AFORISMA

Meglio aggiungere vita ai giorni, che non giorni alla vita
(Rita Levi Montalcini)

Nostra Signora del Carmelo

Nostra Signora del Carmelo
colei che ci ha donato lo scapolare

venerdì 27 ottobre 2023

GESU' PARLA IN PARABOLE Prima Conferenza di P: CLAUDIO TRUZZI OCD


1 – A – GESÙ PARLA IN PARABOLE 

1 – Ci sono molte persone che iniziano a leggere la Bibbia, ma si fermano quasi subito, confessando di non riuscire a capirla. Il linguaggio della Bibbia è per loro incomprensibile, difficile...

Come si spiega tale convinzione, quando, invece, il linguaggio della Bibbia è molto semplice ed elementare? Non ci sono, infatti, termini difficili, astratti; ci sono invece termini di tutti i giorni, immagini tratte dalla vita quotidiana. Perché allora ci sfugge la semplicità della Bibbia? 


2 – Esiste, inoltre, un altro atteggiamento nei confronti della Bibbia: coloro che leggono e credono di capire tutto..., giungono a far dire alla Bibbia tutto quello che passa nella loro mente. Anche in questo caso il significato della Parola di Dio sfugge e lo si altera.


Vale, perciò la pena affrontare l'argomento del linguaggio di Gesù, e soprattutto il suo esprimersi in Parabole, così frequente nei Vangeli.

*  GESÙ È LA PAROLA

Prima di esaminare il linguaggio usato da Gesù, facciamo una considerazione su Gesù stesso.

Gesù Cristo è la Parola del Padre. «In principio era la Parola, e la Parola era presso Dio e la Parola era Dio...» (Gv 1,1). «Dio... ha parlato a noi per mezzo del Figlio... che è irradiazione della sua gloria ed impronta della sua sostanza, e tutto sostiene con la sua potente parola...» (Ebrei 1,1).

Che cosa significa: Gesù è la “Parola”? Che cos'è la “Parola”?

La parola è la manifestazione di chi la pronuncia, il suo comunicarsi, il suo farsi conoscere. Se Gesù è “la Parola del Padre”, ciò significa allora che Gesù è la manifestazione del Padre, Dio rivelato agli uomini. Per questo è affermato: «Dio, nessuno l'ha mai visto; [ma] proprio il Figlio Unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato» (Gv 1,18). E Gesù risponde a Filippo che chiede di “mostragli” il Padre: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me ha visto il Padre...» (Gv 14,9).

* GESÙ PARLA AGLI UOMINI

Il Padre si rivela agli uomini in Cristo, che ne è la manifestazione, la rivelazione, (ossia, la “Parola”).

È infatti, proprio della parola il comunicare. Il Figlio di Dio incarnato, Cristo Gesù, venne proprio a far conoscere agli uomini i piani di Dio, Padre, e per far questo molto insegnò, spiegò, ammonì, rimproverò, raccontò. Egli avrebbe potuto scegliere qualsiasi forma di comunicazione e qualsiasi tipo di linguaggio. 

Ma, che cosa scelse?

Non i paroloni astrusi dei dotti, degli scienziati: preferì, invece, le espressioni umane più comuni, la lingua del suo tempo, della sua razza, nella forma più semplice parlata dal popolo.

Il linguaggio che egli usa non è [e non vuol essere!] valido soltanto per i suoi contemporanei.

Gesù  affermò: «Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno». (Luca 21, 33)

Quindi secondo l'intenzione di Gesù esse sono valide per tutti gli uomini di tutte le epoche: sono sempre attuali

Tuttavia, nonostante la semplicità del suo parlare

– i contemporanei di Gesù lo capivano? Pochi, molto pochi.

– E gli uomini di oggi comprendono Gesù, il suo messaggio? Sempre pochi, molto pochi.

Siamo di fronte ad un fatto simile che ha dell'incredibile, se non fosse così frequente: sia all'epoca stessa di Gesù, sia ieri, sia oggi.

– Se ci fermassimo ai risultati pratici della predicazione di Gesù, verrebbe da concludere che Gesù non scelse la via giusta, il linguaggio appropriato per farsi capire.

– Ma, se crediamo che Lui è Dio, non possiamo che trarne le conseguenze: il metodo scelto da Gesù è il migliore sotto ogni aspetto. Non esiste un linguaggio più efficace, veritiero, semplice, accessibile, completo.

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Per esempio: a  Gesù stava molto a cuore far comprendere la nuova realtà che la sua venuta e la sua opera fra noi si stava realizzando [Ciò che passa sotto l'espressione di “Regno dei cieli”]. 

E l’ha spiegato frequentemente mediante il genere letterario della Parabola. 

E tramite le parabole egli andò tessendo l’ordito delle distinte sfaccettature di questa Buona Novella. 

•• Strane e meravigliose le parabole di Gesù! Tanto semplici, che sembrano alla portata di qualsiasi e al contempo, tanto profonde che soltanto pochi saranno capaci di decifrarle; tanto concrete, da un lato, e tanto enigmatiche dall’altro – così ieri, come oggi – al momento di fornire risposte concrete.

Gesù le volle così. E Lui stesso coinvolgeva, convertiva gli ascoltatori in protagonisti delle sue storie, in giudice di ogni situazione. «E tu, che cosa ne pensi?» – interrogava.

E data la similitudine tra questo genere letterario delle parabole e quello dell’allegoria, già dal tempo degli evangelisti e più tardi dei santi Padri e scrittori ecclesiastici, ogni evangelizzatore ne venne adattando il significato alla situazione concreta di ogni comunità cristiana.

Non meravigliamoci mai del fatto che dinanzi ad uno di tali racconti, alcuni rimangano impassibili («Chi può capire, capisca...»), mentre in molti altri provochino interpretazioni  differenti. Se una semplice opera letteraria o musicale è aperta a molteplici messaggi, come possiamo negare tale possibilità ad un genere come questo?

Nessuna interpretazione può esaurire il suo contenuto. 

Ecco l'enigma e l’importanza delle Parabole!

Conoscerle, capirle, interiorizzarle, renderle “preghiera” nostra. “Renderle preghiera” perché, 

– 1°, sotto nessun’altra luce se non quella dello Spirito possiamo interpretare il loro senso.

– 2°, perché non esiste nessun clima più opportuno per propiziare il nostro ascolto ed anche la nostra risposta come quelli che sgorgano in questo tratto di amicizia che è l’orazione.

Metodo: ricordiamo i tre livelli di lettura – possibili ed inseparabili – con cui dobbiamo avvicinarci ad ogni parabola. Tener ben presente,  

– Il significato unico-concreto che Gesù volle dare quando le espose la prima volta.

– L’altro significato, con cui ce lo riferirono gli evangelisti.

– Ed infine, ciò che noi stessi intendiamo infonder loro, applicando le parabole all’attualità nostra.


E non dimentichiamo, tuttavia, d'interpretarle sempre nel contesto di tutte le altre rimanenti, nel contesto di tutto il Vangelo ed in quello di tutta la Rivelazione.

••   Torniamo al problema di fondo: Allora, qual è la causa che rende così difficile capire ciò che Gesù espone? Tanto astruso che si rinuncia ad ascoltarlo, che non lo si prende neppure in considerazione e si agisce come se non avesse parlato? Eppure si tratta di temi grandi, che riguardano il destino dell'uomo: la vita e la morte, il senso stesso dell'esistenza umana e dell'universo!

Consideriamo dettagliatamente i “singoli problemi”: 

– primo: in che cosa consiste il linguaggio in parabole di Gesù, 

– poi, perché ha scelto di parlare in parabole, 

– quindi vedremo perché è possibile non capirlo, –

– ed infine, che cosa bisogna fare per capirlo.


1*  –  IN CHE COSA CONSISTE “IL PARLARE IN PARABOLE”?

Tutti quanti ricordiamo qualche parabola di Gesù: imparata a scuola, alla lezione di catechismo, o anche ripresa, a volte, dalla letteratura, ed entrata nel linguaggio comune.

Le più note parabole di Gesù sono quelle del Figliol prodigo, del Buon samaritano, quella del Seminatore, del Buon Pastore, degli operai dell'ultima ora, o quella dei Talenti. 

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Di queste parabole, con ogni probabilità ricordiamo pure bene la situazione, alcuni particolari si sono stampati senz'altro nella nostra memoria, come le favole ascoltate da piccoli o qualche libro di avventure letto nella nostra adolescenza. 

Ma se qualcuno ci chiedesse che cosa significa una di queste parabole, oppure ci domandasse di spiegargli i vari particolari della parabola, incontreremmo forse qualche incertezza o addirittura non sapremmo affatto che cosa rispondere. 

–  Un fatto, però, è certo: le immagini reali, concrete della parabola si sono stampate indelebilmente nella nostra memoria e le ricordiamo bene.

Ecco che cos'è una parabola: un discorso fatto per immagini ricavate dalla vita di tutti i giorni. Tali immagini significano dei concetti che sarebbe lungo e complesso [e in certi casi impossibile ed equivoco] spiegare soltanto con le parole. Le immagini sono assunte da una realtà che si conosce per indicare una realtà che è ignorata da chi ascolta. Tra le due realtà esiste una relazione di somiglianza. 

È un metodo usato anche dagli uomini: far comprendere una realtà che s'ignora cercando dei riferimenti nell'esperienza che è stata già fatta.

Ma questo tipo di linguaggio, usato da Gesù, diventa espressivo al massimo; le relazioni sono perfette, le immagini vive e forti, vicine al cuore dell'uomo.

Per capire come le immagini rappresentino i concetti facciamo qualche esempio.

Nella parabola del “Figliol prodigo”, il fatto che il Padre lasci partire il figlio da casa indica la libertà dell'uomo voluta da Dio e da Dio rispettata: l'uomo è libero di distaccarsi dal Padre, di andare dove vuole; è libero di disubbidire, di sbagliare; è libero di abbandonare persino Dio.

L'accoglienza che il Padre riserva al figlio angosciato e pentito, consapevole – dopo essersi convinto che non si sta bene se non nella casa del Padre –, significa la misericordia di Dio, prontissimo a perdonare, a dimenticare; prontissimo, addirittura, a dare al figlio che ritorna il posto d'onore nella casa.


• Vedete quante parole abbiamo dovuto usare per cercare di spiegare le semplici immagini della parabola; e le nostre spiegazioni non sono certo esaurienti, perché in quest'immagini si può leggere altro; si possono trovare altri significati.

– A volte Gesù, invece di dilungarsi in parabole, si limita ad una similitudine, ad una espressione, indicando  con il nome di una cosa nota, una realtà sconosciuta di ordine spirituale. Ad esempio, indica lo Spirito – di cui i suoi ascoltatori non sono a conoscenza –, col nome di “acqua viva”, che tutti conoscono. Tra queste due realtà esistono alcune somiglianze che permettono di farsi un'idea di ciò che non si conosce, o almeno di un suo aspetto, basandosi su ciò che si conosce.

•  Da notare, però, che ogni somiglianza è parziale, limitata: Gesù, infatti, per indicare lo Spirito – o meglio altre qualità dello Spirito –, lo paragona al vento ed anche al fuoco. Lo Spirito ha quindi, tra l'altro, alcune somiglianze con l'acqua, il vento e il fuoco... 

Naturalmente nessuna immagine esaurisce la ricchezza dello Spirito. Le parole sono perciò un mezzo limitato, anche quando sono pronunciate da Gesù. Sono però il mezzo che ci porta a Lui.

Fine seconda conferenza.



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