AFORISMA

Meglio aggiungere vita ai giorni, che non giorni alla vita
(Rita Levi Montalcini)

Nostra Signora del Carmelo

Nostra Signora del Carmelo
colei che ci ha donato lo scapolare

lunedì 30 ottobre 2023

NEL NIGER LO SPETTACOLO NON MANCA di P. MAURO ARMANINO

Nel Niger lo spettacolo non manca

Carissimo P. Mauro, 

lo so che non mi hai inviato il solito articolo settimanale, ben sapendo che la mia salute non mi avrebbe permesso di pubblicare sui miei blog, ma hai scordato che sono una cacciatrice di notizie, e quindi su 


dove i tuoi articoli vengono ripresi, ho trovato quel che mi mancava così, volente o nolente, eccoti anche sui miei due blog.
Ed io rispetto le tradizioni, non manco mai ai miei impegni. Ti ringrazio per la compagnia che mi hai tenuto durante la mia odiosa malattia, per il sostegno amichevole e spirituale che mi è stato di grande aiuto. Continua ad inviarmi notizie dal Niger. Sai che ci tengo tanto.
Danila

24 Ottobre 2023

Uno sguardo un po’ pirandelliano sulla commedia delle vicende del potere del Paese saheliano. Con l’improbabile tentativo di “evasione” verso la Nigeria del presidente deposto, e di tutto il suo seguito, tenuto in custodia nella sua residenza da ormai tre mesi. Mentre la gente comune, ancora una volta, rimane a guardare e attende, con sapiente calma, quanto potrebbe scaturire dalla fantasia politica di cui il Niger custodisce gelosamente il segreto. Sono infatti in molti a domandarsi quale sarà la prossima mossa di un copione non scritto eppure assai ricco di colpi di scena.

Il presidente deposto Bazoum con il rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza dell’UE, Josep Borrell, quando l’Europa era disposta a sborsare 320 milioni di euro in armi per l’esercito di un Paese considerato “un’ancora di stabilità” indispensabile alle strategie della sicurezza del nord del Mediterraneo e un alleato fedele nella guerra contro i migranti. La foto è tratta da Nigrizia

Forse non mi sbagliavo quando, fin dall’inizio, mettevo in relazione quanto accaduto a Niamey il 26 luglio scorso e le settimane seguenti, con un’opera di Luigi Pirandello. Personaggi in cerca d’autore, sei nell’opera di Pirandello e molti di più nella realtà nigerina. In entrambi i casi è difficile o almeno problematico identificare l’autore. I personaggi si muovono, parlano, agiscono e chi scrive la parte è sconosciuto. Anche quest’ultimo fatto in ordine di tempo non fa che confermare quanto evidenziato. Un presunto tentativo di ‘evasione’ da parte del presidente riconosciuto dalla comunità internazionale tenuto prigioniero dai militari che avrebbero dovuto assicurarne la protezione. ‘Evasione’ si dice di un prigioniero che tenta di scappare dal luogo di detenzione nel quale si trova. Per alcuni potrebbe trattarsi di un legittimo tentativo di fuga dalla prigionia e per altri di ‘fuga’ considerando una custodia che dura da quasi tre mesi. Perlomeno rocambolesco l’insieme, perché tutta la famiglia, i cuochi e persino due persone adibite alla sicurezza sarebbero state coinvolte nel tentativo. Naturalmente il tentativo, o presunto tale, è fallito.

Erano le tre del mattino di giovedì 19 ottobre, secondo il comunicato ufficiale del governo, quando il tentativo di fuga è stato frustrato, Secondo il piano previsto, il deposto presidente avrebbe dovuto raggiungere con l’auto un quartiere periferico dove due elicotteri (di potenze straniere non citate), l’avrebbero infine condotto nella vicina Nigeria. Un film d’avventura, un romanzo, una messa in scena, una realtà ancora più reale di quanto si potrebbe immaginare… Personaggi in certa d’autore o autori in cerca di personaggi è difficile dire ma un’inchiesta è stata aperta dal procuratore delle repubblica e alcune persone sono state arrestate. Il popolo, ancora una volta, rimane a guardare e attende, con sapiente calma, quanto potrebbe accadere dalla fantasia politica di cui  il Niger custodisce gelosamente il segreto. Sono infatti in molti a domandarsi quale sarà la prossima mossa di un copione non scritto eppure ricco di colpi di scena.

Come accaduto nel confinante Burkina Faso, che ha commemorato l’assassinio di Thomas Sankara, avvenuto il 15 ottobre del 1987, anche nel Niger è stata lanciata la creazione di un fondo di solidarietà per la salvaguardia della Patria. Chi ha lanciato la proposta è l’attuale giunta militare al potere dal 26 luglio scorso e battezzatasi ‘Consiglio Nazionale per la Salvaguardia della Patria’, in breve CNSP. Il fondo in questione dovrebbe servire per contribuire a rafforzare le capacità di operazione delle Forze della Difesa e di Sicurezza. Detto fondo dovrebbe altresì servire all’assistenza delle persone sfollate, al ritorno e alla loro reintegrazione. Come non ricordare, a proposito di patria e della sua salvaguardia, quanto cantava Franco Battiato nel secolo scorso: “Povera patria/ Schiacciata dagli abusi del potere/ Di gente infame, che non sa cos’è il pudore/ Si credono potenti e gli va bene quello che fanno/ E tutto gli appartiene…”.

 I personaggi in cerca d’autore recitano in un dramma che solo la sabbia potrà forse rivelare, un giorno.

                           

P. MAURO ARMANINO - Niamey, 22 ottobre 2023



PERCHÈ GESÙ PARLA IN PARABOLE? - Seconda Conferenza di P. CLAUDIO TRUZZI OCD

2 – B – PERCHÉ GESÙ PARLA IN PARABOLE 

2*  PERCHÈ GESÙ PARLA IN PARABOLE?

Si risponde, solitamente, che Gesù si esprime in parabole per essere capito da tutti, poiché usa termini  semplici, immagini tratte dalla vita quotidiana, alla portata di tutti.

Tale spiegazione non è del tutto esatta. Ci troviamo, infatti, più volte di fronte ad un fatto curioso: quando Gesù espone una parabola, può accadere che nessuno la capisca, neppure i suoi discepoli: «Pietro allora gli disse: – Spiegaci questa parabola. Ed egli rispose: – Anche voi siete ancora senza intelletto?» (Cf Mc 4,10; 13,33, 15,15).

Ma allora possiamo chiedersi: Gesù parla in parabole per non essere capito? Neppure ciò è esatto.

•• Necessario affrontare il problema, perché si tratta di un argomento della massima importanza.

La chiave per comprendere tale enigma ce la fornisce Gesù stesso, in Matteo 13,10ss.

«Gli si avvicinarono i discepoli e chiesero: – Perché parli loro in parabole? 

Egli rispose: – Perché a voi è dato conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro, no... Per questo io parlo loro in parabole affinché pur vedendo non vedano, e pur udendo non odino e non comprendano. E così s'adempie per loro la profezia di Isaia che dice: 

“Voi udrete ma non comprenderete, guarderete ma non vedrete. Perché il cuore di questo popolo si è indurito, son diventati duri di orecchi, e hanno chiuso gli occhi, per non vede-re con gli occhi, non sentire con gli orecchi e non intendere con il cuore e convertirsi, e io li risani. Ma beati i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché sentono!».

MANGIA TU IL TUO FRUTTO

Un discepolo una volta si lamentava con il maestro: «Tu ci racconti delle storie, ma non ci sveli mai il loro significato».

Il maestro rispose: «Che ne diresti se qualcuno ti offrisse un frutto e lo masticasse prima di dartelo?». 

Nessuno può sostituirsi a te per trovare il tuo significato. Neppure il maestro. 

Gesù afferma chiaramente – citando il profeta Isaia – che la parola è data, ma le orecchie del popolo si sono indurite; c'è il rifiuto ad accogliere la parola; c’è la decisione di restare separati da Dio, la decisione di non convertirsi. Tale accecamento volontario è la causa della non-comprensione dei misteri del regno dei cieli, non l'oscurità della parola presentata sotto il velo della parabola.

Gesù infatti conclude molti suoi discorsi in parabola con l'espressione: «Chi ha orecchi per intendere, intenda!». 

È un invito alla comprensione, a cambiare atteggiamento, ad assumere un atteggiamento di ascolto, di accoglienza della Parola.

Gesù ammonisce: «Non date le cose sante ai cani e non gettate le vostre perle ai porci!». (Mt 7,6). 

Nel Prologo del Vangelo di Giovanni è scritto (l, 5ss): «La Luce splende ne/la tenebre ma le tenebre non l'hanno accolta... Venne tra la sua gente, ma i Suoi non l'hanno accolto... Ma a quanti l'hanno accolto...».

••  Colleghiamo insieme questi passi.

– Gesù non tace: parla, parla a tutti. E se parla è per essere capito, per dare Luce. Questa è la sua missione: «Illuminare ogni uomo che viene in questo mondo» (Gv 1,9). Egli sceglie la forma delle parabole affinché il suo messaggio s'imprima con forza nella mente di chi ascolta, di chi capisce e di chi non capisce. La parabola, così ricevuta, può destare il desiderio di comprenderla.

– Chi crede a Gesù avendo visto i suoi segni (miracoli d'ogni tipo), ascolterà con attenzione, si farà suo discepolo per essere maggiormente illuminato. Infatti, ai discepoli [Egli] spiegava ogni cosa (Mc 4,33).

– Chi non crede a Gesù, pur dopo aver visto le sue opere, non ascolta col desiderio di capire, come luce che viene da Dio; non vuole approfondire la parabola che gli resterà oscura; oppure, crederà di averla capita, e sarà soltanto un gesto di presunzione.

In parole povere, la parabola è il mezzo per raggiungere tutti, senza distinzione, senza esclusioni: chi si esclude lo fa da sé, con le proprie mani. 

I segni fatti da Gesù e le parabole da lui pronunciate sono per tutti: la spiegazione delle parabole è solo per chi la cerca, è soltanto per chi crede. “Comprendere” la rivelazione di Dio significa entrare in intimità con Dio, e non possono accedere a simile intimità i “cani e i porci”, ossia coloro che non si pongono nel giusto atteggiamento di fronte a Dio. 

Per questo le parabole usano parole semplici, non termini astratti e difficili. Usa immagini note a tutti. 

Ed è pronunciata in pubblico. Si imprime facilmente nella memoria. Tutti odono, tutti possono guardare. La luce è per tutti, ma la riceve solamente chi vuole, chi crede, chi chiede, chi si fa discepolo. 

Le parabole sono un modo per lasciare liberi gli uomini.

Quindi, in conclusione: Gesù parla per essere capito da tutti, ma lo capisce solamente chi si fa discepolo.

*  Il Padreterno, dalla sua finestra, guarda verso la terra e tiene sulla mano la bianca colomba dello Spirito Santo. Con un lieve gesto l'affida al cielo e la bianca colomba si cala ad ali aperte giù, giù, giù...

Ma dopo un poco – il Padreterno non ha ancora fatto in tempo a cominciare un lavoro – si sente un ticchettio ai vetri. «Al solito!» – commenta il Padreterno sconsolato. «Non ha trovato dove posarsi...».

*  GESÙ USA ANCORA OGGI LE SUE PARABOLE

Qualcuno potrebbe obbiettare che Gesù non ha spiegato personalmente tutte le parabole che si trovano nel Vangelo, o se l'ha fatto, queste spiegazioni non sono state scritte dagli Evangelisti. Inoltre, noi non abbiamo la fortuna di avere Gesù vicino come i primi discepoli e chiedergli spiegazione di tutto ciò che dice o ha detto. Vero!

Nei Vangeli possediamo la spiegazione fatta da Gesù soltanto di circa 7 parabole. 

Ma una frase nel Vangelo di Giovanni ci apre la via per la comprensione pure di tutte le altre. «Ma il Consolatore, lo Spirito Santo che il Padre invierà nel mio nome, Egli v'insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che vi ho detto» (Gv 14,26ss).

I discepoli – pur essendo stati vari anni con Gesù –, erano ancora «sciocchi e tardi di cuore» (Luca 24,25), non capivano bene la ricchezza e delle parabole, neppure quando Gesù le spiegava. Non riuscivano ad afferrare neppure i discorsi di Gesù allorché parlava apertamente! Ma ricevettero lo Spirito Santo – secondo la promessa di Cristo – ed allora compresero tutto, ricordarono tutto, colsero il senso di tutte le parole delle Scritture.

Leggi tre volte!

Nel consegnare il libro sacro al giovane, il maestro di spiritualità gli suggerì di leggerlo per ben tre volte.

"Una prima volta, per aprire gli occhi della mente; 

* una seconda volta per aprire gli occhi del cuore...".

"E la terza?" – lo interruppe, impaziente, il discepolo.

"La terza volta per chiudere gli occhi della mente e del cuore".

"Non capisco!", ribatté il giovane.

"Prova e vedrai!" – gli suggerì il maestro.

Il discepolo si ritirò in meditazione col suo libro e seguì i consigli del maestro.

Quando giunse alla terza lettura, dopo aver assaporato tutta la profonda bellezza dell'insegnamento divino, sentì una luce di grazia accendersi in lui: gli si stavano aprendo gli occhi dell'anima.

La medesima cosa accade oggi a chi desidera esser discepolo di Gesù. 

È normale che quando si diventa discepoli non si abbia ancora capito molto. Si diventa discepoli di Gesù sull'esempio di altri, leggendo la Bibbia, mossi da qualcosa dentro di noi che ci spinge a credere, a fidarci... 

Forse per anni camminiamo così, a tentoni, intravedendo qualcosa, ma senza capire ... Finché un giorno si chiede al Signore il suo Spirito, fidandosi della sua promessa, ed allora, ecco, tutto si rischiara. 

Lo Spirito, che è luce, viene e ci ricorda tutto quello che Gesù ha detto e ce lo fa comprendere. 

Cogliamo allora un altro valore delle parabole: Quelle immagini così vive e semplici impresse nella nostra memoria erano lì in attesa della venuta dello Spirito, che viene e ne apre il senso misterioso, spirituale.

*  TUTTA LA BIBBIA È UNA GRANDE PARABOLA

Possiamo affermare: tutta la Bibbia è una grande parabola, in cui Dio parla, suggerisce, si rivela  attraverso azioni, attraverso i fatti accaduti a quanti ci hanno preceduto, attraverso i Profeti, attraverso ciò che Cristo ha compiuto e detto. «Tutte queste cose però accaddero a loro come esempio, e sono state scritte per ammonimento nostro...» (I Cor 10,11). 

La Bibbia – infatti  – non usa parole astratte, difficili. Dio si serve di fatti realmente accaduti per insegnarci delle verità profonde. Tutta la storia di Israele diventa una grandiosa parabola che fa compren-dere l'agire di Dio, la sua volontà, il significato della vita e della storia dell'umanità, i disegni di Dio per la salvezza degli uomini.

La stessa Creazione diventa una parabola, un insegnamento di Dio che si manifesta a noi attraverso la realtà materiale per indicare la sua potenza, la sua sapienza, il suo amore. – [Come dice s. Paolo, in Rom. 1, 18-21].

•  E Gesù ci manifesta le medesime cose attraverso le opere che Lui compie. Gv 10,38: «Se non volete credere a me, credete almeno alle opere».

•  Di fronte a tali insegnamenti possiamo comportarci come molti contemporanei di Gesù e “guardare senza vedere, ascoltare senza comprendere”, e sarà un “non-vedere e un non-sentire” volontario, e perciò colpevole.

Possiamo, però, porci in ascolto: è Dio che parla, è Dio che agisce, è Dio che si rivela. 

È l'atteggiamento umile ed attento proprio del discepolo. 

Se ci comportiamo così, tutto allora sarà per noi chiaro: conosceremo Gesù, conosceremo il Padre e pure lo Spirito; conosceremo, cioè, ciò che di più alto esiste e può essere conosciuto.

Ricordiamo: non è possibile conoscere Dio, con le nostre forze. 

Conoscere Dio è un regalo fatto da Dio a chi si fa suo discepolo». Giacomo, 4,7: «Dio resiste ai superbi, ma agli umili fa grazia».

Il Signore dà la sua Luce, il suo Spirito a chi lo chiede. 

Gc. 1,5: «Se qualcuno di voi manca di sapienza la chieda a Dio che dona a tutti generosamente e senza rinfacciare, e gli sarà data». 

Luca 11,19: «Il Padre darà lo Spirito Santo a coloro che, glielo chiedono».

Ancora una volta, a noi la scelta: chi non capisce Dio che ci parla è perché non vuole capire. 

Chiediamo perciò lo Spirito Santo e diventeranno veri discepoli di Cristo e avremo la gioia di entrare nei misteri del regno di Dio!

SUGGERIMENTI CONCRETI  

AL MOMENTO DI RENDERE LE PARABOLE, 

PREGHIERA

1. Teniamo presente che la Parola di Dio – ed ogni parabola – si aspetta di cadere in noi come in un terreno ben lavorato ed accogliente. Per questo, prima di ogni altra cosa, raccogliamoci; facciamo silenzio intorno a noi ed in noi stessi. Rendiamoci ascolto totale!

2. Invochiamo lo Spirito. Soltanto Lui può svelarci il vero senso della Scrittura e dilatare il nostro spazio interiore sino ad ottenere la miglior accoglienza possibile.

3. Fatto questo, poniamoci in ascolto della Parola.

Gustiamola mediante una lettura serena e sentita, che ci trasporti con l'immaginazione ai piedi di Gesù fino ad immaginarci, uno in più tra quelle moltitudini di uditori che pendevano dalle sue labbra.

4. E ora, iniziamo a porci alcune di queste domande:

–  Che intende dirci [dirmi] Gesù?  

–  A chi si dirige più concretamente? 

–  In quale (o in quali) di loro ci vediamo riflessi?

5. Per ogni parabola, sfilano, a loro volta, tutto un reparto di protagonisti: il fariseo, il pubblicano, il buon samaritano, ecc.

–  Con chi m’identifico?

–  Con che conseguenza. –

– Chi rifiuto?

6. Il centro di tutte le parabole, però, è Gesù stesso.

Fermiamoci ad osservarlo. Identifichiamoci con i sentimenti che in ogni momento da Lui emanano…

[E qui si completa il nostro momento contemplativo].

7.  Conviene ora che ci poniamo le domande:

–  “In che luogo o situazione,

–  a che tipo di ascoltatore,

–  con che parole dovremmo oggi, noi, predicare questa od una parabola simile?”.

8. Inoltre – se abbiamo la gioia d'interiorizzare le parabole in un gruppo – sarà molto conveniente potenziare il loro significato e messaggio scegliendo determinati “simboli”.

9. Infine, spruzziamo il tutto con colloqui spontanei, in forma di preghiere – in silenzio o ad alta voce.

da «Orar», n. 94

venerdì 27 ottobre 2023

GESU' PARLA IN PARABOLE Prima Conferenza di P: CLAUDIO TRUZZI OCD


1 – A – GESÙ PARLA IN PARABOLE 

1 – Ci sono molte persone che iniziano a leggere la Bibbia, ma si fermano quasi subito, confessando di non riuscire a capirla. Il linguaggio della Bibbia è per loro incomprensibile, difficile...

Come si spiega tale convinzione, quando, invece, il linguaggio della Bibbia è molto semplice ed elementare? Non ci sono, infatti, termini difficili, astratti; ci sono invece termini di tutti i giorni, immagini tratte dalla vita quotidiana. Perché allora ci sfugge la semplicità della Bibbia? 


2 – Esiste, inoltre, un altro atteggiamento nei confronti della Bibbia: coloro che leggono e credono di capire tutto..., giungono a far dire alla Bibbia tutto quello che passa nella loro mente. Anche in questo caso il significato della Parola di Dio sfugge e lo si altera.


Vale, perciò la pena affrontare l'argomento del linguaggio di Gesù, e soprattutto il suo esprimersi in Parabole, così frequente nei Vangeli.

*  GESÙ È LA PAROLA

Prima di esaminare il linguaggio usato da Gesù, facciamo una considerazione su Gesù stesso.

Gesù Cristo è la Parola del Padre. «In principio era la Parola, e la Parola era presso Dio e la Parola era Dio...» (Gv 1,1). «Dio... ha parlato a noi per mezzo del Figlio... che è irradiazione della sua gloria ed impronta della sua sostanza, e tutto sostiene con la sua potente parola...» (Ebrei 1,1).

Che cosa significa: Gesù è la “Parola”? Che cos'è la “Parola”?

La parola è la manifestazione di chi la pronuncia, il suo comunicarsi, il suo farsi conoscere. Se Gesù è “la Parola del Padre”, ciò significa allora che Gesù è la manifestazione del Padre, Dio rivelato agli uomini. Per questo è affermato: «Dio, nessuno l'ha mai visto; [ma] proprio il Figlio Unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato» (Gv 1,18). E Gesù risponde a Filippo che chiede di “mostragli” il Padre: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me ha visto il Padre...» (Gv 14,9).

* GESÙ PARLA AGLI UOMINI

Il Padre si rivela agli uomini in Cristo, che ne è la manifestazione, la rivelazione, (ossia, la “Parola”).

È infatti, proprio della parola il comunicare. Il Figlio di Dio incarnato, Cristo Gesù, venne proprio a far conoscere agli uomini i piani di Dio, Padre, e per far questo molto insegnò, spiegò, ammonì, rimproverò, raccontò. Egli avrebbe potuto scegliere qualsiasi forma di comunicazione e qualsiasi tipo di linguaggio. 

Ma, che cosa scelse?

Non i paroloni astrusi dei dotti, degli scienziati: preferì, invece, le espressioni umane più comuni, la lingua del suo tempo, della sua razza, nella forma più semplice parlata dal popolo.

Il linguaggio che egli usa non è [e non vuol essere!] valido soltanto per i suoi contemporanei.

Gesù  affermò: «Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno». (Luca 21, 33)

Quindi secondo l'intenzione di Gesù esse sono valide per tutti gli uomini di tutte le epoche: sono sempre attuali

Tuttavia, nonostante la semplicità del suo parlare

– i contemporanei di Gesù lo capivano? Pochi, molto pochi.

– E gli uomini di oggi comprendono Gesù, il suo messaggio? Sempre pochi, molto pochi.

Siamo di fronte ad un fatto simile che ha dell'incredibile, se non fosse così frequente: sia all'epoca stessa di Gesù, sia ieri, sia oggi.

– Se ci fermassimo ai risultati pratici della predicazione di Gesù, verrebbe da concludere che Gesù non scelse la via giusta, il linguaggio appropriato per farsi capire.

– Ma, se crediamo che Lui è Dio, non possiamo che trarne le conseguenze: il metodo scelto da Gesù è il migliore sotto ogni aspetto. Non esiste un linguaggio più efficace, veritiero, semplice, accessibile, completo.

1

Per esempio: a  Gesù stava molto a cuore far comprendere la nuova realtà che la sua venuta e la sua opera fra noi si stava realizzando [Ciò che passa sotto l'espressione di “Regno dei cieli”]. 

E l’ha spiegato frequentemente mediante il genere letterario della Parabola. 

E tramite le parabole egli andò tessendo l’ordito delle distinte sfaccettature di questa Buona Novella. 

•• Strane e meravigliose le parabole di Gesù! Tanto semplici, che sembrano alla portata di qualsiasi e al contempo, tanto profonde che soltanto pochi saranno capaci di decifrarle; tanto concrete, da un lato, e tanto enigmatiche dall’altro – così ieri, come oggi – al momento di fornire risposte concrete.

Gesù le volle così. E Lui stesso coinvolgeva, convertiva gli ascoltatori in protagonisti delle sue storie, in giudice di ogni situazione. «E tu, che cosa ne pensi?» – interrogava.

E data la similitudine tra questo genere letterario delle parabole e quello dell’allegoria, già dal tempo degli evangelisti e più tardi dei santi Padri e scrittori ecclesiastici, ogni evangelizzatore ne venne adattando il significato alla situazione concreta di ogni comunità cristiana.

Non meravigliamoci mai del fatto che dinanzi ad uno di tali racconti, alcuni rimangano impassibili («Chi può capire, capisca...»), mentre in molti altri provochino interpretazioni  differenti. Se una semplice opera letteraria o musicale è aperta a molteplici messaggi, come possiamo negare tale possibilità ad un genere come questo?

Nessuna interpretazione può esaurire il suo contenuto. 

Ecco l'enigma e l’importanza delle Parabole!

Conoscerle, capirle, interiorizzarle, renderle “preghiera” nostra. “Renderle preghiera” perché, 

– 1°, sotto nessun’altra luce se non quella dello Spirito possiamo interpretare il loro senso.

– 2°, perché non esiste nessun clima più opportuno per propiziare il nostro ascolto ed anche la nostra risposta come quelli che sgorgano in questo tratto di amicizia che è l’orazione.

Metodo: ricordiamo i tre livelli di lettura – possibili ed inseparabili – con cui dobbiamo avvicinarci ad ogni parabola. Tener ben presente,  

– Il significato unico-concreto che Gesù volle dare quando le espose la prima volta.

– L’altro significato, con cui ce lo riferirono gli evangelisti.

– Ed infine, ciò che noi stessi intendiamo infonder loro, applicando le parabole all’attualità nostra.


E non dimentichiamo, tuttavia, d'interpretarle sempre nel contesto di tutte le altre rimanenti, nel contesto di tutto il Vangelo ed in quello di tutta la Rivelazione.

••   Torniamo al problema di fondo: Allora, qual è la causa che rende così difficile capire ciò che Gesù espone? Tanto astruso che si rinuncia ad ascoltarlo, che non lo si prende neppure in considerazione e si agisce come se non avesse parlato? Eppure si tratta di temi grandi, che riguardano il destino dell'uomo: la vita e la morte, il senso stesso dell'esistenza umana e dell'universo!

Consideriamo dettagliatamente i “singoli problemi”: 

– primo: in che cosa consiste il linguaggio in parabole di Gesù, 

– poi, perché ha scelto di parlare in parabole, 

– quindi vedremo perché è possibile non capirlo, –

– ed infine, che cosa bisogna fare per capirlo.


1*  –  IN CHE COSA CONSISTE “IL PARLARE IN PARABOLE”?

Tutti quanti ricordiamo qualche parabola di Gesù: imparata a scuola, alla lezione di catechismo, o anche ripresa, a volte, dalla letteratura, ed entrata nel linguaggio comune.

Le più note parabole di Gesù sono quelle del Figliol prodigo, del Buon samaritano, quella del Seminatore, del Buon Pastore, degli operai dell'ultima ora, o quella dei Talenti. 

2

Di queste parabole, con ogni probabilità ricordiamo pure bene la situazione, alcuni particolari si sono stampati senz'altro nella nostra memoria, come le favole ascoltate da piccoli o qualche libro di avventure letto nella nostra adolescenza. 

Ma se qualcuno ci chiedesse che cosa significa una di queste parabole, oppure ci domandasse di spiegargli i vari particolari della parabola, incontreremmo forse qualche incertezza o addirittura non sapremmo affatto che cosa rispondere. 

–  Un fatto, però, è certo: le immagini reali, concrete della parabola si sono stampate indelebilmente nella nostra memoria e le ricordiamo bene.

Ecco che cos'è una parabola: un discorso fatto per immagini ricavate dalla vita di tutti i giorni. Tali immagini significano dei concetti che sarebbe lungo e complesso [e in certi casi impossibile ed equivoco] spiegare soltanto con le parole. Le immagini sono assunte da una realtà che si conosce per indicare una realtà che è ignorata da chi ascolta. Tra le due realtà esiste una relazione di somiglianza. 

È un metodo usato anche dagli uomini: far comprendere una realtà che s'ignora cercando dei riferimenti nell'esperienza che è stata già fatta.

Ma questo tipo di linguaggio, usato da Gesù, diventa espressivo al massimo; le relazioni sono perfette, le immagini vive e forti, vicine al cuore dell'uomo.

Per capire come le immagini rappresentino i concetti facciamo qualche esempio.

Nella parabola del “Figliol prodigo”, il fatto che il Padre lasci partire il figlio da casa indica la libertà dell'uomo voluta da Dio e da Dio rispettata: l'uomo è libero di distaccarsi dal Padre, di andare dove vuole; è libero di disubbidire, di sbagliare; è libero di abbandonare persino Dio.

L'accoglienza che il Padre riserva al figlio angosciato e pentito, consapevole – dopo essersi convinto che non si sta bene se non nella casa del Padre –, significa la misericordia di Dio, prontissimo a perdonare, a dimenticare; prontissimo, addirittura, a dare al figlio che ritorna il posto d'onore nella casa.


• Vedete quante parole abbiamo dovuto usare per cercare di spiegare le semplici immagini della parabola; e le nostre spiegazioni non sono certo esaurienti, perché in quest'immagini si può leggere altro; si possono trovare altri significati.

– A volte Gesù, invece di dilungarsi in parabole, si limita ad una similitudine, ad una espressione, indicando  con il nome di una cosa nota, una realtà sconosciuta di ordine spirituale. Ad esempio, indica lo Spirito – di cui i suoi ascoltatori non sono a conoscenza –, col nome di “acqua viva”, che tutti conoscono. Tra queste due realtà esistono alcune somiglianze che permettono di farsi un'idea di ciò che non si conosce, o almeno di un suo aspetto, basandosi su ciò che si conosce.

•  Da notare, però, che ogni somiglianza è parziale, limitata: Gesù, infatti, per indicare lo Spirito – o meglio altre qualità dello Spirito –, lo paragona al vento ed anche al fuoco. Lo Spirito ha quindi, tra l'altro, alcune somiglianze con l'acqua, il vento e il fuoco... 

Naturalmente nessuna immagine esaurisce la ricchezza dello Spirito. Le parole sono perciò un mezzo limitato, anche quando sono pronunciate da Gesù. Sono però il mezzo che ci porta a Lui.

Fine seconda conferenza.



John Lennon Imagine Official video (HD) IMMAGINATE PROVE D'ORCHESTRA NEL SAHEL di Padre MAURO ARMANINO



 Immaginate: prove d’orchestra nel Sahel
Cosa faremmo senza un nemico, un avversario da combattere, un’ostile presenza che accompagni il nostro pensiero politico. Ammettiamo infine. Sarebbe un guaio serio accadesse all’improvviso non avere più nulla o nessuno da combattere. Lo cantava squisitamente, il passato millennio, John Lennon nel suo famoso e mondialmente riconosciuto ‘Imagine’…
’Immaginate non ci siano patrie…non è difficile farlo, nulla per cui uccidere o morire…immaginate tutta la gente che vive la vita in pace …immaginate una fratellanza di persone, immaginate tutta la gente condividere tutto il mondo’… Lennon fu ucciso l’8 dicembre del 1980.
Il dramma di questi giorni passati e tutt’ora in atto non fa che confermare la veridicità dell’assunto sopra enunciato. Nei misteri della storia umana sembra che le parti in conflitto armato in Israele, Palestina abbiano entrambi bisogno di un nemico per giustificare le proprie politiche di resistenza o di occupazione armata. La maggiore responsabilità incombe sullo stato di Israele che la guerra permanente assicura come laboratorio riconosciuto di sorveglianza, armi e segregazione di tipo razziale. Dall’altra parte, con costi innumerevoli di vite umane si cerca di sopravvivere politicamente nello scacchiere del Medio Oriente.
Ma anche altrove, nel Sahel ad esempio, non si scherza  affatto. Immaginate smettessimo di costruire, identificare, usare e promuovere la ‘coltivazione’ di nemici … che rimarrebbe dei gruppi armati ‘terroristi’, delle spese militari, delle emergenze umanitarie e dei militari che saturano lo spazio sabbioso delle nostre politiche. Che il nemico sia reale o meno non importa. Ciò che conta è che esso sia ritenuto tale ed entri a pieno titolo nella realtà creduta da una parte dei cittadini. Ciò che è creduto vero diventa reale e dunque in grado di assicurare le conseguenze della sua esistenza. Ad ogni stagione politica arrivano puntuali i nemici!
Le forme culturali, ideologiche, religiose ed economiche secernono il tipo di nemico adatto al momento propizio che il potere del momento abbisogna per garantire e assicurare la propria stabile precarietà.  Qualcuno scrisse saggiamente che, nel caso si demoliscano le statue, di lasciare il piedistallo perché sarà sempre utile nel futuro, Gli eroi di ieri possono diventare i nemici di oggi e viceversa chi oggi è dichiarato nemico potrebbe essere riconosciuto salvatore della patria. Tra patrioti, combattenti, partigiani, nemici del popolo o terroristi si tratta spesso dal punto di osservazione dal quale si legge la realtà.
Nemici e divinità camminano spesso assieme perché affermano entrambi, per processi culturali affini, elementi di esclusione, discriminazione, appartenenza identitaria o cammino di salvezza per una parte del mondo. Sappiamo bene che, anche dal punto di vista psicologico, il nemico spesso contribuisce alla costruzione della proprio identità. Ci si misura ‘contro’ qualcuno e, specie in ambito politico, il nemico è colui che giustifica ogni tipo di strategia fino, talvolta, la propria esistenza. Non c’è nulla che renda compatto un popolo attorno ai propria capi come la chiamata a raccolta contro un nemico, vero o fittizio.
La difesa da un possibile o probabile attacco del nemico nel proprio territorio, la difesa del popolo, di una religione e, talvolta, dello stesso Dio, condurrà a compattare il popolo attorno ai propri capi. Quale potere, infatti, potrebbe sopravvivere a lungo senza un nemico accertato e riconosciuto da molti. Le stesse campagne elettorali si svolgono sullo sfondo del contrasto ad un nemico del popolo, della democrazia, o delle legittime aspirazioni di una parte di esso. L’eventuale scomparsa improvvisa e inattesa, no preparata, del nemico, lascerebbe un vuoto difficilmente colmabile da coloro che detengono il potere.
Per chi ha fatto del potere un fine in sé non potrebbe accadere nulla di peggiore che rimanere senza un nemico. Rimarrebbe come orfano e smascherato dalle parole di verità del bimbo della favola che, solo tra tutti, affermò che il re era nudo.

          Mauro Armanino, Niamey, 15 ottobre 2023


giovedì 12 ottobre 2023

DARE IL NOME GIUSTO ALLE COSE. ISTRUZIONI PER L'USO NEL SAHEL di Padre MAURO ARMANINO


  Dare il nome giusto alle cose. Istruzioni per l’uso nel Sahel

Ci siamo conosciuti dopo il suo soggiorno nella sezione femminile della prigione di Niamey mentre era incinta. Samira Sabou è giornalista e presidente dell’associazione di coloro che si esprimono pubblicamente tramite i ‘blog’. Dopo aver avuto problemi col figlio dell’allora presidente del Niger e tenuta sott’occhio dal regime precedente, sembra che pure con le attuali autorità militari del Paese le cose non vadano molto meglio. Scrive infatti un sito informativo della capitale...
‘Il 30 settembre 2023 è stata arrestata nel domicilio di sua madre a Niamey da diversi uomini col volto coperto che si sono presentati come membri delle forze di sicurezza. Essi, dopo aver esibito i loro documenti, hanno insistito perché Samira li segua nell’auto.  Dopo essere stata a sua volta incappucciata è stata condotta in un luogo sconosciuto. Da allora non ci sono tracce di lei e del luogo eventuale di detenzione. Il servizio delle inchieste criminali della polizia di Niamey afferma di non possedere nessuna informazione a proposito’. (Actuniger)
Samira riportava spesso sul suo blog articoli di varia origine e natura. D’abitudine cercava di pubblicare notizie da fonti certe. Secondo il detto di alcuni, in questi giorni era stata verbalmente minacciata e attaccata sui mezzi di comunicazione informale più utilizzati in città. Difficile parlare di un tragico errore, di semplice noncuranza giuridica o di squallida messa in scena per intimidire le parole. Ci troveremmo, anche in questo caso, in ciò che ricordava Karl Marx: quando la storia si ripete è dapprima tragica e poi diventa una farsa. Sarebbe dunque un caso di attitudini speculari al regime precedente, riconosciutosi nella parola ‘Rinascimento’ di qualcosa o qualcuno che in realtà non è mai nato. In questi ultimi anni le parole si sono gradualmente mutate in sabbia, polvere e vento che tutto ha cancellato al suo passaggio. Quanto scritto, promesso, affermato, assicurato e garantito è stato sistematicamente tradito nella menzogna delle parole. Questo è il peggior delitto che una persona possa commettere: manomettere le parole e dunque la realtà che di esse è l’esatta misura. Per questo motivo ogni regime al potere, peggio se totalitario, nulla teme quanto le parole.
Non accada che Samira, ossia la parola che ha tentato di dare un nome giusto alle cose è rivoluzionaria, come ricorda opportunamente Rosa Luxembourg. Portata via col viso coperto per impaurirla, la parola, sottratta dalla propria casa materna, deportata in un luogo tenuto segreto, la parola che è quanto di più serio e sacro ci sia perché le parole creano, fanno e disfanno il mondo. ‘Morte e vita sono in potere della lingua: chi l’ama ne mangerà i frutti’, scrisse il saggio nel libro dei Proverbi. Dire la verità significa chiamare le cose con il loro nome. 
… ‘Dal profondo di te stesso nascono i tuoi pensieri con quattro risultati diversi: il bene e il male, la vita e la morte, eppure su tutte queste cose domina la lingua’…, scrisse il saggio nel libro del Siracide. Liberare Samira è come tornare a liberare la parola che poi è l’unica rivoluzione che meriti davvero questo nome.

          Mauro Armanino, Niamey, 8 ottobre 2023

Ndr: À l'issue de son audition par la justice, la journaliste nigérienne Samira Sabou a été remise en liberté provisoire mercredi après-midi 11 octobre à Niamey.

domenica 8 ottobre 2023

LE PARABOLE DI GESÙ - Incontri di Approfondimento tenuti da Padre CLAUDIO TRUZZI OCD - Programma



Programma degli incontri di approfondimento tenuti da Padre CLAUDIO TRUZZI OCD





INTERVISTA A PADRE MAURO - rilasciata a SIR - agenzia d'informazione

1. 2- Com’è la situazione e il sentire della popolazione a Niamey dopo il golpe militare e le manifestazioni antifrancesi. Dopo la partenza dell’ambasciatore francese entro fine anno andranno via circa 1500 soldati francesi, quale scenario si profila?

Difficile esprimere tutto un paese e un popolo del quale la maggior parte vive nelle zone rurali...posso solo menzionare ciò che si percepisce nella capitale Niamey...che appare come un buon barometro della percezione....La gente del popolo soffre per le sanzioni che ormai durano da oltre due mesi e che implicano carenze di cibo, medicine e altri generi di mercanzie. La riduzione dei flussi finanziari al mondo umanitario penalizza chi viveva di questi aiuti, specie in un contesto di carestia che tocca tutto il Sahel e il Niger in particolare. 

La prima cosa è sopravvivere al quotidiano, specie adesso che sono ricominciate le scuole e che c'è da pagare in contanti per quanto occorre ai figli. Dal punto di vista orgoglio nazionale la partenza dei militari francesi appare come una grande vittoria sul passato (e presente) coloniale, come girare la pagina del libro 'indipendenza' reale! C'è dunque fierezza per il ruolo giocato dalla 'piazza' con i presidi ininterrotti presso le basi militari francesi sulla strada dell'aeroporto internazionale di Niamey 'Diori Hamani'! 

La natura rifiuta il vuoto...si suol dire e sembra che alla porta si affaccino altri attori...a parte gli USA, che hanno intelligentemente tenuto un profilo minore nei confronti del colpo di stato e i cui militari sono stati spostati ad Agadez dove esiste una base militare con aeroporto con droni in grado di controllare l'intera Africa del nord e occidentale...Poi la Turchia, la Russia...la Cina e chissà chi d'altri. Buona parte della società civile si è allineata al potere dei militari per convinzione o per interesse...ma soprattutto per la stanchezza con regime precedente che in 12 anni è riuscito nell'impresa di smantellare una politica e un'economia degni di questo nome!

Il popolo degli umili offre una resistenza silenziosa e quotidiana degna di nota e segno particolare della squisita dignità che ha da sempre accompagnato i nigerini che la sabbia, il vento, la polvere e le prove dell'insicurezza legata ai gruppi armati ha reso capace di soffrire in silenzio e vivere di attesa di tempi migliori.

3- C’è davvero la possibilità di una transizione verso un governo civile, come auspicato da alcuni mediatori?

C'è un primo ministro che aveva lavorato con presidente deposto Mahamadou Tandja, un governo, con militari e civili e adesso si attenda la promessa concertazione nazionale delle 'forze vive' o comunque di realtà che esprimono il vissuto anche per arrivare, si pensa, ad una nuova costituzione più aderente alle aspirazioni locali. Recentemente il presidente della giunta, Abdouhramane Thiani, ha comunicato nelle due lingue locali maggioritarie, lo Zerma e l'Haussa...e questo è piaciuto e interrogato sul futuro della lingua francese nel Paese...La transizione è auspicata dalla gente che vorrebbe ritornare a vivere senza sanzioni e timori di attacchi eventuali. Proprio avant'ieri un ennesimo attacco di gruppi armati ha seminato la morte tra i militari e migliaia di persone vive sfollata (circa 150 mila), senza contare le scuole chiuse e gli alunni dispersi altrove. Sono queste le preoccupazioni della gente!

4- Qual è l’impatto di questi cambiamenti politici sulla vostra comunità cattolica?

Per ora limitato. Le nostre comunità sono maggioritariamente composte da fedeli di origine straniera (Togo, Benin, Nigeria, Burkina Faso, Costa d'Avorio...) e quindi ci sono timori che gli 'stranieri' diventino bersaglio perché assimilati agli 'occidentali', visto che nell’immaginario Francia = Cristiani...! In prospettiva questi timori potrebbero rivelarsi fondati, nel caso in cui, così come successo altrove, i cambiamenti politici verrebbero intesi anche come 'autenticità nigerina' nella società che è al 98 per cento legata all'Islam. Questo potrebbe implicare un abbandono della non confessionalità dello stato, così come prevista dall'attuale costituzione, per andare verso qualcosa di più 'rispondente' allo spirito dell'Islam...col rischio di un certo radicalismo. In effetti l'Islam di tipo 'sufi' delle confraternite, assai tollerante, potrebbe essere battuto in breccia dalle correnti 'salafiste' di matrice nigeriana, grazie a predicatori e soldi che arrivano da altrove e che, non da oggi edificano moschee, scuole coraniche, università islamiche e aiuti umanitari. Nella zona di confine col Burkina Faso, abitata dal popolo Gourmanché, la realtà più viva dal punto di vista cristiano di tutto il Niger, è quella più bersagliata dai gruppi armati e le comunità sono a tutt'oggi perseguitate a motivo della fede!

5- Blackout energetici, povertà, malnutrizione, jihadismo, migranti, i problemi del Niger sono tanti e di difficile soluzione, quali sono prioritari? 

Vivere! Vivere e vivere, sono queste le tre priorità del popolo del Niger...ma vivere con dignità, quella che è stata confiscata, tradita e svenduta troppo spesso in questi anni ai migliori acquirenti! Milioni di persone con carenze alimentari e circa la metà della popolazione in situazione di povertà. Le statistiche sono sempre senza appello: siamo i buoni ultimi del pianeta in termini di sviluppo umano e di povertà multidimensionale...si spera che questo cambi e cambierà se da parte delle nuove autorità e della comunità internazionale, in particolare quella dell'Africa Occidentale (CEDEAO/ECOWAS) termineranno le sanzioni e le frontiere torneranno ad essere ciò per cui sono state inventate: un luogo di transito, incontro e scambio. Adesso sono semplicemente un luogo di ladrocinio perché la gente passa (di frodo) però deve pagare delle fortune...e questo le nuove autorità lo sanno e tacciono: non è un bel segno!

Quanto al tema sicurezza dai gruppi armati è semplicemente cruciale perché i gruppi sono a circa 50 kilometri dalla capitale...non è pensabile che ciò accada ormai da anni, occorre un cambiamento di paradigma che implica l'abbandono della guerra come soluzione alla guerra...perché proprio di guerra si tratta...con motivazioni religiose, economiche, territoriali, ideologiche...e dunque da affrontare a tutti questi livelli! 

I migranti sono tra i dimenticati della crisi semplicemente perché messi tra gli 'invisibili' del sistema, tra la zavorra o le frange 'vendibili' per eventuali commerci con l'occidente, sempre attento a estendere le sue frontiere fino al Sahel!

      Mauro Armanino, Niamey, 4 ottobre 2023 


LA PEDAGOGIA DEGLI OPPRESSI NEL COLPO DI STATO DEL NIGER di Padre MAURO ARMANINO

 


La pedagogia degli oppressi nel colpo di stato del Niger


      …‘Ecco il grande compito umanista e storico degli oppressi: liberare se stessi e i loro oppressori… 
Così scriveva il grande pedagogista brasiliano Paulo Freire nell’altro millennio col suo noto ‘ La pedagogia degli oppressi’. Sono parole, concetti, idee, utopie e provocazioni che neppure ci passano più per la mente, tanto sembrano lontane dall’odierno e appiattito pensiero. Tra i punti positivi di un colpo di stato atipico come quello di Niamey a fine luglio scorso, c’è proprio questo. Il tentativo e l’ambizione di uno smascheramento del sistema che sembrava essersi identificato con la realtà naturale delle cose. Nulla di nuovo sotto il sole perché sembra proprio di ogni regime politico, religioso e sociale, apparire come ‘naturale’ e dunque divinamente installato. L’ideologia che ‘naturalizza’ la politica, l’economia e la religione che offre loro da supporto si presenta come immutabile e ‘garantita’ dalla consuetudine, l’andazzo o semplicemente dalla ‘colonizzazione’ dello sguardo. Appare come del tutto naturale che ci siano persone nella miseria e altre nella prosperità o opulenza. Così come apparirà del tutto naturale che i figli dei potenti si formino nelle migliori scuole e che siano poi loro a governare i poveri, notoriamente ‘incapaci’ di autogoverno e di democrazia. Il colpo di stato è là anche per ricordare che in politica non c’è nulla di naturale.
Oppressi e oppressori sembrano una coppia ormai tramontata perché non solo le grandi narrazioni della storia sembrano sfumate ma anche perché, apparentemente, chi tira le fila del sistema scompare dalla scena. Sembra proprio che il sistema, come un … ‘carrozzone (che) va avanti da sé con le regine, i suoi fanti, i suoi re’ … come recitava il testo di una canzone d’altra epoca. Il mondo umanitario, presente capillarmente nel Niger e in genere nel Sahel non fa in fondo che confermare la versione naturalizzata delle dinamiche sociali. Si parlerà al massimo di sviluppo sostenibile e si pregheranno i potenti perché siano più generosi coi miseri. Il grande imbroglio del ‘fatto compiuto’ può durare anni e generazioni, molto dipende da chi ammaestra i mezzi di comunicazione e riesce a comprare le coscienze degli intellettuali, di per sé attenti scrutatori dei segni dei tempi. La mistificazione della realtà a volte dura molto ma non per sempre. Lo sappiamo per esperienza e Abramo Lincoln lo ricorda … ’si può ingannare tutti per un tempo, una parte del popolo per tutto il tempo ma non si riesce a ingannare tutto il popolo per tutto il tempo’. Le maschere cadono, un giorno e questo accade quando l’imprevisto raggiunge l’ordine costituito.
….Solo il potere che nascerà dalla debolezza degli oppressi sarà sufficientemente forte per liberare gli uni e gli altri …
Ed è esattamente questo il paradosso che accompagna la storia umana. Il potere di dominazione è incapace di creare novità che umanizzi perché è reso cieco dalla propria arroganza e potenza (hybris). L’esperienza insegna che, se di cambiamento si tratta, esso non potrà che scaturire da chi si accorge di non aver più nulla da perdere se non la propria vita. L’oppresso di oggi, come quello di ieri e di sempre, potrà trasformare la realtà quando farà della sua debolezza la sola forza di cambiamento possibile. Da decenni il Niger è classificato tra i Paesi più poveri del pianeta e saranno vani tutti i tentativi di ‘rinascimento’, tentato a parole da molti. Così continuerà  finché la coscienza degli oppressi, i poveri, emarginati, assenti, invisibili, venduti o tenuti in ostaggio aprirà orizzonti nuovi tramite il potere dei deboli che sarà sufficientemente forte per liberare gli uni e gli altri. Come ricorda ancora Freire nel libro citato. … ‘Chi, più di loro, può capire la necessità della liberazione? Liberazione a cui non arriveranno per caso, ma … conoscendo e riconoscendo la necessità di lottare per ottenerla. Lotta che, in forza dell'obiettivo che gli oppressi le daranno, sarà un atto di amore’. 
Solo a questa condizione il colpo di stato nel Niger non sarà accaduto invano.

           Mauro Armanino, Niamey, 1 ottobre 2023


DAL CENTRAFRICA ALL'ITALIA - Carmelo Ligure e Padre Federico Trinchero

Dal Centrafrica all'Italia

 P. Federico Trinchero

Ricevuto il 5 ottobre 2023

 Carissimi amici,

come molti di voi avranno forse già saputo, lo scorso 18 aprile i miei confratelli mi hanno eletto Provinciale, cioè responsabile della Provincia dei Carmelitani Scalzi della Liguria (che comprende anche la Missione in Centrafrica e la Delegazione della Repubblica Ceca).

Per questa nuova missione ho dovuto lasciare il Centrafrica, dove ero arrivato nel 2009, e soprattutto il Carmel di Bangui, a me particolarmente caro. Per i prossimi tre anni sarò quindi in Italia. Attualmente mi trovo nella comunità di Arenzano, in provincia di Genova. 

Continuerò tuttavia a recarmi regolarmente nella nostra Missione in Centrafrica (dove andrò già dal prossimo 23 ottobre al 12 novembre). E soprattutto continuerò a seguire con voi i progetti nati e sostenuti in questi anni come le borse di studio, la Scuola agricola Carmel e, soprattutto, il cantiere per la costruzione del nuovo convento di Bangui.

Senza dimenticare i giovani in formazione, con i quali ho avuto il privilegio di lavorare in tutti questi anni.

Sabato 7 ottobre celebreremo ad Arenzano la Giornata missionaria carmelitana dove ricorderemo il 60° di sacerdozio di Padre Carlo Cencio, fondatore della missione nel 1971, e di padre Anastasio Roggero, dal 1975 Procuratore della Missione. Ricorderemo inoltre il 25° di professione religiosa di padre Davide Sollami, nuovo Procuratore della Missione, e del sottoscritto. Sarà anche presente padre Norberto Pozzi, da poco rientrato dall'ospedale.

Ecco il programma: 11.00 S. Messa; 12.00 Incontro: aggiornamenti e collegamenti dalla Missione, consegna premio Cuore d’Africa; 13.00 Buffet

Vi aspettiamo. Sarà un semplice modo per incontrarvi ed esprimervi il nostro grazie per la vostra amicizia e il vostro amore per la Missione.

padre Federico

+39 338 93 46 735

Chiedo scusa se sono in ritardo per questa importante informazione, ma sono tornata ieri sera dalla Norvegia (Oslo) e ho potuto solo stamattina accedere al mio Blog. Porgo le mie più sentite congratulazioni a Padre Federico, per la nomina di Padre Provinciale, e ai due Padri che hanno raggiunto i 60 anni di sacerdozio, e dei Padri Davide e Federico per il loro 25° di professione religiosa. Sono con tutti voi con il pensiero e la preghiera. 

Danila Oppio


BENVENUTO|

Il Paradiso non può attendere: dobbiamo già cercare il nostro Cielo qui sulla terra! Questo blog tratterà di argomenti spirituali e testimonianze, con uno sguardo rivolto al Carmelo ed ai suoi Santi