Con lo stile graffiante di sempre, in questo intervento Alessandro Gnocchi e Mario Palmaro scattano la fotografia tristemente reale della celebrazione liturgica divenuta ormai “standard” nella stragrande maggioranza delle parrocchie italiane. dove “la festa siamo noi” e non più Gesù Cristo.
Alessandro Gnocchi e Mario Palmaro
Ci vorrebbe un telefono azzurro anche per la liturgia. Anzi, soprattutto per la liturgia. Un telefono al quale i cattolici normali possano rivolgersi con fiducia e denunciare gli abusi. “Pronto, Telefono Azzurro per la Santa Messa? Volevo segnalarvi che nella parrocchia XY il prete Taldeitali fa tenere l’omelia alla suora laica che assomiglia a Rosy Bindi”. E, dall’altra parte del cavo, solerti operatori impegnati a stilare un cahier de doléance da girare, in forma ufficiale, alla Chiesa Cattolica apostolica di Roma. E poi ci vorrebbe l’altrettanto solerte intervento di Roma. Il primo sintomo dell’epidemia di abuso liturgico sta nella rottura definitiva dell’unità della Messa. Chiesa che vai, liturgia che trovi. Il periodo estivo, con le sue escursioni per spiagge, valli, monti, colline e vecchi borghi, è stato l’occasione tragica per riscontrare l’esistenza di una molteplicità di riti, che nessuno è umanamente in grado di catalogare. Per tentare una classificazione di questo scempio da decenni tollerato, quando non incoraggiato, dalle gerarchie, bisogna individuare alcune macro-categorie di orrori.
LE CHIESE RIDOTTE A LUOGHI PROFANI
II primo abuso, il più diffuso, è consistito e consiste nella inesorabile riduzione delle chiese a luoghi profani. Luoghi nei quali si entra e si esce come da un centro commerciale, senza genuflessione e senza saluto al Santissimo Sacramento, che del resto in moltissime chiese è relegato in posizioni misteriose ed introvabili, quando non addirittura fatto accomodare in locali attigui al tempio. I protagonisti di questa secolarizzazione delle chiese sono gli architetti e chi li ha incaricati, che hanno realizzato mostruosi edifici, i quali nulla hanno di sacro e spiccano anzi per la loro oggettiva bruttezza. La conseguenza di questa autentica profanazione è che le chiese sono diventate luoghi importanti solo quando vi si riunisce l’assemblea e inizia quella che menti teologiche raffinate definiscono “l’azione liturgica”. Fino a un secondo prima della Messa, la folla discorre amabilmente, si guarda in giro per vedere chi ci sia, controlla già impaziente l’orologio. Gli inginocchiatoi, per una preghiera di preparazione alla Messa, restano desolatamente vuoti, sempre che ancora siano presenti. Del resto, non è raro che lo tesso sacerdote giunga trafelato in sacrestia all’ultimo minuto, indossando in fretta e furia casule di nylon su camicioni dotati di praticissime cerniere lampo. Finita la Messa, in chiesa si scatena la bagarre, come all’uscita da San Siro a fine partita: la gente per lo più si da a una fuga precipitosa, altri si salutano calorosamente e ad alta voce si raccontano le ultime novità. Insomma, si “da corpo a una comunità viva”. Il ringraziamento nel raccoglimento e nel silenzio? Roba preconciliare. Nel tabernacolo, Nostro Signore presente nel Santissimo Sacramento, del tutto ignorato, assiste solo e silenzioso alla volgarizzazione della sua casa. Nella quale non mancheranno, ovviamente, applausi ai funerali, discorsi dal pulpito di sindaci atei per commemorare il defunto, concerti e conferenze, senza nemmeno preoccuparsi di lasciare vuoto il tabernacolo.
IL SACERDOTE CHE CELEBRA A BRACCIO
È sempre più frequente che il prete scelga di tradurre con le sue parole alcuni pezzi della Messa o anche di sottoporli a una specie di spiegazione alla Piero Angela di “SuperQuark”: Ecco, adesso recitiamo questa preghiera, dalla quale si capisce che Gesù ci ama”. Dal che si intuisce come nemmeno l’abolizione della temutissima Messa in latino sia stata sufficiente a spiegare ed a far capire tutto al volgo cattolico. Ci vuole la spiegazione del Mistero, il cartello da museo di scienze naturali per svelare ciò che Dio stesso ha voluto fosse velato ai nostri sensi, come recita la splendida preghiera di Tommaso d’Aquino.
L’ANDIRIVIENI PER LE LETTURE & LE “QUOTE ROSA”
Una delle pietre miliari consiste nel protagonismo dei laici. I quali devono conquistare più metri possibili sull’altare, proprio come i giocatori di rugby devono guadagnare campo per avvicinarsi alla meta. Il reclutamento di tali laici da liturgia subisce sorti altalenanti: si va dalle parrocchie (poche) nelle quali cattolici adulti sgomitano per avere un ruolo e così “animare la Messa”, a parrocchie (quasi tutte) in cui i laici vivono con fastidio o persine terrore il reclutamento frettoloso che precede la Messa (o che avviene a Messa già iniziata). Alcuni agenti del parroco vagano alla ricerca di chi “farà la prima” (lettura) o di chi porterà all’altare le offerte. Avendo cura di garantire che il 50% dei lettori siano donne, in omaggio al genio femminile. Che viene parimenti esaltato anche dal numero di chierichette dalle lunghe chiome fluenti che occupano l’altare, a tutto detrimento dei declinanti e ormai rari chierichetti di sesso maschile.
IL VANGELO LETTO DAL POPOLO E LE MESSE PARZIALMENTE SCREMATE
La logica di occupazione dell’altare da parte dei laici spinge anche a far leggere il Vangelo a laici, suore e catechisti. Affidando loro pure il compito di commentare. In alcune chiese si sperimenta da anni una sorta di rito parallelo: l’assemblea in chiesa, i bambini del catechismo in un locale diverso, con letture adattate alle loro povere menti e predica del catechista; cui poi segue ricongiungimento dei due gruppi al momento della consacrazione.
L’OMELIA VUOTA E INASCOLTABILE
Non si tratta propriamente di abuso liturgico, ma di abuso della pazienza dei fedeli. Sarebbe auspicabile una moratoria dalle prediche di almeno un anno, per verificare se alla fine il silenzio non possa risultare più sano delle ormai trite e ritrite dosi di cattiva teologia tardo novecentesca, cui è drammaticamente aggrappata gran parte del clero attuale.
È LA PREGHIERA DEI FEDELI O LA SCALETTA DEL TG?
È uno dei momenti più tragici della Messa domenicale, nel quale spesso i fedeli assistono attoniti al trionfo del politicamente corretto, navigano nel banal grande di un’agenda delle intenzioni che è dettata dal Tg1 della sera, subiscono un diluvio di parole che abbracciano così tante intenzioni da essere riassumibili in un’unica, brevissima preghiera:”Signore, ascolta tutte le preghiere di ciascuno di noi, Amen”.
LA CONSACRAZIONE, QUESTA SCONOSCIUTA
Quello che è, appunto, il Sacrificio e dunque il cuore della Messa scorre via spesso come un breve, rapidissimo momento qualsiasi del rito. Anzi, sotto il profilo quantitativo e perfino rituale, la lettura della “Parola” la predica, perfino la preghiera dei fedeli e l’offertorio, sovrastano in modo impressionante la fase della consacrazione. Potremmo dire che la assorbono, a causa di sacerdoti che la celebrano con la lena di un velocista, riducono l’elevazione a un istante infinitesimale, scelgono da sempre la preghiera di consacrazione più rapida e mai quella più simile alla Messa antica; e non si inginocchiano, limitandosi a un deferente inchino orientaleggiante.
COMUNIONE O TAVOLA CALDA?
La profanazione cui è sottoposto Nostro Signore nelle Sacre Specie è la parte più dolorosa degli abusi liturgici. A cominciare dalla diffusione pressoché plebiscitaria della comunione sulla mano, che venne introdotta dai vescovi italiani come eccezione, sotto forma di indulto, di concessione particolare. E che oggi è invece il modo ufficiale di ricevere il Santissimo. Con una serie di modalità e di strani contorcimenti dei fedeli che pigliano quanto volevano e poi se ne tornano al posto. E’ indiscutibile che, con queste modalità, la dispersione delle Sacre Specie e la conseguente profanazione del Corpo e del Sangue di Nostro Signore è certa. Come pure aumentano a dismisura i rischi di asportazione della Comunione. Circostanze, che renderebbero necessario abbandonare subito la distribuzione sulle mani.
IL FAMIGERATO “ALLELUIA DELLE LAMPADINE”
Tra tutte le orrende e non di rado ereticheggianti composizioni, che allietano la cosiddetta assemblea, questo è l’inno nazionale di tutti gli scempi musicali, che si sono sprigionati dopo l’abbandono del gregoriano. Questo canto-ballo rappresenta in modo emblematico la trasformazione della Messa da sacrificio a banchetto allegrone, nel quale tragicamente, come dicono le parole del testo, “la festa siamo noi” E non più Gesù Cristo.
(“Radici Cristiane” n.88, Ottobre 2013)
Che oggi si esageri nel senso opposto, in alcune Parrocchie può anche esser vero.
Parliamo degli abiti liturgici indossati dai sacerdoti: se oggi si indossano casule in tessuto artificiale, è vero, pratiche leggere comode...a differenza degli antichi paramenti elaborati con ricami in filo d'oro su pesanti broccati, sfarzosi nella confezione. Beh, qui ho letto che non si celebra per il Signore, ma per l'uomo. Perché? Forse un tempo era diverso? Quello sfarzo esagerato, nei paramenti liturgici, barocchi, era forse indossato da Dio? O dall'uomo, sacerdote che fosse?
Questo articolo è maschilista per eccellenza. Le donne sull'altare, come lettrici? Ma cosa sta succedendo,in questo mondo moderno? Le donne devono starsene a casa a far la calzetta, o al massimo in Chiesa, vestite di nero, coperto il viso da un velo, a recitare rosari durante la celebrazione? Perché era questo che succedeva, durante le Messe in latino, che il popolino non comprendeva.
Ed il Vangelo spiegato ai bambini durante l'omelia? Ma scherziamo? Che i sacerdoti tengano omelie di alto tenore biblico, così che i ragazzi di catechismo non possano comprenderne una parola, e finiscano con lo sbadigliare, e con il non partecipare alle Messe, incomprensibili e noiosissime!
Messi i debiti puntini sulle "i", concordo con il resto, ovvero che la Consacrazione debba avere il posto d'onore durante la Celebrazione Eucaristica, con un gesto prolungato e rispettoso, da parte del celebrante.
Quella foto: ecco, forse è davvero esagerata, ma per far comprendere ai ragazzini il significato di Chiesa, la "barca di Pietro". Ragazzini che magari non hanno mai visto un pescatore, tanto meno un pescatore di uomini, è un modo pratico perché possano rammentare con più facilità quelle parole evangeliche. Bastava qualcosa di meno vistoso: un segno, ma di certo serve molto di più all'apprendimento, che non parole pompose che finiscono nel ...vuoto, perché non vengono afferrate.
Insomma, potrei andare avanti all'infinito, approvando o contestando il contenuto dell'articolo sopra pubblicato, ma sono persuasa che la Messa in latino sia adatta ad un'élite molto ristretta: chi conosce quella lingua, ormai quasi sconosciuta alla maggior parte della gente?
E, parliamoci chiaro...Gesù non parlava né in greco né il latino, ma in ebraico e aramaico.
Allora, se vogliamo essere precisi, perché le Messe non sono tradotte in quelle lingue?
Gesù, quando si incontrava con gli apostoli, certo non indossava il talled (scialle di preghiera) o gli zizzit, che erano parte del vestiario ebraico.(E sarà per voi come zizzit…
La nostra Parashà si chiude con un passo molto famoso. Si tratta del brano che contiene il precetto dello zizzit, le frange che vanno poste su ogni abito che abbia quattro angoli. Tale brano è noto anche perché è il terzo ed ultimo passo dello Shemà che la Torà impone di recitare due volte al giorno in ottemperanza a quanto è scritto “quando ti corichi e quando ti alzi”. In esso si dice che lo scopo dello zizzit è ricordare all’ebreo tutte le mizvot. Non si tratta di un ricordo fine a se stesso ma di un ricordo che deve portare alla solerte esecuzione della volontà Divina. Il portare lo zizzit sui propri abiti funge da costante monito per l’ebreo del fatto che Iddio lo controlla costantemente. Fatto è che sembra piuttosto strano affidare la custodia delle azioni di un uomo ad un po’ di fili intrecciati stranamente tra di loro).
E a me pare strano che i celebranti debbano usare ancora abiti che erano di ideazione romana, o medievale, europea comunque, e non consona ai costumi ebraici, indossati da Cristo e dai suoi apostoli. e mi paiono strane quelle chiese piene di orpelli dorati e argentati che, con la scusa che sono state ornate per onorare Dio, in realtà sono fatte per piacere agli uomini, per gonfiarsi il petto di superbia, nel poter dire: ecco noi abbiamo donato tutto questo al Signore.
Cosa avete donato al Signore? Il vitello d'oro? Ma la vostra anima, il vostro cuore, quello a chi lo avete dato? Il Signore vuole voi, il vostro amore, non le vostre cose. Se quelle "cose" le aveste date ai bisognosi, Dio lo avrebbe preferito di gran lunga!
Quindi, con il fuggi fuggi generale, causato dalla scristianizzazione dilagante, ben venga la semplicità nei paramenti sacri, la semplicità nelle omelie, la voglia di far conoscere Gesù anche attraverso quelle che a prima vista appaiono simili a rappresentazioni teatrali. Dio vede, Dio sa, Dio apprezza la buona volontà.
Una domanda:
Meglio una Celebrazione Eucaristica con paramenti dorati, canti gregoriani, recitata in latino, con quattro gatti ad assistervi, o una Messa animata dai ragazzi, partecipata con gioia, ma con la Chiesa dove il Popolo di Dio è presente in gran numero? Fate vobis!
La festa siamo noi? Diciamo piuttosto che la festa è Gesù Cristo in mezzo a noi, con noi, e non staccato da noi. Forse un tempo, davvero Gesù Cristo era un'entità lontana, cui non riuscivamo ad avvicinarci più di tanto, così sperduta nell'alto dei Cieli, che eravamo incapaci di riconoscerlo davvero!
Danila Oppio
Risponde don Maurizio Roma, parroco della Parrocchia di S. Martino - Pieve di Lubaco
Ciao Danila,
(ti rispondo per e-mail perché la risposta sul blog mi limita 4096 caratteri)
visto che mi hai contattato per conoscere il mio parere non posso tirarmi indietro.
Sarebbe più corretto se esprimessi solo quel che penso dell'articolo ma, alla fine, mi vedrei comunque costretto a sottolineare anche quel che tu hai scritto. Mi limito solo a poche considerazioni, per ragioni di tempo. Lo stile dell'articolo è sicuramente "graffiante", ma non posso non leggervi un dolore di fondo "straziante", per cui, una mancata solidarietà e comprensione sarebbe da parte di chiunque segno di apatia spirituale.
Vorrei non parlare di "gusti" riguardo a come è vestito il sacerdote durante la Messa. Io sono dell'opinione che, se il prete tollera che i laici entrino nella casa di Dio vestiti (a volte svestiti) come gli pare, sarebbe corretto che anche i laici tollerassero l'abito del prete. Le nostre parrocchie (tutte) strabordano di paramenti liturgici antichi accumulati negli armadi da secoli e secoli. Facciamo un bel falò solo perché non sono più di moda? Vendiamo tutto e diamo il ricavato ai poveri? Questa può essere una soluzione ma, per correttezza, va adottata non solo per le cose preziose delle parrocchie...
Ad ogni modo, si tratta solo di paramenti. Se c'è chi si scandalizza per un broccato o un damascato, confezionato per amore della Chiesa da persone che 100 anni prima volevano vederlo indosso al loro parroco... oggi, vada pure il terital o il misto sintetico. Il malumore che però avverto tra le righe dell'articolo non è nostalgia per il passato, è tristezza per il presente!
Dalla Liturgia (con "L" maiuscola) è scomparso il mistero. Attenzione Danila. Il Mistero non è il latino, il fumo dell'incenso o il celebrante che recita sottovoce dando le spalle al popolo (anche se in realtà è insieme al popolo rivolto verso il Signore; ma pare che per molti sia più difficile da capire di una versione in latino). Il Mistero ("M" maiuscola) è l'intima certezza che quando si varca la soglia santa di qualunque chiesa, là, siamo in un'altra dimensione, siamo nello spazio di Dio, del nostro incontro con lui: "Mosè togliti i sandali dai piedi, perché il luogo che stai calpestando è una terra santa" (Cfr. Es 3). Questo è il Mistero che sta svanendo! Siamo nel più bieco appiattimento spirituale. Vogliamo spiegare tutto, perché altrimenti la gente non capisce... cos'è che non capisce? Davanti a Dio non c'è nulla da capire, c'è da adorare e basta. Le spiegazioni vanno date eccome, ma altrove, la catechesi, i gruppi, i centri d'ascolto, servono per questo. In chiesa si mette in pratica quello che altrove c'è stato insegnato. Così è sempre stato, da quando esiste la mistagogia sacramentale. Il prblema è proprio questo, non c'è più o non c'è mai tempo per voler capire, quindi, siamo costretti a rosicarlo all'unico momento disponibile, alla preghiera liturgica comunitaria, la Santa Messa. Per cui anche il rapporto con lo "spazio sacro" diventa utilitaristico, a tempo; comincia e finisce con la Messa, dopodiché, la può diventare anche un mercato. E' colpa di noi sacerdoti cara Danila: del senso d'inadeguatezza che ci portiamo dentro quando qualcuno ci fa notare di non essere abbastanza accoglienti, mai abbastanza comprensivi dell'altrui "sensibilità", mai al passo coi tempi... E per non perdere la stima e la fiducia della gente cosa facciamo? Postille, aggiunte, spiegazioni, interpretazioni, accomodamenti di qualunque cosa: della Messa, del Vangelo, della Morale, della Dottrina, della Liturgia... perché tutto dev'essere compreso, con la testa s'intende, del cuore chi se ne frega!
Chissà perché, un tempo, pur con una lingua liturgica incomprensibile, pur con una severità dei preti al limite del sopportabile, pur con celebrazioni pompose e piene di segni ridondanti... le persone avevano comunque più fede, e le chiese erano stracolme; d'idioti che non capivano nulla? Il problema non è il latino, tanto, latino o italiano, per certa gente la Messa sarà sempre "arabo". Chi vuole spiegarti tutto è colui che vuole distruggere il tuo timor di Dio, la differenza abissale che ci separa da lui, a causa del peccato, e questo è solo il demonio.
Sursum corda! In alto i cuori, Danila. La gente va educata al bello, perché Dio è bellezza, finché continuermo con la sciatteria (cosa diversa dalla povertà) liturgica, non sentiremo mai nel cuore la voce di Dio, ma solo lo strillìo delle nostre chiacchere, delle nostre pretese e continui lamentele su Dio e sulla Chiesa. Incapaci di fare silenzio, di godere della bellezza inesprimibile e inesplicabile dello "stare" lì, davanti a Dio, di fronte al quale lingua deve tacere e ogni ginocchio si deve piegare, in cielo, sulla terra e sotto terra.
Un abbraccio Eden.
Don Maurizio
Caro don Maurizio,
la tua risposta è esauriente, vera, sentita, sofferta e sincera
Ed è in fondo quel che mi sono chiesta anch'io! Volevo finire il mio post con una sola ed emblematica frase: perché guardiamo all'esteriorità delle cose, quando si dovrebbe solo assicurarci che continui a vivere la Fede nei cuori della gente? Perché ci mettiamo a discutere se era meglio la Messa in latino, ante-concilio Vaticano II, o se è migliore ora?
Il rispetto deve esistere...a me non piace che la gente entri in chiesa coi pantaloni corti, sbracciata, anche se dovessero esserci 50° all'ombra. In Siria, paese musulmano, a giugno c'è quella temperatura, ed io non ho mai girato per le strade (e quindi tanto meno in chiesa) neppure con le maniche corte, ma con camicie a manica lunga. Per rispetto delle consuetudini di quel popolo. Tanto meno vado in chiesa scollacciata, per rispetto a Dio. (Mi trovavo lì, nel 2006, quando ancora c'era pace in quella Nazione, per un pellegrinaggio sulle orme di San Paolo).
Sai che faccio? Questa tua risposta, che vale per me quanto per tutti, la copio ed inserisco sul mio blog, col tuo permesso! Insieme a questa mia!
Un abbraccio...visto il tema...Paradiso!
Danila