martedì 25 aprile 2017
lunedì 24 aprile 2017
Francesco:
don Milani, testimone di Cristo e innamorato della Chiesa
Don Lorenzo
Milani è stato un testimone di Cristo, sempre dalla parte degli ultimi e
innamorato della Chiesa, anche se per le sue posizioni difficili da comprendere
al suo tempo ha avuto qualche attrito con le autorità ecclesiastiche: così il
Papa ricorda in un videomessaggio il priore di
Barbiana, insegnante e scrittore, cui la Fiera del Libro dell’editoria italiana
a Milano ha dedicato ieri pomeriggio un evento a 50 anni dalla morte. Il
servizio di Sergio Centofanti:
Papa
Francesco tratteggia la figura di don Lorenzo Milani, sacerdote toscano morto
nel 1967 a soli 44 anni, priore a Barbiana, piccola frazione di montagna nel
Mugello, dove avviò una scuola per i più poveri:
“Come
educatore ed insegnante egli ha indubbiamente praticato percorsi originali,
talvolta, forse, troppo avanzati e, quindi, difficili da comprendere e da
accogliere nell’immediato. La sua educazione familiare, proveniva da genitori
non credenti e anticlericali, lo aveva abituato ad una dialettica intellettuale
e ad una schiettezza che talvolta potevano sembrare troppo ruvide, quando non
segnate dalla ribellione”.
Don Milani
si era convertito a 20 anni, ma mantenne sempre, anche da prete, le
caratteristiche acquisite in famiglia, e questo gli causò - osserva il Papa -
“qualche attrito e qualche scintilla, come pure qualche incomprensione con le
strutture ecclesiastiche e civili, a causa della sua proposta educativa, della
sua predilezione per i poveri e della difesa dell’obiezione di coscienza. La
storia si ripete sempre”:
“Mi
piacerebbe che lo ricordassimo soprattutto come credente, innamorato della
Chiesa anche se ferito, ed educatore appassionato con una visione della scuola
che mi sembra risposta alla esigenza del cuore e dell’intelligenza dei nostri
ragazzi e dei giovani”.
Papa
Francesco ricorda che don Milani sognava una scuola che aprisse “la mente e il
cuore alla realtà”, una scuola in cui gli studenti imparassero ad imparare. Era
un uomo inquieto:
“La sua
inquietudine, però, non era frutto di ribellione ma di amore e di tenerezza per
i suoi ragazzi, per quello che era il suo gregge, per il quale
soffriva e combatteva, per donargli la dignità che, talvolta, veniva negata. La
sua era un’inquietudine spirituale, alimentata dall’amore per Cristo, per il
Vangelo, per la Chiesa, per la società e per la scuola che sognava sempre più
come ‘un ospedale da campo’ per soccorrere i feriti, per recuperare gli
emarginati e gli scartati”.
L’ombra
della croce – sottolinea il Papa - si è allungata spesso sulla vita di don
Milani, ma lui “si sentiva sempre partecipe del Mistero Pasquale di Cristo, e
della Chiesa, tanto da manifestare, al suo padre spirituale, il desiderio che i
suoi cari vedessero come muore un prete cristiano”:
“La
sofferenza, le ferite subite, la Croce, non hanno mai offuscato in lui la luce
pasquale del Cristo Risorto, perché la sua preoccupazione era
una sola, che i suoi ragazzi crescessero con la mente aperta e con il cuore
accogliente e pieno di compassione, pronti a chinarsi sui più deboli e a
soccorrere i bisognosi, come insegna Gesù (cf Lc 10, 29-37), senza guardare al
colore della loro pelle, alla lingua, alla cultura, all’appartenenza
religiosa”.
FOTOGRAFARTI, DIO-PADRE di Padre Claudio Truzzi
FOTOGRAFARTI, DIO-PADRE
«Un
giorno, il figlio chiede a suo padre la parte del patrimonio che gli spetta.
Il padre l' accontenta subito. Il figlio prende tutto e parte per un paese lontano dove,
in breve tempo, dissipa ogni cosa, vivendo da dissoluto. Messo alle strette dalla miseria,
si colloca a servizio di uno che lo manda nei campi a pascolare i porci. Tanta è
la fame che lo tormenta, da fargli invidiare le carrube che mangiano i maiali, ma nessuno
gliele dava. Gli viene in mente la dolce casa di suo padre. E ritorna sui suoi passi ...»
Il padre l' accontenta subito. Il figlio prende tutto e parte per un paese lontano dove,
in breve tempo, dissipa ogni cosa, vivendo da dissoluto. Messo alle strette dalla miseria,
si colloca a servizio di uno che lo manda nei campi a pascolare i porci. Tanta è
la fame che lo tormenta, da fargli invidiare le carrube che mangiano i maiali, ma nessuno
gliele dava. Gli viene in mente la dolce casa di suo padre. E ritorna sui suoi passi ...»
Dopo
la parte tenebrosa [riguardante l'avventura del figlio], inizia il tratto luminoso
della
parabola.
parabola.
Qui
entra in scena il Padre. Gesù, per stamparci negli occhi e nel cuore
quest'immagine, usa sei verbi che sono come sei colpi da artista che ti
scolpiscono un Dio straordinario!
*
6 verbi che vanno gustati, ad uno ad uno, al rallentatore.
LO VIDE
Il figlio è ancora lontano. il Padre già lo vede.
Dio
vede per primo. Dio è sempre vigile; non ci abbandona mai.
Dio
ci guarda; ma non per spiarci, sia ben chiaro, piuttosto per aiutarci.
“L'occhio del Signore veglia su chi lo teme, per liberarlo dalla morte e
nutrirlo in tempo di fame” (Salmo 32,18-19).
Dio non è uno spione; non è un carabiniere sempre pronto alla multa!
Gli
occhi di Dio sono come gli occhi del padre della parabola che aspetta e scruta
a lungo, sognando il ritorno del figlio. Gli occhi di Dio sono occhi che ci
cercano.
A proposito, c'è una favoletta molto
illuminante.
Un
giorno due ricchi mercanti decisero di mettersi alla ricerca della cosa più
preziosa del mondo. Si sarebbero ritrovati quando l'avrebbero trovata.
Il
primo non ebbe dubbi: parti alla ricerca di una gemma. Attraversò mari e
deserti, salì
sulle montagne e visitò città finché non l'ebbe trovata: era la più bella gemma che
non avesse mai rifulso sotto il sole. Tornò allora in patria nell'attesa dell'amico.
sulle montagne e visitò città finché non l'ebbe trovata: era la più bella gemma che
non avesse mai rifulso sotto il sole. Tornò allora in patria nell'attesa dell'amico.
Passarono
molti anni prima che questi arrivasse. Sfido io: era partito alla ricerca di
Dio!
Aveva
consultato i più grandi maestri; aveva letto e studiato, ma Dio non lo aveva trovato.
Un
giorno, mentre dopo tanto cercare stava seduto sulla riva di un fiume, vide
un'anatra che in mezzo ai canneti cercava i piccoli che s'erano allontanati da
lei. I piccoli erano tanti e birichini, per questo l'anatra cercò fino al calar
del sole, finché non ebbe ricondotto sotto la sua ala l'ultimo dei suoi nati.
Allora
l'uomo sorrise e fece ritorno al paese.
Quando
l'amico lo rivide, gli mostrò la sua gemma e poi trepidando gli chiese:
“E tu, che cos'hai trovato di prezioso? Qualcosa di magnifico, se hai impiegato tanti anni.
Lo vedo dal tuo sorriso....”
“E tu, che cos'hai trovato di prezioso? Qualcosa di magnifico, se hai impiegato tanti anni.
Lo vedo dal tuo sorriso....”
–
Ho cercato Dio, – rispose l'altro.
–
E lo hai trovato? –chiese l'amico sbalordito.
– Ho scoperto che era Lui che cercava me!
Occhi
di Dio: occhi che cercano! Di più: occhi che piangono.
Lo
rivela il secondo verbo della parabola.
SI COMMOSSE
Non appena vede il figlio, il Padre ha un sussulto al cuore: si
commuove!
Il
Dio di Gesù non è un Dio freddo, come l'avevano pensato anche i più
intelligenti dei pagani. Il Dio di Gesù è un Dio che ama il calore, il
fuoco!
Non
per nulla nella Bibbia si parla almeno 150 volte di fuoco. Il Signore si rivela
a Mosè in un roveto ardente (Es 3,2). Dio è presentato “avvolto di luce come di
un manto” (Sal 104,2): “davanti a lui neppure le tenebre sono oscure e la notte
è chiara come il giorno; per lui le tenebre sono come luce (Sal 139, 12). Anche
nel Nuovo Testamento il fuoco è di casa (Mt 3,11; Eb 12,29; Ap 1,14). Parlando
di sé Gesù diceva: “Sono venuto a portare il fuoco sulla terra e come vorrei
che già fosse acceso! (Lc 12,49), per dire: “Sono venuto a portare il Regno
di Dio che purifica, illumina, riscalda come il fuoco”. .• • 1
D'altronde,
sapete perché usiamo la parola “Dio” per indicare il Signore del cielo e della
terra?” La parola “Dio” deriva da “div” che in un'antica lingua indiana, il
sanscrito, significava ´luce, splendore, calore. Da “div” deriva anche “dies”,
cioè il giorno romano e il nostro “dì”. Tutto questo
per ricordare che quando diciamo “Dio”, in fondo diciamo anche “luce”, “calore”,
“ardore”. Non per niente i primi cristiani venivano chiamati figli della luce.
per ricordare che quando diciamo “Dio”, in fondo diciamo anche “luce”, “calore”,
“ardore”. Non per niente i primi cristiani venivano chiamati figli della luce.
*
Ma torniamo alla nostra parabola.
Dunque
il Padre si commuove. Si commuove perché non ha un cuore solo, ma
due: uno di padre e uno di madre!
Dettaglio delle mani del Padre nel dipinto di Rembrandt
“Come un padre ha pietà dei suoi figli, cosi il Signore ha pietà di
quanti lo temono
(Salmo 103,13). “Come una madre consola suo figlio, cosi io vi consolerò” (Is 66,13).
(Salmo 103,13). “Come una madre consola suo figlio, cosi io vi consolerò” (Is 66,13).
Per
far capire il doppio cuore del Padre, il grande pittore olandese H. Rembrandt,
vissuto nel 1600, in un suo quadro straordinario che rappresenta, appunto, il
´Ritorno del Figlio Prodigo”, ha dipinto il Padre con due tipi di mano: una é
lunga e fine, come la mano di una donna; l'altra è rude e massiccia, come una
mano d'uomo. Il critico Natale Maffioli commenta:
“Mano
che accarezza, mano che guarisce, mano che consola, mano che nutre, mano che
incoraggia, mano che dice “buona notte!”. Mano di Dio, come la mano di una
madre.
Mano
che aspetta, mano protesa, mano che protegge, mano che corregge, mano che
costruisce, mano che rialza, mano di Dio, come la mano del padre!”.
Una
bambina ha scritto in un compito di classe: “Dio è un papà che ama come una
mamma”. Gesù ci dice semplicemente che “Dio è Padre”. Punto e basta.
mamma”. Gesù ci dice semplicemente che “Dio è Padre”. Punto e basta.
Dio è uno che ci ama. E ci aspetta. Ci aspetta con tale desiderio di vederci tornare che non appena ci
scorge da lontano, non solo si commuove, ma si mette a correre...
3 – GLI CORSE INCONTRO
Nel
mondo orientale, per un anziano, non era dignitoso correre.
Eppure
il Padre, non appena intravede il figlio, si mette a correre: l'amore gli
fuoriesce e lo fa scattare. Se Gesù non avesse raccontato questa parabola
che stiamo gustando, non avremmo saputo di avere un Dio più attratto dall'uomo
che il ferro dalia calamita; un Dio che non va tanto per il sottile: gli interessa
sal vare un suo figlio, anche a costo
di non rispettare il galateo del tempo.
Senza questa parabola, non avremmo
saputo di avere un Dio che corre!
Che
corre incontro a tutti, anche ai ´poveri, storpi, ciechi, zoppi (Lc 14,16-24).
Perché Dio non soffre di daltonismo: ha occhi per tutte le pelli.
Un
Dio che corre e che arriva ad ogni uomo, indistintamente, nelle vie più
impensate.
Un solo esempio. A. Jacques Loew, già avvocato, poi scaricatore nel porto di Marsiglia
per tredici anni, infine frate domenicano e fondatore della “missione operaia in
Francia”, Dio gli è corso incontro in un fiocco di neve: “Raccogliendo un fiocco di
neve, vedendo la sua perfezione, la sua bellezza, la differenza con tutti gli altri,
ho avuto (oh, non è un ragionamento!), ma ho avuto come un'intuizione che c'era
Qualcuno dietro il più piccolo fiocco di neve! C'era tanta bellezza, grandezza e tanta
diversità nello stesso tempo per una cosa di cosi breve durata, che bisognava bene
che ci fosse un'intelligenza, un pensiero, un amore anche dietro quel piccolo fiocco
di neve, che si era fuso appena l'avevo preso in mano.
per tredici anni, infine frate domenicano e fondatore della “missione operaia in
Francia”, Dio gli è corso incontro in un fiocco di neve: “Raccogliendo un fiocco di
neve, vedendo la sua perfezione, la sua bellezza, la differenza con tutti gli altri,
ho avuto (oh, non è un ragionamento!), ma ho avuto come un'intuizione che c'era
Qualcuno dietro il più piccolo fiocco di neve! C'era tanta bellezza, grandezza e tanta
diversità nello stesso tempo per una cosa di cosi breve durata, che bisognava bene
che ci fosse un'intelligenza, un pensiero, un amore anche dietro quel piccolo fiocco
di neve, che si era fuso appena l'avevo preso in mano.
GLI SI GETTO' AL COLLO
Dio
sa che, in fondo, siamo tutti ammalati di “coccolite”: abbiamo bisogno di qualcuno che ci abbracci.
Piccoli o grandi, non importa: basta essere nomo, per aver bisogno di amore.
Giacomo Leopardi, in una sua lettera del novembre 1822 al fratello Carlo,
gridava: “Amami, per Dio. Ho bisogno d'amore, amore, amore!”. Ancona nel luglio
1828 ripeteva vanamente:
“lo non ho bisogno di gloria, né di stima, né di altre cose simili; ma
ho bisogno di amore”.
Mentre
state leggendo questa riga, nascono al mondo da tre a quattro bambini. Ebbene,
se subito sapessero parlare, sapete cosa direbbero? Direbbero:
“Non
siamo pietre; non ci basta esistere; non siamo piante: non ci basta respirare;
non siamo bestie: non ci basta mangiare. Siamo bambini, siamo piccoli uomini:
abbiamo bisogno che qualcuno ci guardi!
L'uomo
ha un innato bisogno di appartenenza: nessuno ama essere figlio di nessuno! Il
Padre, lo sa: per questo ci abbraccia; per questo si lascia travolgere
dall'emozione e si getta al collo del figlio.
•• 2
In tal modo, si noti, impedisce al figlio d'inginocchiarsi per
chiedergli perdono.
Delicatezza di Padre!
Delicatezza che ci contiene tutti e sempre.
Forse
non ci pensiamo, forse addirittura non ci sembra vero, tanto le cose ci vanno
storte, eppure anche allora Dio ci sta abbracciando.
Lo
ricorda un anonimo brasiliano con questa bellissima confidenza.
“Questa
notte ho fatto un sogno. Ho sognato che ho camminato sulla sabbia
accompagnato dal Signore, e sullo schermo della notte erano proiettati tutti i giorni della
mia vita. Ho guardato indietro e ho visto che ad ogni giorno della mia vita,
proiettati nel film, apparivano orme sulla sabbia: una mia e una del Signore. Cosi sono
andato avanti finché tutti i giorni si esaurirono. Allora mi fermai. Guardando indietro notai
che in certi posti c'era un'orma sola. Questi posti coincidevano con i giorni più difficili della
mia vita. Ho detto al Signore: “Tu non avevi promesso che saresti stato con me tutti i giorni; perché mi hai lasciato solo proprio nei momenti peggiori?”. Ed il Signore rispose: “I1 giorni
in cui hai visto un'orma sola sulla sabbia, sono stati i giorni in cui ti ho portato in braccio”.
accompagnato dal Signore, e sullo schermo della notte erano proiettati tutti i giorni della
mia vita. Ho guardato indietro e ho visto che ad ogni giorno della mia vita,
proiettati nel film, apparivano orme sulla sabbia: una mia e una del Signore. Cosi sono
andato avanti finché tutti i giorni si esaurirono. Allora mi fermai. Guardando indietro notai
che in certi posti c'era un'orma sola. Questi posti coincidevano con i giorni più difficili della
mia vita. Ho detto al Signore: “Tu non avevi promesso che saresti stato con me tutti i giorni; perché mi hai lasciato solo proprio nei momenti peggiori?”. Ed il Signore rispose: “I1 giorni
in cui hai visto un'orma sola sulla sabbia, sono stati i giorni in cui ti ho portato in braccio”.
Dio
ci porta in braccio per poterci baciare. Quinto verbo.
LO BACIÓ
Il
Padre ´lo baciò (Lc 15,20). Abbracciare è già tanto. Baciare è di più!
Dio punta sempre al massimo.
Non ama con il contagocce: lui sa che la misura dell'amore è amare senza
misura. Dunque, invece di indignarsi con il figlio egoista e sprecone, lo
baciò.
Il bacio della parabola del Figlio prodigo è il bacio più importante di tutti gli altri baci che troviamo nel Vangelo:
eccetto (è ovvio) il bacio di Giuda e pensiamo al bacio della peccatrice
pentita che bacia i piedi di Gesù (Lc
7,45).
Il
bacio del Padre al figlio è il più importante tra tutti perché rappresenta
il culmine di ciò che Gesù vuole che sappiamo di Dio: il culmine del suo
messaggio teologico.
Il
bacio, infatti, è un gesto pieno di significati; baciando una persona si
comunicano mille messaggi tutti positivi: – Sto bene con te, ti amo, ti
desidero, siamo amici intimi, ti sono vicinissimo –
Giustamente
nel libro sacro dei musulmani, il ´Corano si legge: ´Dio é più vicino a te
della tua aorta (50, 16).
Ce
lo ricorda anche Carl]. Jung, uno dei
padri della psicanalisi, il quale sulla porta d'ingresso della sua casa a
Zurigo, ha fatto incidere questa frase: “Chiamato o non chiamato, Dio sarà
sempre presente. Presente addirittura nel nostro cuore come ci ha rivelato
Gesù: ´Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi
verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui (Gv 14,23). Un Dio più intimo di cosi non si può! Per questo alcuni teologi
invece di parlare di Trinità parlano di ´Tetrade, cioè di quattro persone: la quarta
sarebbe l'uomo inserito nella Trinità.
Ma
il bacio del Padre ci porta anche a quest'altra considerazione.
Ad
una persona che ci bacia non possiamo dare del “lei”, ma del “tu”. Ad
una persona che ci bacia non possiamo parlare con timore.
Ed
allora, perché non cambiare nella liturgia della Messa ciò che diciamo proprio
prima del ´Padre nostro? Francamente, non abbiamo mai capito quella premessa:
´Obbedienti alla parola del Salvatore e formati al suo insegnamento, osiamo
dire. No, non “osiamo dire”, ma “amiamo” dire. Con un Padre così paterno
come quello di Gesù, si parla con gran desiderio, con slancio, con amore, non
con rossore.
Più che temuto, Dio va amato:
amato perché ci ama senza sponde!
Davvero;
la generosità di Dio sa dell'incredibile.
Solo
nella nostra galassia, la Via Lattea, vi sono più di cento miliardi di stelle:
circa diciotto per ogni abitante della terna! Ma questa non è la generosità più
grande.
Vi
è una generosità meno appariscente, ma infinitamente più grande, più delicata.
Ce
la descrive bene questo brevissimo racconto. Si afferma che Dio tiene ogni persona per un
filo. Ebbene, quando uno commette un errore, un peccato, il filo si spezza.
Allora Dio riannoda il filo. E cosi va a finire che più uno si allontana, più
Dio se lo avvicina. Fino ad arrivare a baciarlo!
DISSE AL SERVI...
l
Padre dice ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello, mettetegli
l'anello al dito, i calzari ai piedi, ammazzate il vitello grasso, mangiamo e
facciamo festa...” (Lc 15,22-23).
Certo
il figlio non avrebbe mai potuto immaginare un'accoglienza simile. Sembra un
Padre esagerato; un Padre che rinuncia ad ogni cautela, ad ogni buon senso.
Eppure questa è un'idea fissa di Gesù. Difatti anche con un'altra parabola Gesù
aveva voluto convincerci che Dio non ha misure nel perdonare: si tratta della
parabola del servo spietato (Mt 18,23-35). Il debitore doveva al re
10.000 talenti, cioè 55 milioni di lire-oro. Una cifra impossibile! Basti
pensare che le cinque province della Palestina pagavano di tasse ai Romani
complessivamente 800 talenti. Ebbene il re (Dio) condona in blocco addirittura
10.000 talenti. •• 3 ••
Che cosa significa questo stile di Dio?
Significa
che, ciò che è stato, è stato: inizia il nuovo! Dio rigenera! Non
vuole che vi siano ferite sanguinanti o cicatrici. Lui perdona: dona al
massimo. Non ci riscalda i peccati tutte le sere!
Lo
scrittore tedesco Johannes W Goethe ricordava che “Persino il fango luccica
quando il sole brilla”.
Ed
allora tutto cambia: entra la gioia. “Facciamo festa!” (Lc 15,32).
Dopo la parabola del Figlio prodigo
dovrebbe essere chiaro a tutti che il secondo nome di Dio è “Felicità.”
´L'uomo pensa; Dio ride – dice l'indovinato proverbio ebraico.
Nella
´Vita della beata Umiliana de' Cerchi, fra Vito da Cortona scrive: ´Mentre la
santa
giaceva nel suo letto, dentro la sua cella nella torre, ecco un bambino di quattro anni
o poco più, dal volto bellissimo: giocava nella sua celia, davanti a lei. Quando lo vide
provò una gran gioia e gli disse: “O amore dolcissimo, o carissimo bambino, non sai
fare altro che giocare? E il bambino rispose: “Che altro volete che io faccia?”.
E la benedetta Umiliana disse: “Voglio che tu mi dica qualcosa di bello su Dio”.
E il bambino disse: “Credi che sia bene che uno parli di se stesso?”. E disparve.
Un Dio che gioca, un Dio che fa festa.
giaceva nel suo letto, dentro la sua cella nella torre, ecco un bambino di quattro anni
o poco più, dal volto bellissimo: giocava nella sua celia, davanti a lei. Quando lo vide
provò una gran gioia e gli disse: “O amore dolcissimo, o carissimo bambino, non sai
fare altro che giocare? E il bambino rispose: “Che altro volete che io faccia?”.
E la benedetta Umiliana disse: “Voglio che tu mi dica qualcosa di bello su Dio”.
E il bambino disse: “Credi che sia bene che uno parli di se stesso?”. E disparve.
Un Dio che gioca, un Dio che fa festa.
Trovate
un Dio più brillante, un Dio più simpatico!?
PER FAVORE...
Allora,
per favore, liberiamoci da un Dio meschino! Per favore, andiamo
adagio a dire che ´siamo obbligati ad osservare i comandamenti di Dio, perché
imposti da Lui nostro Padrone supremo (Cat. di Pio
X, n. 166).
Ha
ragione chi ha affermato che sono stati gli uomini ad inventare un Dio
minaccioso e sempre arrabbiato. Poi, per liberarsene e sopravvivere, sono dovuti
ricorrere all'ateismo (Tonino Lasconi).
minaccioso e sempre arrabbiato. Poi, per liberarsene e sopravvivere, sono dovuti
ricorrere all'ateismo (Tonino Lasconi).
Non
è forse vero che troppe volte i credenti sono stati cosi mal-credenti da
far
nascere i miscredenti?
nascere i miscredenti?
Abbiamo
un Dio amico della pace e gli abbiamo fatto benedire le armi.
Abbiamo
un Dio affettuoso e l'abbiamo presentato distratto.
Abbiamo
un Dio vivo e l'abbiamo reso libresco.
Abbiamo
un Dio semplice e l'abbiamo fatto diventare un rompicapo.
Abbiamo
un Dio dalla forza liberante e l'abbiamo presentato opprimente.
Abbiamo
un Dio Amore e l'abbiamo ridotto ad esattore delle imposte.
Abbiamo
un Dio che non ti costringe a fare anticamera e 1' abbiamo burocratizzato.
Abbiamo
un Dio dalla vicinanza commovente e l'abbiamo rinchiuso nel ´teologhese
(il ´teologhese è il linguaggio astratto e astruso di tanti teologi che sembra parlino dai t
rampoli!).
(il ´teologhese è il linguaggio astratto e astruso di tanti teologi che sembra parlino dai t
rampoli!).
Abbiamo
un Dio simpatico e l'abbiamo reso antipatico.
Abbiamo
un Dio gioioso e l'abbiamo reso noioso.
In una parola: a furia di pensare e di
parlare male di Dio, l'abbiamo ridotto al silenzio.
NON SOTTOVALUTIAMOLO
Eppure
di Dio dobbiamo parlare. E parlare con urgenza, perché, come diceva il grande
pensatore del nostro tempo, il tedesco Martin Heidegger, “Ormai solo Dio ci può salvare”.
Sì,
Dio è in grado di rivoluzionare, davvero, la nostra vita, e quindi la società,
mentre, a detta del nostro più significativo poeta attuale, Mario Luzi, “Nulla
di vitale è venuto dall'ateismo”.
A
questo punto vengono in mente le sette note parole dello scrittore russo Feodor
Dostoevskij: ´Se Dio non esiste, tutto è lecito! , e quelle di Italo Alighiero Chiusano:
´Senza Dio alle spalle, ogni cosa perde peso, durata, radice, senso. E il nulla ci
inghiotte. Dobbiamo ammetterlo: abbiamo sottovalutato Dio; gli abbiamo riconosciuto
troppo poco peso personale e sociale. In realtà, nulla è più stimolante di Dio! Altro che
oppio! Dio è la miglior cura dell'uomo: ti smuove, ti invita a continui sorpassi. Dio è il
pensiero forte che può svegliane questa generazione a bassa tensione e rimetterla
in piedi. Perché Dio è uno stile di vita, un modello di comportamento: ´Siate perfetti
com'è perfetto il Padre vostro celeste (Mt 5,48).
Dostoevskij: ´Se Dio non esiste, tutto è lecito! , e quelle di Italo Alighiero Chiusano:
´Senza Dio alle spalle, ogni cosa perde peso, durata, radice, senso. E il nulla ci
inghiotte. Dobbiamo ammetterlo: abbiamo sottovalutato Dio; gli abbiamo riconosciuto
troppo poco peso personale e sociale. In realtà, nulla è più stimolante di Dio! Altro che
oppio! Dio è la miglior cura dell'uomo: ti smuove, ti invita a continui sorpassi. Dio è il
pensiero forte che può svegliane questa generazione a bassa tensione e rimetterla
in piedi. Perché Dio è uno stile di vita, un modello di comportamento: ´Siate perfetti
com'è perfetto il Padre vostro celeste (Mt 5,48).
Lo
aveva capito bene don Primo Mazzolari, quando
diceva:
“Se
credi in Dio, devi diventare un inquieto: un insoddisfatto di quello che già
sei, di quello
che già fai”. Chi mai, infatti, può dire di essere ripieno di amore, di bontà, di pace, di
giustizia, di gioia, come Dio? Certo, Dio non è un passatempo, non è un dopobarba.
Il pensiero di Dio trasmette energia, e forma personalità d'alto fusto.
che già fai”. Chi mai, infatti, può dire di essere ripieno di amore, di bontà, di pace, di
giustizia, di gioia, come Dio? Certo, Dio non è un passatempo, non è un dopobarba.
Il pensiero di Dio trasmette energia, e forma personalità d'alto fusto.
Qualche prova? (Santi) –
Pensiamo a Francesco d'Assisi, a Gandhi, a Giovanni XXIII,
a La Pina, a Madre Teresa di Calcutta, a Raul Follereau, al dott. Albert Schweitzer,
all'Abbé Pierre, al segretario delle Nazioni Unite Dag HammarskjÛhd, a Massimiliano
Kolbe e ad infiniti altri uomini che camminano sulle strade della nostra terna.
a La Pina, a Madre Teresa di Calcutta, a Raul Follereau, al dott. Albert Schweitzer,
all'Abbé Pierre, al segretario delle Nazioni Unite Dag HammarskjÛhd, a Massimiliano
Kolbe e ad infiniti altri uomini che camminano sulle strade della nostra terna.
Questi
sono la prova più limpida che Dio fa crescere più in fretta e più in alto. Sono
la prova che, seguire Dio raddrizza l'uomo e quindi il mondo. Sono anche la
prova che siano un incontro con un Dio straordinario che, proprio in questa
nostra società di non credenti, ci prenda per mano e ci dica: “Facciamo festa!”•••
Padre Claudio Truzzi OCD
Padre Claudio Truzzi OCD
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Il Paradiso non può attendere: dobbiamo già cercare il nostro Cielo qui sulla terra! Questo blog tratterà di argomenti spirituali e testimonianze, con uno sguardo rivolto al Carmelo ed ai suoi Santi