Abbiamo trascorso
quest’ultimo anno a cercare di raccogliere i frutti del cammino di preparazione che dal 2009 ci ha
portato a festeggiare il V centenario di nascita di S. Teresa di Gesù e, soprattutto,
a cercare di comprendere come la mia, la tua, la nostra vita di cristiani possa
percorrere (e come) la stessa strada percorsa da questa grande maestra della
fede, che è Teresa d’Avila.
L’identità della
vocazione laicale nel Carmelo Teresiano forse non è ancora chiara a tutti. A
volte basta sentirsi innamorati o affascinati dal Carmelo per scivolare nei
tranelli più sciocchi di qualsiasi percorso: sentirsi arrivati. E’ così per
ogni cammino. Bisogna, invece, interrogarsi, comprendere e mettersi in cammino.
Proprio come ha fatto Teresa. Ricordate? Era già monaca di clausura, ma non si
sentiva arrivata, voleva capire, per esempio, che cosa
significasse quella “orazione continua” di cui parla la regola primitiva.
Voleva capire come farla. “Nessuno me lo aveva insegnato”, confidò. Sentiva che
il proprio modo di rispondere,
seppure con
entusiasmo, non era quello giusto. Era inquieta. Il suo cuore chiedeva di più.
In realtà era Dio a chiederlo.
Questo c’insegna la
necessità di interrogarci sul nostro modo di vivere la Regola e le nostre
Costituzioni. E’ un percorso che già stanno facendo i frati. E’ un percorso
richiesto a ciascuno di noi. Ed è una verifica da fare sempre. Personalmente e
comunitariamente, sia che si è in formazione per la promessa
“Todo va con Amor”
Teresa
sia che si è in
formazione permanente.
Non è facile
delineare l’identità del laico dell’OCDS se non si ha già chiara la propria
identità umana, cristiana e vocazionale. Quella carmelitana non è che una
vocazione specifica, che aggiunge una sfumatura particolare al nostro essere
cristiani. Questa sfumatura che a tanti sembra un impegno insormontabile (aLa Vocazione Teresiana secolare
cominciare dalla
formazione che qualcuno vorrebbe saltare a piè pari, senza capire che lì
s’inizia a costruire) ci svela a poco a poco ciò di cui abbiamo bisogno:
l’umiltà, l’obbedienza, la pazienza, la verità. Tutto il contrario degli
imbrogli, della scaltrezza, dei sotterfugi che il modo di vivere di oggi
insegna.
Di umiltà, di
obbedienza, di pazienza ci parlano le pagine e la vita di Teresa.
Se ci fidiamo di Dio,
come ha fatto lei, allora comprendiamo che pur non esistendo scorciatoie,
strade facili, nulla è insormontabile.
E se la nostra
spiritualità ci insegna che la strada verso l’unione con Dio è “lastricata di
nulla”, niente consolazioni spirituali, né materiali, ci dimostra che viverla
porta soltanto gioia (vedi S. Giovanni della Croce)
Ciascuno di noi nella
propria vita ha sicuramente sperimentato un momento in cui ha sentito Dio
vicino. Quel momento deve darci la forza di credere che ciò che il Padre ci
propone è soltanto per il nostro bene e che il posto che, seguendo la nostra
vocazione, occuperemo è l’unico posto in cui ci sentiremo a nostro agio perché
siamo nati per essere lì. Quante file in macchina per raggiungere una meta
turistica agognata; quante file
in un negozio, per un
acquisto tanto desiderato...e per Gesù, vogliamo tutto facile?
. Nessun cammino
cristiano è facile. Ma Teresa ci dice che se cominciamo a camminare e a
colloquiare con Dio, Lui non si stancherà mai di donare. (C 32,12). La santità
è fatica? No èundono:èildonocheDiofa di se stesso all’anima, fino ad
“alloggiare” nell’intimo del suo castello.
Qual è il nostro
compito? Testimoniare la gioia di essere cristiani, come ha fatto Teresa. Lei
lo faceva in un monastero, nei suoi monasteri. E noi? Il luogo dove il Signore
ci chiama a esercitare la nostra vocazione è il nostro status (sposato/a,
padre, madre, singol o vedovo/a, figlio/a, professionista, studente). Ma la
vocazione principale è una sola: essere cristiani, di Cristo.
Già lo diceva P.
Saverio Cannistrà, nostro Preposito Generale, nel IV Congresso Iberico
dell’Ordine Secolare svoltosi ad Ávila, nell’aprile 2012: “Al Carmelo siamo
per Gesù, perché Lui ci ha toccati misteriosamente ...la prima e fondamentale
manifestazione del carisma teresiano è quella di vivere tutto in compagnia di
Gesù...in un esercizio di fede, di vita teologale, che è possibile solo se
nutrito costantemente dell’orazione, intesa come
dialogo amichevole
col Signore, e dell’ascolto quotidiano della Parola di Dio”.
Non bisogna
dimenticare l’aspetto più volte sottolineato anche dal Papa: la “sollecitudine
per l’altro”, che impariamo a esercitare proprio nella nostra fraternità. “La
vita con Cristo e in Cristo non è vita egoistica, centrata su se stessi, ma è
vita per l’altro, senza risparmio, senza calcoli... Questo è, peraltro,
l’unico segno verificabile che davvero ci siamo incontrati col Signore e non
con noi stessi... queste caratteristiche del carisma che ha animato la vita di
Teresa sono riproducibili in stati di vita assai diversi. (P. Alzinir
Debastiani, “Cercati in me”). Bisogna, insomma, vivere la nostra quotidianità e
le nostre relazioni interpersonali, con gli occhi della fede, come leggendo le
opere della Santa Madre abbiamo imparato da lei: “L’importante – credetemi –
non è nel portare o nel non portar l’abito religioso, ma nel praticare la
virtù, nel sottometterci in tutto alla volontà di Dio, affinché la nostra vita scorra in conformità delle sue disposizioni e
nel non volere che si faccia la nostra, ma la sua volontà”.
Stefania
De Bonis
Dal notiziario Ocds della Provincia Campana
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