AFORISMA

Meglio aggiungere vita ai giorni, che non giorni alla vita
(Rita Levi Montalcini)

Nostra Signora del Carmelo

Nostra Signora del Carmelo
colei che ci ha donato lo scapolare

lunedì 13 novembre 2023

4 REGNO DI DIO - quarta CONFERENZA di PADRE CLAUDIO TRUZZI OCD

 



4- B – IL REGNO DI DIO – (2)

4 CHIESA SANTA DI UOMINI PECCATORI [“Buon grano e la zizzania”] 


«Il Regno dei cieli è paragonato ad un uomo che seminò buon seme nel suo campo. Mentre gli uomini dormivano, venne il suo nemico, seminò fra il grano la zizzania e se ne andò. Quando poi crebbe il frumento e portò frutto, allora apparve anche la zizzania. I servi andarono dal padrone e gli dissero: “Signore, non hai forse seminato buon seme nel tuo campo? Come mai c'è della zizzania? Egli rispose: “Il nemico ha fatto questo”. 
I servi gli dicono: “Vuoi che andiamo ad estirparla?”. Ed egli: “No, perché c'è il pericolo che estirpando la zizzania, sradicata insieme ad esse anche il grano. Lasciate che crescano entrambi fino al raccolto; al tempo del raccolto dirò ai mietitori: “Radunate prima la zizzania e legatela in fasci affinché sia bruciata; il grano invece riponetelo nel mio granaio».
… «Colui che semina il buon seme è il Figlio dell'uomo; il campo è il mondo; il buon seme rappresenta i figli del regno; la zizzania, invece i figli del male; il nemico che la seminò è il diavolo; la mietitura è la fine del mondo; i mietitori, infine, sono gli angeli. Come, dunque, si raccoglie la zizzania e la si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo: il Figlio dell’uomo manderà i suoi angeli a radunare dal suo Regno tutti gli scandali e tutti gli opera-tori d'iniquità, affinché li gettino nella fornace ardente. Là sarà pianto e stridore di denti. Allora i giusti risplenderanno come il sole nel Regno del Padre loro!». Matteo 13. 24-32; 37-43
Una parabola tutta costruita sui contrasti. Contrasti di personaggi, gesti, mentalità, di tempo soprattutto. Lo sfondo è unico: un campo. Il Padrone vi semina il grano. Ma, una notte, ecco il Nemico che di soppiatto ci spande manate di zizzania.
Tra i due gesti, l’opposizione è netta. 
– L'Avversario compie la sua azione di nascosto, approfitta delle tenebre, del sonno dei contadini; interviene sul lavoro altrui per guastare, e poi sparisce, non lo vediamo più.
– Il Padrone del campo, invece, è sempre presente. Non perde di vista il “suo” campo dal momento della semina sino alla mietitura: agisce, parla, spiega. Soprattutto, non abbandona la propria opera.
Oltre ad essere Padrone del campo, [Dio] è Padrone del tempo. Non si lascia afferrare dall'impazienza. Non è che la vista della zizzania nel grano gli faccia piacere. Tutt'altro! 
Si oppone, tuttavia, allo zelo intempestivo dei servitori che vorrebbero sradicare immediatamente la zizzania [Ma dov'erano quei contadini quando il Nemico agiva indisturbato sul Campo? Dormivano... Già!].  
–  È più facile “accorgersi” del male quando il male ha già compiuto guasti irreparabili, che prevenirlo, farsi trovare vigilanti, lucidi.
È più facile denunciare che testimoniare. Più facile protestare che darsi da fare –.
Il Padrone impedisce che si compia una “colossale operazione di pulizia” nel campo. Ci tiene troppo al grano: «...affinché non succeda che... sradichiate anche il grano».  
Questa frase costituisce il punto focale, l'insegnamento di fondo della parabola.
–  Dio ha tempo. Dio sa attendere. L'appuntamento viene fissato alla fine, al momento della mietitura. La selezione si farà allora, non prima.
– Siamo noi che abbiamo una fretta maledetta.
Noi, con la nostra mania di vagliare, discriminare, classificare.
Noi siamo per le posizioni nette: il Regno di Dio in questi confini precisi; di là, il regno di Satana; di    qui, i buoni, di lì i cattivi. Questa è la verità, quello è l'errore. Bianco o nero!
Anche i farisei non volevano per nulla contaminarsi con gli altri. [Così, tante Sette antiche e moderne!].
«Si direbbe un peccato tipico delle persone cosiddette “religiose”. Il bisogno, cioè, di far coincidere la santità con la separazione. Naturalmente attraverso dei confini visibili e definitivi. Hanno la pretesa di sradicare il male ... etichettando esattamente le persone quasi fossero prodotti di un supermercato: questo è il settore dei “figli della luce”, quello lo scantinato dei “figli delle tenebre”. 
Si sentono sicure solo quando hanno sistemato per bene il campo nemico, ne hanno tracciato la mappa dettagliata. E decidono ora quali sono gli individui che devono stare laggiù.  Loro sanno chi è zizzania e chi buon grano. Loro hanno la pretesa d'insegnare botanica a Dio. Hanno la presunzione d'insegnare a Dio le terapie più spicce per eliminare il male con tutte le sue brutture. Loro possiedono il diserbante infallibile. Con il pretesto di combattere il male, sono sempre contro qualcuno» (ib.).
«La zizzania (o loglio) è un'erba parassitaria, ma si direbbe che certi “servitori del bene” vivano a loro volta a spese del nemico. Se certi cecchini dell'ortodossia, ... non tenessero a portata di penna (o lingua) alcuni bersagli prediletti, ... non saprebbero che cosa fare. Sono solamente capaci d’accanirsi su ciò che fanno gli altri. Se certi moralisti non avessero motivi per stracciarsi le vesti e gridare contro le malefatte altrui (vere o presunte) non riuscirebbero più a vivere. Campano, appunto, sulla zizzania. La zizzania è il loro provvidenziale, “datore di lavoro”!» (ib.)
La parabola, invece, serve a ricordarci alcuni punti piuttosto importanti:
1.  La presenza del male non rappresenta un fatto eccezionale. È la norma. Nella Chiesa, come nel mondo. Dovunque. Non c'è da meravigliarsi che il male sia mescolato al bene; che i due crescano insieme, coesistano nello stesso campo. La Chiesa, dovremmo saperlo, è santa, ma composta di peccatori.
2.  L'uomo non ha il diritto di “anticipare” il giudizio finale. Questo spetta a Dio, in esclusiva. È compito suo. La data è quella stabilita da Dio, non dai nostri calendari. 
E poi l'uomo non possiede il metro adatto per giudicare i propri simili. Di quel metro Dio è gelosissimo custode. Non lo concede in appalto a nessuno. Nessuno di noi, quindi, deve “rubare” il mestiere a Dio. Il nostro compito, semmai, si esercita nel campo della comprensione, della tolleranza, del rispetto, della pazienza, della longanimità. È stato st acutamente affermato: “Non diciamo mai che Dio è dalla nostra parte; ma preghiamo affinché possiamo noi stare dalla parte di Dio!”. 
3. Il male e il bene non delimitano territori definiti. Soprattutto non dividono e oppongono le persone tra loro. La linea di confine del male, ad esempio, non passa attraverso individui o gruppi. Passa attraverso il cuore di ogni uomo. Per cui nessuno di noi può illudersi di essere totalmente di qua o di là di quella linea. C'è in tutti noi, una possibilità, una capacità di male, di tradimento. Il cuore dell'uomo è produttore di grano e zizzania allo stesso tempo.
Ostinarsi a guardare e denunciare chiassosamente il male che sta fuori di noi, nel campo nemico, significa non vedere il peccato che affonda, indisturbato, le radici dentro di noi. 
4.  E poi che c'è anche un modo “diverso” di guardare nel campo. Tutto dipende dall'occhio con cui si osserva una certa realtà. C'è chi vede nel mondo esclusivamente sporcizia, corruzione, violenza, cattiveria, falsità. Ma c'è chi – senza ignorare quei prodotti –, riesce a scorgere anche il bene, la generosità, la pulizia, l'onestà, la coerenza. Certi individui sembrano specializzati a cogliere l'opera di Satana, e risultino incapaci di scoprire l'azione di Dio.  
Oltre che imparare il tempo di Dio, dobbiamo farci imprestare pure il suo sguardo.
Il Padrone del campo s’affida ai tempi lunghi, come antidoto al “prurito separatista” dei servi. 
Il suo diserbante è, infondo, la speranza. Lui vede “diversamente” in quel campo. Ed è grazie alla speranza che, alla fine, ciò che era (o che sembrava) zizzania, o lo era in partenza, può diventare, sotto l'influsso benefico di quella trepidante attesa, un prodotto buono, da collocare a pieno diritto nel granaio celeste. [cfr. “Figliol Prodigo”]
•• “TESTA O CROCE”...
Signore, non è che lo abbia scoperto ora; però è adesso che voglio parlarne con Te:
“Perché hai voluto che tutti abbiano la loro porzione di virtù e di peccato: la loro ‘testa e croce’,  
i loro ‘pro e contro’, le loro luci ed ombre, la loro parte di frumento e di zizzania?
“Buon grano” è il sesso; no?
Nulla di meglio se lo si utilizza come strumento per dare e ricevere vita, amore.
Però poche sono le zizzanie peggiori, se si converte in un piacere egoistico 
e nella vendita in saldo della dignità dell’uomo.
“Buon grano”, quello della scienza posta al servizio dell’umanità.
Se con essa, però, produciamo armi di distruzione e di morte, l’avremo convertita nella peggior delle zizzanie.
“Buon grano” l'acino di uva.
Da esso spremiamo quel vino che rallegra il cuore dell’uomo.
Zizzania, invece, quando lo mutiamo in quel povero alcolizzato aggrappato al lampione.
“Grano buono”, quello del denaro.
Un mezzo imprescindibile per promuovere il progresso e lo sviluppo dei popoli.
Zizzania, però, che sfrutta ed opprime in tante occasioni i deboli.
•  Nulla, Signore, nulla è totalmente buono, né integralmente cattivo.
Ogni cosa possiede la sua porzione di grano e di zizzania.
Testa o croce in qualsiasi medaglia. Misteriosa dualità del cuore umano.
La disgrazia, Signore, è che mai, come ai nostri giorni, 
sono tanto sfumati i contorni fra il bene e il male, tra il grano e la zizzania!
Che il tuo Spirito, Signore ci aiuti a discernerli...;
e a non convertire questa vita in un film western, del tipo “i buoni ed i cattivi”.
•   Signore: io sono una vera sentina di contraddizioni.
Dentro di me si mescolano due personaggi con la medesima carta d’identità; 
soltanto che uno è meraviglioso, e l’altro un disastro;
l’uno, quasi un eroe e l’altro, un codardo; l’uno, è solidale, l’altro, egoista...
Nella mia medesima personalità si mescolano il figlio di Adamo, che non vuole sottomettersi a nessuno e a nulla, rivendicando sovranità assoluta; e il figlio dello Spirito, che ti cerca e brama come terra assetata, senz’acqua e che ti grida: Abbà (Papà)!
Concedimi, Signore, bastante umiltà per riconoscere le mie debolezze e per saper anche riconoscere la porzione di buon seme che c’è in me: “buon grano” che viene da Te.
Dammi pure la lucidezza e la forza per scoprire ed assumere il male che oscura la mia vita, 
senza rassegnarmici come fosse una fatalità.
Per ultimo, Signore, 
che non dia per assodato che i “seminatori di zizzania” siano soltanto i malvagi “ufficiali”.
Per certo, Signore – contro la tua affermazione – chi seminò la zizzania fu uno di quelli considerati “buoni”. Guarda che lo fece molto furtivamente e senza che nessuno se ne accorgesse,
e che, se pensiamo alla rapina in banca, non sono i ladri col mitra, 
ma quelli in guanti bianchi, quelli che rubano di più e senza far rumore.


•• I DUE LUPI 
Una sera un uomo anziano confidò al suo giovane nipote la storia di una battaglia che si combatteva all'interno del suo cuore: «Figlio mio, ciò che si combatte dentro di me è una battaglia fra due lupi: 
– Il primo lupo è malvagio, pieno d’invidia, collera, angoscia, rimorsi, avidità, arroganza, sensi di colpa, orgoglio, sentimenti d'inferiorità, menzogna, superiorità, egocentrismo. È terribile perché mi rende triste e depresso!
– Il secondo lupo invece è buono, pieno di pace, amore, disponibilità, serenità, bontà, gentilezza, benevolenza, simpatia, generosità, compassione, verità e fede. È meraviglioso perché mi rende la vita bella e felice!». 
Il bambino un po' disorientato pensò per un minuto, poi chiese: «Nonno, ma quale dei due lupi vince?». 
Il vecchio rispose semplicemente: «Di solito vince sempre il lupo che nutro...».
•• PERCHÉ, SIGNORE, TANTA ZIZZANIA?
Provo quasi vergogna, Signore, a farti questa domanda
che tanti filosofi e pensatori si sono posti invano da generazione in generazione:
«Perché esiste il male? Perché tante guerre, fame, solitudini, sfruttamenti, droghe, ingiustizie... zizzania?
Su una terra come questa, in cui alcune aurore di primavera, possono godere di certi riflessi della tua Creazione, com’è possibile che coesistano nel medesimo cuore tanta viltà e menzogna, 
insieme a tanto desiderio di purezza e d’autenticità?
Qual è la ragione di questa complicità con il male, che afferra e combatte per trionfare nel cuore d’ogni uomo, d’ogni razza, d’ogni civiltà, e persino nelle più disinteressate rivoluzioni?
Perché, Signore, permetti che crescano questi fiori del male, questa zizzania, 
che frequentemente soffoca le deboli spighe dell’amore e del bene?
Scandalo? Mistero? Enigma senza risposta?
So bene che un’infinità di mali ci affliggono a causa del nostro peccato e del peccato altrui;
però... e perché il peccato?
So che ci hai creati liberi per scegliere il bene o il male; 
tuttavia, non è proprio questa libertà un insondabile mistero?
Signore: so soltanto una cosa sicura; 
che Tu, il Seminatore della semente del Regno di Amore, 
fosti il primo ad esser sorpreso di tanta zizzania nel campo del Padre.
E che sapesti mantenere, nonostante le sconfitte, una confidenza totale nella sua volontà.
Concedimi, Signore, una simile confidenza che un giorno 
il male sarà vinto, estirpato, radicalmente, dalla terra e dal mio cuore.
E che il meglio di ogni uomo e di tutta la Creazione sarà raccolto 
nel Regno del Padre tuo, nel più abbondante ed eterno dei raccolti...
E mentre attendiamo che questo si avveri, 
fa’ che continuiamo a vincere, giorno dopo giorno, il male con il bene. (da Orar, n. 24) 
•• LEZIONE DI CATECHISMO
La catechista: “Rispondete per iscritto: Come mi giudico: “Sono buona o cattiva?”. Elisabetta, di otto anni, portò il suo “compitino” alla catechista. Aveva scritto: “Sono metà buona e metà cattivella.”!


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5.   È UNA FESTA, NON UN FUNERALE  [Le nozze del figlio del Re]
«... Il Regno dei cieli è simile ad un Re, il quale fece un banchetto di nozze per suo figlio. Egli mandò i suoi servi a chiamare coloro che erano stati invitati alle nozze, ma questi non vollero venire. Di nuovo inviò altri servi dicendo: “Dite agli invitati: ecco ho preparato il mio pranzo: i miei buoi e gli animali ingrassati sono già stati macellati e tutto è pronto; venite alle nozze”. Ma essi, noncuranti, andarono chi ai propri campi, chi ai propri affari. Altri, poi, presi i servi, li maltrattarono e li uccisero. Il re, adiratosi, inviò i suoi eserciti ad annientare quegli omicidi e ad incendiare la città.  Dice quindi ai servi: “Il banchetto nuziale è pronto, ma gli invitati non ne erano degni. Andate dunque ai crocicchi delle vie e chiamate alle nozze tutti quelli che troverete”. 
Andarono quei servi per le vie e radunarono tutti quelli che trovarono, buoni e cattivi, e così la sala si riempì di commensali. 
Entrato il re a vedere i commensali, trovò là un uomo che non indossava la veste nuziale. Gli dice: “Amico, come mai sei entrato qui senza la veste nuziale?”. Egli ammutolì. Allora il re disse ai suoi servitori: “Legatelo mani e piedi e gettatelo nelle tenebre esteriori: là sarà pianto e stridore di denti”. Molti, infatti, sono chiamati, ma pochi gli eletti».  Matt. 22, 1-14
Ancora una parabola “impossibile”. Perché?
– Riesce difficile, infatti, immaginare che degli uomini possano rifiutare un invito a nozze. Tanto più se si tratta di un re. L'invito è all'insegna della più assoluta gratuità. È richiesta unicamente la presenza, anche a mani vuote.
– E riesce ancor più arduo comprendere – dopo il rifiuto dei primi destinatari – quell'invito indifferenziato: «Andate ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze». Notare quel “tutti”! E «buoni e cattivi»! Che banchetto regale è mai questo, in cui sono abolite le differenze, azzerati i ranghi, e addirittura i buoni si ritrovano a fianco con delle persone “indegne”? Non è bello ritrovarsi intruppati in una combriccola così scalcagnata. Se il re premia così anche i cattivi, vale proprio la pena di comportarsi onestamente?!
– Infine, il terzo elemento “impossibile” della parabola: l'uomo sorpreso senza abito di nozze. Sembra strano che soltanto questo disgraziato sia stato ritenuto “indegno”. Tanto più che il reclutamento è stato fatto senza guardare troppo per il sottile, agli angoli delle strade, senza preavviso!
•  Ebbene: Fuori da ogni logica – ma purtroppo reali, abituali – i nostri comportamenti  nei confronti di Dio!
Se Dio ci convocasse per una puntigliosa resa dei conti, non c'è dubbio che lasceremmo da parte ogni cosa e ci presenteremmo puntuali. Se Dio ci chiamasse, come Padrone esigente, a portare i frutti del nostro lavoro, a pagare ciò che gli è dovuto... faremmo la fila pazientemente e i servi dovrebbero intervenire per disciplinare l'afflusso.
Dio, invece, ci sorprende con un invito a un banchetto nuziale! Che seccatura! 
Dimentichiamo che l'ideale cristiano non è una morale opprimente, ma una beatitudine. 
Il credente non è uno schiavo sotto il giogo, ma una persona liberata. L'esistenza cristiana è una festa.
Ma – sembra strano – tutto ciò ci sorprende, che ci coglie alla sprovvista, … ci irrita.
La giustizia, la severità, la costrizione … le percepiamo … normali, logiche. 
La gratuità, invece, quella fa scandalo! Il dono imprevedibile, immeritato, quello, non riusciamo proprio ad ammetterlo!
E allora non prendiamo neppure in considerazione l'invito; lo ignoriamo (o lo stimiamo meno).
Ci comportiamo come se quella convocazione alla gioia non fosse mai risuonata alle nostre orecchie. «Non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari». 
La vita continua affogata nelle solite meschinità, dispersa nelle solite cose insignificanti. Importante è correre, affannarsi, anche se non sappiamo dove si va e perché! 
Qualcuno adotta perfino un comportamento villano e criminale nei confronti dei messaggeri: «Presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero». 
Se fossero state guardie armate che recavano l'invito, le avremmo seguite rispettosamente. Quelli, invece, erano disarmate e recavano un invito. Offesa imperdonabile! L'uomo riscopre tutta la sua carica di violenza e di aggressività dinanzi a Colui (Dio) che non impone nulla, offre senza chiedere nulla in cambio. L'uomo è disposto a pagare. La gratuità gli è intollerabile.
–   Ritorniamo un momento a quell'individuo sorpreso senza abito nuziale.
In proposito i commenti si sprecano. Qualcuno parla di “opere buone”, ma evidentemente ci si dimentica che là dentro sono stipati “buoni” e “cattivi”. Il certificato di buona condotta non era stato richiesto, per essere invitati!
Assai più interessante è l'intuizione di un commentatore contemporaneo, A. Maillot, il quale spiega: «Quell'individuo ha frainteso sul significato dell'invito. Ha creduto di dover partecipare ad un funerale, non ad un pranzo di nozze. È il simbolo di quei cristiani che non arrivano a credere che il Regno di Dio è un banchetto nuziale, e si vestono, e adottano una faccia da una sepoltura. 
È l'immagine del “credente”, ma rivestito di severità, austerità, tristezza, silenzio, mentre, invece, bisognerebbe indossare l'abito della gioia e della speranza. È un uomo [un cristiano] che si fa l'idea che occorra portare la tristezza del mondo, invece di recare al mondo il sorriso di Dio».  (ib.)
Proviamo a chiederci: il clima delle nostre assemblee liturgiche rivela che siamo seduti intorno alla mensa eucaristica per festeggiare le nozze del Figlio, oppure che compiamo una pesante, noiosa cerimonia?
Il nostro volto esprime la gioia degli invitati a celebrare la vittoria del Cristo sulla morte, oppure tradisce la sofferenza, la sfiducia, o, peggio, la noia?
Qualcuno tirerà in ballo: la fame del mondo, la violenza, la minaccia di guerre, i regimi oppressivi, o i problemi, anche gravi, della famiglia o personali...
Ma questo qualcuno non comprende che la gioia non è evasione. 
La gioia è una forza, è una sfida, è qualcosa che afferra il cristiano quando celebra:
 l'Eucarestia e lo costringe ad andare a recarla in un mondo senza pace e senza gioia.
In questa prospettiva, indossare “l'abito di nozze” 
– è stato scritto – 
significa indossare non il vestito della festa ma “l’abito da lavoro”.

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