Per la Chiesa ambrosiana, oggi inizia l'Avvento!
Ogni anno si ripetono nella liturgia alcuni eventi che ricordiamo in modo ciclico: Pasqua, Pentecoste, Assunzione, Natale, ecc. Ci siamo così abituati a tutto questo, che diamo tutto per scontato. Perché attendere la Nascita del Signore? Per far festa, per decorare l’albero, per allestire il presepe, per imbastire pasti luculliani? Tutto ha perso l’originale significato, tutto diventa abitudine, e un’abitudine sempre più secolarizzata. Tornare ad attendere la venuta di Gesù è per me, invece, un modo per meditare sul grande dono di un Dio che, pur nella Sua Regalità, si è fatto piccino e non solo nella forma di un neonato, ma proprio piccolo in quanto uomo. Chi siamo noi, infatti, se non piccole creature di un grande Creatore? Vorrei proprio vedere un ricco della terra che, spogliatosi volontariamente delle sue ricchezze, del suo potere, scegliesse di diventare povero, umile, e di unirsi agli ultimi! Dubito che uno solo lo farebbe: una volta raggiunta la fama, la potenza, la gloria terrena, si aggrappa ad essa e da lì non si scolla. Umanamente, posso capirlo. Ma Dio non ha i nostri parametri, Dio è talmente al di sopra e al di fuori della nostra mentalità, che ha scelto una strada tutta in discesa: scese dal Cielo per farsi uomo, scese in un piccolo villaggio per farsi piccolo, scese dalla croce dopo esservi salito, in breve, scese per chinarsi sull’umanità ferita dal peccato, per salvarla. Escludendo a priori che un essere umano possa tanto, possiamo intuire la grandezza del Signore: solo Dio è capace di una simile abnegazione.
Ogni anno si ripetono nella liturgia alcuni eventi che ricordiamo in modo ciclico: Pasqua, Pentecoste, Assunzione, Natale, ecc. Ci siamo così abituati a tutto questo, che diamo tutto per scontato. Perché attendere la Nascita del Signore? Per far festa, per decorare l’albero, per allestire il presepe, per imbastire pasti luculliani? Tutto ha perso l’originale significato, tutto diventa abitudine, e un’abitudine sempre più secolarizzata. Tornare ad attendere la venuta di Gesù è per me, invece, un modo per meditare sul grande dono di un Dio che, pur nella Sua Regalità, si è fatto piccino e non solo nella forma di un neonato, ma proprio piccolo in quanto uomo. Chi siamo noi, infatti, se non piccole creature di un grande Creatore? Vorrei proprio vedere un ricco della terra che, spogliatosi volontariamente delle sue ricchezze, del suo potere, scegliesse di diventare povero, umile, e di unirsi agli ultimi! Dubito che uno solo lo farebbe: una volta raggiunta la fama, la potenza, la gloria terrena, si aggrappa ad essa e da lì non si scolla. Umanamente, posso capirlo. Ma Dio non ha i nostri parametri, Dio è talmente al di sopra e al di fuori della nostra mentalità, che ha scelto una strada tutta in discesa: scese dal Cielo per farsi uomo, scese in un piccolo villaggio per farsi piccolo, scese dalla croce dopo esservi salito, in breve, scese per chinarsi sull’umanità ferita dal peccato, per salvarla. Escludendo a priori che un essere umano possa tanto, possiamo intuire la grandezza del Signore: solo Dio è capace di una simile abnegazione.
L’Avvento, quindi, è quel periodo che serve per rivivere l’attesa del Signore, così come nell’Antico Testamento i Profeti attendevano la venuta del Messia. Noi abbiamo avuto il grande dono del Vangelo, dove Cristo non è più “l’inviato di Dio, l’unto, il Messia che si attende”, ma “Colui che è già venuto”. Lo conosciamo attraverso il Vangelo e, beati noi che crediamo pur non avendo visto! Provo un grande dispiacere, quando penso che coloro che hanno avuto la gioia di averlo conosciuto, non lo abbiano riconosciuto come il Figlio di Dio. E’ indispensabile fare memoria dell’Incarnazione, perché Colui che ci ha salvati, ha messo in gioco tutta la Sua divinità e umanità, per noi. E’ altrettanto indispensabile tener viva la presenza di Cristo tra noi, perché Egli stesso disse: “Il Cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno” Matteo 24,35.
Dal Vangelo apprendiamo che Cristo ritornerà sulla Terra, e la Parusia accadrà quasi improvvisamente, anche se Gesù assicura che ci saranno dei segni, e ci indica come osservarli “Allora comparirà nel cielo il segno del Figlio dell’uomo e allora si batteranno il petto tutte le tribù della terra, e vedranno il Figlio dell’uomo venire sopra le nubi del cielo con grande potenza e gloria” Matteo 24,30.
E con amarezza Gesù si chiese: “quanti troverò ad attendermi? Quanti sapranno aspettare il mio ritorno? “Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?) Luca,1,8.
Noi cristiani dobbiamo vivere nell’attesa del Suo ritorno, tenendo viva ogni parola del Signore, ogni istante della Sua vita terrena, per essere sempre pronti, poiché non sappiamo quando il Suo ritorno avverrà e dobbiamo, come le vergini savie, tenere la lampada accesa, la lampada della nostra fede in Lui.
Può sembrare strano che, in occasione dell’Avvento, abbia fatto riferimento alla Parusia, ma sono due fatti strettamente legati tra loro: è tenere la Speranza accesa, la Fede infiammata d’Amore per il nostro Dio e per i nostri fratelli. Parlare del ritorno del Signore diventa sempre più difficile, pare che queste profezie, che Gesù stesso ha trattato, creino timore negli animi, e quindi meglio evitare. Niente di più sbagliato! Forse temevano i Profeti, quando attendevano la venuta del Messia? O non erano forse colmi di speranza, di gioia?
E perché mai dobbiamo temere il ritorno del Signore? Nel Credo che recitiamo ad ogni Celebrazione Liturgica, affermiamo che siamo “nell’attesa della Sua venuta”. Dunque, se gli siamo stati fedeli, se lo abbiamo ricordato ogni giorno, tenendo desta la memoria, come ora che stiamo entrando nell’attesa del Suo Natale, se abbiamo seguito i Suoi insegnamenti, di che dobbiamo temere? Se desideriamo incontrare una persona cara, un parente, un innamorato, sarà con infinita gioia che attenderemo il suo ritorno, e nel frattempo, ricordiamo ogni cosa di lui. Per questo la Chiesa celebra gli avvenimenti del vissuto di Gesù sulla terra, e la liturgia non è una ripetitiva sequenza di parole e gesti fine a sé stessa, ma la costante celebrazione di Cristo. Attendiamo la Sua venuta con immensa felicità, così come con grande tenerezza e gioia ci chiniamo sulla Sua Natività, adorandoLo.
Come disse sant'Agostino: la misura dell'amore è amare senza misura, ed UNO solo lo ha fatto: Colui che nacque il 25 dicembre di 2010 anni fa!
Grazie della meditazione. Un caro saluto
RispondiEliminaGrazie a te per aver letto! Ricambio di tutto cuore i saluti, augurandoti ogni bene!
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