Dal Vangelo secondo Luca:
« Postisi in osservazione, mandarono informatori, che si fingessero persone oneste, per coglierlo in fallo nelle sue parole e poi consegnarlo all'autorità e al potere del governatore. Costoro lo interrogarono: «Maestro, sappiamo che parli e insegni con rettitudine e non guardi in faccia a nessuno, ma insegni secondo verità la via di Dio. È lecito che noi paghiamo il tributo a Cesare?». Conoscendo la loro malizia, disse: «Mostratemi un denaro: di chi è l'immagine e l'iscrizione?». Risposero: «Di Cesare». Ed egli disse: «Rendete dunque a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio». Così non poterono coglierlo in fallo davanti al popolo e, meravigliati della sua risposta, tacquero. » Date a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio» (greco: Ἀπόδοτε οὖν τὰ Καίσαρος Καίσαρι καὶ τὰ τοῦ Θεοῦ τῷ Θεῷ; latino:Reddite quae sunt Caesaris Caesari et quae sunt Dei Deo) è un celebre detto attribuito a Gesù e riportato nei Vangeli sinottici, in particolare nel Vangelo secondo Matteo 22,21, nel Vangelo secondo Marco 12,17 e nel Vangelo secondo Luca 20,25 Il dipinto sopra riportato, Il tributo, è opera del Masaccio e si trova nella Cappella Brancacci della Basilica di Santa Maria del Carmine, a Firenze. Non c'è dubbio alcuno che contribuire al fabbisogno del proprio Paese sia dovuto, da parte dei cittadini, pagando le tasse per i servizi che lo Stato offre. Ma è altrettanto indubbio che chi vuole seguire il Vangelo, debba dare a Dio la parte che gli spetta. Cosa potrebbe significare? Le due azioni sono in antitesi tra loro? Assolutamente no: se non paghiamo i tributi allo Stato, non contribuiamo al benessere della nostra Nazione, quindi togliamo al nostro prossimo ciò che gli spetta. Ma se seguiamo pedestremente quanto certi emendamenti legislativi suggeriscono, non diamo a Dio ciò che gli appartiene. Mi spiego meglio: la legge pro-aborto, che stabilisce entro quale mese la madre si possa sbarazzare della creatura che porta in grembo, non è quanto insegna il Signore, così come la legge sul divorzio - che limita la durata del matrimonio - non segue le norme del Signore, le quali prevedono che il matrimonio debba durare "fino a che morte non separi". Stesso discorso per l'eutanasia, che vorrebbe stabilire quando un malato grave debba cessare la sua esistenza. Se volessimo approfondire, molte leggi civili sono contrarie alle leggi morali, etiche e soprattutto divine. Sono persuasa che se il singolo individuo volesse prendere decisioni contrarie al Vangelo, sia in fondo un suo diritto legato al libero arbitrio, ma che una legge dia il via a scelte che alla fine portano a sensi di colpa, sofferenze morali e fisiche e quant'altro sia, del resto, contraria agli insegnamenti cristiani. Ciò che maggiormente mi preoccupa non è questo dilagare di una moralità sempre più debole, ma che questa alla fine entri anche nella mentalità dei cristiani cattolici i quali, plagiati dal martellamento continuo di una proclamata libertà di scelta, avallata da leggi o da proposte di legge, non finiscano per confondere la legge umana con la legge divina. Qui entra in gioco la frase di Gesù: "Date a Cesare ciò che appartiene a Cesare, e a Dio ciò che appartiene a Dio". Dobbiamo pagare le tasse, le multe, rispettare i luoghi pubblici, non devastandoli con scritte, con sporcizia,acquistare i biglietti d'ingresso ai musei, perché le opere d'arte vengano preservate dalla distruzione del tempo, e i ticket di viaggio sui mezzi pubblici...tutto questo è di Cesare, ovvero dello Stato, o della Regione, Provincia o Comune, e va rispettato. Però non siamo obbligati ad aderire ad una legge che va contro la Vita, la Famiglia, l'Infanzia, la Vecchiaia, la Malattia. La moneta a Cesare è il nostro dovere di cittadini, la moneta di Dio è il nostro dovere di Cristiani! C'è un confine che non va superato, altrimenti inutile proclamarci cristiani cattolici, inutile gridare ai quattro venti che amiamo il Signore, Maria Sua Madre, i Santi del Paradiso. Non sarebbe vero, sarebbe una menzogna immensa che il Signore non può accettare. Vale in questo il discorso che ho fatto in un precedente post: "chi mi riconoscerà davanti agli uomini, anch'io lo riconoscerò davanti al Padre mio che sta nei Cieli", ovvero, se non ci comportiamo da veri seguaci di Cristo, ma seguiamo le mode del momento, il Signore non ci riconoscerà come suoi fratelli, né come figli del Padre. La scelta è solo nostra......o la speranza del Paradiso, di quella felicità senza fine che è vedere il volto del Padre, o precludere da subito la possibilità a tutto questo. Oltre tutto, anche questa vita, se improntata al Vangelo, diventa già Regno di Dio, donandoci quella Pace che solo seguendo gli insegnamenti del Verbo possiamo ottenere, e quella forza nell'accettare le sofferenze che proviene dalla Fede nel Salvatore, oltre alla capacità di leggere i segni dello Spirito nella nostra esistenza. |
...un commento breve, perché altrimenti mi ripeto!
RispondiEliminaEssere "cristiani cattolici" di nome è facile...
esserlo di fatto, esserlo veramente, non a modo proprio....no.
E la fatica, a molti non piace!
Scalare il Monte, che è Cristo, è faticoso, ma bisogna sempre avere davanti a sé la meta ambita, che è Cristo Signore!
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