AFORISMA

Meglio aggiungere vita ai giorni, che non giorni alla vita
(Rita Levi Montalcini)

Nostra Signora del Carmelo

Nostra Signora del Carmelo
colei che ci ha donato lo scapolare

domenica 14 maggio 2017

MESE DI MAGGIO - MESE DI MARIA E DELLE ROSE

OCDS – Legnano 14-maggio



MAGGIO- STORIA: Come è nata la devozione a Maria nel mese di maggio

Il mese di maggio è il periodo dell’anno che più di ogni altro abbiniamo alla Madonna. Un tempo in cui si moltiplicano i Rosari a casa e nei cortili, sono frequenti i pellegrinaggi ai santuari, si sente più forte il bisogno di preghiere speciali alla Vergine. Alla base l’intreccio virtuoso tra la natura, che si colora e profuma di fiori, e la devozione popolare.
Il re saggio e la nascita del Rosario
In particolare la storia ci porta al Medio Evo, ai filosofi di Chartres nel 1100 e ancora di più al XIII secolo, quando Alfonso X detto il saggio, re di Castiglia e Leon, in "Las Cantigas de Santa Maria" celebrava Maria come: «Rosa delle rose, fiore dei fiori, donna fra le donne, unica signora, luce dei santi e dei cieli via (...)».
Di lì a poco il beato domenicano Enrico Suso di Costanza – mistico tedesco vissuto tra il 1295 e il 1366 – nel Libretto dell’eterna sapienza si rivolgeva così alla Madonna: «Sii benedetta tu aurora nascente, sopra tutte le creature, e benedetto sia il prato fiorito di rose rosse del tuo bei viso, ornato con il fiore rosso rubino dell’Eterna Sapienza!». 
Ma il Medio Evo vede anche la nascita del Rosario, il cui richiamo ai fiori è evidente sin dal nome. Siccome alla amata si offrono ghirlande di rose, alla Madonna si regalano ghirlande di Ave Maria.
Le prime pratiche devozionali, legate in qualche modo al mese di maggio risalgono però al XVI secolo. In particolare a Roma san Filippo Neri, insegnava ai suoi giovani a circondare di fiori l’immagine della Madre, a cantare le sue lodi, a offrire atti di mortificazione in suo onore. 
Un altro balzo in avanti e siamo nel 1677, quando il noviziato di Fiesole, fondò una sorta di confraternita denominata "Comunella". Riferisce la cronaca dell’archivio di San Domenico che «essendo giunte le feste di maggio e sentendo noi il giorno avanti molti secolari che incominciava a cantar meggio e fare festa alle creature da loro amate, stabilimmo di volerlo cantare anche noi alla Santissima Vergine Maria....». Si cominciò con il Calendimaggio, cioè il primo giorno del mese, cui a breve si aggiunsero le domeniche e infine tutti gli altri giorni.
Erano per lo più riti popolari semplici, nutriti di preghiera in cui si cantavano le litanie, e s’incoronavano di fiori le statue mariane. Parallelamente si moltiplicavano le pubblicazioni. Alla natura, regina pagana della primavera, iniziava a contrapporsi, per così dire, la regina del cielo. E come per un contagio virtuoso quella devozione cresceva in ogni angolo della penisola, da Mantova a Napoli.
L'indicazione del gesuita Dionisi
L’indicazione di maggio come mese di Maria lo dobbiamo però a un padre gesuita: Annibale Dionisi. Un religioso di estrazione nobile, nato a Verona nel 1679 e morto nel 1754 dopo una vita, a detta dei confratelli, contrassegnata dalla pazienza, dalla povertà, dalla dolcezza. Nel 1725 Dionisi pubblica a Parma con lo pseudonimo di Mariano Partenio "Il mese di Maria o sia il mese di maggio consacrato a Maria con l’esercizio di vari fiori di virtù proposti a’ veri devoti di lei".
Tra le novità del testo l’invito a vivere, a praticare la devozione mariana nei luoghi quotidiani, nell’ordinario, non necessariamente in chiesa «per santificare quel luogo e regolare le nostre azioni come fatte sotto gli occhi purissimi della Santissima Vergine». In ogni caso lo schema da seguire, possiamo definirlo così, è semplice: preghiera (preferibilmente il Rosario) davanti all’immagine della Vergine, considerazione vale a dire meditazione sui misteri eterni, fioretto o ossequio, giaculatoria. Negli stessi anni, per lo sviluppo della devozione mariana sono importanti anche le testimonianze dell’altro gesuita padre Alfonso Muzzarelli che nel 1785 pubblica "Il mese di Maria o sia di Maggio" e di don Giuseppe Peligni.
Da Grignion de Montfort all'enciclica di Paolo VI
Il resto è storia recente. La devozione mariana passa per la proclamazione del Dogma dell’Immacolata concezione (1854) cresce grazie all’amore smisurato per la Vergine di santi come don Bosco, si alimenta del sapiente magistero dei Papi. Nell’enciclica Mense Maio datata 29 aprile 1965, Paolo VI indica maggio come «il mese in cui, nei templi e fra le pareti domestiche, più fervido e più affettuoso dal cuore dei cristiani sale a Maria l’omaggio della loro preghiera e della loro venerazione.
Ed è anche il mese nel quale più larghi e abbondanti dal suo trono affluiscono a noi i doni della divina misericordia». Nessun fraintendimento però sul ruolo giocato dalla Vergine nell’economia della salvezza, «giacché Maria – scrive ancora papa Montini – è pur sempre strada che conduce a Cristo.
Ogni incontro con lei non può non risolversi in un incontro con Cristo stesso». 
Un ruolo, una presenza, sottolineato da tutti i santi, specie da quelli maggiormente devoti alla Madonna, senza che questo diminuisca l’amore per la Madre, la sua venerazione. Nel "Trattato della vera devozione a Maria" san Luigi Maria Grignion de Montfort scrive: «Dio Padre riunì tutte le acque e le chiamò “mària” (mare); riunì tutte le grazie e le chiamò Maria».  (Riccardo Maccioni)





MARIA -  Fioretti
*  Qualche tempo fa un padre domenicano, missionario in Giappone, recitava in treno il suo breviario. Come segnalibro aveva una bell’immagine della Madonna con il Bambino in braccio.
Accanto a lui un passeggero, semplice e ancora pagano, fissò a lungo quell'immaginetta, poi, infondendosi coraggio, chiese: “è vostra moglie, quella?”. 
Il missionario sorrise divertito e rispose: “No, signore, è mia madre!”. – L'altro riprese: “Allora questo bel bambino che lei tiene in braccio, siete voi, quando eravate piccolo...?”. – E il missionario con lo stesso sorriso: “Non precisamente, anche se mi assomiglia. è mio fratello maggiore”.
Altamente meravigliato quell'uomo restò in silenzio come se tentasse di scoprire l'enigma, quando il missionario intervenne: “Ebbene, come trovate voi mia madre?”. E quegli: “Superbamente bella!”.
E il missionario: “Infatti, somiglia tutto al figlio e per questo che è bella”.   
Quell'uomo semplice sbarrò tanto d’occhi, e quasi correggendo, interruppe: “Cioè, volete dire che il bimbo somiglia a sua madre e non viceversa...”.
“No–- continuò il missionario –: è la madre che assomiglia al Figlio di Dio”.
E si diede a spiegare il mistero di Cristo e della sua Madre Maria...

* Il santo Curato d'Ars quel giorno trovò nella chiesa una donna immersa nella più grand’angoscia. Era rimasta tragicamente vedova! Il suo dolore era grande, perché aveva perso il marito: s'era buttato da un ponte ed era annegato!
Il santo Curato si avvicinò dolcemente e ispirato da Dio, le sussurrò: “Tuo marito è salvo!”. Incredula e stupita, la povera donna chiese: “Com'è possibile, padre?”.
Rispose il santo: “Tra il ponte e il fiume c'era Dio! Volarono insieme e nel volo tuo marito e Dio si riconciliarono. “Ma com'é possibile, padre?”, insisté la donna.
“è una grazia della Madonna! – rispose il santo Curato d'Ars –. Tu non lo sai, ma tuo marito, un giorno, tornando dai campi, portò fiori all'effigie della Madonna, che i trova sulla strada di casa tua. Poteva Maria dimenticare quel gesto gentile?”.
* Alexis Carrel, famoso medico incredulo, “Premio Nobel” per la medicina, si recò a Lourdes nel 1902 con un pellegrinaggio di malati di Lione.
C'era tra loro una giovane di 22 anni, che soffriva terribilmente per una peritonite tubercolare. Si chiamava Maria Bailly-Ferrand. Era così sofferente, agli estremi, che le fu persino sconsigliato il bagno nelle piscine; le furono fatte soltanto alcune abluzioni. Ebbene fu talmente grande la sua fede che migliorò in pochi istanti: il medico personale Lerrac la visitò subito. La moribonda dal viso cianotico, dal ventre orribilmente gonfio, dal cuore fiaccato, s'era trasformata in poco tempo in una ragazza normale, molto magra, soltanto, e debole. Gli diceva: “Signor dottore, sono completamente guarita! Mi sento molto debole, ma mi sembra che, se volessi, potrei camminare!”. E si alzò e si mise a camminare, per sempre guarita. – Sconvolto da questo fatto straordinario, Alexis Carrel corse, lui pure, alla Grotta per pregare la Vergine. Le chiese una sola cosa: “Maria Santissima, potenza di Dio, aiutatemi a credere!”.
La sua preghiera fu esaudita e il famoso medico incredulo, divenne con la vita e gli scritti, un vero testi-mone della fede. Diceva a tutti: “La scienza deve continuare a stare in guardia contro l’incredulità e la ciarlataneria; ma è suo dovere anche non respingere i fatti, solo perché sembrano straordinari, ed essa è  impotente a spiegarli!”. (A. Carrel, viaggio a Lourdes, Morcelliana 1956).
* Pierre l'Hermite, parroco di Parigi, è chiamato un giorno ad assistere un povera ammalata. Soffre perché colpita da cancro, perché è  in miseria, perché il marito l'ha abbandonata.
Quando vede il prete, lo prega così: “Ho bisogno d'un solo, urgente favore. Lei è molto robusto; mi aiuti a non soffrire più! Io abito al quarto piano, come vede. Mi prenda tra le braccia e mi butti giù dalla finestra. Le sarò veramente grata”.
Il prete è preso da un’estrema angoscia. Non sapendo cosa dire, propone: “Signora, andrebbe volentieri a Lourdes? Risponde la povera donna: “A Lourdes? A che fare?”.
Il sacerdote le fa balenare un po’ di speranza ed ella chiede: “E chi mi porterà a Lourdes?”.
“Ci penso io a questo; lei si prepari”.
Quando furono a Lourdes, dopo la benedizione Eucaristica ai malati, quella povera donna disperata dice ad un orecchio al parroco che l'accompagna: “Padre mi aiuti anche lei a chiedere perdono al Signore di essermi disperata e lamentata dei miei mali. Ora, malgrado tutto, mi sento felice! Non chiedo il miracolo di guarire; prego soltanto la Madonna, affinché mi aiuti a vivere con il sorriso, anche nella sofferenza”.
* Questa è la testimonianza del Vescovo missionario di Athabaska, nel Canadà Settentrionale, nel suo giubileo episcopale. – “Quando avevo quindici anni i miei genitori si disperavano per la mia incorreggibilità. – Né con le buone, né con le cattive si riusciva a nulla. Invece di andare a scuola mi nascondevo e giocavo con i compagni. Una volta, di sorpresa, mio padre comparve in mezzo a noi, mi prese per mano e mi trascinò a casa. Mentre passavamo davanti alla chiesa, mi condusse dentro, all'altare della Madonna e recitò una breve preghiera, come sanno fare gli uomini: “Madre di Dio, ti raccomando questo mio figliolo, che mi fa disperare. Se puoi, fanne qualcosa di buono. Io non possa fare più niente”.
Mentre così pregava guardai la statua e rimasi profondamente colpito dal volto di Gesù, che Maria teneva in braccio.
Dopo tre anni entrai in seminario. Divenni sacerdote e partii per le missioni. Mentre salutavo i miei genitori, mio padre mi disse, quasi celiando: “La Madonna prese allora le parole troppo sul serio. Ora sei tutto di Gesù”.
** La devozione mariana passa per la proclamazione del Dogma dell’Immacolata concezione (1854) cresce grazie all’amore smisurato per la Vergine di santi come don Bosco, si alimenta del sapiente magistero dei Papi. – Nell’enciclica “Mense Maio” datata 29 aprile 1965, Paolo VI indica maggio come «il mese in cui, nei templi e fra le pareti domestiche, più fervido e più affettuoso dal cuore dei cristiani sale a Maria l’omaggio della loro preghiera e della loro venerazione. Ed è anche il mese nel quale più larghi e abbondanti dal suo trono affluiscono a noi i doni della divina misericordia». 
Nessun fraintendimento però sul ruolo giocato dalla Vergine nell’economia della salvezza, «giacché Maria – scrive ancora il papa – è pur sempre strada che conduce a Cristo.
Ogni incontro con lei non può non risolversi in un incontro con Cristo stesso». 
Un ruolo, una presenza, sottolineato da tutti i Santi, specie da quelli maggiormente devoti alla Madonna, senza che questo diminuisca l’amore per la Madre, la sua venerazione. Nel "Trattato della vera devozione a Maria" san Luigi Maria Grignion de Montfort scrive: «Dio Padre riunì tutte le acque e le chiamò mària (mare); riunì tutte le grazie e le chiamò Maria».
“La notte della fede”
Ora, proprio il Vangelo pone in guardia dall'attribuire a Maria certi doni o privilegi. 
È lo stesso Vangelo che c’informa circa il sentimento di meraviglia provato da Maria e da Giuseppe udendo le parole di Simeone (Lc 2,32), anzi assicura che nel ritrovamento di Gesù al tempio “loro non compresero le sue parole” (L 2,50).
A parte l'apparizione dell'angelo Gabriele, il cammino terreno di Maria è determinato dalla fede. Per due volte, infatti, Luca la presenta in atteggiamento di silenzio meditativo per comprendere e penetrare fatti e parole riguardanti il Figlio, che resta anche per Lei un enigma permanente: “Maria, da parte sua, serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore” (Lc 2,19; cf 2,15).
Maria. inoltre – pur inondata dalla grazia dello Spirito Santo –, deve superare i condizionamenti culturali e religiosi del suo popolo per accogliere la novità evangelica instaurata dal Figlio.
Ella sperimenta, sotto le parole di Gesù a Cana e nella vita pubblica, il passaggio non indolore da madre a discepola. Deve progressivamente re-interpretare la sua missione di madre nel contesto del regno di Dio, dando la precedenza all'iniziativa del Figlio.
E deve superare una certa concezione del messianismo in auge al suo tempo per aprirsi all'inaudita esperienza del mistero di un Redentore che salva sì il mondo, ma attraverso la sua morte e risurrezione.
Non esente dalle condizioni naturali e dalla temporalità, Maria, anche se Immacolata, non è neppure esonerata dal dolore. Conosce l'esilio in terra straniera (Mt 2,13-15), il disagio abituale nei pellegrinaggi che lei compie ogni anno da Nazareth a Gerusalemme (Lc 2,41), un dolore vivissimo quando perde il Figlio dodicenne (Lc 2,48). 
Che dire, poi, della “spada” che trafiggerà la sua anima (Lc 2,35)?
La partecipazione materna di Maria alla passione del Signore è compiuta a caro prezzo, allorché vede il Figlio suo ripudiato, oltraggiato, tradito, crocefisso, ucciso. Più che mai, allora, sperimenta una particolare fatica del cuore, unita ad una sorta di “notte della fede”, forse la più profonda nella storia dell'umanità (cf. “Redemptoris Mater”, 17-18).
E il dolore di Maria si prolunga nella vita della Chiesa primitiva, quando il rifiuto del suo Cristo si manifesterà e prenderà sempre più forza, sino alla persecuzione dei suoi discepoli.
Tutto questo mostra a sufficienza, come la vita terrena della Madre di Gesù –  pur essendo libera dal peccato, non è stata esente dalla fatica, dalla sofferenza e dalla legge del progresso. Giustamente il Concilio ha riassunto la vicenda evangelica di Maria con le parole, assunte poi a tema centrale dalla “Redemtoris Mater”: “Così anche la Beata Vergine avanzò nella peregrinazione della fede ...” (LG 58).

Maria risolveva tutto con speditezza e facilità? (Pronzato)
No, per il semplice motivo che pure lei era sottoposta alla legge del tempo, che imponeva pure a Lei i ritmi di assimilazione e maturazione. 
Così del resto la presenta il Vangelo. C'è una frase, nel vangelo di Luca a conclusione del racconto dell'Annunciazione, che ci deve far riflettere: “... E l'angelo si partì da lei”. Non è certo una conclusione felice. Semmai, è un grandioso ma faticoso ed impegnativo inizio.
Maria rimane sola. Più nessuna comunicazione straordinaria. Più nessun messaggio che rassicuri ed elimini i dubbi. Il cammino lo deve compiere con l'aiuto della propria fede, non con l'assistenza speciale dell'angelo. – Anche nella sua vita, come nella nostra, scoccheranno i “perché”. E la luce la dovrà ricavare attraverso le tenebre più fitte, non attraverso risposte prefabbricate. 
L'angelo ha esaurito il suo compito. Ha finito di parlare.
D'ora innanzi la Madonna dovrà interrogare gli avvenimenti quotidiani per sapere qualcosa. Memoria e riflessione; custodia ed “accostamenti” delle varie vicende, per seguirne il senso, il filo conduttore.
Ed ogni volta che dirà di “sì” – prima ancora di aver compreso – approfondirà il significato del mistero della propria esistenza.
Ad ogni “sì”, c'è un aumento di conoscenza. – Il “sì” anticipa la spiegazione.
L'abbandono fiducioso viene prima del ragionamento. – L'accoglienza passa davanti all'indagine.
La strada, la si conosce... percorrendola. – La verità, la si trova ... facendola.
Ecco, appunto, il paradosso che scandisce l'itinerario di fede della Madonna, e che lei ha vissuto sino alle estreme conseguenze. 
Una fede valida anche per i nostri giorni.

Nonostante i privilegi di grazia, dobbiamo concludere che la condizione religiosa di Maria non differisce essenzialmente da quella di tutta la Chiesa e i cristiani. Anche la fede di Maria è, quindi, simile alla nostra, anche se molto più perfetta, tanto da divenire tipo e modello per tutto il popolo cristiano. Anzi, Giovanni Paolo II afferma che la peregrinazione di Maria nella fede si ripete e trasmette alla Chiesa e alla comunità, per i popoli e le nazioni e, in un certo senso, per l'intera umanità.


Nessun commento:

Posta un commento

BENVENUTO|

Il Paradiso non può attendere: dobbiamo già cercare il nostro Cielo qui sulla terra! Questo blog tratterà di argomenti spirituali e testimonianze, con uno sguardo rivolto al Carmelo ed ai suoi Santi