Francesco:
“Lei continua a servire la Chiesa”.
Benedetto: “La sua bontà mi protegge”. Poi l’abbraccio
Benedetto: “La sua bontà mi protegge”. Poi l’abbraccio
Posted
by Salvatore Cernuzio on 28 June, 2016
Una
cerimonia sobria, carica di affetto e ricordi, quella che si è svolta oggi
nella Sala Clementina dove il Papa regnante, Francesco, e il Papa emerito,
Benedetto XVI, hanno celebrato insieme il 65° anniversario dell’ordinazione
sacerdotale di Ratzinger avvenuta il 29 giugno 1951 nella cattedrale di
Frisinga.
Un
“piccolo atto”, come aveva annunciato lo stesso Francesco sull’aereo di ritorno
dall’Armenia, perché lui, Benedetto, “preferisce una cosa piccola, molto
modesta”. Pochi quindi gli ospiti presenti: solo alcuni cardinali e capi
Dicastero e i membri della ‘Fondazione Vaticana Joseph Ratzinger’; pochi i
discorsi: quello di Bergoglio e i due indirizzi di saluto da parte dei
cardinali Sodano e Muller, intervallati dai canti eseguiti dal Coro della Cappella
Sistina.
Tante,
però, le parole di elogio sulla figura e l’opera del Papa che ha deciso tre
anni fa di rinunciare al ministero petrino e di continuare a vivere nel cuore
del Vaticano, nel nascondimento e nella preghiera. È proprio così, però, che
“Lei, Santità – ha affermato Papa Francesco nel suo intervento – continua a
servire la Chiesa, non smette di contribuire veramente con vigore e sapienza
alla sua crescita”.
“Lo fa
da quel piccolo Monastero Mater
Ecclesiae in Vaticano che si
rivela in tal modo essere tutt’altro che uno di quegli angolini dimenticati nei
quali la cultura dello scarto di oggi tende a relegare le persone quando, con
l’età, le loro forze vengono meno”. “È tutto il contrario e questo permetta che
lo dica con forza il Suo Successore che ha scelto di chiamarsi Francesco!”,
aggiunge, “perché il cammino spirituale di San Francesco iniziò a San Damiano,
ma il vero luogo amato, il cuore pulsante dell’Ordine, lì dove lo fondò e dove
infine rese la sua vita a Dio fu la Porziuncola, la ‘piccola porzione’,
l’angolino presso la Madre della Chiesa”.
Allo
stesso modo, afferma ancora il Santo Padre, “la Provvidenza ha voluto che Lei,
caro Confratello, giungesse in un luogo per così dire propriamente
‘francescano’ dal quale promana una tranquillità, una pace, una forza, una
fiducia, una maturità, una fede, una dedizione e una fedeltà che mi fanno tanto
bene e danno tanta forza a me ed a tutta la Chiesa. E anche mi permetto anche
da Lei viene un sano e gioioso senso dell’umorismo”.
Voltandosi
indietro, e guardando a quella Messa nella Cattedrale di Freising di 65 anni
fa, durante la quale fu ordinato prete anche il fratello Georg, Papa Francesco
individua una “nota di fondo” che “percorre questa lunga storia” e che “la
domina sempre più” fino ad oggi. È l’amore al Signore che si sintetizza nelle
parole di Simone a Cristo nell’ora della chiamata definitiva: ”Signore, tu sai
tutto, tu sai che ti amo”.
Questa
nota “domina una vita intera spesa al servizio sacerdotale e della teologia che
Lei non a caso ha definito come ‘la ricerca dell’amato’” osserva il Papa; “è
questo che Lei ha sempre testimoniato e testimonia ancora oggi: che la cosa
decisiva nelle nostre giornate — di sole o di pioggia —, quella solo con la
quale viene anche tutto il resto, è che il Signore sia veramente presente, che
lo desideriamo, che interiormente siamo vicini a lui, che lo amiamo, che
davvero crediamo profondamente in lui e credendo lo amiamo veramente”.
Questo
amare “ci riempie il cuore”, questo credere “è quello che ci fa camminare
sicuri e tranquilli sulle acque, anche in mezzo alla tempesta, proprio come
accadde a Pietro” e che “ci permette di “guardare al futuro non con paura o
nostalgia, ma con letizia, anche negli anni ormai avanzati della nostra vita”.
L’augurio
di Bergoglio è quindi che il suo predecessore “possa continuare a sentire la
mano del Dio misericordioso che La sorregge, che possa sperimentare e
testimoniarci l’amore di Dio; che, con Pietro e Paolo, possa continuare a
esultare di grande gioia mentre cammina verso la meta della fede!”.
Non
sono mancati abbracci tra i due Papi, in segno dell’unità che li lega e contro
tutte quelle congetture di una ‘diarchia’ in Vaticano che lo stesso Francesco
ha smentito sempre sull’aereo Yerevan-Roma. Benedetto XVI, aveva dichiarato in
quell’occasione ai giornalisti, “non è il ‘secondo Papa’”, “lui per me è il
Papa emerito, è il nonno saggio, è l’uomo che mi custodisce le spalle e la
schiena con la sua preghiera”.
Un
sostegno reciproco avvertito da entrambe le parti, come hanno confermato le
belle parole espresse da Ratzinger al termine della cerimonia. A braccio, con
la consueta pacatezza e quell’accento tedesco che non risuonava da circa tre
anni nei Sacri Palazzi, il Papa emerito ha ringraziato il Papa attuale per “la
sua bontà”. “Dal primo momento dell’elezione – ha detto – in ogni momento della
mia vita qui, mi colpisce, mi porta realmente, interiormente più che nei
Giardini Vaticani, con la bellezza, la Sua bontà è il luogo dove abito: mi
sento protetto”.
“Grazie
anche della parola di ringraziamento, per tutto” ha aggiunto, esprimendo la
speranza “che Lei potrà andare avanti con noi tutti con questa via della
Misericordia Divina, mostrando la strada di Gesù, a Gesù, a Dio”.
Anche
Benedetto si è poi lasciato andare ai ricordi, rammentando in particolare una
parola greca che, 65 anni fa, un fratello ordinato con lui aveva deciso di
scrivere sulla immaginetta di ricordo della prima Messa: Eucharisthomen, perché
“convinto che con questa parola, nelle sue tante dimensioni, è già detto tutto
quanto si possa dire in questo momento”.
“Eucharisthomen”,
ripete il Pontefice emerito, “dice un grazie umano, grazie a tutti” e richiama
anche “la parola più profonda che si nasconde, che appare nella Liturgia, nella
Scrittura, nelle Parole: Gratias
agens benedixit fregit deditque”. “Eucharisthomen –
prosegue – ci manda a quella realtà di ringraziamento, a quella nuova
dimensione che Cristo ha dato. Lui ha trasformato in grazia e in benedizione la
Croce, la sofferenza, tutto il male del mondo. E così fondamentalmente ha
transustanziato la vita e il mondo e ci ha dato e ci dà ogni giorno il pane
della vera vita, che supera il mondo grazie alla forza del Suo amore”.
Tutti
noi – ha detto Ratzinger – “vogliamo inserirci in questo ‘grazie’ del Signore e
così ricevere realmente la novità della vita e aiutare alla transustanziazione
del mondo: che sia un mondo non di morte, ma di vita; un mondo nel quale
l’amore ha vinto la morte”.
La
gratitudine del Papa tedesco è andata anche al card. Sodano che, nel suo
saluto, ha voluto rendergli “un doveroso omaggio a nome di tutta la Santa
Chiesa, che ha goduto per 65 anni del suo ministero pastorale, prima come
presbitero e successivamente come vescovo nella sede di München e Freising e poi
come Vescovo di Roma, mater et
caput omnium ecclesiarum”.
“Grazie
a Lei, eminenza, per le Sue parole che hanno veramente toccato il cuore:Cor
ad cor loquitur. Lei ha reso
presente sia l’ora della mia ordinazione sacerdotale, sia anche la mia visita
nel 2006 a Freising, dove ho rivissuto questo”, ha detto Ratzinger. “Posso solo
dire che così, con queste parole che ha interpretato l’essenziale della mia
visione del sacerdozio, del mio operare. Le sono grato per il legame di
amicizia che fino adesso continua da tanto tempo, da tetto a tetto: è quasi
presente e tangibile”.
Un
grazie anche al card. Muller, prefetto della Congregazione per la Dottrina
della Fede, che ha curato
l’antologia di testi del Papa bavarese sul sacerdozio edita da Cantagalli e
prefata da Papa Francesco. “Grazie, per il Suo lavoro che fa per la
presentazione dei miei testi sul sacerdozio, nei quali cerco di aiutare anche i
confratelli a entrare sempre di nuovo nel mistero che il Signore si dà nelle
nostre mani”.
Una
copia di questa Benedetto ha voluto donarla a Francesco a conclusione della
cerimonia. Poi è seguito un terzo abbraccio fraterno, non prima di essersi
tolto lo zucchetto bianco dalla testa.
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