AFORISMA

Meglio aggiungere vita ai giorni, che non giorni alla vita
(Rita Levi Montalcini)

Nostra Signora del Carmelo

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colei che ci ha donato lo scapolare

domenica 5 giugno 2016

Padre Gerolamo Graziano della Madre di Dio (1545 . 1614) Divagazioni su di un 4°centenario in sordina

Padre Gerolamo Graziano della Madre di Dio (1545-1614)

DIVAGAZIONI SU DI UN 4° CENTENARIO IN SORDINA




UN MONDO AFFASCINANTE

   Se mi chiedessero in che cosa consista il fascino di questo Diario (Peregrinazione di Anastasio), risponderei a colpo sicuro: è il miglior belvedere degli itinerari del corpo e dello spirito! Per quanto fotografi l’esperienza di un uomo del tardo Cinquecento, assurge ad osservatorio dell’uomo di sempre con tutti i suoi aneliti più profondi.

   Tutte le citazioni sono desunte dal 15° Dialogo.

Rivelazioni e visioni esteriori

   Cirillo. – Desidero conoscere le rivelazioni e visioni da te sperimentate, come siano e che cosa provi l’anima quando vede qualcosa con gli occhi del corpo.

   Anastasio. – Potrò dirti poco al riguardo, perché poche volte ho visto con gli occhi del corpo, così come vidi quell’animale sotto forma di caprone (te l’ho già raccontato) oppure quando mezzo anno dopo la sua morte vidi la madre Teresa di Gesù. In verità io né stimo né desidero visioni, anzi ritengo una grande misericordia di Dio il fatto che il mio spirito non sia condotto per questo cammino di rivelazioni sensibili, estasi, rapimenti, miracoli né di altre esteriorità solitamente molto apprezzate nel mondo. La mia gloria la vorrei dentro il mio cuore; il mio spirito lo vorrei celato; le mie vampe le vorrei sotto la cenere e che nessuno sapesse quanto in me passa.
  
E voglio darti le ragioni di ciò. La prima: sapendo noi che Satana si trasforma in angelo di luce mostrandosi sotto una figura buona per ingannare, perché mi devo ficcare in questo rischio di illusioni? La seconda: dice san Paolo che finché siamo in questa vita noi camminiamo nella fede e non nella visione, ed il giusto – dice il profeta – vive di fede, che è dimostrazione di quanto non si vede. Perciò, per quale ragione voglio vedere nulla? La terza: quelli che hanno visioni, spendono molto tempo nel verificare se siano vere o false, da parte di Dio o del demonio, e vivono pieni di timori per non restare ingannati. Perché volerle, quando posso percorrere una via maestra piana e sicura?

In conclusione: la rivelazione produce due frutti: l’uno è dar luce all’intelletto su cose occulte: così come quando un’immagine è coperta con un velo, chi toglie il velo rivela la pittura. L’altro consiste nel muovere la volontà, perché adori il Cristo con maggior efficacia se lo vede nella rivelazione. Per salvarmi ed essere gradito a Dio è sufficiente la luce che mi viene dalla fede rivelata nella Sacra Scrittura, dai profeti e santi evangelisti che ne scrissero e dai sacri dottori che la interpretarono. Non ho bisogno di una nuova luce particolare a me rivelata. E se io adoro il santissimo sacramento – che so con certezza essere il Cristo – perché voglio cercare a Cristo rivelato, che non so se sia Cristo o il demonio trasfigurato in angelo di luce? Ti dico la verità: io non mi trovo a mio agio con siffatte persone che vanno raccontando le proprie rivelazioni né con quanti vanno in cerca di esse. Credo che in ciò si trovi un grande inganno.

   Cirillo. – Ma mi venga in soccorso Iddio! Non dice la fede cattolica che ci sono state delle rivelazioni esteriori, come la visione del roveto da parte di Mosé, quella dei tre angeli che vide Abramo, etc.? E per canonizzare i santi, non si raccolgono informazioni sulle loro rivelazioni come cose divine e soprannaturali? Non le stima grandemente? Non è la profezia una delle grazie gratis datae? San Paolo e molti altri non narrano le proprie rivelazioni? E’ lui a dire: Veniam autem ad visiones et revelationes: vidi Christum Iesum, etc. Perciò, come mai disprezzi e fai poco conto di favori così alti, così divini e soprannaturali, stimati da tutti coloro che hanno scritto vite di santi?
  
Anastasio. Io non parlo male delle rivelazioni e delle visioni, e neppure le nego; dico che non le vorrei per me. Prendi ad esempio un cibo gustoso e forte: è dolce, vantaggioso e saporito per il corpo sano e robusto; ma se tu lo dai ad un ammalato, non gli giova. Così le visioni e rivelazioni, miracoli e rapimenti, etc., sono buoni per le anime umili, non per uno superbo come me. Anzi ti dirò un segreto in tutta semplicità e verità. Quando andavo con veste ed abito di austerità ed abbattimento esteriore, così come vanno gli Scalzi, non avevo tanta sicurezza ed allegrezza di spirito – vedendo che gli uomini andavano dietro a quell’esteriorità e mi consideravano buono – come quando mi vidi con un abito delicato e più comune, e con uno stile di vita, atteggiamenti e maniera di procedere da rilassato, essendo decaduto dall’opinione di cui prima godevo. Così come c’è il rischio di ambizione e superbia nel buon abbigliamento esteriore, dal quale rifuggono i religiosi che vestono sobriamente ed austeramente, così c’è lo stesso pericolo – ed ancora maggiore - di ambizione, vanagloria e credito in anime superbe come la mia nel vedersi con l’abito esteriore di santità.

So per fede – e la sacra teologia me lo spiega – che la carità è al di sopra di tutte le virtù, ed è questa a conservare la fede e l’umiltà; per le quali non sono necessarie rivelazioni e visioni esteriori. Molte volte mi è stato fatto capire con una luce chiarissima, che quanto farei con un Cristo rivelato visibilmente, lo facessi col santissimo sacramento e con l’’immagine dipinta. Anzi così guadagnerei di più, perché oltre all’adorazione – che è più sicura nel sacramento che in una rivelazione particolare – cresce il merito della fede, che è molto gradita a Dio in questi tempi di eretici che negano la presenza del Cristo nel sacramento e la venerazione delle immagini. Ho questo ricordo particolare: un giorno, mentre mi trovavo davanti all’immagine di un Ecce Homo, mi fu fatto capire: “Vedi qui la tua rivelazione certa, sicura e continua: quanto faresti con quest’immagine e quanto essa t’insegnerebbe è più certo che lo stai facendo con Cristo, che non se visibilmente ti si rivelasse. Questo, per la relazione mistica che c’è tra l’immagine e la cosa figurata dall’immagine”.

Cirillo. – Cosa vuol dire relazione mistica? Non riesco ad afferrarlo bene.

Anastasio. – Sono termini della logica e della metafisica. Io li capisco per averli studiati, però non c’è bisogno che tu li capisca ed io spenda del tempo per spiegarteli. Ti basti quest’esempio per capirne qualcosa. Se una donna sposata – mentre il marito è presente e lei sa che lui è lì pur senza vederlo – stesse parlando col suo ritratto che tiene in mano  dipinto su tavola, e sapesse che le dimostrazioni di affetto e gratitudine che fa a quel dipinto sono ascoltate dallo sposo, prova contentezza ed amore maggiore che se le dicesse allo sposo visibile (perché mostra più affetto in quella venerazione nella quale c’è minor apparenza di grandezza che nello sposo vivo…). Ora, è chiaro che questa sposa non dice espressioni di gratitudine al dipinto, bensì allo sposo che lei ritiene come presente in figura. E che lo sposo si compiace di sentirla dire tutte quelle espressioni di amore mediante l’effigie, più ancora che se le dicesse ad un altro uomo vivo che somigliasse allo sposo: perché il dipinto non la può ingannare, mentre quell’altro uomo vivo, se dicesse di essere suo sposo, potrebbe lasciarla beffata mascherandosi coi vestiti e con l’apparenza dello sposo. Comunque questo può bastare per le visioni esteriori.
  
Cirillo. – Dimmi ancora, ti prego: poiché dici di aver visto la madre Teresa di Gesù, quando, sotto quale luce, sotto quale figura e con che viso la vedesti, e che cosa sentisti in quella rivelazione?
   
Anastasio. – Te lo dirò, perché è stato stampato in alcuni libri. Una prima domenica di Quaresima, nello stesso anno che morì, stando io alle undici di notte recitando mattutino in una cella, stanco morto per aver fatto due prediche quel giorno nella chiesa maggiore di Siviglia, alzai gli occhi e vidi una luce chiara molto più bianca, sottile e delicata di quella di una candela e persino del sole. Anzi, queste luci sono molto grossolane in confronto a quella. La luce del sole o della candela dagli occhi non passa dentro, ma quella luce chiara di cui parlo penetra sino all’intimo del cuore, e non riverbera né ferisce né abbaglia, ma si riceve con grande soavità e delicatezza quando penetra e consola....

In questa luce vidi il suo volto molto splendente e bello: non di tanta età come quando morì, ma come se avesse quarant’anni. Udii interiormente queste parole, ma non con le orecchie esteriori del corpo: “Noi del cielo e voi della terra siamo una stessa cosa per purezza ed amore: noi godendo e voi patendo. E quanto noi facciamo qui con l’essenza divina, voi fatelo là col santissimo sacramento. E ripeti questo a tutte le mie figlie”.
  
Quella visione durò un istante; rimasi timoroso al pensiero che fosse un’illusione del demonio (dato che io quel giorno avevo predicato contro le illusioni). Mi restarono impressi nel cuore quattro desideri: di purità d’animo, di amor di Dio e del prossimo, di patire travagli per il Cristo e di adorazione del santissimo sacramento; ed in queste quattro cose ho poi trovato un gran frutto. Vedendo che quanto mi aveva detto era buono e conforme alla fede ed alla Sacra Scrittura, non mi preoccupai più di esaminare se si trattasse di illusione o vera rivelazione, avendo sperimentato i grandi beni che mi sono venuti da questi quattro esercizi. Ogni bene è di Dio, da qualsiasi parte venga.
  
Cirillo.Hai visto qualche volta il demonio o anime che stanno in inferno, purgatorio o cielo o qualcosa di simile, come è accaduto alla madre Teresa o ad altre persone?
  
Anastasio. – No, grazie a Dio. Sono così pusillanime che Dio non ha voluto darmi questa croce. Anzi, ho rimproverato molto severamente persone che dicono di aver visto anime all’inferno o in cielo, perché succede o potrebbe succedere che i vivi smettano di fare suffragi e di celebrare messe per loro. Questa è un’insidia del demonio per impedire tanto bene, o per diffamare qualche defunto divulgando che la sua anima si trovi nelle pene eterne. E’ anche vero che talvolta trovandomi solo e di notte oppure camminando per luoghi spaventosi, mi è sembrato di vedere alcune ombre delle quali mi sono impaurito e spaventato, però non cosa che abbia figura né capisca che sia vero quanto vedo. Era la mia paura a mettermi fantasmi interiori davanti agli occhi facendomi credere di vederli, tranne quella volta che – come ho già raccontato – vidi quel caprone di pece e macchie di fuoco (quantunque ritenga potesse anche trattarsi di questi fantasmi fabbricati dalla mia paura).

Delle rivelazioni interiori o visioni immaginarie

   Così come nella visione esteriore si pone davanti agli occhi del corpo un’immagine visibile con luce chiara e più tenue di quella del sole, che fornisce concetti all’intelletto e muove la volontà – come già detto – così, all’interno dell’immaginazione e della fantasia si pone talvolta una qualche figura con una luce interiore, che produce nell’intelletto e nella volontà un maggior dinamismo rispetto a quello dell’immaginazione naturale del discorso. Nello stesso modo in cui san Giovanni vide quelle sue visioni dell’Apocalisse, che lui chiama visioni in spirito. Santa Ildegarda ebbe molte di queste visioni: le scrive in un suo libro intitolato Scivias, spiegandole con una dottrina molto proficua e necessaria per il bene delle anime.
  
Questa visione e figura visibile differisce da quella che la stessa immaginazione e fantasia si fabbrica da sola, così come differisce il sole riflesso in uno specchio da quello dipinto con pennello e colori. Perché la figura che l’immaginazione si fabbrica meditando – come quando tu pensi al Cristo crocifisso e là dentro di te fabbrichi la sua immagine – si forma con maggior lentezza ed impaccio della potenza immaginativa, che è restia a costruire queste immagini interiori.

Talvolta il corpo è di tal umore, che per quanto la persona fatichi con l’immaginazione chiudendo gli occhi, stringendo i denti e sforzandosi con la testa, non riesce a fabbricare un’immagine. Questa visione interiore invece avviene in un istante a mo’ di bagliore, e l’anima la vede quando meno s’immagina; e quando è buona, porta con sé molti ed ottimi concetti dalla luce interiore chiarissima e muove la volontà a buoni desideri. Siffatti concetti e desideri a volte vengono insieme alla visione; altre volte invece (finita la visione) l’anima si rende conto del significato di quella figura vista nell’intimo. Di queste ne ho avute molte in tempi differenti: sarebbe troppo lunga la narrazione loro e l’insegnamento che tramite loro mi è stato dato ad intendere.
  
Cirillo. – Dimmene almeno qualcuna perché io colga il succo di quest’insegnamento.

Anastasio. – Una volta me ne stavo spensierato e distratto. Vidi la figura di una signora, come imperatrice con una corona imperiale, e dal viso talmente bello, vivo e fine, che tutte le immagini dipinte e donne avvenenti viste finora, mi sembravano brutte e grossolane in confronto alla figura che vidi. Suscitò in me una grande devozione alla Madonna, pensando se questa figura fosse simile alla bellezza che ha la Madonna in cielo; e mi sono durati a lungo quell’affetto e devozione. Ma per quanto la mia memoria cerchi di tornare a mettersela davanti, non riesco a ricrearla con la stessa vivezza ed eleganza di quando la vidi allora. Però dall’impronta e barlume rimasti e non dimenticati, io ricavo un gran frutto per resistere ai cattivi pensieri ed intraprendere opere buone per amore della sacratissima Vergine Maria.

Molte altre volte ho visto all’interno dell’immaginazione visi molto belli e splendenti di persone a me ignote, però mi è stato fatto capire che si tratta di santi e sante del cielo. Sempre con questo tipo di visione vidi una volta una città che bruciava e tutte le sue vie piene di tizzoni di fuoco ardente. Mentre io camminavo per quella città, era necessario guardare bene dove mettessi i piedi per non bruciarmeli. Mi venne fatto capire che nel mondo ci sono grandi pericoli, lacci, trappole e tentazioni in molti generi di cose che mi si presentarono in quell’istante, e che io dovevo procedere con grande tatto e vigilanza se volevo salvarmi.

Visione intellettuale


In questo genere di visioni ho ricevuto dal Signore molti favori, e quasi tutto il mio spirito è in Lui. Debbo essere molto grato a Dio per avermi guidato in questo cammino, perché queste visioni sono più sicure e proficue di quelle esteriori ed immaginarie e dove il demonio fa minori imbrogli. Benché secondo il parere di molti uomini queste visioni siano meno pregevoli, poiché Dio è invisibile e le anime immateriali, ritengo come più sicura questa comunicazione di Dio nell’anima rispetto al modo sensibile ed esteriore.

Cirillo. – Non sono un tutt’uno visione intellettuale e contemplazione, della quale hai parlato in precedenza?

Anastasio. – No, perché nella contemplazione l’anima opera con l’intelletto quando attentamente e senza fretta si mette a considerare un concetto; ed è più corta, di minor luce e meno efficace. Ma questa visione intellettuale è data dall’alto e all’intelletto la riconducono, contiene in sé più concetti ed esercita maggior forza nello spirito.

Facciamo un esempio. C’è un uomo che stando nel suo appartamento guarda dalla finestra una sala di casa sua. Gli aprono un’altra finestra e lo portano davanti ad essa, da dove vede una piazza con una grande moltitudine di persone e case differenti. Oppure mettiamo uno che salga su di un pendio e guardi con attenzione le erbette o sassi che si trovano lungo la strada. Però quando è in cima a quel pendio, nello spazio di un batter d’occhio vede innumerevoli praterie, campi, fonti e boschi, etc.; cose che si scoprono soltanto da lassù e sono davvero tante da raccontare.

Capita altrettanto con la contemplazione quando l’anima si sofferma su di un qualche concetto particolare. Le si apre allora dentro il suo spirito – e sovente senza che pensi a nulla – come una finestra dalla quale le fanno vedere innumerevoli concetti con un solo sguardo, oppure un qualche concetto più alto di quelli che lei avrebbe potuto afferrare, proprio perché l’hanno elevata ad un certo culmine di conoscenza donde scopre grandi, eccellenti ed innumerevoli insegnamenti con un solo colpo d’occhio.

Santa Ildegarda dice che le capitò la stessa cosa quando il Signore, nel 1141, mentre lei stava in orazione ed aveva allora quarantadue anni, le diede la spiegazione di tutta la Sacra Scrittura. Questo non perché lei in quell’istante potesse ricordare a memoria tutti i capitoli e versetti della Bibbia con le rispettive interpretazioni (cosa impossibile, perché ciò avrebbe richiesto molti anni), ma perché le vennero date una certa luce, una facoltà interiore, una nuova chiarezza ed un non so che da lei definito come dichiarazione della Sacra Scrittura. Grazie ad essa, quando poi leggeva la Bibbia, l’intendeva in un senso così buono e retto come se gliel’avesse spiegata il miglior teologo del mondo.
 
In questa visione non esistono né figura né colori come in quella esteriore ed immaginaria, ma dottrina e concetti. Questo concetti ed insegnamenti sono di due tipi: uno, quando l’intelletto ne intende molti; sebbene vengano tutti insieme, lui sa distinguere l’uno dall’altro; se si fermasse a scriverli, potrebbe stendere molti libri in forza di quel solo sguardo da questa finestra. Di questi concetti poi a volte avviene che si dimentichino tutti o la loro maggior parte. Altre volte invece rimangono a lungo impressi nella memoria per un arricchimento dell’intelletto e della volontà e per il profitto dell’anima propria e di quelle del prossimo.

Però accade anche che in questa visione intellettuale venga dato all’anima un solo concetto, ma questo è talmente pregnante e rinserra in sé così tanti concetti che, quando l’anima si mette con calma a rifletterci sopra, ricava innumerevoli insegnamenti che potrebbe poi mettere per iscritto se ne avesse il tempo: è come se da quella finestra che le hanno aperto nell’intimo, le gettassero un mucchio di gioielli, perle e pietre preziose: ne ha da contare, da guardare e stimare! E con questo chiudiamo il discorso al riguardo.

  Cirillo. – Non resto soddisfatto se tu non mi sveli nei dettagli qualcuna di queste praterie da te viste nel giungere a questo culmine, o qualcuna delle ricchezze ricevute in questi sacchi che ti hanno buttato attraverso la finestra della visione intellettuale.
  
Anastasio. – Com’è possibile raccontare quanto in ciò accade in cinquant’anni di pratica d’orazione, quando già ti ho detto che questo è il modo ordinario di procedere del mio spirito? Ho avuto infatti molte di queste visioni nel campo dello studio e scienza speculativa, dei commenti alla sacra Scrittura, per le prediche che ho fatto e le confessioni che ho ascoltato, in questioni personali come in quelle altrui, e tanto universali quanto relative alla mia persona, specialmente per cose di orazione e spirito.
  
Cirillo. – Io non ti chiedo di raccontarmelo tutto, ma almeno qualcosa che serva da esempio in queste materie da te toccate, perché questi alti insegnamenti non si apprendono bene se non vengono selezionati ed almeno parzialmente spiegati nei dettagli.
  
Anastasio. – Sei così ostinato che dovrò arrendermi a maggior onore e gloria di Dio, a profitto della tua anima e per la confusione della mia; vedrai così che se un altro avesse ricevuto tanta luce – benché fosse il più ignorante etiope dell’Africa – quanti progressi avrebbe fatto, mentre io sono rimasto tanto indietro nel progresso.
   
Nel campo dello studio ricordo che durante la prigionia a Tunisi, trovandomi nell’oscurità disteso sul letto con quei ceppi ai piedi, l’intelletto lasciato nell’ozio faceva dei voli e si recava in tutte le parti del mondo. Un giorno in un baleno – come avviene nella visione intellettuale - mi si pararono davanti i cinque mondi, vale a dire: il mondo naturale; il mondo piccolo o microcosmo, che è l’uomo; il mondo razionale, che è quello di tutti i concetti e quiddità o essenze di logica e metafisica; il mondo morale, che è quello di tutte le virtù e vizi; il mondo intellettuale o scientifico, che è quello di tutte le arti e scienze speculative esistenti.

Ciascuno di essi aveva venti sfere, così come il mondo naturale ne ha venti. Sotto la terra ce ne sono quattro: inferno, purgatorio, limbo e seno di Abramo; quattro sono gli elementi: terra, acqua, aria e fuoco; sette sono i cieli dei pianeti: Luna, Mercurio, Venere, Sole, Marte, Giove e Saturno; quattro sono i cieli maggiori e questo il loro nome: cielo stellato, il primo mobile, cielo cristallino e cielo empireo; e con questi siamo a quota diciannove; al di sopra di tutti il ventesimo circolo, che è Dio, il quale comprende e rinserra dentro di sé tutti gli altri. In ciascuno di questi venti circoli mi vennero spiegati dodici segni. –

Dalla maniera in cui vidi questo mondo naturale ripartito in venti e ciascuno di essi ripartito in dodici, così anche gli altri quattro mondi erano ripartiti in venti circoli e ciascuno di questi in dodici. Avveniva la corrispondenza tra ogni circolo di un mondo con quello dell’altro, ed altrettanto per i segni. Mi pare di essere entrato così in quella che è detta l’enciclopedia di Aristotele ed è tanto desiderata dai filosofi: il circolo divino delle scienze, quando si entra dalle une nelle altre. Mi venne così il proposito di scrivere un libro intitolato Pentecosmia, che significa “dei cinque mondi” o enciclopedia universale; feci le mie annotazioni su di un quadernetto, che però non ebbe sbocchi e rimase tale, perché sarebbe stato necessario scrivere molti libri.

         (Continua)
P. Nicola Galeno della Madonna del Carmine, ocd
Parma 29-3-2014


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