Entrando nel 50° anniversario della
Fondazione Parrocchiale
Stiamo
entrando nel 50° anno della fondazione della nostra Parrocchia. Non sono
parrocchiana da tutto questo tempo, ma solo da una ventina d’anni. Quanto
basta, però, per aver imparato ad amarla, e sentirla mia nel più profondo del
cuore.
Posso
trasmettervi solo la mia esperienza spirituale e umana, che ho vissuto e che
vivo tuttora nel suo interno. Tale esperienza, è la stessa vissuta da ogni
persona che si è sentita direttamente coinvolta nei vari ambiti parrocchiali.
Non
so se questo mio sentire è dipeso dal fatto che la Parrocchia di Santa Teresa è
gestita dai Padri Carmelitani, o se ho respirato, nei laici impegnati nelle
varie attività pastorali e di volontariato, testimonianze di fede profonda, di
accoglienza fraterna e di amicizia vera. Sicuramente, ciò è accaduto da
entrambe le parti così che, da quando frequento la nostra Parrocchia, mi sento
a Casa.
Sapete
cosa significa “sentirsi a Casa?”. E’ la sensazione di trovarsi tra persone che
si amano, che si rispettano, che condividono parte della loro vita, in attività
spese per il bene degli altri. Nell’ambito educativo, per esempio, così come
succede tra i catechisti delle varie fasce d’età, come con gli animatori delle
Sante Messe, o dell’Oratorio, come con chi s’impegna nella gestione della Casa
della Carità – Mensa dei Poveri, così come con coloro che si occupano delle
Missioni, non necessariamente in quest’ordine, e potrei continuare, tante sono
le necessità di aiuto nella parrocchia. Ogni operatore testimonia e dà esempio,
con il suo servizio e con la preghiera, la sua fede nel Signore, e il suo amore
per i fratelli.
Mi
sono sentita coinvolta, ho voluto così dare qualcosa di me, del mio tempo,
anche se da qualche anno ho dovuto ridurre drasticamente, per motivi familiari,
le ore che dedicavo alle attività parrocchiali, e me ne dispiace davvero tanto.
Ma è così: c’è chi va e lascia il posto a chi arriva, desideroso di sentirsi
anche lui, parte integrante della SUA parrocchia. Non ho sbagliato, ho scritto
SUA a lettere maiuscole, poiché sono persuasa che se non la sentiamo davvero
NOSTRA, non riusciremo mai a sentirci membri di una vera comunità, non la
sentiremo mai la nostra Casa.
Nel
corso di questi decenni, ho notato l’impegno dei responsabili, sempre più
sentito, nell’accogliere, nell’affiancare, nel dedicarsi con maggior entusiasmo
e reciproca collaborazione alle opere da loro svolte, per il bene della
parrocchia, cercando di migliorare i servizi, come per esempio, l’impegno nel sollecitare
e progettare la nuova Casa per Tutti. E in questo contesto, nasce la necessità
di nuove forze, utili per la gestione della Casa stessa.
Viene
spontaneo guardarsi intorno e chiedersi: come posso rendermi utile, in questo
contesto parrocchiale? Qual è il mio talento specifico, da donare al Signore?
Anche il più umile servizio, anzi, forse proprio quell’umile servizio, è il più
gradito al Signore. E per chi non avesse la possibilità di offrire il proprio
tempo, c’è sempre il modo di dare una mano concreta, con offerte economiche,
onde far fronte ai costi elevati della Casa per tutti, e per aiutare i
bisognosi della nostra Casa della Carità, o per le nostre Missioni. Tante gocce
riempiono il mare!
E’
così che ho intrapreso anche il cammino di formazione per divenire laica
carmelitana, entrando a far parte dell’Ordine Secolare dei Carmelitani Scalzi,
poiché unire la preghiera all’azione, è un po’ come imitare Maria e Marta.
Uscire dal proprio individualismo, per donarsi, almeno in quel poco o tanto che
ci sarà possibile, agli altri. E la Parrocchia diventa così, davvero, una
grande famiglia. Ed io mi reputo fortunata: oltre alla famiglia parrocchiale,
appartengo anche alla Famiglia Carmelitana.
Festeggiare
una ricorrenza non è sinonimo di banchetti, bandiere sventolate, striscioni
inneggianti, marce bandistiche, ma piuttosto quel sentirsi partecipi di
un’unione di cuori, di persone amiche che hanno instaurato un rapporto
fraterno, di stretta collaborazione, per il bene comune. Confidando nella
protezione del Signore, della Vergine Maria, e dei Santi del Carmelo,
cammineremo insieme, Padri e parrocchiani, verso una crescita umana e
spirituale, poiché dentro una parrocchia c’è molto da imparare e da donare.
Sempre. Anche attraverso le inevitabili difficoltà che si presenteranno, ma che
verranno superate dalla certezza che se si semina bene, il raccolto sarà buono
e abbondante, anche se non saremo noi i mietitori!
Aggiungo
una leggenda, è la parte finale del racconto L’Alchimista di Paulo Coehlo. (il
racconto nulla ha a che fare con la magia, se non quella effettuata dalla Mano
del Creatore!). Questa leggenda è il perfetto compendio di quanto ho appena
scritto. E adeguata al periodo liturgico che stiamo vivendo.
Buon
Cammino in Parrocchia a tutti!
Ricordiamo i parroci che ci hanno Preceduto nella Casa del Padre:
L'attuale Parroco Padre Gabriele Mattavelli |
Da sinistra guardando la foto: Padre Teresio Raiteri Padre Placido Daniele, in compagnia dell'attuale Priore del Convento Carmelitano di Parma Padre Pio Janes manca la foto di P. Gerardo Bongioanni |
Danila Oppio
Leggenda di Natale
La
Madonna, con il Bambino Gesù fra le braccia, aveva deciso di scendere in Terra
per visitare un monastero. Orgogliosi, tutti i monaci si misero in lunga fila,
presentandosi ciascuno davanti alla Vergine per renderle omaggio.
Uno
declamò alcune poesie, un altro le mostrò le miniature che aveva preparato per
la Bibbia e un terzo recitò i nomi di tutti i santi. E così via, un monaco dopo
l’altro, tutti resero omaggio alla Madonna e al Bambino.
All’ultimo
posto della fila ne rimase uno, il monaco più umile del convento, che non aveva
mai studiato i sacri testi dell’epoca. I suoi genitori erano persone semplici,
che lavoravano in un vecchio circo dei dintorni, e gli avevano insegnato
soltanto a far volteggiare le palline in aria.
Quando
giunse il suo turno, gli altri monaci desideravano concludere l’omaggio perché
il povero acrobata non aveva nulla di importante da dire e avrebbe potuto
sminuire l’immagine del convento. Ma anche lui, nel profondo del proprio cuore,
sentiva il bisogno immenso di offrire qualcosa a Gesù e alla Vergine.
Pieno
di vergogna, sentendosi oggetto degli sguardi di riprovazione dei confratelli,
tirò fuori dalla tasca alcune arance e cominciò a farle volteggiare, perché era
l’unica cosa che egli sapesse fare.
Fu
solo in quell’istante che Gesù Bambino sorrise e cominciò a battere le manine,
in braccio alla Madonna. E fu verso quel monaco che la Vergine tese le braccia,
lasciandoli tenere per un po’ il Bambinello.
Dalla Postfazione de L’Alchimista di
Paulo Coelho
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