Vorrei aggiungere alcune considerazioni, riguardo all’articolo che ho scritto su San Francesco di Paola.
Non ho certo voluto criticare l’operato della Chiesa, ho solo espresso il mio personale desiderio di trovare maggior corrispondenza tra i cattolici, siano essi appartenenti al clero, a ordini religiosi o al mondo laico, e gli insegnamenti evangelici. Non nego che vi siano sacerdoti pieni di fede e capaci di testimoniarla, e sono altrettanto certa che gran parte dei laici cattolici camminino sulla via del Signore, operando al meglio, sia chiaro!
Se ai tempi del Santo calabrese c’è stata una certa caduta di tensione spirituale, ciò è sicuramente dovuto al fatto che, anzi che essere i credenti “sale per il mondo e lievito per il pane dello spirito”, si sono fatti contagiare dal mondo stesso.
Anche oggi si rischia di cadere negli stessi errori: è sempre più dilagante la secolarizzazione, la filosofia del pensiero mondano si è insinuata ovunque. Lo so che rischio di diventare noiosa, e anche pesante, ma sento che è mio dovere tener desta l’attenzione e mantener viva la fede in quanto Cristo ci ha indicato.
Divorzi, aborto, eutanasia, sono solo alcune punte di un iceberg che sta congelando i cuori pulsanti dei credenti. La Chiesa ovviamente resta contraria a tutto questo, ma altre filosofie, più striscianti e meno appariscenti, si insinuano anche negli ambienti ecclesiali.
Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio ciò che gli spetta. Giusto! L’ha detto il Signore! Ma noi conosciamo davvero il reale significato di questa parola di Cristo? O stiamo confondendo religione-politica-economia e quant’altro, mettendoli tutti nello stesso calderone? Dentro la Chiesa facciamo i baciapile, ci battiamo il petto coi “mea culpa” e appena usciamo ci facciamo trascinare dalla corrente del mondo? “Siate nel mondo, ma non del mondo”, sono parole che non vanno mai scordate, o non siamo autentici cristiani.
Proviamo ad essere coerenti con le nostre scelte religiose, che sono scelte di vita, non etichette incollate a caso!
Non lamentiamoci che le cose vanno male, se poi non ci rimbocchiamo le maniche per farle andar meglio! Tutto si può cambiare, si è ancora in tempo. Cominciando da noi, non aspettando che siano gli altri a fare il primo passo.
E non andiamo in giro con musi lunghi, perché pensiamo che essere cristiani sia un impegno serio, gravoso ed impegnativo! Certo che lo è, ma diventa un giogo leggero se impariamo a sorridere. Santa Teresa d’Avila, nei suoi monasteri, inserì la “ricreazione” affinché le monache avessero modo di stare insieme, non oziando, ma leggendo qualcosa insieme o facendo qualche lavoretto di cucito. Col cuore ridente. Ri-creazione significa ri-generazione, ovvero ritemprare le proprie forze fisiche e mentali con il riposo, che non è dormire, ma fare qualcosa di diverso dalle solite mansioni. Nelle Chiese si va per pregare, assolutamente prioritario sopra ogni altra faccenda, perché solo con l’aiuto del Signore si ottiene la forza per sopportare le avversità o per far fronte ad impegni gravosi, ma ci sono occasioni anche di svago: organizzare, per esempio, una festa, una grigliata, una lotteria o una tombola benefica.
Anche gli oratori portano un nome ormai superato: gli oratori erano luoghi dove si “orava” ovvero, si pregava. Ora si gioca, si fa comunione stando insieme, ed i momenti di preghiera diventano sempre più brevi. Ma se si sta insieme sapendo che Gesù è presente tra noi, anche mentre giochiamo una partita a pallone, o a qualche altro gioco di gruppo, quel modo di vivere la gioia è “stare con Lui”. L’importante è non annoiarsi, perché la noia e l’ozio portano ad uno stato di disagio, il nostro spirito perde lo smalto e diventiamo opachi, dimenticando Dio ed il prossimo, e finiamo per cercare “emozioni forti” che spesso si allontanano dall’etica, dal buon vivere e dalla morale. Si finisce così col cadere in un baratro dal quale è difficile uscirne. Vivere con Cristo, seguendo il Suo esempio, è una “terapia” che - a differenza di quanti malamente intendono - porta alla vera libertà. Fare del volontariato, utilizzando le doti - talenti - che il Buon Dio ci ha donato, aiuta a dare valore alla nostra esistenza, ad arricchirla.
Per tornare al punto di partenza, a volte ci lamentiamo che le nostre Chiese sono vuote rispetto ai tempi passati, che i sacerdoti non sono disponibili come vorremmo, e sono pochi......invece di lamentarci, perché non pensiamo che un bel po’ di colpa l’abbiamo anche noi? Quale colpa? mi chiedete. Quella di non dare una mano ai sacerdoti, aiutandoli nella gestione della parrocchia. Ma non basta dare una mano, brontolando che tocca sempre a noi. Occorre darla con entusiasmo, e mantenerlo anche quando ci sembra che le cose non camminino secondo come vorremmo- E dobbiamo dare fiducia ai sacerdoti, rincuorarli quando ci sembrano stanchi, affaticati e un po’ demotivati: mettiamoci nei loro panni: quante volte hanno ricevuto critiche? Tante!!! E plausi? Pochi, pochissimi! Da loro ci si aspetta molto, ma noi cosa diamo a loro?
La terapia dell’Amore del Signore è la sola che rigeneri gli animi: dobbiamo trasmetterci fiducia reciproca, coraggio e volontà perché basta solo che qualcuno cominci a lamentarsi e a far passare un messaggio negativo, perché il malumore si allarghi a macchia d’olio e....come dicono a Milano: “i gut d’oil fan i mach” ovvero, le gocce d’olio macchiano!
Per questo sento sempre più forte la necessità di sollevare i sacerdoti dalle loro fatiche, spesso portate su fragili e solitarie spalle, rinnovando quotidianamente il loro ed il nostro entusiasmo alla sequela di Cristo, e pregando il Signore affinché la Sua messe sia sempre più feconda!
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