AFORISMA

Meglio aggiungere vita ai giorni, che non giorni alla vita
(Rita Levi Montalcini)

Nostra Signora del Carmelo

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lunedì 30 ottobre 2023

PERCHÈ GESÙ PARLA IN PARABOLE? - Seconda Conferenza di P. CLAUDIO TRUZZI OCD

2 – B – PERCHÉ GESÙ PARLA IN PARABOLE 

2*  PERCHÈ GESÙ PARLA IN PARABOLE?

Si risponde, solitamente, che Gesù si esprime in parabole per essere capito da tutti, poiché usa termini  semplici, immagini tratte dalla vita quotidiana, alla portata di tutti.

Tale spiegazione non è del tutto esatta. Ci troviamo, infatti, più volte di fronte ad un fatto curioso: quando Gesù espone una parabola, può accadere che nessuno la capisca, neppure i suoi discepoli: «Pietro allora gli disse: – Spiegaci questa parabola. Ed egli rispose: – Anche voi siete ancora senza intelletto?» (Cf Mc 4,10; 13,33, 15,15).

Ma allora possiamo chiedersi: Gesù parla in parabole per non essere capito? Neppure ciò è esatto.

•• Necessario affrontare il problema, perché si tratta di un argomento della massima importanza.

La chiave per comprendere tale enigma ce la fornisce Gesù stesso, in Matteo 13,10ss.

«Gli si avvicinarono i discepoli e chiesero: – Perché parli loro in parabole? 

Egli rispose: – Perché a voi è dato conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro, no... Per questo io parlo loro in parabole affinché pur vedendo non vedano, e pur udendo non odino e non comprendano. E così s'adempie per loro la profezia di Isaia che dice: 

“Voi udrete ma non comprenderete, guarderete ma non vedrete. Perché il cuore di questo popolo si è indurito, son diventati duri di orecchi, e hanno chiuso gli occhi, per non vede-re con gli occhi, non sentire con gli orecchi e non intendere con il cuore e convertirsi, e io li risani. Ma beati i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché sentono!».

MANGIA TU IL TUO FRUTTO

Un discepolo una volta si lamentava con il maestro: «Tu ci racconti delle storie, ma non ci sveli mai il loro significato».

Il maestro rispose: «Che ne diresti se qualcuno ti offrisse un frutto e lo masticasse prima di dartelo?». 

Nessuno può sostituirsi a te per trovare il tuo significato. Neppure il maestro. 

Gesù afferma chiaramente – citando il profeta Isaia – che la parola è data, ma le orecchie del popolo si sono indurite; c'è il rifiuto ad accogliere la parola; c’è la decisione di restare separati da Dio, la decisione di non convertirsi. Tale accecamento volontario è la causa della non-comprensione dei misteri del regno dei cieli, non l'oscurità della parola presentata sotto il velo della parabola.

Gesù infatti conclude molti suoi discorsi in parabola con l'espressione: «Chi ha orecchi per intendere, intenda!». 

È un invito alla comprensione, a cambiare atteggiamento, ad assumere un atteggiamento di ascolto, di accoglienza della Parola.

Gesù ammonisce: «Non date le cose sante ai cani e non gettate le vostre perle ai porci!». (Mt 7,6). 

Nel Prologo del Vangelo di Giovanni è scritto (l, 5ss): «La Luce splende ne/la tenebre ma le tenebre non l'hanno accolta... Venne tra la sua gente, ma i Suoi non l'hanno accolto... Ma a quanti l'hanno accolto...».

••  Colleghiamo insieme questi passi.

– Gesù non tace: parla, parla a tutti. E se parla è per essere capito, per dare Luce. Questa è la sua missione: «Illuminare ogni uomo che viene in questo mondo» (Gv 1,9). Egli sceglie la forma delle parabole affinché il suo messaggio s'imprima con forza nella mente di chi ascolta, di chi capisce e di chi non capisce. La parabola, così ricevuta, può destare il desiderio di comprenderla.

– Chi crede a Gesù avendo visto i suoi segni (miracoli d'ogni tipo), ascolterà con attenzione, si farà suo discepolo per essere maggiormente illuminato. Infatti, ai discepoli [Egli] spiegava ogni cosa (Mc 4,33).

– Chi non crede a Gesù, pur dopo aver visto le sue opere, non ascolta col desiderio di capire, come luce che viene da Dio; non vuole approfondire la parabola che gli resterà oscura; oppure, crederà di averla capita, e sarà soltanto un gesto di presunzione.

In parole povere, la parabola è il mezzo per raggiungere tutti, senza distinzione, senza esclusioni: chi si esclude lo fa da sé, con le proprie mani. 

I segni fatti da Gesù e le parabole da lui pronunciate sono per tutti: la spiegazione delle parabole è solo per chi la cerca, è soltanto per chi crede. “Comprendere” la rivelazione di Dio significa entrare in intimità con Dio, e non possono accedere a simile intimità i “cani e i porci”, ossia coloro che non si pongono nel giusto atteggiamento di fronte a Dio. 

Per questo le parabole usano parole semplici, non termini astratti e difficili. Usa immagini note a tutti. 

Ed è pronunciata in pubblico. Si imprime facilmente nella memoria. Tutti odono, tutti possono guardare. La luce è per tutti, ma la riceve solamente chi vuole, chi crede, chi chiede, chi si fa discepolo. 

Le parabole sono un modo per lasciare liberi gli uomini.

Quindi, in conclusione: Gesù parla per essere capito da tutti, ma lo capisce solamente chi si fa discepolo.

*  Il Padreterno, dalla sua finestra, guarda verso la terra e tiene sulla mano la bianca colomba dello Spirito Santo. Con un lieve gesto l'affida al cielo e la bianca colomba si cala ad ali aperte giù, giù, giù...

Ma dopo un poco – il Padreterno non ha ancora fatto in tempo a cominciare un lavoro – si sente un ticchettio ai vetri. «Al solito!» – commenta il Padreterno sconsolato. «Non ha trovato dove posarsi...».

*  GESÙ USA ANCORA OGGI LE SUE PARABOLE

Qualcuno potrebbe obbiettare che Gesù non ha spiegato personalmente tutte le parabole che si trovano nel Vangelo, o se l'ha fatto, queste spiegazioni non sono state scritte dagli Evangelisti. Inoltre, noi non abbiamo la fortuna di avere Gesù vicino come i primi discepoli e chiedergli spiegazione di tutto ciò che dice o ha detto. Vero!

Nei Vangeli possediamo la spiegazione fatta da Gesù soltanto di circa 7 parabole. 

Ma una frase nel Vangelo di Giovanni ci apre la via per la comprensione pure di tutte le altre. «Ma il Consolatore, lo Spirito Santo che il Padre invierà nel mio nome, Egli v'insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che vi ho detto» (Gv 14,26ss).

I discepoli – pur essendo stati vari anni con Gesù –, erano ancora «sciocchi e tardi di cuore» (Luca 24,25), non capivano bene la ricchezza e delle parabole, neppure quando Gesù le spiegava. Non riuscivano ad afferrare neppure i discorsi di Gesù allorché parlava apertamente! Ma ricevettero lo Spirito Santo – secondo la promessa di Cristo – ed allora compresero tutto, ricordarono tutto, colsero il senso di tutte le parole delle Scritture.

Leggi tre volte!

Nel consegnare il libro sacro al giovane, il maestro di spiritualità gli suggerì di leggerlo per ben tre volte.

"Una prima volta, per aprire gli occhi della mente; 

* una seconda volta per aprire gli occhi del cuore...".

"E la terza?" – lo interruppe, impaziente, il discepolo.

"La terza volta per chiudere gli occhi della mente e del cuore".

"Non capisco!", ribatté il giovane.

"Prova e vedrai!" – gli suggerì il maestro.

Il discepolo si ritirò in meditazione col suo libro e seguì i consigli del maestro.

Quando giunse alla terza lettura, dopo aver assaporato tutta la profonda bellezza dell'insegnamento divino, sentì una luce di grazia accendersi in lui: gli si stavano aprendo gli occhi dell'anima.

La medesima cosa accade oggi a chi desidera esser discepolo di Gesù. 

È normale che quando si diventa discepoli non si abbia ancora capito molto. Si diventa discepoli di Gesù sull'esempio di altri, leggendo la Bibbia, mossi da qualcosa dentro di noi che ci spinge a credere, a fidarci... 

Forse per anni camminiamo così, a tentoni, intravedendo qualcosa, ma senza capire ... Finché un giorno si chiede al Signore il suo Spirito, fidandosi della sua promessa, ed allora, ecco, tutto si rischiara. 

Lo Spirito, che è luce, viene e ci ricorda tutto quello che Gesù ha detto e ce lo fa comprendere. 

Cogliamo allora un altro valore delle parabole: Quelle immagini così vive e semplici impresse nella nostra memoria erano lì in attesa della venuta dello Spirito, che viene e ne apre il senso misterioso, spirituale.

*  TUTTA LA BIBBIA È UNA GRANDE PARABOLA

Possiamo affermare: tutta la Bibbia è una grande parabola, in cui Dio parla, suggerisce, si rivela  attraverso azioni, attraverso i fatti accaduti a quanti ci hanno preceduto, attraverso i Profeti, attraverso ciò che Cristo ha compiuto e detto. «Tutte queste cose però accaddero a loro come esempio, e sono state scritte per ammonimento nostro...» (I Cor 10,11). 

La Bibbia – infatti  – non usa parole astratte, difficili. Dio si serve di fatti realmente accaduti per insegnarci delle verità profonde. Tutta la storia di Israele diventa una grandiosa parabola che fa compren-dere l'agire di Dio, la sua volontà, il significato della vita e della storia dell'umanità, i disegni di Dio per la salvezza degli uomini.

La stessa Creazione diventa una parabola, un insegnamento di Dio che si manifesta a noi attraverso la realtà materiale per indicare la sua potenza, la sua sapienza, il suo amore. – [Come dice s. Paolo, in Rom. 1, 18-21].

•  E Gesù ci manifesta le medesime cose attraverso le opere che Lui compie. Gv 10,38: «Se non volete credere a me, credete almeno alle opere».

•  Di fronte a tali insegnamenti possiamo comportarci come molti contemporanei di Gesù e “guardare senza vedere, ascoltare senza comprendere”, e sarà un “non-vedere e un non-sentire” volontario, e perciò colpevole.

Possiamo, però, porci in ascolto: è Dio che parla, è Dio che agisce, è Dio che si rivela. 

È l'atteggiamento umile ed attento proprio del discepolo. 

Se ci comportiamo così, tutto allora sarà per noi chiaro: conosceremo Gesù, conosceremo il Padre e pure lo Spirito; conosceremo, cioè, ciò che di più alto esiste e può essere conosciuto.

Ricordiamo: non è possibile conoscere Dio, con le nostre forze. 

Conoscere Dio è un regalo fatto da Dio a chi si fa suo discepolo». Giacomo, 4,7: «Dio resiste ai superbi, ma agli umili fa grazia».

Il Signore dà la sua Luce, il suo Spirito a chi lo chiede. 

Gc. 1,5: «Se qualcuno di voi manca di sapienza la chieda a Dio che dona a tutti generosamente e senza rinfacciare, e gli sarà data». 

Luca 11,19: «Il Padre darà lo Spirito Santo a coloro che, glielo chiedono».

Ancora una volta, a noi la scelta: chi non capisce Dio che ci parla è perché non vuole capire. 

Chiediamo perciò lo Spirito Santo e diventeranno veri discepoli di Cristo e avremo la gioia di entrare nei misteri del regno di Dio!

SUGGERIMENTI CONCRETI  

AL MOMENTO DI RENDERE LE PARABOLE, 

PREGHIERA

1. Teniamo presente che la Parola di Dio – ed ogni parabola – si aspetta di cadere in noi come in un terreno ben lavorato ed accogliente. Per questo, prima di ogni altra cosa, raccogliamoci; facciamo silenzio intorno a noi ed in noi stessi. Rendiamoci ascolto totale!

2. Invochiamo lo Spirito. Soltanto Lui può svelarci il vero senso della Scrittura e dilatare il nostro spazio interiore sino ad ottenere la miglior accoglienza possibile.

3. Fatto questo, poniamoci in ascolto della Parola.

Gustiamola mediante una lettura serena e sentita, che ci trasporti con l'immaginazione ai piedi di Gesù fino ad immaginarci, uno in più tra quelle moltitudini di uditori che pendevano dalle sue labbra.

4. E ora, iniziamo a porci alcune di queste domande:

–  Che intende dirci [dirmi] Gesù?  

–  A chi si dirige più concretamente? 

–  In quale (o in quali) di loro ci vediamo riflessi?

5. Per ogni parabola, sfilano, a loro volta, tutto un reparto di protagonisti: il fariseo, il pubblicano, il buon samaritano, ecc.

–  Con chi m’identifico?

–  Con che conseguenza. –

– Chi rifiuto?

6. Il centro di tutte le parabole, però, è Gesù stesso.

Fermiamoci ad osservarlo. Identifichiamoci con i sentimenti che in ogni momento da Lui emanano…

[E qui si completa il nostro momento contemplativo].

7.  Conviene ora che ci poniamo le domande:

–  “In che luogo o situazione,

–  a che tipo di ascoltatore,

–  con che parole dovremmo oggi, noi, predicare questa od una parabola simile?”.

8. Inoltre – se abbiamo la gioia d'interiorizzare le parabole in un gruppo – sarà molto conveniente potenziare il loro significato e messaggio scegliendo determinati “simboli”.

9. Infine, spruzziamo il tutto con colloqui spontanei, in forma di preghiere – in silenzio o ad alta voce.

da «Orar», n. 94

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