Piacenza: «Preti, aspettate i fedeli nel confessionale»
Vatican Insider: La Stampa(©ANSA) PRETI NEI CONFESSIONALI
Il cardinale Penitenziere maggiore
inaugura il corso sul «foro interno»: «Il sacramento della riconciliazione è in
crisi soprattutto dove i confessori sono in crisi»
ANDREA TORNIELLICITTÀ DEL VATICANO
I preti devono aspettare pazientemente i fedeli in confessionale, stare ad aspettarli con orari che siano convenienti per i penitenti. Lo ha detto questo pomeriggio il cardinale Mauro Piacenza inaugurando il corso - da molti anni ormai un appuntamento tradizionale - dedicato al «foro interno», cioè riguardante la coscienza, la sfera privata del singolo fedele: vi partecipano per una settimana al palazzo della Cancelleria circa cinquecento tra sacerdoti o seminaristi vicini all'ordinazione. Venerdì si concluderà con l'udienza di Francesco e con la celebrazione penitenziale nel pomeriggio in basilica di San Pietro, dove il Papa stesso confesserà alcuni dei presenti, inaugurando la «festa del perdono», ventiquattr'ore no stop con chiese aperte per le confessioni.
Il sacramento della riconciliazione, ha detto Piacenza, «è forse il modo più concreto e reale per “rinnovare l’incontro personale con Gesù Cristo”. Se è vero che spesso si giunge alla celebrazione del sacramento, dopo un lungo cammino, non senza travaglio interiore, e come meta di un precedente incontro personale con il Signore, ecclesialmente mediato, è anche vero che non poche e radicali conversioni avvengono nella stessa celebrazione del sacramento, nella quale la grazia soprannaturale, che agisce attraverso il confessore ed opera efficacemente nella coscienza del penitente, può condurre in brevi istanti ad altezze spirituali inimmaginabili per il solo criterio naturale».
«Quando abbiamo a che fare con il foro interno - ha aggiunto il cardinale - abbiamo a che fare con Dio! La coscienza, infatti, è quel sacrario nel quale Dio sempre parla, a tutti gli uomini, in forza della creazione, e ai cristiani, in forza della creazione e della redenzione... Accompagnare un fratello nel discernimento sul proprio concreto agire ed accogliere quanto dal foro interno emerge, significa entrare con lui in un terreno sacro, nel quale è necessaria la più grande attenzione. È come camminare sulla seta».
Piacenza ha invitato i confessori a prepararsi a celebrare il sacramento, «invocando lo Spirito di prudenza e di sapienza, domandando al Signore di essere suoi docili strumenti» e anche a sostare in preghiera una volta terminate le confessioni, «per ringraziare per ciò che il Signore ha compiuto attraverso le nostre povere persone e invocare, ancora e sempre, la custodia dello Spirito Santo e la potente intercessione della Madre di Misericordia su ciascuna della anime che attraverso di noi hanno rinnovato l’incontro personale con Cristo».
«L’esperienza di tutti noi, anche dei penitenzieri delle basiliche papali - ha detto ancora il cardinale - è che il sacramento della riconciliazione è in crisi soprattutto laddove i confessori sono in crisi. Laddove, cioè, si offre la possibilità del sacramento solo ai cosiddetti “cattolici adulti”, che lo chiedono consapevolmente, avendo magari il numero cellulare del sacerdote. Ma questa rischia di essere una riduzione personalistica del sacramento, che davvero nulla ha a che vedere con l’incontro personale con Cristo».
«La sapienza della Chiesa ci insegna, al contrario - ha spiegato Piacenza - che è necessario attendere il penitente al confessionale, con quella pazienza che è propria di Dio, ben rappresentata dal Padre, che vede arrivare il figlio minore da lontano. È un’attesa paziente, spesso dolorosa, talvolta delusa, ma è sempre possibile abitare il confessionale pregando, meditando, facendo lettura spirituale, offrendo il sacrificio. Se anche un solo penitente si riconcilia con Dio grazie alla fedele attesa del suo arrivo, magari preparata con intensa orazione, il tempo impiegato certamente non sarà stato vano. E anche se non arrivasse alcuno, la maggioranza della Chiesa, cioè gli angeli e i santi, avranno visto il nostro sacrificio e la nostra disponibilità».
«Essere fedeli al sacramento della riconciliazione - ha concluso il cardinale Penitenziere maggiore - è uno dei modi più efficaci per essere fedeli a Cristo stesso e al suo ineludibile mandato: “A chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi”». Parole che vanno anche intese, «come responsabilità personale di ciascun sacerdote nei confronti di tutti coloro ai quali i peccati non sono stati rimessi a causa della negligenza nell’offerta di tale sacramento e della conseguente difficoltà nel celebrarlo».
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