Padre Gerolamo Graziano della Madre di Dio (1545-1614)
DIVAGAZIONI SU DI UN 4° CENTENARIO IN SORDINA (44)
PREDICATORE INESAURIBILE
Dall’ottobre del ’68 per nove mesi frequentai il Corso di Pastorale
presso di Domenicani di S. Maria delle Grazie a Milano e ricordo di essere
rimasto scioccato dalla sicurezza con cui un “figlio di S. Domenico” diceva di
salire sovente sul pulpito improvvisando! Mi sembrava l’esagerazione di un
saccente, ma rileggendo questo 15° Dialogo del Diario del caro Confratello
debbo ricredermi del tutto: effettivamente chi ha seminato molto nel proprio
spirito grazie allo studio ed alla meditazione dispone di una quantità enorme
di argomenti, che somigliano alla tastiera di un organo. Un valente suonatore
con un semplice tocco ricava sublimi armonie!
Visione intellettuale della Sacra Scrittura
“Con l’apporto e l’insegnamento arrecato
mediante questa luce e visione intellettuale, mi è capitato sovente in materia
di sacra Scrittura di intendere molti versetti e capitoli biblici. Ricordo
questo in maniera particolare: durante una di queste
visioni ricevetti luce sul rapporto interiore amoroso tra Dio e l’anima. Stavo
leggendo il Cantico dei Cantici di Salomone e lo interpretai in questa maniera,
tanto che avrei potuto scrivere molte risme di carta.
Sermoni
Per le prediche è stato
ed è per me molto ordinario leggere il testo evangelico da commentare,
concentrarmi alquanto in esso ed ecco balenarmi mediante questo tipo di visione
lo schema della predica e tutto l’insegnamento da presentare. Perciò senza più
consultare altri libri salivo sul pulpito. Tutt’al più leggevo alcuni passi
biblici dai quali potevo ricavare quell’insegnamento. Grazie a
queste visioni intellettuali e schemi di prediche compilavo alcune tavole di
dottrina universale, che si poteva applicare a molte prediche diverse da quella
che stavo allora facendo. Ho composto tre volumi che per me – che ricordo lo
schema e l’insegnamento lì annotato – sono di grande giovamento per scrivere
molto sia di omiletica che di dottrina morale e spirituale. Un altro non
lo capirebbe, ma a me basta dare un’occhiata a qualche tavola scritta quando
non c’è alcuna nuova visione per quanto debbo dire. Ed è questa la ragione per
cui, pur predicando ogni giorno, non trovo alcuna difficoltà: sento solo la
fatica corporale; c’è gente alla
quale sembra impossibile fare una buona predica se non se la studia per otto
giorni.
Per
quanto concerne le confessioni mi è capitato un’infinità
di volte di ascoltare attentamente il penitente e di ricevere dal Signore luce
per potergli illustrare la coscienza dicendogli peccati che taceva per
vergogna; lui si meravigliava molto che gli leggessi i segreti del cuore. Così pure,
esaminando alcune persone spirituali, mi capitava di dire quanto faceva al caso
per il loro profitto, come pure di segnalare segreti intralci che non le
facevano avanzare. E’ anche vero che dalla stessa teologia e dai
particolari narrati dal penitente si può acquisire molta luce interiore quando
si è dotti, esperti ed acuti di ingegno, senza che si renda necessaria una
rivelazione intellettuale.
In
gravissime questioni, sia personali che altrui, come in quelle di carattere
universale che riguardano situazioni di regni e di singole persone e famiglie,
mi è capitato tantissime volte di essere illuminato su
avvenimenti futuri che li riguardavano, e quella luce era così chiara ed
efficace, che sebbene le cause fossero occulte, io non potevo dubitare
dell’avvenimento che avevo davanti agli occhi. Potrei
portarti molti esempi al riguardo, però ti basti quello sul mio stato.
Quantunque gli amici e le ragioni naturali mi persuadessero a scegliere un
altro Ordine, grazie ad una di queste illuminazioni perseverai
in quello di Nostra Signora, presagendo tutto quello che poi successe e credo
che succederà.
In
cose di spirito ed orazione ho ricevuto, grazie a questo tipo di visioni
intellettuali, molti insegnamenti sui quali potrei scrivere grossi trattati.
Leggerai tanto al riguardo nel mio libro Dilucidario e nei molti che ho composto.
Ma voglio illustrartene uno in particolare. Un giorno stavo riflettendo su di
una dottrina che andavano diffondendo alcuni uomini spirituali: per loro la
perfezione consisteva in una unione immediata con Dio senza alcun atto
esteriore ed interiore. Subito mi venne data una luce durante una di
queste visioni intellettuali: la vera perfezione
consiste nell’imitazione di Cristo. Era come se mi avessero messo davanti tutti
i misteri del Signore e la maniera con cui l’anima lo imita: subito mi ricordai
di tutti gli insegnamenti scritti in un libro da me stampato ed intitolato Vida
del alma (Vita dell’anima), etc. Parte di loro mi vennero alla memoria e parte
invece del tutto nuovi; li puoi leggere nel medesimo libro.
Parole
esteriori
Quando Dio chiamava Samuele e lui correva da
Eli pensato che fosse stato lui a chiamarlo, ciò avveniva con parole esteriori
percepite da un orecchio carnale. Alla stessa maniera parlava un angelo a san
Metodio quando compose il libro delle sue rivelazioni. Nel dialogo relativo
alle persecuzioni ti accennai già all’episodio del nunzio Sega: il Padre
Mariano, io e tutta la gente che si trovava in quella casa udimmo voci come di
molti che stessero lamentandosi e tutti ci spaventammo, perché non potevano
essere naturali. Altre volte, mentre dormivo od ero distratto, ho sentito
nell’intimo certi rumori, suoni o colpi che mi hanno destato dal sonno o
sollevato lo spirito o indotto a pregare. Possono però essere anche frastuoni o
suoni naturali senza che io ne sappia la provenienza. Capita che un
topolino faccia così tanto frastuono o rumore come se fosse un cavallo.
Parole interiori formulate
E’ un modo ordinario di procedere del mio
spirito udire dentro di me delle parole formulate, che non
risuonano nell’orecchio, bensì come se le scrivessero dentro la mia
immaginazione ed io le leggessi nel mio stesso intimo. Queste
parole sono di molti tipi: alcune sembrano uscire dalla bocca di Dio, dette
nuovamente all’anima secondo quanto sta meditando, come ad esempio “amami”,
“non far caso delle persecuzioni”, “esercitati nell’umiltà”, “abbi devozione al
santissimo sacramento dell’altare ed alla Vergine Maria”, etc.
Se dovessi
raccontare molte di quelle che ricordo, bisognerebbe scriverne un grosso
volume. Ed io ritengo che quel divino trattato sul Contemptus
mundi (Disprezzo del mondo) sia composto di queste parole interiori
raccolte dall’anima di chi le scrisse in tempi diversi, e per questa causa
trova in uno spirito buono una così soave e gradevole sintonia, che ad ogni pagina
che tu apri per leggerla hai l’impressione che parli con te su
ciò di cui sentivi maggiormente bisogno. Anticamente i santi
eremiti scrivevano queste parole o parti di esse per ricordarsi di quanto Dio
diceva nel loro cuore. Le chiamavano liste e se le portavano dietro per
leggerle in tempo di tentazioni. Di qui prese spunto l’abuso di portare con sé
liste e parole scritte che molti usano per alcune malattie.
C’è un altro tipo di parole
interiori che non sono nuove, bensì già risapute, perché quando vengono
nell’intimo dànno tanta luce all’intelletto ed innescano tanta mozione e forza
nella volontà da sembrare che si racchiuda in esse un gran tesoro nascosto.
Voglio
portarti un esempio col quale lo capirai bene. Una volta nell’intimo mi vennero
dette queste tre parole; “Gesù-Maria-Giuseppe”. In GESÙ mi venne
spiegato di glorificare, adorare, servire, ringraziare; e che desiderassi – se
era alla mia portata – tutte queste cose riguardo a Dio: che Dio sia Dio, che
sia infinito, onnipotente, immenso ed eterno, etc., con tutti gli altri
attributi che possiede; che abbia tutta la gloria essenziale che si trova nelle
tre divine Persone. Seconda cosa: che il Cristo abbia
l’essere di Dio e sia unito con la divinità del Verbo, che abbia tutta la
grazia che l’eterno Padre gli ha dato e tutta la gloria che possiede in cielo. Terza cosa: che la
Vergine Maria sia Madre di Dio ed abbia tutte le virtù, grazia e gloria che ha.
Quarta
cosa:
che tutti gli angeli godano di Dio ed abbiano la grazia e la gloria che in essi
risiede. Quinta cosa: che tutti i santi
vedano Dio e lo abbiano servito come lo servirono e godano di tutta la gloria
che hanno.
Nella
parola MARIA mi venne svelato un
desiderio efficace perché tutti gli uomini del mondo si salvino, vale a dire:
che i pagani e gli infedeli si battezzino, che gli eretici ritornino, che i
peccatori si convertano, che tutte le autorità ecclesiastiche e civili
governino come si conviene, che tutti gli Ordini e famiglie religiose si
riformino, che i nobili cavalieri e gente altolocata diano buon esempio, che
tutti i confessori e predicatori compiano bene il loro ufficio, che tutti i
parenti, amici e persone che si raccomandano etc. si salvino, che le anime del
purgatorio siano liberate.
Nella
parola GIUSEPPE: che la mia propria
anima, ad onore e gloria dell’eterno Padre, conservi perfetta purità,
rettitudine e fermezza, con tutte le virtù che grazie a queste tre si
ottengono, cioè: la purità, con la penitenza, mortificazione e compostezza; la
rettitudine, con l’osservanza dei comandamenti di Dio, verità nelle parole e
buona intenzione nelle opere; la fermezza, con la perseveranza, pazienza e
costanza. Ad onore del Figlio di Dio, altre tre principali perfezioni: fede
viva, vera luce interiore ed esteriore, perfetta orazione vocale e mentale con
le virtù che a quelle
principali corrispondono. Ad onore dello Spirito Santo: amore di Dio, amore del
prossimo, perfezione ed unione in Cristo.
Avevo la
sensazione che nessuna preghiera né petizione colmasse e soddisfacesse l’anima
come questa: mi venne fatto capire di chiamarla “orazione di
pienezza”; in questa condizione di pienezza perseverai a lungo, senza voler
domandare né desiderare altro che non fosse rinchiuso in questi tre nomi
“Gesù-Maria-Giuseppe”. E poiché nell’orazione si tratta con Dio, che è
infinito, e qualsiasi cosa gli si chieda o desideri è poco per un Signore così
grande, mi pentivo di aver speso del tempo in altre orazioni e desideri
particolari.
- I
concetti contenuti in queste tre parole vengono all’anima in due maniere. La prima: vengono
tutte insieme alla rinfusa, esercitando grande forza sull’anima. La seconda: lo spirito
si trattiene in orazione, scendendo ai dettagli delle molte cose ivi racchiuse,
ed arrivando ad impiegare tre o quattro ore ed anche più senza che l’anima si
annoi né si stanchi. Quando nel mettermi a pregare mi sentivo arido, col dire
vocalmente queste tre parole “Gesù-Maria-Giuseppe” ripetendole più volte,
sprizzava subito il fuoco e l’anima restava contenta della sua abituale orazione
di pienezza. Non ti saprei dire come essa sia, perché non ci sono parole capaci
di spiegare per bene quello che si sente nell’anima, così come non si può
dipingere la figura interiore che si vede nella visione immaginaria.
Ci sono altre parole – e sono le più
ordinarie che mi vengono e su di esse si è poggiata più a lungo la mia orazione
– e queste sono le stesse della sacra Scrittura, trovandovi dentro di esse un
tesoro ed una manna nascosta che può afferrare solo chi le riceve. Voglio
portarti l’esempio di queste parole che mi vennero una volta, arrecandomi gran
frutto. Sono le parole di san Paolo: Quoniam ex ipso et in
ipso e per ipsum sunt omnia. Ipsi honor et gloria in saecula saeculorum, amen”. E per
farti capire questo tipo di orazione, tu saprai già che “pan” in greco
vuol dire “tutto”. E questo tutto è il pane del santissimo
sacramento, che racchiude dentro di sé tutto il bene che esiste, vale a dire:
Dio, il Cristo, la Vergine, gli angeli ed i santi, che sono quei cinque pani o
parte di tutto questo pane totale col quale si saziarono le folle, come dice
san Giovanni.
Presupposta questa dottrina, l’anima si pone
in orazione; e scaturiscono i desideri, pensieri e petizioni ex ipso, cioè dal
pane del santissimo sacramento, come se la sua anima si annichilisse ed al suo
posto rimanesse in preghiera il santissimo sacramento. E poiché nessuna cosa
gli sarà rifiutata di quanto questo Signore chiedesse, l’anima entra
nell’orazione con una grande fiducia respingendo da sé un certo timore e
pusillanimità – che suole scoraggiare – nel chiedere grandi cose a Dio
vedendosi così misera e con pochi meriti, perché l’orazione non viene più da
lei, bensì ex ipso. Et in ipso, che
significa “in lui”: colui al quale si parla e si chiede è lo stesso pane che
chiede, parla e desidera; così vanno sempre più crescendo la confidenza ed il
fervore. E chiede per ipsum, cioè pone il Signore stesso come mezzo e ragione per
ottenere quanto si chiede, considerando che lui è Dio, la passione e morte del
Cristo, i meriti della Vergine Maria, degli angeli e dei santi.
Così
l’anima, forte dell’appoggio e motivazione per ottenere quanto chiede, capisce
che nulla le sarà negato. Perciò non è il poco che domanda, ma omnia, il “tutto”, cioé: tutto
quanto è volonta di Dio, onore e gloria del Cristo e di sua Madre, degli angeli
e dei santi. Lo scopo che la muove all’orazione è ipsi honor et gloria, la
stessa gloria ed onore di Dio. Non so come chiamare questo tipo di orazione se
non col termine di “circolare”. Al riguardo, così mi
vennero fatte capire quelle parole: Jerusalem, quae aedificatur ut civitas,
cuius participatio eius in idipsum, perché si va da Dio a Dio, mediante Dio e
per Dio. E con questa orazione circolare, che mi è durata a lungo, ho trovato e
trovo gran frutto. Mi capita di trovarvi la stessa pienezza di quella di
“Gesù-Maria-Giuseppe”; così quando mi ritrovo arido, è come un tornare allo
spirito dicendo queste parole: Ex ipso, etc.
Non minor
frutto ho trovato nella preghiera del Pater noster,
soffermandomi per molte ore, giorni, mesi ed anche anni, senza saper pregare in
altro modo che dicendo molte volte una parola del Pater noster, come
sanctificetur nomen tuum, etc.
Quando è
Dio a comunicarla in questo modo interiore del quale sto parlando, escono
innumerevoli desideri e concetti da ogni parola. Mi accadde una volta, avendo
io un gran desiderio di pervenire alla vera orazione onde
non trovarmi ingannato con illusioni, tempo perso ed orazione fiacca, che mi
venisse questa parola del Pater noster sanctificetur nomen tuum, con questa
luce: se il Cristo, che è il miglior Maestro di spirito che ci sia al mondo –
quando i discepoli gli chiesero di insegnare loro a pregare - rispose loro: Cum
oratis, dicite: Pater noster etc., mi fu fatto capire che la
più essenziale e sicura l’orazione che ci possa essere è racchiusa nel Pater
noster. E con questa luce, quantunque abbia già scritto molto nella spiegazione
del Pater noster, avrei potuto scrivere molto di più.
Mi vennero
anche queste parole: Amice, commoda mihi tres panes. In questi tre
pani io intendo tre “tutti”. Il primo, il
santissimo sacramento, e l’anima chiede che sia adorato e servito, etc., da
tutto il mondo per quanto merita. Il secondo pane è la salvezza di tutti gli
uomini. Il terzo tutto è tutto il bene della mia anima. E questi tre
“tutti” mi hanno assillato a lungo nell’orazione. Ma lasciamo adesso questo
tipo di parole interiori formulate.
Parole interiori non formulate
Passiamo al terzo tipo: parole non
formulate, che più propriamente si chiamano ragioni interiori. Queste
vengono quando l’anima non ode né interiormente né esteriormente una parola
formulata, ma grazie ad un’assistenza interiore che avverte, le forniscono luce
su tali ragioni, al punto che ora ella stessa può formulare altri concetti
cercando da sé parole adatte a spiegarle. In questa maniera mi sono capitati
molti colloqui, sia con Nostro Signore che con la Madonna, come pure con madre
Teresa di Gesù. Sarebbero lunghe da narrare, ma di grande profitto ed
ammonimento per molte anime.
Cirillo. – Non
tralasciare di dirmene alcune che servano da esempio per questo modo di
procedere nello spirito.
Anastasio. – Una
volta stavo celebrando messa e mi sembrò che vi stessero
assistendo il Cristo, la Madonna e la madre Teresa nella mia anima. Mi fecero
capire in questa terza maniera di parole le seguenti
ragioni. La prima: che curassi la
maggior attenzione possibile nella messa. La seconda: che in
tutto il mio operato cercassi il maggior onore e gloria di Dio. La terza: che tutta
la mia vita avessi grande attenzione per le questioni dell’Ordine. La quarta: che tutto
quanto è straordinario nello spirito (come visioni esteriori, rapimenti, etc.)
né appartiene tutto a Dio né tutto al demonio, nonostante chi lo riceva sia
santo o peccatore, e che fare una regola generale in questo campo è principio
di grandi danni.
Un’altra
volta, mentre stavo tenendo il capitolo ad alcune religiose, mi pareva di
avere al fianco la Madre con l’assistenza che dico, quantunque senza figura
visibile né interiore né esteriore (è vero che una delle consorelle disse di
averla vista con gli occhi del corpo). Mentre una consorella
si accusava di una colpa, che mi sembrava piccola, sentii dalla madre Teresa
questa ragione: “Quanto piccole sembrano in questa vita alcune
imperfezioni e mancanze, e quanto grosse invece si scoprono nell’altra,
specialmente se impediscono l’aumento della carità, e quanto severamente saremo
giudicati per averle sottovalutate!”
Un’altra
religiosa si accusò di fare le cose sbadatamente e che non sopportava
pazientemente le importunità delle inferme. Mi parve che la Madre mi
dicesse di insistere perché le cose si facessero sempre con attenzione e che
non si ritenessero imperfezioni quelle delle inferme (quando si lamentano e
sono importune), ma ci si impegnasse a fare di più, perché era molto importante
che in un Ordine le ammalate si sopportassero e curassero con molto
amore”.
Non voglio
dilungarmi oltre su questo tipo di visioni intellettuali e parole interiori,
perché forse stamperò un libro intitolato Saetas agudas y brasas encendidas
(Saette aguzze e tizzoni ardenti), nel quale riferisco alcuni di questi
insegnamenti con uno stile che consenta a tutti di leggerlo ed avvantaggiarsene
senza che si spieghi donde nasca l’insegnamento.
Sogni
Potrei parlare di molte altre ragioni,
concetti ed insegnamenti relativi a questo terzo tipo di parole interiori da me
ricevute in maniera
molto ordinaria di procedere nel mio spirito. Ma passiamo a trattare dei sogni
che vengono durante il sonno.
Questi sono di tre tipi. Alcuni
naturali, che nascono dai vapori che salgono dallo
stomaco al cervello e risvegliano o destano i fantasmi od immagini interiori
della fantasia, mettendoli nell’immaginazione. Dato che queste immagini si
accoppiano casualmente senza ordine ed accordo, è peccato credere ai sogni.
Ci sono
altri sogni che nascono dall’angelo buono, il quale
unisce queste stesse figure interiori con ordine ed accordo, presentandole
nell’immaginazione. Sogliono riguardare cose occulte o profezie, come quando
l’angelo parlò in sogno a Giuseppe, sposo della Vergine. Così i sogni del
patriarca Giuseppe, figlio di Giacobbe, i sogni del Faraone, di Nabuccodonosor,
etc. Ci sono altri sogni cattivi che vengono dal demonio e
rappresentano sovente delle cose turpi – alcune scuotono gli umori del corpo
provocando movimenti sensuali – contro i quali canta la Chiesa: Procul recedant
somnia / et noctium phantasmata, / hostemque nostrum comprime, / ne polluantur
corpora.
La mia
prassi in questo caso è stata quella di non verificare se i sogni che mi sono
venuti siano di un angelo o del demonio oppure naturali, bensì – nel caso di un
sogno buono – avvantaggiarmene al risveglio e – nel caso di sogno cattivo –
allontanarlo dalla memoria, seguendo quella regola di san Paolo: Omnia probate,
quod bonum est tenete. Ab omni specie mala abstinete vos, etc.
Sovente mi
è capitato di sognare di disputare a scuola, e di ricordarmi al risveglio
dell’argomento: trovandolo buono, lo impugnavo nelle dispute conclusive. Mi è
pure avvenuto di sognare che stavo peccando, e che mi confessavo ed esaminavo
la mia coscienza riguardo a peccati occulti ed intricati. Ricordandomi del
sogno, potevo poi stendere dei buoni brani su casi di coscienza al riguardo.
Altre volte sognavo di peccare e sognavo di essere sveglio e che quindi non si
trattava di un sogno.
Provavo
inizialmente una grande pena, ma poi quando mi ricordavo per bene del sogno,
vedendo le discrepanze che in esso si mescolavano, avevo la prova che stavo
sognando e quindi si dissolveva l’angoscia. Mi è capitato anche di
sognare che stavo morendo ed andando all’inferno a causa dei peccati; al
risveglio il sogno era per me motivo di penitenza e facevo una confessione
generale. Poco tempo fa sognavo di vedermi in agonia,
facendo gli atti interiori più eroici ed i propositi più alti e fermi in mio
potere. Ricordando quel sogno, rimanevo intento nella pratica di quei medesimi
atti e propositi sognati, trascorrendo la maggior parte della notte in
un’orazione molto proficua.
E così, con
questa regola che dissi di san Paolo, non mi hanno più
preoccupato né i sogni miei né quelli narrati dagli altri. Anzi, mi
accadeva quando ero tra i turchi che venissero da me dei rinnegati a
raccontarmi i loro sogni – perché i seguaci della setta di Maometto annettono
molta importanza a quanto sognano e cercano dei dotti che glieli interpretino –
e, sebbene il sogno fosse intricato, glielo interpretavo col
motivo che era un bene ritornare alla vera fede del Cristo fuggendo da quelle
terre per raggiungere quelle dei cristiani per salvarsi. E proprio grazie a
questa interpretazione dei loro sogni, mi capitò di persuadere alcuni a farlo e
di riuscire nel mio intento di salvare quelle anime.
Quiete di spirito
C’è un genere di quiete di spirito o
attenzione interiore nella quale i sensi non sono assorti, persi e neppure
rapiti, però cessano di operare perché forzati da una certa presenza del Dio
vivo, che sembra rapimento, benché non lo sia in verità: non vi è infatti
alcuna alienazione dei sensi e neppure è necessaria una qualche forza per
svegliare l’anima; quando lei lo vuole, rientra in se stessa e si distrae da
quell’orazione e pensa alle differenti cose sulle quali stava riflettendo. In questa
quiete e genere di spirito ho ricevuto grandi favori e misericordie dalla mano
di Dio.
Cirillo. – Veemente è il
desiderio che tu mi spieghi questa maniera di procedere nell’orazione, perché
dici di averla sovente sperimentata.
Anastasio. –
Ricordati di quelle parole che lo Sposo dice alla sposa: “Ella rimase
addormentata”. Dice che aveva la mano sinistra dello Sposo sotto la sua testa e
con la destra lo abbracciava. E quando altrove dice: “Io dormo ed il mio cuore veglia”,
lo Sposo nel tenerla così fra le braccia aggiunge: “Vi scongiuro, figlie di
Gerusalemme, di non svegliare e di non far vegliare la mia sposa finché non sia
lei a volerlo”. Con queste parole dice qui lo Spirito Santo riguardo a questo
genere di sogno, che dipende dal mio libero arbitrio svegliarci da esso quando
lo vogliamo, mentre nei sogni naturali o nei rapimenti non siamo così liberi di
svegliarci.
Questo
sogno divino ed attenzione interiore nasce dalla presenza del Dio vivo, e di
stare lo Sposo – che la sposa chiama suo cuore – vegliando e sveglio e parlando
con la sua sposa. Ed è così differente questa presenza dalla presenza delle
immagini esteriori o dalla presenza immaginaria o intellettuale che
ordinariamente abbiamo, quanto differisce il vivo dal dipinto. Voi starete
guardando un leone dipinto, e quel dipinto risveglia la memoria facendovi
ricordare la fortezza del leone e quanto convenga averne paura, etc. Però se vedete
entrare un leone vivo dalla porta della vostra camera, in un istante vi provoca
un così grande senso di timore da farvi gridare e fuggire, etc.
Allo stesso
modo, voi starete meditando il Cristo crocifisso mettendo la sua figura dentro
la vostra immaginazione, e da ciò voi discorrete su quanto è buono servirlo e
temerlo, etc. Altra cosa però è quando lui assiste dentro il
cuore come se fosse davvero vivo e lo sentiste parlare e guardarvi, perché
allora fa una tal grande commozione, che l’anima si dimentica di tutte le cose
create. Questo è infatti porre la mano sinistra sotto
la testa, perché questa mano sinistra significa le cose temporali, e così,
scordata di esse, si innalza alle cose eterne, significate dalla mano destra,
con tanta forza da restare senza alcun ricordo di quanto non sia Dio: è assorta
ed intenta solo alle cose relative al suo servigio, con un certo impeto
interiore causato da questo sogno divino.
Ma se ne
distrae quando la chiamano o le parlano – per questo lo Sposo scongiura le
figlie di Gerusalemme, che sono le creature, di non svegliarla; oppure se lei
stessa vuole sospendere quell’atto e considerazione, può farlo. E’ da notare
che quell’impeto non dura molto tempo: a volte fa trattenere il respiro e se
perdurasse danneggerebbe la salute. Ma quando c’è la stessa
presenza del Dio vivo,
l’anima va riflettendo su diversi concetti oppure fa diversi atti d’amore o
dice parole amorose al Cristo. Così suole restare trattenendosi in orazione per
tre o quattro ore senza che le pesino.
Ogni tanto nel medesimo sogno le viene
l’impeto che riesce ad infervorarla maggiormente. Secondo il mio parere questo
genere di orazione è quello da cui la mia anima ha ricavato maggior frutto.
Però so bene di non dirlo come in realtà è, perché le impressioni divine
interiori sono così sopraffine, che mancano le parole adatte a spiegarle.
Perciò lasciamo quest’argomento per passare alle estasi e rapimenti.
Estasi e rapimenti
Cirillo. – Ho una voglia matta
di sapere se tu sia stato sovente rapito o avuto delle in estasi, dato che ne
scrivi in molte parti dei tuoi libri.
Anastasio. – Gloria a Dio,
mai mi sono visto con rapimenti né estasi, e neppure so per esperienza che cosa
siano. Dico di rendere gloria a Dio perché – come ho detto all’inizio – ho
sempre aborrito da parte mia le visioni e rivelazioni esteriori, l’operare
miracoli, estasi, rapimenti e simili doni e grazie che Dio fa alle anime umili
e non superbe come la mia. Se so qualcosa al riguardo, è perché lo leggo
nella sacra Scrittura e nei dottori a proposito
dell’estasi di san Pietro, il rapimento di san Paolo, il sogno di san
Giovanni Evangelista sul petto del Cristo; ed anche per aver esaminato molti
libri scritti da persone che hanno avuto grandi rapimenti, come santa
Ildegarda, santa Angela da Foligno, etc.; ed anche per aver esaminato e parlato
con molte anime che li hanno sperimentati, come la madre Teresa di Gesù, suor Orsola
di Napoli, che per venticinque anni ininterrottamente restava rapita ogni
giorno per più di dodici ore, una beata di Burgos che ne trascorreva sedici in
un rapimento, fra’ Melchiorre Cano, domenicano, al quale capitava di stare in
rapimento per ventiquattro ore, fra’ Domenico Ruzola, carmelitano, e molti altri
da cui ho appreso molto dettagliatamente i loro rapimenti e ricavato luce per
scrivere quanto tu dici.
Ma bastino già, nella spiegazione delle
dodici stelle, queste dodici maniere di spirito ed orazione.
(Continua)
P. Nicola Galeno della Madonna del Carmine, ocd
Parma 2-4-2014
Nessun commento:
Posta un commento