avrei scritto molto tempo prima intorno alla morte
dell’Elena se non fossi stato impedito dalle troppe occupazioni.
Mi proverò a buttar giù alla meglio, e un po’ in fretta!,
ciò che ò visto,
che ò provato e provo ancora nell’animo mio.
Elena ammalò il 27 u. s. Sembrava un male trascurabile,
ma la sera del 29 il medico riscontrò una polmonite. Proprio nella stessa sera si metteva in letto
anche il fratello Canonico. L’una e l’altro avevano contratto il morbo fatale, il Canonico per
dovere e carità di ministero, Elena per sola carità, giacché da mesi
passava da una casa all’altra facendo iniezioni e confortando le amiche
inferme.
Tra queste fortunate vi è pur mia sorella che durante
l’ottobre scorso à sentito i benefici servigi di questa creatura Santa.
La mattina del 31 mi recai dall’Elena. Essa mi guardò col
suo immutabile e tranquillo sorriso e mi chiese di benedirla. Avrebbe voluto
comunicarsi, ma lo stomaco si ribellava a qualunque cibo. Si confessò nello
stesso giorno al suo Confessore ordinario. Il dì appresso era più sollevata;
combinai di viaticarla e le portai una minima parte di sacra specie. Ma quando,
deposto il SS.mo sul piccolo tavolo preparato nella stanza, mi accostai per
chiederle se se aveva bisogno di conciliarsi, essa, prendendomi un braccio, Non mi comunico, disse, se prima non ò parlato a D. Rocco.
Le altezze dell’Elena mi erano affatto ignote
e quel suo atto mi lasciò quasi mortificato. La avvisai che il fratello
febbricitante non si sarebbe potuto alzare, che gli domandava un sacrificio
troppo grande. Tutto fu inutile; il rifiuto e il comando erano recisi.
Il povero canonico alzatosi lasciò il letto,
venendo a confortarla. Rimasero insieme un quarto d’ora, ignorando noi tutti
ciò che si dissero quelle due anime. Il Canonico non doveva più vedere la sua
Elena.
Così confortata la giovinetta si comunicò edificandomi
col suo portamento devoto e con le sue infuocate preghiere. Non mi allontanai
più dal suo letto. Il male faceva rapidi progressi, lasciandoci tuttavia la
speranza della guarigione.
Non era ancora trascorsa un’ora dalla
Comunione quando l’Elena mi chiamò e stringendomi e baciandomi la mano quasi a
ricompensarmi della mortificazione causatami, mi disse: Sono raggiante, sono contenta, vado in
Paradiso. Presagiva dunque la morte e
presagiva anche il Paradiso.
Non troppa fretta, Elena, soggiunsi io. Preghi
piuttosto Gesù che la lasci ancora a conforto dei suoi e a suo maggior profitto
spirituale. Del resto, continuai io, lei si piega a qualunque volere di Dio? Accennò
di sì col capo. Mi pregò poscia di non allontanarmi e che l’aiutassi a
sostenere le tentazioni. Del male fisico
non si lagnò mai, anzi desiderò di averne tanto per amore del suo Dio.
Sapendo di trovarmi con un’anima singolare,
dissi qualche cosa al fratello per sapermi come regolare. Pranzai appena e ritornai al suo letto. La
natura soffre, mi disse una volta. Le andavo leggendo preghiere e le
suggerivo buone cose come ella desiderava. Ai medici che vennero per un consulto:
non mi ingannino, disse, tanto so che muoio.
Verso le 19.30 c’era nela stanza un terzo
medico, che sostituiva quello curante; poco dopo entrò pure quest’ultimo.
L’inferma si era messa seduta sul letto come se fosse sana; incrociò le mani
tra le quali stringeva il Crocifisso e disse ad alta voce una lunga e tenera
preghiera raccomandando ad uno ad uno i suoi di casa a Gesù.
Ricordò me
pure e ciò mi fa gioire. Tengo più a questa preghiera dell’Elena che a tutte le
ricchezze di quaggiù. Buona Elena, ti ringrazio e ti benedico! Fammi degna di
te!... L’atteggiamento con cui pregava, le
espressioni nobili, infuocate non potevano non commuovere. Il medico curante
non poté resistere e lasciava la stanza dicendo tra i singhiozzi: E’ una Santa! E’ una Santa!
Più tardi chiamò il medico rimasto a
sostituire quello di casa, il tenente medico Gamberini di questa città, e
arditamente gli chiese se era cristiano. Senza
dubbio, rispose l’interpellato. Allora
lei deve sapere, spero, le preghiere, e volle senz’altro che il medico le
dicesse con lei. Gli fece recitare il Pater, l’Ave, il Gloria, l’Angelus ed il
Requiem. Il buon dottore, curvo sull’inferma, docile come un bambino la seguì
parola per parola, scandendo le sillabe, proprio come lei voleva.
Poi nuovamente interrogandolo, mentre gli
stringeva la mano come per compiacersi di avere al letto un medico cristiano: à dei bambini lei? – Sì, Elena, ne ò due. – Ebbene, soggiunse con tutta l’effusione della sua
carità, li educhi nella religione
cristiana! Il medico trattenne a stento le lagrime, e, lo farò, disse; ma tu, Elena,
tu piuttosto prega per i miei bambini. – Quando?... poi ridendo
allegramente: Ah! Sì, sì,
quando sarò in paradiso! Tutti si piangeva.
Intanto il mostro d’inferno che sapeva d’aver
dinanzi un’eroina, tentava i più studiati assalti. I famigliari ebbero momenti
di timore sentendo che l’Elena si accusava cattiva, che non aveva mai
amato Dio, che aveva finto sempre, ma che ora la commedia cessava, mentre era
troppo tardi. Però confidava sempre nella divina misericordia. Per me quelli
erano lampi fulgidi di una umiltà sentita e profondamente radicata.
La lotta divenne violenta e fu vista
dibattersi sul letto più di un’ora senza requie. Coraggio,
Elena, le diceva ogni tanto. Gesù s’appressa e le vuol bene. Più le dispiace di non averlo amato,
più Gesù le perdona. – Sono all’inferno, mi disse una volta. Ah mio Dio! Non vi ò mai voluto bene. Nessuno può capire quanto io sono stata
cattiva. Poi agitandosi sempre mi afferrò un braccio e mi sussurrò. Voglio far la confessione... generale, se
non la faccio non muoio. Allontanatisi
gli altri, si trasse sulla sponda del letto perché potessi sedere e mi pregò di
non stancarmi; poi cominciò a confidarmi le sue pene.
Io ascoltavo
quell’Angelo che mi edificava; piangevo ed arrossivo; ero indegno di esserle
accanto. La lasciai, come era mio dovere nella sua grande umiltà, mentre mi
sentito tentato a dirle forte forte: Elena,
tu sei una santa.
Ricevuta con allegrezza l’assoluzione si acquetò. – Erano
le due di notte. Cominciai di nuovo le preghiere degli agonizzanti e questa
volta in italiano. Elena mi seguiva, ed era così presente a se stessa che ad un
tratto mi fermò e volle che le ripetessi un passo, non ricordo quale, che forse
avevo letto male. Poi il suo volto si coprì di pallore. La morte era imminente.
I fratelli piangenti, credendola spirata, trassero lungi la madre che poco
prima Elena aveva teneramente abbracciata infondendole coraggio.
Rimanemmo io solo ed il medico a raccogliere gli ultimi
rantoli. Alle due e 15 un altro lievissimo sospiro e l’anima candida spiccò il
volo per i Cieli. Il volto d’Elena sfolgorò un attimo improntandosi ad un sorriso così
bello che sempre ò conservato. Così morì la nostra Elena ravvolta nell’umiltà
in cui era sempre vissuta. Purtroppo l’ò conosciuta mentre mi sfuggiva.
Se non avesse comandato a tutti di pregare per lei, di
non dimenticarla sotto il pretesto che la credevano buona, io sulla sua tomba starei come dinanzi
all’Altare. Ringrazio Dio di avermi fatto assistere alla morte di quell’Angelo,
morte che ha saputo diffondere sull’animo mio un senso ineffabile di
giocondità.
Otto giorni dopo anche il povero Canonico Rocco, lui pure
rassegnatissimo e pieno di edificazione, seguiva nella tomba la sua amata
Elena. Quando
certi fiori vengono divelti la terra si fa brulla, ci annoia, ci fa sentire la
nostalgia del Cielo. Preghi per me. Se qualche altra volta potrò
servirla mi reputo onoratissimo.
Sac. Don Giuseppe Mazzanti
Vice
Cancelliere Vescovile
(Elena Rocca con la sua candida veste di Figlia di Maria)
L’ISTANTE DEL TRAPASSO DI ELENA
Sorella, consumasti il tuo Calvario
con uno schianto sovra questa terra,
eppur non so spiegarmi quanto avviene...
Scompaion tutte quelle contrazioni
dal viso. Per incanto si distende
un riso celestiale: già contempli
il sospirato Sposo nel fulgore!
(Ferrara 22-3-2016) , Padre Nicola
Galeno
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