AFORISMA

Meglio aggiungere vita ai giorni, che non giorni alla vita
(Rita Levi Montalcini)

Nostra Signora del Carmelo

Nostra Signora del Carmelo
colei che ci ha donato lo scapolare

venerdì 20 dicembre 2024

SUORA BOTTEGO MADRE CELESTINA - PARMA- società missionaria di Maria

   Ringrazio Edi Morini per il testo che mi ha inviato, relativo alla suora che non conoscevo. 

Parma Celestina Bottego Sempre nei nostri cuori


A Parma, il bellissimo parco che si trova incastonato tra Via Pascal e Via Euclide, è dedicato a Suor Celestina Bottego, nipote del famoso esploratore Vittorio, tragicamente morto in Africa. Grazie a questa bella iniziativa comunale Celestina vive per sempre nel suo amato quartiere, San Lazzaro.

Giambattista Bottego, fratello maggiore di Vittorio Bottego (noto a livello mondiale come esploratore ed ufficiale, artigliere prima a Torino poi a Pinerolo, quindi in Eritrea), si era trasferito in America, dove aveva sposato Mary Healy. Celestina nasce il 20 dicembre 1895 a Glendale (Ohio) e vive fino ai quindici anni nello stato del Montana.

Quando Vittorio muore ucciso nel Continente Nero il 23 luglio 1897, Giambattista torna a Parma con due dei suoi figli, Maria e Vittorio, per occuparsi dei genitori anziani. Celestina e la mamma Mary raggiungeranno il resto della famiglia nel 1910.


A Parma, Celestina studia con profitto e diventa una prof molto amata dai suoi allievi. Esercita per circa vent’anni nelle scuole pubbliche.

In seguito, insegnerà l’inglese ai missionari saveriani.

Insieme alla sorella Maria, Celestina dedica molto tempo alla vita spirituale, guidata dall’abate benedettino Emanuele Caronti. Diventeranno suore ambedue. Celestina pronuncia i voti nel 1922, come suora oblata. Maria diventa missionaria francescana nel 1924.

Nel 1936, Celestina e Maria vanno in India per un breve periodo come missionarie.

Per chiunque si trovi nella tribolazione, Suor Celestina rappresenta un solido punto di riferimento pratico. Nel turbine della Seconda guerra mondiale, sa garantire ascolto e soccorso a chicchessia, senza distinzioni. Tutta Parma la stima e le vuole bene.

Nel 1945, terminato il conflitto, Celestina, cinquantenne, abbraccia pienamente la vocazione missionaria come Madre fondatrice delle Suore Saveriane di Maria. La gente le chiama affettuosamente “Suore Bottego”.

Direttrice generale, Celestina favorisce con indiscussa lungimiranza il nascere di tante fondazioni missionarie oltre frontiera: in Congo, in Burundi, in Brasile, negli Stati Uniti. E’ sensibile, intelligente, generosa, instancabile, di mentalità aperta. Capace di mediare e rasserenare. Forte di una fiducia illimitata nella Provvidenza divina. Muore il 20 agosto 1980.

Ma i parmigiani, e non soltanto loro, la ricorderanno per sempre. Vive nei nostri cuori. Nel 2013, la Chiesa l’ha dichiarata venerabile e ci auguriamo che presto sia dichiarata santa.







CHIESA PIU' BELLA DEL PORTOGALLO


Igreja matriz de Santa Maria de Válega

I lavori per la costruzione dell’edificio iniziarono nel 1746 e fu necessario quasi un secolo per il loro completamento.

In stile barocco e a pianta longitudinale, la chiesa presenta un’unica navata ed il corpo del presbiterio affiancato da due sacrestie volumetricamente distinte.

Il campanile quadrangolare a tre registri è posto sul lato sinistro della facciata ripartita da lesene, conclusa da un timpano e rivestita di maioliche policrome rappresentanti scene dell’Antico e Nuovo Testamento, datate tra il 1959 e il 1960 e dipinte a mano da Aleluia Cerâmicas di Aveiro.

I prospetti laterali e posteriori sono invece rivestiti con i tipici azulejos portoghesi bianchi e blu progettati dall'architetto Januário Godinho. Risale al 1942 la collocazione del pannello in maiolica sulla parete esterna de presbiterio raffigurante la Signora di Amparo, firmato dall'atelier di Jorge Colaço ed eseguito da Fábrica Lusitânia di Lisbona.


lunedì 16 dicembre 2024

MILLE ANNI PER UN'"AVE MARIA" "PREGA PER NOI PECCATORI" quinta conferenza d'Avvento di Padre CLAUDIO TRUZZI OCD

 

Lorenzo Lotto, Natività, 1523, Washington, National Gallery of Art

5 – MILLE ANNI PER UN’ “AVE MARIA”
«PREGA PER NOI PECCATORI»


Sappiamo e crediamo che esiste la grande verità della “Comunione dei Santi”. Cioè, che tutti possiamo intercedere l’uno per gli altri davanti a Dio. E allora, quanto più lo potrà fare Maria, la Madre spirituale di tutti noi!
Non c’è spazio, né crediamo necessario dimostrare tale affermazione in queste pagine. Basterà precisare, e fare avvertenza a che si eviti un possibile errore d’interpretazione.
Quando affermiamo che Maria è la mediatrice universale di tutte le grazie, che è l’“onnipotenza supplicante”, ecc., non intendiamo affermare che Dio l’ascolta come se Lui fosse alla mercé delle volubili suppliche umane. No! Ricordiamo e confessiamo che il potere divino è stato “incorporato” in Maria dallo Spirito Santo che abita in lei, e dalla sua maternità divina di Gesù. In una parola, il “potere” di Maria le viene dalla sua intima unione con la Trinità. Possiamo dire che, in Lei è lo stesso Dio che “presenta” le nostre suppliche (Non è infatti, lo stesso Spirito Santo, Dio, che ci fa pregare – come ci ricorda S. Paolo –, che ci pone nel cuore le parole giuste, “gemiti ineffabili”, da rivolgere al Padre, Dio?). 
Nell’accogliere le nostre suppliche è lo stesso Dio che, in Maria, si volge pieno di bontà sui propri figli.

IL SIGNORE HA POSTO VICINO A NOI MARIA
«Il Signore, nel piano provvidenziale della creazione e della Redenzione, ha voluto porre vicino a noi Maria Santissima, che ci sta accanto, ci aiuta, ci esorta, ci indica con la sua spiritualità, dove stanno la luce e la forza per proseguire il cammino della vita».
Giovane ancora, padre Massimiliano Kolbe così già scriveva da Roma alla mamma: «Quante volte nella vita, ma particolarmente nei momenti più importanti, ho sperimentato la speciale protezione dell'Immacolata ...! Depongo in lei tutta la mia fiducia per il futuro».
UNA MADRE ALLA QUALE PUOI CHIEDERE TUTTO
Ci sono momenti in cui non ci si accontenta di pensare che Maria è lì, che ci guarda, ci protegge e fa crescere in noi la vita divina; si prova il bisogno di guardare a lei le nostre angustie o di presentarle con calma le nostre.
Santa Teresa di Gesù Bambino si ricollega alla grande tradizione della Chiesa che ci fa chiedere nelle feste della Vergine "la salute dell'anima e del corpo"; per la sua intercessione chiediamo a Dio "di essere liberati dalle tristezze di questo mondo e di gustare le gioie dell'eternità". Ad una mamma non piace di vedere i suoi bambini nella tristezza. Non è dunque normale chiederle di ottenerci gioia e salute?
Si trova la stessa atmosfera nella bella preghiera di padre De Grandmaison:
Santa Maria, Madre di Dio, conservami un cuore di bambino,
puro e trasparente come sorgente;
ottenetemi un cuore semplice, 
che non conosca la tristezza.
Teresa lo faceva con molta semplicità e spontaneità. Sapeva che ad una mamma si può dire tutto. Aveva compreso che non bisogna mai "pastorizzare" la propria preghiera, soprattutto quando ci si rivolge alla Vergine:
«Vorrei avere una bella morte per farvi piacere – dice alle sue suore il 4 giugno 1897 –; l'ho chiesto alla Madonna. Non l'ho chiesto al Signore Dio, perché voglio lasciarlo fare come vorrà. Chiedere alla Santa Vergine, non è la stessa cosa. Ella sa bene cosa deve fare dei miei piccoli desideri, se occorre che li dica o non li dica».
Due giorni più tardi, dopo una visita del medico che la trovava meglio, confessa che aveva molta voglia di andarsene. «Lo dico alla Madonna – continuava – che ne fa quello che vuole”.
Una riflessione analoga nella festa del 15 agosto: «Chiedevo ieri alla Madonna di non tossire più, perché suor Genoveffa possa dormire, ma ho aggiunto: «Se voi non lo fate, vi amerò di più».
Magnifica devozione mariana, la cui intensità non dipende dalle carezze ottenute, ma che osa chiedere le cose più semplici».
“PECCATORI”! 
La definizione, la qualifica che a noi calza a pennello!
Nessuno venga a sostenere che, in genere, noi uomini siamo restii ad aggiungere ai nostri rispettivi nomi degli aggettivi qualificativi. Li abbiamo, anzi, ricercati per tutti gli uffici e per tutti i gusti: 
– da imperatore, re, governatore, (i qualificati “i grandi”) ad un eccetera interminabile – per i politici
– a quello di pontefice, cardinale, patriarca, archimandrita, vescovo, e molti altri, per gli ecclesiastici.
– Si continua con il rettore magnifico, cattedratico, laureato e licenziato, tra i docenti; fino a quelli di maresciallo, ammiraglio, generale, capitano di corvetta o sergente, tra alcuni di carattere militare.
– E tutto ciò, senz’entrare nell’inestricabile ragnatela di titoli nobiliari, impresari, sociali, ecc. 
– Tutti lottiamo dalla mattina alla sera affinché, almeno, ci tengano per intelligenti, ricchi, amabili, educati, sportivi o belli… o “moderni”, al “passo coi tempi”, ecc, ecc.
Ebbene, lungo la sfilza dei secoli in cui, coscientemente o meccanicamente, si è venuta recitando la preghiera della “Ave Maria”, abbiamo dato, stavolta almeno, nel segno, affibbiandoci la qualifica che più ci va a pennello, che ci si descrive e ci s’inquadra: quella di “peccatori”.
Non è facile, però, riconoscerci tali!

sabato 14 dicembre 2024

LA GUERRA RIPUDIATA di Padre MAURO ARMANINO

 


La guerra ripudiata

‘io sono la guerra’, aveva quasi urlato Cisca, originaria della Democratica Repubblica del Congo. Una storia di esilio senza fine costellata da innumerevoli esperienze vissute sulla propria carne di donna.  Si trova adesso nel suo paese di origine e i contatti, fatalmente, col tempo si sono allentati. Potrebbe essere un buon segno perché lei voleva mettersi al servizio di donne, come lei, ferite dalla guerra. 

Una volta cominciate le guerre non finiscono mai. Lasciano paure, cicatrici, traumi, ferite, memorie di congiunti, amici e vicini uccisi o minacciati di morte. La fuga, l’esilio e, spesso, il lungo viaggio alla scoperta di una terra ospitale nell’inutile tentativo di dimenticare il dramma vissuto nella propria. Le immagini della casa abbandonata, bruciata e distrutta abiteranno per sempre i loro occhi.

Sono arrivate a Niamey non da molto. Le vedove e le madri i cui figli hanno perso la vita per le azioni terroriste di ‘Boko Haram’ o altri gruppi affini. Molte di loro avevano trovato lavoro nel Mali, cercando un improbabile riparo dalla violenza armata. Anche in quel Paese le cose si erano messe male e così, per vie traverse hanno raggiunto il Niger. Altre donne le hanno raggiunte per analoghi motivi.

Queste ultime, come le precedenti, sono scappate dal ‘gigante’ demografico e in parte anche economico dell’Africa, la Nigeria. Queste persone non sono che fastidiose incombenze statistiche per le Nazioni Unite e altre agenzie umanitarie. Vivono di nascosto in città col numero imprecisato di bambini ignari, per ora, del destino che li attende. Le guerre, quando incominciate, non finiscono mai.

Dopo la guerra, la violenza armata, l’esodo, la fuga e la scomparsa del mondo conosciuto comincia l’altra guerra. Quella che si continua a combattere per ricominciare a vivere una vita decente in mezzo a gente che troppo spesso non coglie il dramma che gli sfrattati del futuro si portano dentro. Alfredo è partito dal Cameroun dove aveva creato un’accademia di calcio. Ora gioca, di nascosto, con la vita.

I ricordi gli scivolano tra le dita. La figlia di cui non ha più notizie e la famiglia di cui ha perso le tracce. La guerra nella guerra continua per il cibo, un alloggio, i documenti, la salute e un lavoro che gli permetta di ridare vigore alle sue illusioni perdute. Prega, partecipa a convegni religiosi e, da qualche giorno, si è presentato alla Casa della Cultura Russa recentemente apertasi a Niamey. 

Vorrebbe cominciare a seguire i corsi gratuiti di lingua perchè spera, un giorno, di essere scelto per una borsa di studio in Russia. Difficile cogliere dove può condurlo la sorte. Nel frattempo, ha seguito corsi di informatica e spera di tanto di fondare un’altra accademia. In essa si imparerebbe come le spade possano diventano vomeri, le lance falci e l’arte della guerra sarebbe ripudiata per sempre.

 Mauro Armanino, Niamey, dicembre 2024


giovedì 12 dicembre 2024

SAN GIOVANNI DELLA CROCE SI FESTEGGIA IL 14 DICEMBRE 2014

 


GIOVANNI  DELLA   CROCE    179

Giovanni, che dell'anima cantasti

l'avventuroso idillio col Signore,

la fanciullezza tua fu costellata

da tanta povertà e puro amore...

*

Per aiutar la coraggiosa madre

tutto tu provi. E tenera la mano

su quei piagati corpi sai posare...!

Angelo di bontà sembri ai malati!

*

Umile chierichetto impari a stare

con adorante sguardo sull'Altare...

Parte di là la lucida scintilla,

che vocazione accende nel tuo cuore!

*

Ed a Medina l'abito ricevi

dell'Ordin del Carmelo. E la tua viva

intelligenza apprende quel sapere,

che rigoglioso scorre a Salamanca.

*


Eppure la tua anima, assetata

di cristallino Amore, cerca ansiosa...

L'occhio risolutore di Teresa

ti dona la certezza che tu brami!

*

Ora la scelta è fatta e della Croce

Giovanni tu divieni! Là a Duruelo

fra tanta povertà nasce il Carmelo

maschile teresiano. E tu sei faro!

*

Le vocazioni accorron. La tua mano

sa con sapiente tocco temperare

quegli sfrenati zeli...E tuttavia

sempre tu sei severo con te stesso!

*

Quando Teresa vuole per le figlie

sue una direzione illuminata,

cade su te la scelta. E con paterna

ed umil dedizione l'opra svolgi.

*

Inopinata giunge la tempesta.

La conventual prigione di Toledo

Lascia un profondo solco nel tuo spirto,

che libero si volge verso l'alto...

*


D'ogni terrena cosa distaccato,

scopri l'Amor supremo che trasforma

l'umile creatura nell'Amato...

E spirituale un Cantico zampilla!

*


E nella Notte oscura, sol guidato

da quella Fiamma viva che ti strugge,

l'ardimentosa fuga sai tentare...

E delle consorelle il cor esulta!

*

L'anima, che desia avventurarsi

sul periglioso mar dell'orazione,

é titubante... Chiede al Padre i lumi,

che sì copiosi il cuore suo rinserra.

*

Nascon così quell'opere infuocate

d'Amore, che dell'anima il cammino

illustrano...Soltanto chi contempla

sì da vicino il Cristo ha competenza!

*

Tu, che qual premio chiedi di soffrire

e d'esser disprezzato per il Cristo,

senti pesante abbattersi la Croce,

che un giorno sì dal vivo hai disegnato...

*


Davvero nulla sa chi per il Cristo

non sa soffrire! E il corpo tuo piagato

diventa un olocausto profumato...

Ormai l'Amore ha tutto consumato!

*

La campanella chiama a mattutino

i confratelli...E il volto tuo diviene

ora radioso! Gli occhi tuoi contemplan

il Cristo ed i suoi Angeli nel Cielo!


(Tokyo 25/9/1993), Padre Nicola Galeno


MADONNA DI GUADALUPE: SULLA COLLINA DI TERPEYAC ode di Padre NICOLA GALENO OCD


MADONNA DI GUADALUPE: SULLA COLLINA DI TEPEYAC   132.551

Siamo all’alba del nove dicembre

del millecinquecentotrentuno.

Sulla collina di Tepeyac

a quel giovane atzeko Juan Diego

appare una Donna sì fulgente

dal viso di meticcia e vestita

di sole. Si presenta così:


“Io sono la Vergin e la Madre

del verissimo Dio, sorgente

d’ogni vita. Vorrei veder qui

costruita una sacra casetta.

Al Vescovo riferire devi

Il mio desiderio pressante”.


S’affretta il giovane, ricevendo

secco diniego, ma non demorde.

Alla quarta apparizione viene

dalla stessa Vergine invitato

a coglier fiori sulla collina.


Fiori d’inverno? Che assurdità!

Eppure quella brulla collina

s’ammanta di fiori di Castiglia.

Cinguettan pur uccelli mai visti.


La Vergine aiuta Juan Diego

a riempire il mantello, che deve

al Vescovo portar come prova.


Alla sua presenza il mantello

vien dispiegato. Cadono i fiori.

Della Vergin si vede l’effigie.


E’ in piedi ritratta con le mani

giunte, con un viso leggermente

piegato. Sono gli occhi socchiusi

ed un manto trapunto di stelle

sa coprirne gli scuri capelli,

scendendo fin a terra. La veste

rosacea con fiori leggeri

ed arpeggi appare decorata.

Porta sul seno una cinta scura,

segno di maternità imminente,

come s’usa fra le donne azteche.


Sembra che sia portata in volo

da un angelo con le braccia aperte

ed ali colorate. Una falce

scura di luna si nota ai piedi

ed alle spalle si vedon raggi

davvero luminosi di sole.


(Legnano 12-12-2024), Padre Nicola Galeno


S. JUAN DIEGO CUAUHTLOTATZIN, IL VEGGENTE


domenica 8 dicembre 2024

Liriche di Padre NICOLA GALENO OCD dedicate all'IMMACOLATA che festeggiamo oggi 8 dicembre 2024


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MILLE ANNI PER UN' "AVE MARIA" quarta conferenza di Avvento di PADRE CLAUDIO TOZZI OCD



MILLE ANNI PER UN’ “AVE MARIA”

4 – “SANTA” MARIA

Entriamo, ora in una nuova dimensione. Mentre nella prima parte abbiamo pregato in chiave di “bene-dizione” e di “lode”, da questo momento la preghiera si apre alla “petizione”. 

Una grande supplica che si venne tessendo con voci anonime già nel basso Medio Evo, sino a conseguire – come abbiamo detto – il certificato di autenticità per opera di papa Pio V.

L’inizio di questa seconda parte della “Ave Maria” dà la sensazione che si continui a pregare – dirigendoci alla Madonna – in chiave di lode. Ma non abbiamo annunciato che questa seconda sezione era di supplica? Certo! Ciò che succede è che non c’è miglior prologo per introdurre una richiesta che il riconoscere la grandezza di colui al quale la dirigiamo. 

Per tale motivo iniziamo col proclamare: “Santa Maria!”.

Beatifichiamo e canonizziamo con questa preghiera Maria migliaia di volte. Mentre lo facciamo, sentiamo, però, anche la consolazione del fatto che la sua non è una “santità da piedistallo”, di quelle che elevano gli eroi o le eroine alla stratosfera celeste. 

L’aureola della santità di Maria non ci abbaglia. Al contrario, abbassa questa parola “santità”- tanto austera e abitualmente disincarnata – al livello nostro, quello del quotidiano e dell’intimo. Perché, che fortuna che esistano i santi e che ci sia possibile proclamare “santissima”, né più né meno che la nostra Madre! Questi sono la prova più palpabile del trionfo del Salvatore (“Figlio dell’uomo” – come spesso si auto definisce il Cristo Gesù), del successo della nostra povera specie umana e della possibilità che alberga in ognuno di noi! 

Da come morì Gesù – appeso ad un legno come un volgare facinoroso –, nessuno avrebbe scommesso un soldo sulla sopravvivenza di quella sua sublime dottrina. Ogni santo, ogni dettaglio di santità che appare lungo la storia, non è, invece, se non la dimostrazione palpabile del fatto che le piaghe di quel Crocefisso “infettarono” la carne e il sangue di milioni di esseri. Sino a giungere a noi!

Ed affermiamo che in ogni santo trionfa pure, per la medesima ragione, la specie umana. 

Come dolorosamente sperimentiamo, tutto si trova macchiato dalla bava immonda di quel male che chiamiamo “peccato”. Non esistono soltanto sette, ma settanta volte sette peccati capitali.

Questa carovana di uomini e di donne come noi, che attraversa la storia con il sostantivo di santi e l’aggettivo qualificativo di martiri, confessori, vergini ... dimostra, tuttavia, che qualcosa di limpido è rimasto; che, alla fin fine, il Maligno è stato vinto; che questa visione tanto pessimistica che teniamo della nostra povera umanità non è giustificata, giacché i santi … esistono! 

E sono di più, molto più numerosi di quanto si creda, perché la grazia di Dio opera con potenza.

Per questo, ogni volta che preghiamo esclamando: “Santa Maria!”, in Lei noi incontriamo la moltitudine che, secondo l’Apocalisse, «nessuno poteva contare». Come se Maria li stringesse tutti al seno, giacché, di fatto, sgorgarono dal seno della sua maternità spirituale: dal protomartire Stefano fino all’ultimo santo proclamato dal Papa; da quelle santità che brillano come di luce propria (quella di Pietro e Paolo, Gerolamo e Agostino, Francesco e Chiara, Domenico e Caterina da Siena, Teresa di Gesù e Giovanni della Croce, Teresa di Gesù Bambino, Massimiliano Kolbe e Edith Stein …), sino a quella degli innumerevoli santi anonimi, commemorati con affetto ogni 1° novembre nella festa di “Tutti i Santi”.

In questa sussurrata o proclamata invocazione della “Santa Maria!”, sono, a loro volta, racchiuse tutte le nostre “sante marie”, in minuscolo: sono le nostre bambine, le nostre giovani, le nostre donne. Queste sono come successive edizioni 

*  di Maria bambina, presentata al Tempio;

* della madre gestante, senza parola di fronte al mistero della nuova vita      che sente agitarsi nelle sue viscere;

*  delle povere madri che danno alla luce in pace e con amore, però in          una  povera catapecchia;

*  di quelle che devono fuggire con figli e masserizie verso “Egitti”                  stranieri; 

*  o  che soffrono persecuzione per l’eroismo dei loro figli; 

*  della madre che raccoglie come qualcosa di sacro il loro cadavere              giustiziato;

*  di tutte le vedove e le “Soledades” di questa storia, che loro non                costruiscono, ma subiscono.

Noi le evochiamo tutte. Tutte le lodiamo, ogni volta che preghiamo dicendo: “Santa Maria!”.

–– Ci sia, pure, permessa una licenza teologica: non dimentichiamo, al ripetere “Santa Maria!”, nessuna di quella moltitudine di “Sante Marie” che popolano gli altari di un’infinità di chiese, di cappelle, o quelle che – scolpite più o meno artisticamente – ci guardano dalle immaginette sacre, dagli scapolari, dalle medagliette. Notò, in un’occasione, papa Giovanni Paolo II che «la devozione popolare era la preghiera delle anime semplici». Ebbene, in ognuna delle tantissime devozioni mariane risuona il medesimo ritornello: “Santa Maria!”. E Lei, che si piega maternamente a tutti i nostri infantilismi e popolarismi, l’accetta tutta compiaciuta.

In questa variopinta esclamazione acquistano pure senso le innumerevoli “Vergini” in cui sminuzziamo i quasi infiniti volti (talvolta stravaganti) in cui Lei si lascia scolpire. 

Nostra “Santa Maria” accetterà, persino, di convertirsi nella “santa del luogo”, cedendo alle nostre fantasie, che ci portano a dimenticare l’unicità e l’indivisibilità di Maria.


5 – «MADRE DI DIO»

Insistiamo ancora nel complimento, nella lode, diventata, in questo caso, professione di fede, proclamazione del dogma di tutti i dogmi. 

Se abbiamo ripetuto dinanzi a Maria le lodi dell’angelo e della cugina Elisabetta; se, in seguito, ci prostreremo ai suoi piedi invocando aiuto e protezione, tutto si deve a questa sua realtà, al fatto che la confessiamo come “Madre di Dio!”.

In cielo, per quanto ne sappiamo del mistero, non c’è tutto. In cielo non ci sono “madri”, e quando Dio volle aver bisogno di una, dovette scendere qui sulla terra per cercarla, per eleggerla fra le nostre donne. Sembra poesia; ma, insistiamo, è verità di fede.

Che mistero! Poter intrecciare queste due parole: Dio e madre (o anche: “Deìpara” e “Theotòkos”, come l’espressero in una forma strana il latino e il greco dei saggi)! 

L’ “Essere” più “in sé”, il più increato; Colui, la cui infinità sorpassa gli spazi, in questa giovane donna si fa piccolo virgulto; si lascia dar alla luce da Lei!

Ogni immaginazione viene meno. La mente non è capace di comprenderlo e, disgraziatamente, siamo soliti ridurre quest’immenso mistero nell’involucro facilone d’immagini tenerissime, canti natalizi infantili, canzoni molto materne e feste cariche di folklore.

La maternità di Maria non può essere ridotta a tutto ciò, per quanto sentita e sincera sia la devozione. Maria, in una parola, è una vocazione unita indissolubilmente alla coniugazione più vera di verbi come “amare” e “soffrire”. 

Per Maria, dopo il tremore dell’annuncio di Gabriele, dopo la riconoscente benedizione d’Elisabetta, dopo la tenerezza felice di tenere il Bambino tra le braccia ed avvolgerlo nelle fasce ..., sopravviene la crudele profezia del vecchio Simeone: «Una spada ti trapasserà il cuore».

I dolori che non patì nel parto, li patirà, prima, durante tutta la vita del Figlio, e poi, durante i primi passi di quell’altro frutto delle sue viscere chiamato “Chiesa nascente”. Anche se perdurerà – ampliato ed arricchito dal suo cuore, capace di poesia come nessuno – l’ineffabile gioia di essere … Madre!

* La gioia – grazie all’aver appreso l’arte di custodire tutto nel suo cuore –     di rivivere freschi i piccoli ricordi di Gesù bambino e adolescente.

*  L’orgoglio materno dinanzi alla fama riconosciuta al giovane profeta. 

*  La spontanea benedizione di quella paesana che gridò: «Benedetta la        madre che ti dette alla luce!». 

* E, soprattutto, la gioia intima che colmerà ormai per sempre il suo             cuore,   nel costatare la sua maternità moltiplicata in milioni e milioni di      seguaci del Figlio. 

* La gioia di essere proprio Lei l’eletta per dispensar loro ogni specie di         aiuti e, in modo speciale, la grazia della loro salvezza definitiva.

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• Il seno di Maria ha capovolto i ruoli  (Sant'Efrem, Inno "De Nativitate"11, 6-8. 
(dato da Benedetto XVI nell’Udienza generale del 28. 11.2007)

«Signore venne in lei per farsi servo. 


Il Verbo venne in lei per tacere nel suo seno. 
[...]


Il pastore venne in lei ed ecco l'Agnello nato, che sommessamente piange. 


Poiché il seno di Maria ha capovolto i ruoli: 


Colui che creò tutte le cose ne è entrato in possesso, ma povero. 



L'Altissimo venne in lei (Maria), ma vi entrò umile. 


Lo splendore venne in lei, ma vestito con panni umili. 


Colui che elargisce tutte le cose conobbe la fame. 


Colui che abbevera tutti conobbe la sete. 


Nudo e spogliato uscì da lei, egli che riveste (di bellezza) tutte le cose». Sant'Efrem, Inno "De Nat

•  Buddista convertita da Maria

Suor Caterina-Maria era pagana, buddista e anticlericale… 

Racconta:

 «Grazie alla mia grande sorella, mia madre ha voluto convertirsi al cattolicesimo e mi chiese di seguirla. La mia risposta fu ferma: “No, e giammai‘”. 

Due anni di lotta spirituale sono passati prima che mi decidessi, infine, a battezzarmi. 

Ma non credevo assolutamente in Dio. Dio, per me, non esisteva. Se ho chiesto il battesimo, è stato unica-mente per amore di mia madre e per farle piacere, nient’altro.

 

La mia incredulità doveva durare sino al momento in cui il prete versò l’acqua battesimale sulla mia fronte. In quell’istante, mentre l’acqua colava lungo il viso, il mio cuore di pietra crollava nell’Amore infinito e il mio sguardo, fissando la croce, diceva: “Signore, io t’amo”. 



All’uscita dalla Messa, mia madre m’ha offerto un rosario come regalo di battesimo. Avevo già visto mia madre pregare tutti i giorni questa specie di “collana”. Lei lo recitava anche di notte. La sua immagine in preghi-era, sovrapposto al viso di una “Bella Signora”, era il mio “quadro” preferito. Sapevo che pregava per me, il suo figlio “prodigo”. Da quel giorno del mio battesimo, la recita del rosario è divenuta, al seguito di mia madre, la mia preghiera preferita».

• “Figlia di suo Figlio?!”

Un padre domenicano, missionario in Giappone, recitava in treno il suo breviario. Come segnalibro aveva una bell’immagine della Madonna con il Bambino in braccio. 

Accanto a lui un passeggero, semplice e ancora pagano, fissò a lungo quell'immaginetta, poi, infondendosi coraggio, chiese: «È vostra moglie quella?». 

Il missionario sorrise divertito e rispose: «No, signore, è mia madre!».

L'altro riprese: «Allora questo bel bambino che ella tiene in braccio siete voi, quando eravate piccolo...?».

E il missionario con il medesimo sorriso: «Non precisamente, anche se mi assomiglia. È mio fratello maggiore». Altamente meravigliato, quell'uomo restò a lungo in silenzio come se tentasse di scoprire l'enigma, quando il missionario intervenne: «Ebbene, come trovate voi mia madre?».

E quegli: «Superbamente bella!».

E il missionario: «Infatti, somiglia tutto al figlio, e per questo che è bella».   

Quell'uomo semplice sbarrò tanto d’occhi, e quasi correggendo, interruppe: «Cioè, volete dire che il bimbo somiglia a sua madre, e non viceversa...».

«No – continuò il missionario –: è la madre che assomiglia al Figlio di Dio!».

E si diede a spiegare il mistero di Cristo e della sua Madre Maria…

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MARIA DI SANTA TERESINA

La pietà mariana di Teresa non ha mai avuto le deviazioni subite in certe epoche della storia della Chiesa, quando la Vergine appariva essenzialmente come l'Avvocata delle cause disperate, la sola capace di difendere la nostra causa presso un Dio giustiziere, difficile da accontentare. la Misericordia era la specialità di Maria – Regina misericordiae –, mentre la Giustizia era piuttosto l'attributo di Dio – Rex justitiae!

Non solo la Bontà del Padre che si era giunti a dimenticare, ma la bontà del Figlio stesso. Su un labaro che porta la data del 1482 – e che serve oggi come pala d'altare nella chiesa di Montone – Cristo è rappresentato a petto nudo, che lascia vedere la piaga del suo fianco sinistro, mentre lancia giavellotti sulla città! Si ricorda pure come nel suo “giudizio finale”, Michelangelo rappresenti la Vergine mentre placa l'“ira divina” del Figlio che tende contro gli uomini il braccio vendicatore. 

Teresa non è mai stata vittima di simili rappresentazioni. Lei sapeva che la Vergine non era incaricata di temperare la severità del Padre, ma di rivelare la sua tenerezza. "Il sorriso incantevole" della Vergine del quale aveva goduto la vista il 13 maggio 1883 ai Buissonnets, fu per lei sempre un'eco, un'icona straordinariamente viva dello stesso Sorriso che Dio posa su ciascuno di noi.

Maria non è soltanto la nostra mamma affettivamente parlando – in quando ci ama con cuore di madre. Lo è effettivamente, generandoci realmente alla vita divina. 

Direi che a Nazareth la Vergine ha ottenuto brillantemente il suo diploma di educatrice specializzata nella formazione dei figli di Dio. 

Quando si pensa che Ella è stata incaricata di insegnare al Figlio diletto del Padre a divenire un uomo, a pregare con parola umane...! Bene! È ancora lei che è incaricata di iniziare i poveri uomini, quali noi siamo, ai costumi dei figli di Dio. Influenza tanto discreta, ma anche tanto reale quanto quella dello Spirito Santo.

Questa influenza, la Vergine l'esercita evidentemente nei riguardi di quelli e di quelle che non la conoscono, ma può esercitarla tanto meglio se i suoi figli si affidano coscientemente e volentieri alle sue mani materne.

Teresa, di tanto in tanto, fa allusione a questo inaudito mistero del quale lei vive. Se, per esempio, le piaceva andarsi a nascondere sotto il “mantello della Madonna”, non era soltanto per starvi al riparo da qualunque pericolo, ma era anche per unirvisi più strettamente a Cristo Gesù. 

Sotto quest'influenza materna della Vergine, sarà più facile vivere lo spirito d'infanzia del quale Teresa continua a ricordare l'importanza.

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•  Accade in una chiesa romana, anni or sono. 

Il dott. Wu, ministro cinese presso il Vaticano, piangeva dinanzi ad un’immagine di Maria Santissima, perché un suo amico non cattolico lo seguiva sempre fino alla porta della chiesa, ma non entrava mai. 

Ed egli supplicava così: “Madonnina mia, ecco ti affido questo amico. Per conto mio posso condurlo sino alla porta della chiesa; ma a farlo entrare spetta a te!”.

Si rizzò per andarsene. 

In fondo al tempio scorse il suo amico, finalmente inginocchiato dinnanzi alla Croce.

•   La lampada. «La devozione della Madonna è simile all’olio della lampada eucaristica: circonda ed alimenta la fiamma della nostra adorazione di Gesù» (Piero Bargellini).


• Nell’ultimo quadro della sua “Vita di Gesù”, la collezione illustrata di tutto il Vangelo, il Tissot ha voluto rappresentare Maria ancora una volta. 

Voi pensate che sia la glorificazione, il suo trionfo finale? 

Vi sbagliate.

Maria è lì, sul Calvario, invecchiata, sola; laggiù Gerusalemme tra i bagliori degli incendi; più lontano il mondo avvolto nella nebbia.

È una visione significativa che commuove anche il mio cuore inaridito: la Madonna ritorna dove suo Figlio ha offerto la sua vita per noi: s’inginocchia là a guardare l’universo che non ha capito nulla e non vuol capire niente dello splendido amore che Dio continua ad offrirci...

Non abbiamo capito nulla; 

non vogliamo capire niente.

«LA MIA PIÙ BELLA INVENZIONE … È MIA MADRE...»

«La mia più bell’invenzione – dice Dio – è mia Madre.

Mi mancava una Mamma e l'ho fatta.

È Ho fatto mia Madre prima che ella facesse me. Era più sicuro.

Ora sono veramente un Uomo come tutti gli uomini.

Non ho più nulla da invidiar loro, poiché ho una Mamma.

Una vera.  Mi mancava.

Mia Madre si chiama Maria – dice Dio.

La sua anima è assolutamente pura e piena di grazia.

Il suo corpo è vergine e pervaso da una luce tale che sulla terra 

mai mi sono stancato di guardarla, d'ascoltarla, d'ammirarla.

È bella mia Madre, tanto che lasciando gli splendori del Cielo, 

non mi sono trovato sperduto vicino a lei.

Eppure, so bene – dice Dio – che cosa sia l'essere portato dagli angeli; 

beh, non vale le braccia di una Mamma, credetemi.

Maria, mia Madre è morta – dice Dio. 

Dopo che Io ero risalito verso il Cielo, ella mi mancava. Io le mancavo.

Ella mi ha raggiunto, con la sua anima, con il suo corpo, direttamente.

Non potevo fare diversamente. Era necessario. Era più conveniente.

Le dita che hanno toccato Dio non potevano immobilizzarsi.

Gli occhi che hanno contemplato Dio non potevano restare chiusi.

Le labbra che hanno baciato Dio non potevano irrigidirsi.

Quel corpo purissimo che aveva dato un corpo a Dio

non poteva marcire mescolato alla terra...

Non ho potuto, non era possibile... 

Mi sarebbe costato troppo.

Ho un bell'esser Dio, sono suo Figlio, e comando Io.

E poi – dice Dio –, l'ho fatto anche per gli uomini miei fratelli.

Perché abbiano una Mamma in Cielo.

Una vera, una di loro, corpo ed anima. La mia. 

È cosa fatta. Ella è con Me, dall'istante della sua morte.

La sua Assunzione, come dicono gli uomini. 

La Madre ha ritrovato il Figlio ed il Figlio la Madre.

Corpo ed anima, l'uno accanto all'altra, per l'eternità.

Se gli uomini intuissero la bellezza di questo mistero!

L'hanno finalmente riconosciuto ufficialmente. 

Il mio rappresentante sulla terra, il Papa, l'ha proclamato solennemente.

Fa piacere – dice Dio –, veder apprezzati i propri doni.

Da tanto tempo il popolo cristiano aveva presentito questo

grande mistero del mio amore filiale e fraterno...

Ed ora l'utilizzo maggiormente – dice Dio!

In Cielo essi hanno una Mamma che li segue con gli occhi, con i suoi occhi di carne.

In Cielo hanno una Mamma che li ama con tutto il cuore, con il suo cuore di carne.

E questa Mamma è la mia, 

che mi guarda con gli stessi occhi, 

che mi ama con lo stesso cuore.

Se gli uomini fossero furbi, ne approfitterebbero,

dovrebbero ben sospettare che Io non posso rifiutarle nulla.

Che volete, è mia Madre. Io l'ho voluto. Non me ne pento.

L'Uno di fronte all'Altra, corpo ed Anima, Madre e Figlio. 

Eternamente madre e Figlio.


sabato 7 dicembre 2024

auguri a padre NICOLA GALENO OCD, per il suo onomastico religioso, affinché il Santo di cui porta il nome gli conceda la guarigione






 

I Potenti, i Nemici, gli Opportunisti e gli Altri di Padre MAURO ARMENINO

IL FASCINO DELL'UNIFORME

I Potenti, i Nemici, gli Opportunisti e gli Altri

Sono coloro che detengono il potere di decidere tra il bene e il male per il popolo. Presumono rappresentarlo o quanto meno guidarlo per il suo bene. I potenti hanno dalla loro parte la forza o la violenza ’legittimata’ a seconda di come la si guardi. Tentano di creare il tipo di realtà che meglio si accomodi al modello che hanno immaginato. Si presumono indenni da perniciose ideologie che potrebbero disturbare la visione dominante. L’ideale desiderato è un pensiero unico, egemonico e inconfutabile. Perchè questo accada il modello di ispirazione militare è quello che meglio risponde all’esigenza unificatrice. Così come in molti Stati africani il modello del partito unico era sembrata la strategia per uscire dal sottosviluppo dopo le indipendenze degli anni ’60. Non casualmente la quasi totalità dei Paesi che avevano operato questa scelta ‘totalitaria’ hanno strutturato la società in un senso disciplinare. I colpi di stato ad opera dei militari non sono stati che l’espressione visibile del genere di società nel frattempo creato. Il fascino delle uniformi ha resistito alle seduzioni delle mode del momento. C’è chi ha sostenuto che il potere si trova nelle canne dei fucili e nelle cannoniere.

I nemici cambiano e sono funzionali ad ogni regime. I potenti potrebbero con difficoltà governare e mantenersi al potere senza di loro. Ci fosse da fare monumenti e cambiare i nomi di strade, crocevia o luoghi pubblici, ad essere onesti, bisognerebbe apporre i nomi dei peggiori nemici del popolo. Grazie a loro i Potenti giustificheranno gli stati di eccezione, il coprifuoco, le spese militari e soprattutto la loro transizione indefinita al potere. Nemici reali, inventati, fittizi, occasionali, provvisori, precari, nocivi o semplicemente funzionali appariranno come d’incanto al momento opportuno. Nei momenti di crisi o di difficoltà che ogni tipo di regime incontra, magicamente, apparirà un nemico qualsiasi per ridare fiato al sistema. Nemici interni e nemici esterni che manipolano quelli interni che a loro volta sono pagati da forze straniere che vorrebbero rendere vani gli sforzi di emancipazione faticosamente conquistati dal regime al potere.

Gli opportunisti non mancano mai e appartengono alle due sponde. Da nemici accaniti possono cambiare idea, pensiero, appartenenza e affiliazione. Così come amici sinceri e indefettibili si troveranno, talvolta senza volerlo, trasformati in nemici. Gli Opportunisti osservano, scrutano, misurano, stimano e poi scelgono, provvisoriamente, il campo nel quale mietere. Hanno la straordinaria capacità di capire chi vincerà la battaglia e su chi puntare per un posto, una posizione, un avanzamento o una semplice raccomandazione. Pregano che Dio li aiuti sempre a stare dalla parte giusta e a essere illuminati per cambiare in tempo nel caso le cose dovessero mettersi male.

Rimangono gli Altri. Non affiliati, non importanti, non utili, non loquaci, non riconosciuti e soprattutto non ascoltati. Gli Altri, la maggioranza che rifiuta di essere ridotta a una vittima collaterale del destino. Gli Altri che non vogliono scomparire prima che siano scritte le storie che non hanno mai raccontate. Gli Altri che partono e tornano, a volte, solo per andare altrove. Gli Altri, i preferiti dal Dio sconosciuto che, quel giorno, si alzeranno. Allora i troni dei Potenti si rovesceranno e gli Opportunisti cercheranno una dimora.  Gli Altri, quel giorno, inizieranno una festa senza fine e senza confini.

              Mauro Armanino, Niamey, 8 dicembre 2024



lunedì 2 dicembre 2024

TRASGRESSIONE DI FRONTIERE di Padre MAURO ARMANINO



Trasgressione di frontiere

Si tratta del tempo dell’avvento, che fa rima con vento e avventura. Una venuta, quella di cui il Natale ci narra l’utopia, che appare come un passaggio, irregolare, di frontiere. Cielo e terra, divino e umano, santo e profano, straniero e compagno...l’altro e noi. Tutto quanto costitutiva la conformazione dello spazio e l‘organizzazione sociale della realtà è spazzato via. Il cielo e la terra si mescolano così come l’umano e il divino. Eternità e tempo sono entrambi santi così come il compagno e lo straniero che mangia lo stesso pane. Il primo trasgressore di frontiere è Dio. Pentito per averle inventate o forse permesse per debolezza nei confronti del suo popolo, ha scelto di renderle mero oggetto di studio per gli amatori di geopolitica o i politici per i quali esse non sono che strumento di controllo. L’av-vento porta lontano e si trasforma in av-ventura nella quale nuovi paesaggi creano storie nuove senza eroi e guerrieri. Senza frontiere per cui morire non c’è più nessuno e nulla da combattere. Le carte geografiche troveranno nei colori della speranza i nuovi confini della pace.

                  Mauro Armanino, Niamey, Avvento 2024

I DOMENICA DI AVVENTO - 1 dicembre 2024 - ANNO C -

Ndr: Aggiungo qualcosa sull'Avvento, che ho trovato nel Web.

Vangelo

La vostra liberazione è vicina. 

+ Dal Vangelo secondo Luca (Lc 21,25-28.34-36)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:

«Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, mentre gli uomini moriranno per la paura e per l'attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte.

Allora vedranno il Figlio dell'uomo venire su una nube con grande potenza e gloria.

Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina.

State attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso all'improvviso; come un laccio infatti esso si abbatterà sopra tutti coloro che abitano sulla faccia di tutta la terra. Vegliate in ogni momento pregando, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che sta per accadere, e di comparire davanti al Figlio dell'uomo».

Parola del Signore.

Spunti di riflessione

Oggi inizia l’Avvento, il tempo liturgico che preparandoci al Natale ci invita ad alzare lo sguardo e ad aprire il cuore per accogliere Gesù. In Avvento, però, non viviamo solo l’attesa del Natale; veniamo invitati anche a risvegliare l’attesa del ritorno glorioso di Cristo – quando alla fine dei tempi tornerà – preparandoci all’incontro finale con Lui con scelte coerenti e coraggiose. Ricordiamo il Natale, aspettiamo il ritorno glorioso di Cristo, e anche il nostro incontro personale con lui: quel giorno nel quale il Signore ci chiamerà a sé. In queste quattro settimane siamo chiamati a uscire da un modo di vivere rassegnato e abitudinario, e ad uscire alimentando speranze, vivendo e crescendo nell’amore fra noi e verso tutti, per rendere i nostri cuori saldi e irreprensibili nella santità, (1,Tes 3,12-13): in una parola, vincendo noi stessi per donarci nell’amore.

Il Vangelo di questa domenica va proprio in tale direzione e ci mette in guardia dal lasciarci opprimere da uno stile di vita egocentrico o dai ritmi convulsi delle giornate. Risuonano particolarmente incisive le parole di Gesù: «State attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso all’improvviso…Vegliate in ogni momento pregando» (vv. 34.36).

Stare svegli e pregare: ecco come vivere questo tempo da oggi fino a Natale. Il sonno interiore nasce dal girare sempre attorno a noi stessi e dal restare bloccati nel chiuso della propria vita coi suoi problemi, le sue preoccupazioni, le sue gioie e i suoi dolori. Si rischia di ruotare sempre intorno a noi stessi. Tutto questo stanca, annoia e ci chiude alla speranza. Ecco allora trovata la radice del torpore e della pigrizia di cui parla il Vangelo. L’Avvento ci invita a un impegno di vigilanza guardando fuori da noi stessi, allargando la mente e il cuore per aprirci alle necessità sia spirituali che materiali, prima di tutto di chi incontriamo ogni giorno e ci vive accanto. Dal momento in cui ho dimenticato me stessa ho trovato la mia pace ha confidato una santa. Questo tempo è opportuno per aprire il nostro cuore, per farci domande concrete su come e per chi spendiamo la nostra vita. Sì, Per Te Gesù e per le anime ecco il nostro motto.

Il secondo atteggiamento per vivere bene il tempo dell’attesa del Signore è quello della preghiera. «Risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina» (v. 28), ammonisce il Vangelo di Luca. Si tratta di alzarsi e pregare, rivolgendo i nostri pensieri e il nostro cuore a Gesù che sta per venire. Che bello pensare che il nostro Angelo Custode - purtroppo tanto da noi dimenticato - quando apriamo gli occhi al mattino e il Signore ci dona un’altra giornata, ci ripeta: Coraggio, Alzati, Ti chiama!  Ci si alza quando si attende qualcosa o qualcuno. Lui ci attende sempre. In questo nuovo Avvento, noi attendiamo Gesù, lo vogliamo attendere nella preghiera, che è strettamente legata alla vigilanza. Pregare con amore, attendere fiduciosi Gesù, aprirsi agli altri, essere svegli, non chiusi mai in noi stessi, nelle nostre ferite, delusioni o risentimenti!

Ma se noi pensiamo al Natale in un clima di consumismo, di vedere cosa posso comprare per fare questo e quest’altro, e ci lasciamo contagiare dal viverlo come festa mondana, Gesù passerà e non lo troveremo. Invece noi attendiamo Gesù e lo vogliamo attendere nella preghiera, che è strettamente legata alla vigilanza. Vigiliamo perché è così facile farci distrarre dal mondo e dalle sue proposte che ci impediscono di sollevare lo sguardo, il cuore e la mente in Dio. Lentamente anche se non ce ne accorgiamo diventiamo freddi e poco generosi. Accogliamo il proposito all’inizio di questo tempo di Avvento di visitare più spesso Gesù Eucaristico nel Tabernacolo per riscaldarlo con il nostro fervore e affetto. Contemplarlo con fede e amore e come mi attende e mi aspetta per riversare su me i suoi più stupendi favori: luce, forza, coraggio e tanto desiderio del Cielo. Ecco un bel consiglio che attraverso la sua esperienza con Gesù, ci dona Santa Caterina Labouré: “Quando vado in cappella, mi pongo davanti al Buon Dio e gli dico: Eccomi, Signore, dammi quello che vuoi. Se mi dà qualcosa, sono molto contenta e lo ringrazio. Se non mi dà niente, lo ringrazio lo stesso, perché me lo merito. Allora gli dico tutto quanto affiora allo spirito: gli racconto le mie pene e le mie gioie e ascolto. Se lo si ascolta, egli parlerà, perché con il Buon Dio bisogna parlare e ascoltare. E quando si va a lui semplicemente e sinceramente, Egli parla sempre”.

La Vergine Maria, che ci porta Gesù, ed è nostro modello e maestra in quanto ci ha insegnato il valore dell’attesa, della vigilanza e della preghiera, ci aiuti a rafforzare la nostra speranza nelle promesse del suo Figlio. Viviamo sempre con Lei, perché come Mamma buona e premurosa ci aiuterà ad accogliere la Grazia di Cristo e a distaccarci da tutto ciò che è contrario al nostro bene più grande.


BENVENUTO|

Il Paradiso non può attendere: dobbiamo già cercare il nostro Cielo qui sulla terra! Questo blog tratterà di argomenti spirituali e testimonianze, con uno sguardo rivolto al Carmelo ed ai suoi Santi