AFORISMA

Meglio aggiungere vita ai giorni, che non giorni alla vita
(Rita Levi Montalcini)

Nostra Signora del Carmelo

Nostra Signora del Carmelo
colei che ci ha donato lo scapolare

sabato 30 gennaio 2021

LA PAROLA A SANTA MONICA a NIAMEY - Padre Mauro Armanino

Ho ricevuto da Padre Mauro Armanino dal Niger, questo testo in francese, sulla storia delle sinagoghe. Ho trovato il testo molto interessante, e mi scuso con chi non conosce questa lingua, se non l'ho tradotta in italiano. Non ne ho il tempo, anche perché per quanto mi riguarda, la comprendo molto bene.  Sono sicura però che molti di voi lettori non avranno alcuna difficoltà a leggerla in lingua originale, quella che parlano nel Sahel, a parte gli idiomi locali.


La Parole 80 à STE MONIQUE

Mc 1, 21- 28

. La synagogue- À l'époque de Jésus, les synagogues ne sont pas d'abord un lieu de culte. Le culte est en effet concentré au Temple. Bâti par Salomon (Xe siècle av. J.-C.), reconstruit plusieurs fois, le Temple est le lieu de la Présence divine, on y offre des sacrifices et les fidèles y montent en pèlerinage trois fois par an. Quant aux synagogues (mot grec qui signifie "assemblée") on y lit et étudie la Parole de Dieu. Les synagogues se sont multipliées sur tout le pourtour de la Méditerranée. Il y en eut bientôt dans chaque cité où vivaient des juifs. En terre d'Israël, chaque village avait la sienne et on en dénombrait, paraît-il, plus de 300 à Jérusalem ! À la fin du 1er siècle, après la destruction du Temple (par les romains en 70 ap. J.-C.), la synagogue va prendre dans le judaïsme une importance unique.

. Les scribes- Etaient des érudits, dont le rôle était d'étudier la Loi, de la transcrire et d'écrire des commentaires sur elle. On avait aussi recours à leurs services pour rédiger un document écrit ou pour interpréter une question légale. Les scribes prenaient leur responsabilité de préserver les Écritures très au sérieux : ils copiaient méticuleusement la Bible. À l'époque du Nouveau Testament, les scribes étaient souvent associés à la secte des Pharisiens, bien que tous les Pharisiens n'étaient pas scribes. Les scribes enseignaient le peuple et interprétaient la Loi. Ils étaient très respectés par la communauté à cause de leur connaissance, de leur dévouement et de leur apparence de piété. Les scribes allaient cependant au-delà de leur responsabilité d'interpréter les Écritures, en y ajoutant des traditions humaines.

.Esprit mauvais- Dans le Nouveau Testament les démons sont souvent appelés esprits impurs, parfois esprits mauvais. Ils sont habituellement tenus pour responsables des pathologies et des infirmités (notamment celles que nous appellerions nerveuses ou mentales. Toutefois les textes ne parlent pas toujours de démons là où il est question de maladie et de guérison. Les démons se manifestent à l’approche de Jésus.  Toutefois il n’est pas le seul à pratiquer de tels exorcismes.

ECOUTER

. Disciples- Ceux/celles qui suivent

. Capharnaüm- Ville au bord du lac de Galilée, lieu de commerce et industrie de la pêche

. Le jour du Sabbat- Le seigneur des jours pour les juifs, avec l’obligation de la gloire de Dieu et des interdits pour le respecter 

. Synagogue- Voir ci-dessus

. Il enseignait en homme qui a autorité- Par la manière d’enseigner la Parole et l’interpréter

. Scribes- Voir ci-dessus

. Un esprit mauvais- Voir ci-dessus

. Le saint de Dieu- Saint tout ce qui concerne Dieu, le Saint= séparé du monde qui est ‘profane’

. Silence, sort- Jésus n’accepte pas le témoignage du mal, il montre autorité sur le mal

. L’esprit mauvais le secoua et sortit de lui – Une scène assez forte de libération du mal (exorcisme)

. Il commande même aux esprits mauvais – Par la puissance et l’autorité de Dieu

. Sa renommée se répandit- La Bonne Nouvelle qui libère

OU- Synagogue de Capharnaüm

QUAND- Pendant son enseignement  

QUI- Jésus, disciples, tourmenté, gens

Messages

. Jésus est venu pour libérer de tout mal comme signe de la présence du Règne de Dieu

. Il montre autorité dans l’enseignement et sur le mal et il est reconnu par les gens

. Il ne cherche pas le témoignage des mauvais esprits

. La Bonne Nouvelle se repend 

. une première découverte de l’identité et de la mission de Jésus

Méditer

. Quels sont et où sont les signes du mal ? Comment distinguer entre le bien et le mal ?

. Comment continuer l’action de Jésus qui libère aujourd’hui ?

. Comment éviter de se faire ‘avoir’ pare le mal ?

. Où trouver les enseignements de Jésus aujourd’hui ?

. Qu’est-ce qui nous libère aujourd’hui ?

                                    Niamey, 31 janvier 2021


ANTICHI E NUOVI OSTAGGI NEL SAHEL di P. Mauro Armanino

Antichi e nuovi Ostaggi nel Sahel

I più siamo ostaggi del destino. Proprio come Johnson che la guerra civile in Liberia ha scacciato da bambino nel Ghana con la sua famiglia in un campo di rifugiati. Sua madre e suo figlio si trovano oggi negli Stai Uniti, dove lui stesso era approdato qualche anno fa come ‘indesiderato’. Dopo la prima guerra civile nel suo paese era emigrato in Senegal e dopo qualche tempo, per aereo, era approdato nella Jamaica di Bob Marley del movimento Rasta. Da lì era sbarcato nel Messico. Pure lui, come migliaia di altri migranti, aveva passato il muro che separa i due paesi e trascorso almeno sei mesi a Washington. Giusto il tempo di dargli un ‘Passaporto Mondiale’ (World Passport) per rispedirlo al mittente e cioè in Senegal. Passa in Guinea e, con l’idea di andare in Europa, cerca invano di raggiungere la Libia. Non è mai riuscito ad attraversare la frontiera. Da oltre 6 anni il Niger è diventata la sua patria. Passa qualche mese ospite nella Casa di Arresto di Niamey e, appena fuori, chiede a sua madre, ormai anziana, di mandargli i soldi delle valigie per il viaggio. Nell’attesa ripara sedie per il giorno che verrà del ritorno a una casa che non c’è.

Anche le nostre frontiere sono ostaggio dell’Occidente e di Complici Locali. Messe in vendita con l’esternalizzazione per il controllo dei migranti, sono, da tempo, in balia dei rapporti di forza che reggono le geopolitiche del momento. Oggetto di compravendita per traffici di ogni tipo, contrabbandieri, banditi, jihadisti, affaristi, commercianti di armi e di chi, grazie a loro, si arricchisce.  Ad esempio EUCAP-SAHEL, specializzato per formare gli agenti che gestiscono le frontiere. Esse si rivelano mortali in mare, nel deserto, nella testa e nelle politiche di chi detiene il potere di decidere tra insabbiati, sommersi, crocefissi e salvati. Frontiere di sabbia, cemento, pietra, filo spinato, elettriche, virtuali o di carta straccia e attendono, forse, il nuovo passaporto sanitario. Le frontiere assicurano la protezione delle disuguaglianze di cui parla l’ultimo rapporto di OXFAM, pubblicato all’occasione del Forum ‘virtuale’di Davos, per il Grande Reset mondiale.

Gli ostaggi principali restano comunque i poveri. Sotto ogni regime, latitudine o stagione sono loro che permangono i  ’vendibili’ di accordi, politiche, piani di ristrutturazione o Grandi Trasformazioni dell’economia. Insostituibili per le Agenzie Umanitarie, i predicatori ambulanti di violenza armata e di religioni come surrogato organizzato d’illusioni, sono altresì fondamentali per i politici in cerca di mandati elettivi. Sono i poveri ostaggi a garantirne la sopravvivenza e soprattutto la perpetuazione. Si presentano come inevitabili per le ideologie, gli eserciti di riserva, le manifestazioni di piazza, le mense popolari, le adozioni a distanza, i corridoi umanitari e i fondi di urgenza per le inondazioni. Ostaggi prescelti e dunque curati, oggetti di studio, d’indagini e di innumerevoli misure perché assicurino una manodopera delocalizzata, da sfruttare ad ogni crisi del sistema. Non ci fossero bisognerebbe inventarli ed è proprio questo che fanno le statistiche aggiornate degli ultimi censimenti finanziati dalla Banca Mondiale.

Sono anch’esse ostaggio delle più becere forme di potere, le donne, che nell’intenzione di chi sovrintende le redini delle società, esistono per riprodurre, mantenere e assicurare la continuità del mondo così com’è da loro concepito: oggetti di uso, consumo, scambio, pubblicità, mercato, conforto o semplicemente passatempo o prestigio. Ostaggi di mode, visioni, promesse, tradimenti e trappole nelle quali poi, loro stesse, a volte, cadono per ingenuità o interesse. Le politiche le ingannano, raggirano e ne fanno uno strumento di quote per le amministrazioni delle banche o dei ministeri della difesa. Eppure lavorano la terra, sostengono la vita, portano sulle spalle il peso dei giorni con i figli che crescono con loro, nella paziente attesa di un domani migliore. Saranno le uniche a poter cambiare il mondo a modo loro, quando, un giorno qualunque, eserciteranno altrimenti un potere che non sia quello di dominare ed escludere. 

Poi ci sono i giovani, ostaggi di mentalità defunte e del futuro che a loro sfugge perchè rubato o tradito dai grandi. Sono gli elettori disputati e contesi dei secondi turni delle presidenziali, ostaggi di soldi e alleanze in cui nessuno crede. Ostaggio è poi la società civile che rincorre donatori, partners, finanziamenti e benevoli umanisti. Ostaggi sono i contadini nelle zone occupate dai gruppi armati e i fedeli che non possono professare la fede che li anima. Ostaggi privilegiati sono gli intellettuali, al soldo dei potenti e della paura di pensare. Ostaggio sono soprattutto le parole sedotte e asservite alla menzogna. A rimanere l’unica libera di inventare, agire, insegnare e credere è ancora e solo lei, la sabbia della quale, nel Sahel, siamo tutti ostaggi.

         Mauro Armanino, Niamey, 31 gennaio 2021 


LE AVVENTURE DI JONNY -NATALE LUNARE di MAC DONALD (P.Nicola Galeno)


LE AVVENTURE DI JONNY (1)

NATALE LUNARE

Libertà ... vigilata! 

 Esule sulla luna - Quante trincee!
Da quando gli uomini han conquistato la luna, hanno smesso di guardarla. E dire che non costa tanto!  Ma si sa: se sulla luna avessero trovato l'oro, se ne sarebbero subito innamorati tanto da fare invidia al sole!
Jonny preparò il suo missile di fantasia e salpò alla volta della luna. Prima di allontanarsi definitivamente dalla terra, volle prenderla in... giro parecchie volte! Vide la sterminata Siberia. Strano! Aveva sempre pensato che fosse una massa compatta. E invece era tutta costellata di tanti arcipelaghi più o meno... gulag!

Avrebbe voluto visitarne uno. Ma si profilarono subito all'orizzonte quattro segugi di super-missili dalle intenzioni poco pacifiche. Jonny capì che anche a cento chilometri di altezza esistono delle barriere invalicabili.
Radar sofisticati lo avevano captato: probabilmente temevano che un bigliettino di un uomo libero, cadendo da quelle vertiginose altezze, provocasse uno scoppio di... libertà. E ingranò la supermarcia, distanziando gli inseguitori.
Jonny non contava più le orbite attorno alla terra, attratto com'era dallo spettacolo degli oceani e dei continenti. “Possibile - si domandava - che un pugno di terra e acqua racchiudano così tanti problemi?“
Jonny era nella posizione ideale per giudicare gli uomini e le cose: più distaccati di così si muore! Innanzitutto sulla terra si commette un errore di prospettiva: si pone l'io al centro dell'universo. Dove sono adesso gli oltre tre miliardi di io che popolano il pianeta?
Jonny puntò il suo potente teleobiettivo per individuare almeno uno di quegli io che procurano tanti grattacapi al Creatore. Nemmeno uno. Provò a puntarlo in direzione di qualche grande metropoli. Nulla. Probabilmente Jonny era troppo in alto per vedere questi piccoli io.
 

 “Va bene, abbasserò la quota — disse fra sé —. Ma se per vedere un uomo devo scendere così in basso, vuol dire che l'uomo non è poi tanto grande”. E Jonny cominciò a capire tutta la piccolezza dell'uomo, se per salvarlo il Figlio di Dio si era fatto uomo!
La luna era ormai vicina. Non c'erano preoccupazioni di atterraggio più o meno morbido: il missile era di costruzione superavveniristica ed aveva risolto tutti i problemi che angustiano gli altri tecnici della terra. Non è che da vicino fosse poi così bella la cara luna. La sua faccia, così inargentata in terra, appariva porosa. Jonny cominciò a preoccuparsi di non finire in uno di quei pori, che s'ingrandivano sempre più. 

“Accidempoli! Anche quassù le foppe, e il Comune non le aggiusta!” II missile atterrò sull'orlo di un cratere. Jonny uscì con circospezione: abituato a tenere i piedi sulla terra, fa un certo effetto muoverli sulla luna. Un po' come chi ha la testa fra le nuvole che non si raccapezza al... traffico della terra! Cammina e cammina: nessun'anima viva. Finalmente un'indicazione stradale in caratteri lunari: 
“Chiesa più vicina a 350.000 chilometri di distanza. Per l'orario delle Messe informarsi sul posto. Chi avesse fretta, è pregato di... rivolgersi in Paradiso!”

Per quanto possa essere prezioso un sasso, è sempre un sasso che non regge il paragone con una comoda poltrona. Comunque in mancanza d'altro, Jonny vi si sedette sopra per contemplare pacificamente il sorgere e il tramonto della terra. Quando si vedono tramontare gli altri (sole, luna e altre stelle), si ha l'impressione di essere invincibili. Ma quando vedi scantonare alla chetichella anche il pianeta Terra, hai quasi vergogna di te stesso e della tua boria. E' difficile per l'uomo misurare se stesso: non riesce mai a trovare il metro adatto. E' sempre piuttosto abbondante, come un grosso cappello che nasconda un piccolo cervello. Eppure la soluzione c'è. O almeno c'era: millenovecentosettantacinque anni fa.

La terra scomparve e Jonny si sentì solo. Nell'improvviso freddo lunare si raggomitolò in se stesso e sentì come il palpito della sua terra. Anche se troppe volte è una trincea, è pur sempre una madre. E forse tu la senti madre, perché non la luna, ma la terra è stata riscattata dal Signore. Jonny s’infilò nel missile ed inseguì la terra: non voleva passare il Natale... per aria! Fu una rincorsa formidabile: il missile ansimava come chi cerca disperatamente di prendere l'ultimo treno per l'aldilà.

  La terra ora s'ingrandiva a dismisura. Bisognava cominciare a frenare. Frena tu che freno anch'io! E se si spacca il freno? Proprio quello che avvenne! E Jonny, invece di atterrare in patria, finì... all'estero! Ma parecchio estero, perché non seppe distinguerne la lingua!

Nella notte stellata fu trascinato fuori dal missile da una frotta gioiosa di pastori. Dove andavano? Mah! 
 “Sei tu l'unico cieco nella terra d'Israele? Non hai visto gli angeli? Ci è nato un Bambino: il Figlio divino!" 
Sì. Natale! Come millenovecentosettantacinque anni fa!

MAC DONALD
(Padre Nicola Galeno)

giovedì 28 gennaio 2021

Machete, kalashnikov e croce. Una vita da cristiani a Kankani di P. Mauro Armanino



Machete, kalashnikov e croce. 
Una vita da cristiani a Kankani

Gli hanno detto di scegliere l’arma con la quale ucciderlo. Il suo machete o il loro kalashnikov. Lui ha risposto che mai vorrebbe essere ucciso col suo amato strumento di lavoro e che preferiva la loro arma. Gliel’hanno dunque puntata contro e lui ha fatto un segno di croce. Il militante jihadista ha abbassato l’arma e gli ha chiesto se era cristiano. Alla sua risposta affermativa gli è stato detto che, per prendere la decisione finale, avrebbero dovuto attendere il loro capo. Giunto sul posto dopo qualche giorno il capo lo ha interrogato sull’uso del telefono cellulare. Se aveva chiamato i militari o la polizia perché questo gli sarebbe costato la vita. Ha risposto che lui, povero contadino, non ha contatti con i militari ma che aveva semplicemente salutato un amico. Dopo aver controllato il suo cellulare l’hanno risparmiato e condotto, dopo ore di viaggio nella foresta, fino al gruppo dei prigionieri. 
Gli ostaggi erano numerosi, musulmani e cristiani. Questi ultimi, contrariamente agli altri, erano legati, battuti, minacciati. I musulmani, d’altro canto, erano liberi di muoversi e financo di pregare secondo le ore stabilite. Lui è stato infine rilasciato ed ha camminato per mezza giornata fino al suo villaggio presso la frontiera col Burkina Faso. Era stato arrestato oltre un mese prima mentre riportava a casa alcuni rami che aveva tagliato per riparare il suo granaio. I gruppi armati della zona hanno vietato ai contadini di tagliare alberi. Non si tratta di spirito ecologico ma semplicemente di sopravvivenza poiché i militanti di questi gruppi trovano riparo in ciò che rimane di una rigogliosa foresta del passato. Ha potuto giustificare il taglio dei rami e, come visto, l’uso del cellulare.
E’ tornato dunque al suo villaggio, dove i cristiani sul posto, nella comunità accompagnata da padre Carlos, confratello SMA, per sicurezza devono cambiare le ore di preghiera ogni domenica. Il prete diocesano incaricato della parrocchia dedicata a Charles de Foucauld, non risiede sul posto e solo occasionalmente può celebrare con la sua comunità. Qualche giorno fa, per la seconda volta in pochi giorni, la sede della parrocchia di Bomoanga, la stessa zona gourmantché dove è stato rapito padre Maccalli, è stata ‘visitata’ da giovani armati. Apparentemente cercavano cibo e altro materiale utile per il gruppo. Tutto ciò accade a un centinaio di chilometri dalla capitale Niamey, dalla quale gli occidentali non possono uscire senza scorta. Il secondo turno delle presidenziali si terrà tra meno di un mese.

       Mauro Armanino, Niamey, 27 gennaio 2021

sabato 23 gennaio 2021

L'UOMO CHE DICE TUTTO. RIVOLTE INFORMALI DEL SAHEL di PADRE MAURO ARMANINO

L’uomo che dice tutto. 

Rivolte informali del Sahel

Si chiama Mohamedjiman Traoré ed è originario della Guinea Conakry. Anche Sekou Touré, il secolo passato, aveva gridato un clamoroso no alla proposta francese di continuare la colonizzazione del Paese sotto mentite spoglie. Traoré ha il suo conto ‘Facebook’ e si trova a Niamey, la capitale del Niger, ormai da nove mesi, il tempo di una rinascita. Non sarebbe la prima perché lui è nato e morto varie volte prima di approdare al nome col quale si definisce: l’uomo che dice tutto. Lui, apprendista autista di camion coi cinesi nel suo paese e poi con la licenza in regola per guidarli alle cave di granito. Quest’ultimo è un ottimo elemento di costruzione per l’interminabile crescita edilizia della Cina popolare. Si sentiva maltrattato e, in fondo, schiavo nel suo Paese di origine. Alcuni amici suoi, emigrati da qualche tempo in Algeria, lo invitano a raggiungerlo per profittare delle ricchezze del Paese e cercare altrove ciò che a casa non poteva trovare. Traoré lavora per qualche anno ad Abidjan nel porto, scaricando casse di pesci e si lascia infine convincere per passare il Sahara, il mare di sabbia, per raggiungere infine ad Algeri gli amici che insistono perché vada. 

Parte dunque per il Mali e giunto alla storica città di Gao è, come avrebbe dovuto prevedere, derubato, minacciato e detenuto passata la città. Nel Toyota ‘Pick-up’ si trovavano in 18, donne e bambini inclusi. Dopo aver riparato un guasto che li aveva bloccati ala frontiera con l’Algeria per alcuni giorni, possono continuare il viaggio per raggiungere infine, a piedi gli ultimi chilometri di notte, la città di Tamanrasset, guidati dalle luci di una cittadina adiacente. Da lì arriva in seguito nella città di Gardaia dove lavora  per alcune settimane in cantieri edili con lo scopo di raggiungere la capitale Algeri. Degli amici che lo avevano invitato a raggiungerlo non esistono tracce alcune. Impara il mestiere di calzolaio che esercita per qualche mese e si lancia poi nell’ambito, molto più redditizio, delle costruzioni. Gli incidenti sul lavoro, anche mortali non mancano e Traoré, l’uomo che comincia ‘ a dire tutto’, contatta il suo consolato e i ‘capi’ delle varie nazionalità operanti ad Algeri. Era inaccettabile che non si sapesse l’identità di coloro che morivano a causa di incidenti sul lavoro e non informare le famiglie dell’accaduto nei rispettivi Paesi di origine.

Ha un bimbo, di nome Yacouba, con una signora di nazionalità camerunese e, nel 2016, è preso dalla polizia in strada, a poche decine di metri da casa. Senza poter informare la mamma del bimbo dell’accaduto e coi soli abiti che portava addosso, è condotto e poi detenuto in una sorta di centro a Tamanrasset, battezzato familiarmente ‘Guantanamo’. Si accorge subito che qualcosa non quadra perché apparentemente gode di un trattamento di favore, ad esempio col cibo. Teme di essere avvelenato perché, nel frattempo, ha cominciato a denunciare, con nomi, cognomi e foto sui media, i ‘passeurs’ che speculano sulla vita dei migranti e delle ragazze in particolare. Le donne, per rimborsare la 'vendita’ da uno all’altro dei ‘passeurs’ , sono costrette a prostituirsi agli altri migranti, alle forze dell’ordine e ad altri occasionali ‘clienti’ del posto. Per gli uomini il sistema è più diretto e meno sofisticato. Sono torturati e le foto inviate ai genitori o parenti prossimi perché paghino il loro riscatto e siano finalmente lasciati al loro destino. Traoré si informa e denuncia questi ‘commerci’ umani e i loro autori sui mezzi di comunicazione. Questo è un grande rischio.

‘All’uomo che dice tutto’ non resta che abbandonare il luogo. Rifiuta la falsa promessa della polizia algerina di portarlo sano e salvo di ritorno ad Algeri e si imbarca con gli altri migranti espulsi dal Paese fino alla frontiera col Niger, Assamaka. Raggiunge Arlit, città nata dalla scoperta e lo sfruttamento dell’uranio per la Francia e resta per qualche settimana ad Agadez, uno dei centri di tutti traffici del Sahel e del Sahara. Nel frattempo le sue denunce pubbliche non sono state vane e varie persone, implicate in attività di tipo mafioso, sono state arrestate (e poi rilasciate dietro compenso) nel suo Paese. Tramite l’Organizzazione Internazionale delle Migrazioni, OIM, raggiunse Niamey l’anno scorso e, per motivi di sicurezza, si rifugia presso un amico della comunità camerunese, tra le più numerose tra i migranti. L’uomo che dice tutto ha cercato di tornare, invano, al Paese di origine. Le frontiere ufficialmente chiuse a causa del Covid, un malessere nel vicino Burkina Faso e i soliti abusi degli agenti l’hanno spogliato di tutto. Solo gli rimane incollato per sempre, come unica e reale rivolta politica, il coraggio della verità.

                                                                                                       

 Mauro Armanino, Niamey, 23 gennaio 2012


venerdì 22 gennaio 2021

SOGNARE LA SANTINA di Padre NICOLA GALENO OCD


 

L'ONU proibisce le armi nucleari e l'Italia che fa? di Manlio Dinucci e Danila Oppio

L'ONU proibisce le armi nucleari e l'Italia che fa? di Manlio Dinucci e Danila Oppio

Stamane  ho ricevuto questo articolo da Padre Mauro Armanino, missionario in Sahel (Niger). Lo riporto qui sotto con la mia conseguente risposta.

L’Onu proibisce le armi nucleari
e l’Italia che fa?

Entra in vigore il Trattato Onu che proibisce le armi nucleari, ma la Nato proibisce all’Italia di aderirvi. Il governo non vede, non sente e non parla. Restano così in Italia, paese “non-nucleare”, le vecchie bombe nucleari Usa tra poco sostituite dalle nuove.
Manlio Dinucci 

Oggi, 22 gennaio 2021, è il giorno che può passare alla storia come il tornante per liberare l’umanità da quelle armi che, per la prima volta, hanno la capacità di cancellare dalla faccia della Terra la specie umana e quasi ogni altra forma di vita. Entra infatti in vigore oggi il Trattato Onu sulla proibizione delle armi nucleari. Può essere però anche il giorno in cui entra in vigore un trattato destinato, come i tanti precedenti, a restare sulla carta. La possibilità di eliminare le armi nucleari dipende da tutti noi.
 
Qual è la situazione dell’Italia e cosa dovremmo fare per contribuire all’obiettivo di un mondo libero dalle armi nucleari? L’Italia, paese formalmente non-nucleare, ha concesso da decenni il proprio territorio per lo schieramento di armi nucleari Usa: attualmente bombe B61, che tra non molto saranno sostituite dalle più micidiali B61-12. Fa inoltre parte dei paesi che – documenta la Nato – «forniscono all’Alleanza aerei equipaggiati per trasportare bombe nucleari, su cui gli Stati uniti mantengono l’assoluto controllo, e personale addestrato a tale scopo». Inoltre, vi è la possibilità che vengano installati sul nostro territorio i missili nucleari a raggio intermedio (analoghi agli euromissili degli anni Ottanta) che gli Usa stanno costruendo dopo aver stracciato il Trattato Inf che li proibiva.
 
In tal modo l’Italia viola il Trattato di non-proliferazione delle armi nucleari, ratificato nel 1975, che stabilisce: «Ciascuno degli Stati militarmente non nucleari, parte del Trattato, si impegna a non ricevere da chicchessia armi nucleari, né il controllo su tali armi, direttamente o indirettamente». Allo stesso tempo l’Italia ha rifiutato nel 2017 il Trattato Onu sulla abolizione delle armi nucleari –  boicottato da tutti e trenta i paesi della Nato e dai 27 dell’Unione europea –  il quale stabilisce:  «Ciascuno Stato parte che abbia sul proprio territorio armi nucleari, possedute o controllate da un altro Stato, deve assicurare la rapida rimozione di tali armi».
 
L’Italia, sulla scia di Usa e Nato, si è opposta al Trattato fin dall’apertura dei negoziati, decisa dalla Assemblea generale nel 2016. Gli Stati uniti e le altre due potenze nucleari della Nato (Francia e Gran Bretagna), gli altri paesi dell’Alleanza e i suoi principali partner – Israele (unica potenza nucleare in Medioriente), Giappone, Australia, Ucraina – votarono contro. Espressero così parere contrario anche le altre potenze nucleari: Russia e Cina (astenutasi), India, Pakistan e Nord Corea. Facendo eco a Washington, il governo Gentiloni definì il futuro Trattato «un elemento fortemente divisivo che rischia di compromettere i nostri sforzi a favore del disarmo nucleare».
 
Il governo e il parlamento italiani sono quindi corresponsabili del fatto che il Trattato sull’abolizione delle armi nucleari – approvato a grande maggioranza dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 2017 ed entrato in vigore avendo raggiunto le 50 ratifiche – è stato ratificato in Europa fino ad oggi solo da Austria, Irlanda, Santa Sede, Malta e San Marino: atto meritevole ma non sufficiente a a dare forza al Trattato.
 
Nel 2017, mentre l’Italia rifiutava il Trattato Onu sulla abolizione delle armi nucleari, oltre 240 parlamentari – in maggior parte del Pd e M5S, con in prima fila l’attuale ministro degli Esteri Luigi Di Maio – si impegnavano solennemente, firmando l’Appello Ican, a promuovere l’adesione dell’Italia al Trattato Onu. In tre anni non hanno mosso un dito in tale direzione. Dietro coperture demagogiche o apertamente il Trattato Onu sull’abolizione delle armi nucleari viene boicottato in parlamento, con qualche rara eccezione, dall’intero arco politico, concorde nel legare l’Italia alla sempre più pericolosa politica della Nato, ufficialmente «Alleanza nucleare».
 
Tutto questo va ricordato oggi, nella Giornata di azione globale indetta per l’entrata in vigore del Trattato Onu sulla proibizione delle armi nucleari, celebrata da attivisti dell’Ican e altri movimenti anti-nucleari con 160 eventi per la maggior parte in Europa e Nordamerica. Occorre trasformare la Giornata in mobilitazione permanente e crescente di un ampio fronte capace, in ciascun paese e a livello internazionale, di imporre le scelte politiche necessarie a realizzare l’obiettivo vitale del Trattato.
 
(il manifesto, 22 gennaio 2021)

E' la solita storia del cane che si morde la coda. Dalla fine della II Guerra Mondiale l'Italia ha fatto un patto d'alleanza con gli USA, per averci salvato dalla Germania nazista. (e di conseguenza dal fascismo italiano!)
Così abbiamo dovuto calare le braghe e accettare che il nostro territorio accolga le basi missilistiche, aeree e navali.
Le basi USA in Italia disciplinate sulla base di accordi bilaterali, secondo quanto pubblicato dall’Italian Yearbook of International Law, sono otto e precisamente le seguenti:
Aeroporto di Capodichino;
Aeroporto di Aviano, Pordenone;
Camp Derby, Livorno;
la base di Gaeta, Latina;
la base dell'Isola della Maddalena;
la stazione navale di Sigonella;
l'osservatorio di attività solare in San Vito dei Normanni;
una presenza in Vicenza e Longare.
Queste ultime si devono ad una “bilateralizzazione” dell’art. 3 del Trattato NATO ai sensi del quale “le Parti, individualmente e congiuntamente, nello spirito di una continua e effettiva autodifesa e assistenza reciproca, manterranno e svilupperanno la propria capacità individuale e collettiva di resistenza ad un attacco armato”. Gli Stati Uniti, in altre parole, essendo distanti dal teatro di guerre e tensioni nel Mediterraneo e nel Medio Oriente, si giovano dell'opportunità di usare le basi situate sul territorio italiano – e degli altri Stati che le concedono – per rendere più efficiente la loro partecipazione alla Nato. Oltre a queste, bisogna inoltre tenere presenti sia le basi interamente italiane, ma che possono essere messe a disposizione dell'Alleanza, come ad esempio la base di Taranto ove le navi dell'Alleanza possono rifornirsi ed appoggiarsi.
Il nostro Governo è talmente legato a doppio nodo con gli USA e quindi con la NATO che ignora (o glissa) il pericolo che si corre anzi, si sente protetto dagli Stati Uniti.
Temo che il risultato di questa proibizione da parte dell'ONU finirà con il nulla di fatto.
Danila Oppio

domenica 17 gennaio 2021

DISERZIONI DI SABBIA. Eroi, poeti e santi del Sahel di Padre Mauro Armanino

            Occorre avere coraggio per scrivere "DURO" e questo coraggio è chiaro nel testo di Padre Mauro Armanino  


Diserzioni di sabbia. Eroi, poeti e santi del Sahel 

Perfino Dio, sembra, ha disertato il cielo, almeno a partire dall’ultimo Natale. Da allora molti altri l’hanno imitato o, in alcuni casi, persino anticipato. Per esempio Antoine, la moglie e i loro quattro figli che abbandonano il Congo Democratico della Repubblica per l’Eldorado. Fanno tappa nel Burkina Faso per guadagnare abbastanza onde continuare il viaggio: Libia, Marocco o forse altrove chissà. Muore la madre di malattia e il padre coi figli sbarcano a Niamey l’altro sabato. Attraversano le frontiere chiuse pagando alle forze dell’ordine, doganieri e assimilati, quanto avevano messo da parte per raggiungere il lontano Tchad. Da lì sarebbero poi passati nella Poco Repubblica Centrafricana per poi scivolare da dove erano partiti, pieni di speranze, due anni prima. Adesso ospiti in una casa protetta attendono il giorno che forse verrà, come sempre, magari quando meno lo si aspetta. Nel Sahel ci impegniamo a disertare le priorità ‘durabili’ pianificate dai donatori di umanitario a buon mercato. Disertiamo le misure barriera, la distanziazione sociale, le maschere, il coprifuoco, il confinamento e soprattutto l’amore a distanza. Il nostro Sahel è lui stesso, così come lo vedete, una diserzione rispetto al mondo che volete organizzarci a vostra immagine e somiglianza. Il popolo diserta la politica perché la politica ha disertato il popolo. I politici sono dei disertori in modo diverso dai migranti che hanno fatto della diserzione della realtà esistente il senso della loro scelta d’instabilità permanente. La doppia assenza di cui parla Sayad Abdelmalek e che si congiunge in incerte nozze coi morti nel Mediterraneo Centrale, oltre 17 mila dal 2013 ad oggi.

Le nostre nascite sono diserzioni pure, assumiamolo senza vergogna, sfide permanenti a ciò che rappresenta la ragionevole attitudine dei piani di sviluppo ‘compatibile’ coi dettami della finanza e del colonialismo ideologico dei programmi delle Nazioni Unite. I bambini disertano la scuola, i giovani il futuro e le donne il proprio destino segnato dalla storia. Ognuno a modo suo inventa un mondo che non esiste da nessuna parte. Proprio ciò che cerca di fare a modo suo il Sahel, disertando a suo rischio e pericolo la strada indicatagli dalle menzogne e dal denaro. I disertori sono degli eroi che scrivono poesie sulla sabbia per i santi che intercedono per loro senza troppo successo. Le utopie che questi ultimi raccontano sono diserzioni che si nascondono tra le migliaia di tende che offrono un riparo ai rifugiati che continuano a prosperare senza darlo a vedere. Il tempo del Sahel è una diserzione permanente e sfacciata delle leggi e programmi di modelli di sviluppo importati e imposti dai piani strutturali della Banca Mondiale. Disertare, termine che allude al deserto ‘ all’abbandono ’ ben si confà alla nostra situazione del Sahel. La defezione del posto senza autorizzazione, l’abbandono dalle proprie ‘responsabilità’ e soprattutto l’intenzione di non tornare, tutte cose che il Sahel ha fatto sue. Non aspettateci perché non torneremo a quello di prima che ha creato ciò cui stiamo assistendo dappertutto. La Grande Ri-inizializzazione di cui parla l’Occidente e i suoi complici non ci conterà mai tra i soci o simpatizzanti. Disertiamo il potere, il prestigio e l’accumulazione delle ricchezze nelle mani di pochi. Il nostro maggiore vanto sarà quello di formare e iniziare nuovi disertori.

Disertare le armi, le battaglie vinte e le guerre perdute, disertare le strategie, l’operazione Barhkane e Takouba, nome di spada tuareg per i militari europei nel Sahel. Disertiamo i dittatori, i presidenti che allungano i mandati presidenziali, le milizie governative, le ideologie religiose, i campi di detenzione, le frontiere esterne, i documenti di viaggio, i vaccini obbligatori e le alleanze politiche. Disertiamo e non abbiamo nessun desiderio di tornare indietro. Siamo disertori di sabbia, poeti e santi. Alla sabbia dobbiamo tutto e a lei torneremo, da eroi, un giorno di festa.


                          Mauro Armanino, Niamey, 17 gennaio 2021

 


lunedì 11 gennaio 2021

GUARDANDO IL MARE - Bari, spiccioli di pensieri di P. Nicola Galeno OCD

Spiccioli di Pensieri: Bari

GUARDANDO IL MARE

   Avevo una voglia matta di guardare il mare, ma un mare che sentissi mio. Benché nato sui monti biellesi, avevo nel sangue quello che quasi lambisce la stupenda Cattedrale di Trani, città dei miei Genitori, ed ora mi pare di averlo ritrovato in quello di Bari. La mia passeggiata preferita si tinge sempre di azzurro!

   Dalla mia celletta riesco a vedere da metà in su un grande traghetto della Tirrenia e già questo riempie di aria marina le mie quattro mura. Tanto mi sento intrappolato dalle macchine quando percorro le vie disegnate dagli invasori francesi ai primi dell’Ottocento, quanto respiro come un evaso costeggiando il mare!

   Amo osservare il volo dei gabbiani. Un giorno il vento era così forte che sembravano degli elicotteri fermi a mezz’aria. Così la mia digitale riuscì ad inquadrarli…

GABBIANI

Amo questi gabbiani che ostinati

volano contro vento: nulla ferma

il cor che cerca sol l’eterno Amore!

Abbandono volentieri la zona riservata ai grandi traghetti, che fanno la spola tra Italia e Croazia, Albania e Grecia, per portarmi verso il porticciolo turistico. Di là posso contemplarmi la distesa marina senza l’alto reticolato della Dogana, che mi pare l’inferriata di una prigione… Osservo i colori variopinti delle imbarcazioni. Mi affascinano soprattutto quelle piccole…

BARCHETTA

Dondola la barchetta carezzata

dall’onde bisbiglianti come gota

d’un bimbo al lieve tocco della Mamma…

   Una parte della Città vecchia è ancora protetta da un alto Bastione, chiamato Via Venezia. Amo percorrerlo con frequenza, anche perché rasenta l’abside della Basilica di S. Nicola e consente visuali insolite di antiche Chiese…

LA PALMA

Pare la palma voglia consolare

questa Chiesetta ormai da tempo chiusa

come farebbe un vispo nipotino

che sempre fa con l’argentina voce

rivivere la gioventù lontana.

   Una tarda mattinata avevo il sole contro, ma mi pareva splendido l’effetto dei raggi solari concentrati su di una barchetta rimasta isolata a metà porticciolo…


 SCIA

Contemplo quest’incanto della scia

del raggio mattutino sovra l’acque:

pare davver lo sguardo innamorato

del sole alla sua giovane barchetta!

   Mi piace interpretare il mormorio delle onde ed oggi ad oltre mille chilometri di distanza da quel Cimitero biellese ho la nitida sensazione che vogliano trasmettermi quest’accorato messaggio…

TOMBA

La tomba della Mamma guarda i monti…

Ma forse lei voleva ritornare

ad ascoltar la voce del suo mare!


(Bari 24-11-2007), Padre Nicola Galeno


Je Te souhaite une bonne année.. (Grégoire) 💓💓💓🎶🎶

sabato 9 gennaio 2021

LA FAVOLA DEL POTERE E I FIGLI DEL RE di Padre MAURO ARMANINO

           La favola del potere e i figli del re 

C’era una volta un Re. Avvicinandosi l’ora di lasciare il suo trono a uno dei tre figli pensò bene di chiamarli a sé e di inviarli in missione. Ognuno di loro sarebbe dovuto tornare con un dono rappresentativo di come avrebbero voluto il loro regno, una volta al potere. Il Re avrebbe scelto il suo successore in funzione dell’importanza e il significato del simbolo presentatogli. Passarono anni da quando i figli erano partiti per il lungo viaggio di ricerca e già il Re loro padre disperava di poterli rivedere. Un giorno però, quasi al tramonto del sole, il figlio maggiore tornò alla reggia e gli consegnò ciò che aveva messo da parte per lui. Si trattava di una splendida spada lavorata a mano da uno dei migliori artigiani del mondo allora conosciuto. Un’arma così affilata, maneggevole e leggera, da destare invidia perché da essa emanava un senso di potenza e d’invincibilità. Un’arma del genere, simbolo di forza, destava timore, ammirazione e assicurava sicurezza e perpetuità al regno. Al Re il simbolo piacque molto e, con un gesto impulsivo, avrebbe voluto affidargli le chiavi del regno. Una promessa però è una promessa, specie se si tratta della parola di un Re. Decise dunque di aspettare il simbolo del regno sognato che gli altri figli avrebbero portato a casa.

Qualche giorno più tardi tornò il suo secondo figlio. Con malcelata soddisfazione aprì quanto aveva custodito in una curatissima borsa ricamata d’oro. Si trattava di diamanti mai visti prima da occhio umano. La forma, i colori e la purezza del taglio al vederli mozzavano il fiato. Il Re, pure avvezzo a diamanti, pietre preziose e ori raffinati, ne fu sedotto e, per un momento, dimenticò la promessa che aveva fatta a sé stesso e agli altri. La luce che emanava dai diamanti era unica e avrebbe rappresentato la luminosità, la ricchezza e la prosperità del futuro regno come il secondo figlio immaginava. Il Re, che aveva accumulato una notevole esperienza di governo nei decenni del suo regno, era soddisfatto per quanto i primi due figli gli avevano mostrato. Aveva l’impressione di aver loro trasmesso qualcosa di necessario per governare i sudditi qualora avesse lasciato il potere. Con un poco di apprensione si accinse ad attendere il terzo e ultimo dei suoi figli, il più giovane di loro. Passavano i giorni, le settimane, i mesi e forse gli anni. Il tempo di abdicare si stava ormai avvicinando. Finché una mattina, di buonora, arrivò il terzo e più giovane dei suoi figli. Suo padre lo trovò trasformato nello sguardo e nel volto.  Molto più maturo di quando era partito.

Il giovane spiegò a suo padre, stanco ormai dall’attesa, il motivo del suo ritardo. Era rimasto per tutto il tempo, dopo aver invano cercato un simbolo per il suo futuro regno, con un vecchio saggio, consumato dall’esperienza della vita. Stare con lui e abbeverarsi alla sua ancestrale saggezza era stata una lezione di vita più importante dei corsi che aveva seguito nelle università del regno. Non si era accorto del tempo passato ad ascoltare la saggezza antica del suo unico e indimenticabile maestro. Alla domanda del padre di mostrargli quanto gli aveva portato come simbolo del regno che avrebbe sognato servire, il giovane figlio, da una consunta bisaccia estrasse i doni. Si trattava di due modesti sacchi di pelle chiusi con cura alla sommità con un laccio di corda usata. Il figlio, in silenzio, mostrò al padre ormai stanco, i due simboli che aveva ricevuto in dono dal vecchio saggio.  Era stata la sua ultima eredità perché il vecchio saggio era deceduto il giorno prima del suo ritorno alla reggia. Aprì sotto gli occhi attenti del padre e degli altri fratelli il primo dei sacchi che conteneva cenere.  Poi, con lentezza e nello stupore dei presenti, aprì il secondo sacco che conteneva sabbia. Cenere e sabbia è quanto il più giovane di figli aveva portato al Re suo padre che, stupito e deluso dal figlio minore, si accingeva a scegliere tra i doni dei primi due figli.

Era, il vecchio e stanco Re, tentato dal primo e dal secondo dei regali mentre si sentiva offeso da quanto il terzo figlio gli aveva portato. Non volle prendere però nessuna decisione prima di aver riposato una notte sperando che il sonno gli portasse consiglio. E così fu. Il mattino seguente convocò i tre figli e li informò della decisione di affidare il suo regno al terzo figlio, il minore. Spiegò loro che un regno basato sulla ricchezza avrebbe avuto bisogno di armi per difenderla e che le guerre non avrebbero mai avuto fine. Il nuovo Re, alla fine, aveva capito a sue spese che il potere non è che cenere che il vento disperde. Avrebbe infine ricordato che le tutte ricchezze del mondo, usate senza saggezza  non sono altro che sabbia.

   Mauro Armanino                                                                      Niamey, 10 gennaio 2021

Il blog di P. Mauro



P. Mauro Armanino
 è un missionario SMA e dall’aprile del 2011 è a Niamey, capitale del Niger. I lettori del nostro sito lo hanno conosciuto per i suoi articoli sui migranti di Genova. Dal 2008 all’inizio del 2011 ha vissuto nel Centro storico del capoluogo ligure, compagno di viaggio di quanti hanno lasciato il loro paese nel Sud del mondo, cercando in Italia migliori condizioni di vita. Ora segue il fenomeno della migrazione da uno dei suoi maggiori punti di snodo: il Niger, cerniera tra l’Africa sub-sahariana e il Nord-Africa.

Nel suo blog ci comunica il suo viaggio in questo nuovo mondo.

mercoledì 6 gennaio 2021

IL FASCINO DI UNA VITA (Autobiografia di S. Teresa d'Avila)

IL FASCINO DI UNA VITA

(Autobiografia di S. Teresa d’Avila)

   Nell’estate del 1922 una sera quasi a casaccio Edith Stein prese tra le mani l’Autobiografia della Santa castigliana, tradotta in tedesco. Dovette essere una lettura davvero affascinante se nel richiuderla si trovò interiormente cambiata: ormai aveva fatto la sua scelta definitiva per il Cristo!

     Non posso dire che a me sia capitata la stessa cosa, essendo il contesto del tutto diverso. E’ infatti uno dei più rigidi inverni ed io mi sto ancora leccando le ferite dei 13 gradi sottozero trovati in Brianza qualche settimana fa. Il fegato mi ha mandato subito in cassa malattia e così per reagire a tanta inerzia che altro di meglio se non riprendere in mano il libro che convertì Edith Stein? Ho privilegiato inizialmente l’edizione spagnola, fornita di una introduzione davvero esauriente su tutte le vicissitudini del manoscritto originale, per poi passare a quella italiana.

   Il volume, che io posseggo, è tutto malconcio a causa di una mia distrazione. Lo dimenticai in macchina, fidandomi troppo della Fiat 127. Dopo un terribile acquazzone, me lo ritrovai tutto inzuppato d’acqua. Mi spiaceva disfarmene, perché conteneva tutte le mie annotazioni a matita sui punti da me giudicati di rilievo. Con pazienza certosina nel giro di una settimana riuscii ad asciugare tutte le pagine ad una ad una. Naturalmente le tracce dell’acqua hanno alterato la copertina e lasciato vistose macchie gialle in tante pagine. Ma che importa? Per me è come un piccolo ...Mosè salvato dalle acqua!

    Per tagliar corto, mi sono rituffato nella sua lettura. Poi sono passato ad un’edizione telematica dello stesso libro. In tal maniera posso selezionare e mettere da parte tutti i passi, che più hanno fatto vibrare il mio cuore. Perché?

    I più furbi avranno capito che aspetto sempre l’occasione buona per spiccare un volo poetico!

   A qualcuno queste parafrasi in versi non diranno molto. A me invece consentono di riassumere meglio emotivamente quanto interiormente captato durante la lettura. E così nascono queste umili poesie: il pregio letterario sarà scarso, a seconda dei gusti, ma di certo il loro contenuto spiritualmente elevato! Sotto il titolo di ciascuna poesia metto il riferimento al capitolo e paragrafo dell’Autobiografia.

    La Santa ha davvero uno stile avvincente: viene subito allo scoperto con la sua abituale arditezza. Credo piaccia a noi moderni questa sua immediatezza! Ha davanti a sé una porta e capisce che essa è l’ingresso per la vera felicità dell’anima...

LA PORTA DELL’ORAZIONE

(Vita 8,9)

Mi sembra l’orazione quella porta

privilegiata donde del Signore

entrano tante grazie! Inutilmente

altrove busserei... L’Amato vuole

fare dell’alma mia la dimora

ove versar delizie a profusione!

IL FASCINO DELLA PREDICAZIONE

(Vita 8,12)

Sentirmi dir dagli altri “L’oratore

non è dei più valenti”, non mi frena.

L’ascolto volentieri, ben trovando

quanto nutrire possa l’alma mia!

Sentir parlar di Dio ed il parlarne:

per me non v’è delizia superiore!

LA STATUA DEL CRISTO PIAGATO

(Vita 9,1)

Questo casuale incontro con la statua

del Cristo assai piagato si rivela

davver provvidenziale: m’aspettava!

E’ come se dagli occhi miei le squame

cadessero: comprendo tutto il peso

di tanta ingratitudine. Mi prostro

contrita in cor e m’abbandono al pianto...

IL LIBRO DELLA NATURA

(Vita 9,5)

Mi basta solo spingere lo sguardo

sui campi sterminati, d’un ruscello

il murmure ascoltar e contemplare

dei fiori la bellezza per sentirmi

tutta rapita in Dio! La Natura

è sempre un libro aperto per chi voglia

raccogliersi e pensar celesti cose!

AMORE SCONFINATO

(Vita 8,5)

So bene quanto nutre la fiducia

nella misericordia del mio Dio:

l’averlo preso come il solo Amico

col quale intimamente intrattenersi,

convinta del suo affetto sconfinato!

SPESATA IN TUTTO

(Vita 8,8)

Servir a proprie spese il mio Signore...

Mi fanno rider certe creature!

Chi sa nell’orazione incamminarsi

farsi violenza deve sugli inizi,

ma poi lo sforzo rende: trova sempre

leggero ogni travaglio, avendo il core

vivificato sempre dalla gioia.

Tutte le spese paga il mio Signore!

INGENUO PREGARE

(Vita 9,3)

Pare un’ingenuità questo pregare

restio ad affidarsi al raziocinio...

Nell’intimo raccolta mi figuro

il Cristo nei momenti che più solo

lo vedono. Mi sembra che m’accolga

più facilmente... Sente l’afflizione

e questa solitudine: vorrebbe

certo un aiuto, eppure domandarlo

forse non osa. Tanta compagnia

di chi pur nulla dice lo conforta.

Gli pare che il sudore sì penoso

tergergli sappia un cuore innamorato!

I SANTI PECCATORI

(Vita 9,7)

Forse qualcuno ride nel vedere

quanto devota sia di quei santi,

che furon nella vita peccatori...

Diventano l’appoggio sospirato

per me, che scorgo i frutti del perdono

divino che mutò la loro vita!

Eppur rimane sempre un’amarezza:

seppero lor rispondere decisi

alla chiamata senza abbandonarlo!

Perché non mi risolvo ad imitarli,

assecondando sempre il mio Signore? 

DIVINA PRESENZA

(Vita 10,1)

Sempre mi metto ai piedi del Maestro

per contemplarlo ed ecco all’improvviso

m’invade la fragranza del divino.

Non resta dubbio alcuno: noi viviamo

l’una nell’Altro, dall’Amor saldati!

ATTONITA

(Vita 10,1)

Nitida sensazione di restare

fuori di sé con l’anima sospesa...

S’esercita il volere nell’amare

mentre smarrirsi pare la memoria...

Sa l’intelletto rendersi presente,

eppur non può discorrere: contempla

attonito i prodigi che la Grazia

compie, gli umani sforzi trascendendo!

IMMAGINI SACRE

(Vita 9,6)

Nessun mi crederebbe: fantasiosa

da tutti ritenuta, sono inerme

quando dinanzi agli occhi nulla vedo...

Non so neppur il Cristo immaginarmi.

Mi sento come un cieco che parlando

con chi gli sta davanti ben comprende

dell’altro la presenza, eppur non vede...

 Quanto ti sono grata, immagin sacra!

Tu sempre fai vibrare questo cuore

per l’indiscusso suo Signore!

STARE CON DIO

(Vita 9,9)

Che strana sensazione! Il desiderio

in me si fa crescente di restare

a lungo con l’amato mio Signore,

quanto da lui distolga allontanando...

Sento d’amarlo, eppure in me rimane

tanta incertezza sul significato

di genuino Amor che tutto doni!

GRATITUDINE

(Vita 10,4)

L’umil persona sa nel cor nutrire

viva riconoscenza per i doni

da Dio ricevuti. Lei di suo

solo tanta povertà...

Ricca la fece sol l’Amor divino!

RICCHEZZA

(Vita 10,6)

Sempre mi sento molto debitrice

al sommo Amor che volle riversare

in questo cor gli ingenti suoi tesori

intesi ad arricchir spiritualmente

me stessa e quanti stanno a me d’intorno.

Se li lasciassi a lungo inoperosi,

potrebbe il Donatore spazientirsi

privandomi di tutto e consegnando

a gente laboriosa i suoi averi...

Sapendo d’esser ricca, stimolata

mi sento ad investire largamente

in questa dedizione sconfinata!

DISTACCO

(Vita 10,6)

Comprendo certa gente che si pasce

sol di mondane cose... Non sapendo

d’avere già del cielo la caparra,

è sempre sì restia a quel distacco

che solo dona all’alma libertà!

MIO E SUO

(Vita 10,7)

Senza illusioni so guardar me stessa

e quanto dai miei scritti si ricava.

Il bene viene solo dal mio Dio,

quanto di difettoso è tutto mio!

(Legnano 15-1-2006)

PADRE NICOLA GALENO


BENVENUTO|

Il Paradiso non può attendere: dobbiamo già cercare il nostro Cielo qui sulla terra! Questo blog tratterà di argomenti spirituali e testimonianze, con uno sguardo rivolto al Carmelo ed ai suoi Santi