AFORISMA

Meglio aggiungere vita ai giorni, che non giorni alla vita
(Rita Levi Montalcini)

Nostra Signora del Carmelo

Nostra Signora del Carmelo
colei che ci ha donato lo scapolare

sabato 30 aprile 2022

UN PRIMO MAGGIO DI SABBIA di Padre MAURO ARMANINO





         Un primo maggio di sabbia 

L’afferma l’improbabile articolo primo della Costituzione della Repubblica italiana. Una Repubblica democratica fondata sul lavoro e dove la sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della costituzione. Il primo maggio, fossero davvero così le cose, dovrebbe coincidere con la festa della Repubblica. Basare l’identità di una Repubblica sul lavoro è stata un’intuizione troppo sovversiva per essere presa sul serio. Il lavoro come fattore costitutivo della realtà pubblica e cioè dello stato, indica un orientamento, un cammino, una scelta e un impegno. Il primo maggio, che cade quest’anno di domenica, è una fragile festa che rivela come non mai, la profezia disattesa di un articolo di legge assai scomodo.

A Niamey, a causa della concomitanza con la conclusione del mese santo del Ramadan, sono state sospese le manifestazioni del primo maggio. Come segno di lutto per gli uccisi dal terrorismo prima, a causa delle misure legate alla pandemia dopo e stavolta per motivi religiosi, questa data scompare dal calendario sociale del Paese. Eppure, la fraternità, il lavoro e il progresso sono il blasone della Repubblica del Niger. Anche in questo caso il lavoro è posto come ponte, legame o condizione tra la fraternità e il progresso. Senza il lavoro non sarà possibile la pratica della fraternità e del progresso sociale chiamato giustizia. Non c’è lavoro senza lavoratori ma ci sono cittadini senza lavoro ed è così che si mutila una Costituzione.

Buona parte dei lavoratori della nostra Repubblica sono contadini o allevatori di bestiame da transumanza attraverso il Sahel. Ci sono poi gli ‘amministrativi’ che sono considerati i privilegiati nei ministeri e i servizi dello Stato, educazione, sanità e forze armate. Seguono coloro che lavorano nelle imprese multinazionali di estrazione dell’uranio, del carbone e del petrolio. Arrivano poi gli operai e gli impiegati delle non numerose aziende del posto, di trasformazione e dei beni di prima necessità. Una menzione speciale va fatta per i fortunati che hanno trovato lavoro nelle ONG umanitarie che si moltiplicano in modo esponenziale. Dalle Internazionali alle locali c’è posto per molti. Le carestie, gli sfollati e i migranti danno lavoro a molti!

C’è poi il settore informale, quello che più conta e annovera un gran numero di lavoratori e lavoratrici. I ristoranti occasionali, le ‘boutiques’ che nascono e scompaiono a seconda delle stagioni e dell’umore degli amministratori comunali. Ci sono i venditori ambulanti di ogni possibile mercanzia, dalla sabbia alle scarpe passando dai barbieri e dai sarti che vanno in giro in cerca di clienti. Da non dimenticare i cercatori d’oro che, a migliaia, scavano rischiose gallerie e usano di nascosto la dinamite per qualche pepita in più. Si trovano i contrabbandieri di droga, armi, persone e politica. Un certo numero vive della guerriglia che si confonde con una ideologia religiosa che confina col banditismo e si perpetua con la complicità del potere.

Una Repubblica fondata sul lavoro e l’Altra che porta come divisa la fraternità, il progresso e il lavoro che rende fattibile i due che lo precedono. Una Repubblica che ripudia la guerra come mezzo di risoluzione di conflitti, e però partecipa a tutte le guerre possibili. L’Altra che ne paga le conseguenze con migliaia di sfollati, centinaia di morti e intere regioni abbandonate dai contadini e allevatori residenti. Una Repubblica fondata sul lavoro tradito e l’Altra che aggiorna le manifestazioni del primo maggio. Sabbie di tutto il mondo unitevi perché la costruzione della fraternità e del progresso sociale sono l’unico lavoro da festeggiare per cambiarlo.

   Mauro Armanino, Niamey, 1° maggio 2022

lunedì 25 aprile 2022

RICORDANDO MAALOULA - Paese dove parlano ancora in Aramaico di DANILA OPPIO

RICORDANDO MAALULA  DOVE PARLANO ANCORA LA LINGUA DI GESU': L'ARAMAICO





Maalula in arabo: معلولا‎, Maʿlūlā: dall'aramaico ܡܥܠܘܠܐ, ma`lulā, cioè "entrata" è una città della Siria.
Insieme ad altri due centri vicini, Jubb'adin e Bakhah, è una delle località in cui viene ancora parlata una lingua aramaica occidentale.
A Maalula si trovano due importanti monasteri: il monastero cattolico Mar Sarkis della Chiesa melchita e il monastero ortodosso Mar Taqla della chiesa greco-ortodossa di Antiochia.  
Il monastero di Mar Sarkis è dedicato ai Santi Sergio e Bacco e fu costruito nel IV secolo, sulle rovine di un tempio dedicato ad Apollo. Sergio fu un soldato romano (Sergius) giustiziato a causa della sua fede cristiana.
Il monastero di Mar Taqla (Santa Tecla) conserva invece le reliquie di Tecla, figlia di un principe seleucide e discepola di San Paolo. Secondo la tradizione, Tecla stava per essere catturata dai soldati di suo padre, desideroso di punirla per la sua fede cristiana, quando giunse sulla cima di una montagna: dopo aver iniziato a pregare, Tecla riuscì a salvarsi poiché la montagna si aprì miracolosamente, permettendole di rifugiarvisi all'interno.
Nei pressi del villaggio si ritrovano inoltre i resti di numerosi monasteri, chiese e santuari. Molti pellegrini, di fede sia cristiana sia musulmana visitano Maalula, in particolare durante la festa dell'Esaltazione della Santa Croce, il 14 settembre.
Nel corso della guerra civile siriana, Ma’loula divenne campo di battaglia tra le milizie di Al Nusra e le forze armate siriane nel settembre 2013. Il 21 ottobre la città cadde in mano ai ribelli che devastarono il centro della cittadina uccidendo decine di persone. Le forze governative ripresero il controllo della città il 28 ottobre ma le milizie di Al Nusra tornarono il 3 dicembre prendendo 12 ostaggi che vennero liberati il 9 marzo 2014.  
Il 5 dicembre 2014 l'antropologo Gianluca Frinchillucci, dopo esser stato a Maaloula ha dichiarato: “Oggi questo villaggio è ridotto in macerie, le antiche icone che ornavano le chiese sono state rubate o bruciate, i santuari e le chiese distrutte, le immagini sacre vandalizzate e la stessa parte più antica del villaggio bombardata e messa a fuoco. L'altare è stato salvato, ma persino le reliquie della santa sono andate in buona parte perdute".




Santa Tecla






PERCHE' MAALOULA E' IMPORTANTE?
Lì si trova il Monastero di San Sergio e di Santa Tecla, ma si parla ancora la lingua aramaica, quella di Gesù.

A partire dal 700 a.C. circa, la lingua aramaica cominciò a diffondersi in tutte le direzioni, ma perse la sua omogeneità. Cominciarono a differenziarsi dialetti in Mesopotamia, a Babilonia, nel Medio Oriente e in Egitto. Col tempo si impose l'aramaico con influenze accadiche parlato in Assiria e a Babilonia.

«Gesù parlava aramaico dalla nascita – ha spiegato alla Reuters Ghil'ad Zuckermann, un professore di linguistica – ma certamente conosceva anche l'ebraico perché era la lingua in vigore per i testi religiosi».

Dove si parla oggi l’aramaico?
Era la lingua parlata correntemente in Palestina (accanto al greco) ai tempi di Gesù. Attualmente, l'aramaico è utilizzato in Siria (villaggi di Ma'lula, Bh'ah, Hascha, Kamishlié), in Turchia (Tur-Abdin, Mardin) e nel Nord dell'Iraq (Krakosh, Elkosh, Erbil - la capitale della regione curda - Ankawa).
Ho ascoltato un’intervista ad un abitante di Maalula, il quale afferma che in quel luogo coesistono musulmani e cristiani, uniti dalla stessa lingua aramaica. Ovviamente la lingua ufficiale è l’arabo, ma ai bimbi si insegna già sui banchi di scuola l’aramaico, che parlano correttamente fin dalla nascita. Per i siriani di Maaloula si tratta del dialetto locale. 
Sono stata in Siria nel 2006, quando ancora questo spettacolare luogo religioso era intatto, pochi anni dopo, avvenne la distruzione.
Lì ho sentito recitare il Padre Nostro nella lingua con cui lo ha insegnato Gesù ai suoi discepoli. 




Partita da Milano Malpensa, atterrata ad Aleppo (Haleb) salita sul pullman turistico che ha percorso fino a Damasco, facendo tappa a Idleb, Latakia,  Hama, Homs, Palmyra, Maaloula, Damasco. Da lì preso volo per Milano- Malpensa. Per fortuna sono riuscita a vedere com'era la Syria prima della guerra civile. Un posto incantevole, gente gentile e accogliente, tanti scavi archeologici e musei dove ammirare resti delle antiche civiltà. Basta, mi commuovo fino alle lacrime. 

Danila Oppio




sabato 23 aprile 2022

I CITTADINI NELL'ISOLA DELLE SPERANZE RUBATE di Padre MAURO ARMANINO

 I cittadini nell’Isola
 delle Speranze Rubate

Caduti di una guerra mai dichiarata. I cittadini morti per naufragio nel Mediterraneo sono stimati a 23 900, dal 2014 alla data odierna. E’ il sito del progetto ‘Missing Migrants’, (Migranti Scomparsi) che aggiorna in tempo reale luoghi, cifre e modalità dell’acquisizione della cittadinanza nell’Isola delle Speranze Rubate. Come la città sommersa di cui essa costituisce come la continuazione naturale, l’Isola in questione non è localizzabile e nessuno potrà affermarne con esattezza confini e forma. Di certo si trova al di qua delle Colonne d’Ercole, anch’esse di difficile identificazione per gli strumenti di controllo. Un’Isola che si è formata in seguito alle politiche dell’esclusione perpetrate da anni di governo delle mobilità criminalizzate. 

Caduti di una guerra mai dichiarata. Nel 2014 vi furono 3286 morti nel mare ‘Nostro’, scesi a 1448 nel 2020 per crescere di nuovo a 2048 l’anno scorso. Nei primi mesi del nuovo anno i cittadini che hanno raggiunto l’Isola in questione sono stati 566. Una volta nell’Isola delle Speranze Rubate, i nuovi cittadini organizzano l’altra vita, quella che avrebbero potuto realizzare fossero arrivati a destinazione. Strade, case, fontane, alberi, giardini, scuole e laboratori sono stati creati a mano a mano che altri cittadini raggiungevano l’Isola. Arti e mestieri si arricchivano di nuove pratiche che si passavano volentieri ai nuovi arrivati che erano accolti con le braccia aperte da coloro che li avevano preceduti. I cittadini si erano organizzati in gruppi.

Caduti di una guerra mai dichiarata. I bambini morti in mare e subito riconosciuti come cittadini dell’Isola, furono 27 nel 2014, 78 nel 2022 e 76 l’anno scorso. Quest’anno, al momento, sono 13 coloro che hanno raggiunto gli altri bambini per formare un unico coro le cui voci sono udibili fino alla terra ferma, quando la direzione del vento le precede. Alcuni sono appena nati mentre altri possono parlare e raccontarsi l’un l’altro come hanno raggiunto l’Isola. I più grandi insegnano ai nuovi come costruire barche di carta per il giorno in cui le condizioni del mare saranno più favorevoli. L’Isola delle Speranze Rubate è anch’essa come una grande barca a vela guidata dai gabbiani cha la conducono verso la terra ferma. Sarà di mattina presto che i cittadini dell’Isola sbarcheranno mentre il coro dei bambini annuncerà la liberazione per tutti.

      Mauro Armanino, Niamey,  24 aprile 2022

sabato 16 aprile 2022

UN PEZZO DI LEGNO CHE TI ...SALVA!



Un racconto che fa riflettere!

Un pezzo di legno che ti...salva!

C'è un uomo che tiene appeso in salotto, nel posto d'onore, uno strano oggetto.

Se qualcuno gli chiede il perché di quella stranezza racconta: " Il nonno, una volta mi accompagnò al parco.

Era un gelido pomeriggio d'inverno. Il nonno mi seguiva e sorrideva, ma sentiva un peso. Il suo cuore era malato, già molto malandato. Volli andare verso lo stagno. Era tutto ghiacciato, compatto!

      "Dovrebbe essere magnifico poter pattinare", urlai, "vorrei provare a rotolarmi e scivolare sul ghiaccio almeno una volta!". Il nonno era preoccupato. Nel momento in cui scesi sul ghiaccio, il nonno disse: "Stai attento...”. Troppo tardi.

       Il ghiaccio non teneva e urlando caddi dentro. Tremando, il nonno spezzò un ramo e lo allungò verso di me. Mi attaccai e lui tirò con tutte le sue forze fino a estrarmi dal crepaccio di ghiaccio.

Piangevo e tremavo.

      Mi fecero bene un bagno caldo e il letto, ma per il nonno questo avvenimento fu troppo faticoso, troppo emozionante. Un violento attacco cardiaco lo portò via nella notte.

Il nostro dolore fu enorme. Nei giorni seguenti, quando mi ristabilii completamente, corsi allo stagno e ricuperai il pezzo di legno. È con quello che il nonno aveva salvato la mia vita e perso la sua!

Ora, fin tanto che vivrò, starà appeso su quella parete come segno del suo amore per me!"

Buona Santa Pasqua a tutti voi! 



QUANDO COMINCIO' IL MONDO NUOVO di Padre MAURO ARMANINO

         

  Quando cominciò il mondo nuovo

Utopia?

Era un giorno feriale per nulla differente dagli altri giorni. Solo indizio, un vento leggero dall’est che sembrava avesse premura di arrivare da qualche parte. Assieme a lui gruppi di bambini con in mano un ramoscello di una pianta mai vista prima che agitavano festanti. Si tenevano l’un l’altro la mano e cantavano una lingua ormai dimenticata dai grandi che guardavano, attoniti, l’inattesa invasione dei bambini in festa. Alcuni cominciarono a seguirli sul cammino mentre altri, in disparte e di nascosto, piangevano come se da anni avessero smesso di generare lacrime vere e genuine. La sera di quel giorno arrivò più in fretta del solito e così pure le stelle, meno distratte, cominciarono a danzare sottovoce.

I muri di cinta e i bastioni delle città fortificate, al loro passaggio, crollavano come fossero null’altro che polvere al vento. Lo stesso accadde con i fili spinati, i sistemi di allarme e di controllo, gli schermi protettori da eventuali attacchi nemici, le frontiere si spostavano a seconda delle necessità di coloro che desideravano attraversarle. Persino il mare, apparentemente insensibile ai naufraghi, si era cinto di una calma che nessuno, a memoria d’uomo, ricordava così profonda e pacata. Le mura più robuste cadevano una dopo l’altra e le strade, le case, le piazze e i giardini, tornavano quello che erano stati una volta: aperti a tutti.

La festosa invasione dei bambini non sì fermava più e anche un numero crescente di adulti, donne soprattutto, si aggiungeva dopo ogni crollo. Fu poi la volta degli imperi d’acciaio, di gesso, di arroganza e di polvere a cadere, uno sull’altro, come carte che il vento mescola e porta lontano. Imperi potenti, eterni, immortali, si sfaldavano al tocco lieve del ramoscello dei bambini che giocavano a rifare il mondo come meglio a loro sembrava. Della stessa fine erano oggetto anche gli eserciti, i battaglioni e i sempre più numerosi mercenari che della guerra vivevano. La maggior parte dei militari disertava, altri si vestivano da festa e alcuni di loro si aggiungevano al gruppo dei bambini che continuava la sua opera nel mondo.

Quanto ai fabbricanti d’armi avevano smesso e optato per fare mattoni, piastrelle, cemento e porcellana per ricostruire quanto era stato da loro distrutto. C’è chi si improvvisava muratore, imbianchino, piastrellista, costruttore di ponti e elettricista. Alcuni di loro, infine, cominciarono di buon grado a costruire strade dove prima non c’erano e a riparare quelle distrutte dai bombardamenti. La terra intera era ormai diventata un grande cantiere a cielo aperto e la mano d’opera lavorava con solerzia e dignità perché più nessuno diceva suo ciò che era di tutti. I poveri e i mendicanti si erano trasformati in datori di lavoro.

Infine, al canto in lingua antica dei bambini, caddero in ultimo le parole armate, false e tradite dai grandi manipolatori dell’informazione. Molte si nascondevano per la vergogna, altre promettevano di ravvedersi e alcune, infine, domandavano ai bambini ciò che avrebbero dovuto rappresentare. Fiumi di parole come fango che scorreva dai canali di scolo ed erano drenati in un grande abisso e poi ricoperte di terra. Su questa spuntarono in fretta fiori, erba e una foresta di alberi che portavano scritta una parola nuova da seminare altrove. Quanto ai bambini, terminata l’opera che durò circa una settimana, iniziarono finalmente a giocare.


         Mauro Armanino, Niamey, Pasqua, 2022

Commento di Danila Oppio:

se la Pasqua fosse così, sarebbe Pasqua tutti i giorni, una vera Rivoluzione e Risurrezione non solo di Cristo, ma del mondo tutto! Un racconto che fa riflettere, molto avvincente ma, temo, altrettanto utopico. 

Buona Pasqua a tutti i visitatori di questo blog! 

giovedì 14 aprile 2022

UCRAINA. IL LAVORO DEI CARMELITANI IN ROMANIA: STORIE DI LACRIME E SPERANZA

 

Ucraina. Il lavoro dei carmelitani in Romania, storie di lacrime e speranza

Il centro di spiritualità di Snagov aperto a chi fugge dalle bombe. Il superiore: è una Quaresima di vera passione per questa gente, nel buio brilla la bellezza della carità. Il presidente del MEC, che da primario ha lottato contro il Covid a Brescia, ha deciso di partire da pensionato per Bucarest: di fronte al male intenzionale bisogna agire nella gratuità

Antonella Palermo - Città del Vaticano

"Cosa posso fare?". È la domanda che si saranno posti in tanti e tanti altri se la staranno ponendo ancora di fronte ai tanti profughi costretti ad abbandonare l'Ucraina sotto assedio. Dopo la domanda, il discernimento, dopo il discernimento la decisione. È capitato anche alla comunità dei Carmelitani di Snagov (quattro religiosi, tre italiani e un rumeno) che hanno aperto le porte della loro casa di esercizi spirituali per accogliere famiglie da oltre confine. 

Al di là del calcolo, aperti all'imponderabile

Siamo nei pressi di Bucarest, capitale della Romania. Qui i padri carmelitani sono insediati da 22 anni, un punto di riferimento per il Paese. Di norma accolgono gruppi che desiderano fare esperienza vocazionale. Dopo la pausa causata dalla pandemia, appena cominciate le migrazioni di massa dall'Ucraina, si sono messi in rete con una serie di associazioni in loco e hanno destinato una trentina di camere a questa gente, per un massimo di ottanta persone. Trovandosi in un punto strategico, da cui è peraltro facile organizzare ulteriori trasferimenti, hanno aperto le loro porte. "La nostra accoglienza è solitamente programmata e calcolata, mentre in questo caso abbiamo scompaginato la nostra organizzazione, aperti al non ponderabile. È così cominciato un periodo di condivisione della passione che si è rivelato bellissimo", racconta il Superiore Padre Antonio Prestipino. 

Un tetto, l'amicizia, la condivisione del dramma


Tutto è coinciso con l’inizio della Quaresima. Una specie di profezia. Un tempo "forte" nel senso più vero e concreto del termine, fatto di condivisione insospettata, soprattutto con i bambini. I religiosi hanno coinvolto alcune religiose tornate dalla Russia. "Abbiamo animato la liturgia anche con la lettura in lingua russa - spiega il sacerdote - e questo ci ha aiutato nella comunicazione. Avere in casa una suora che parlava la loro lingua ha permesso di condividere il dramma che hanno vissuto. Così abbiamo partecipato con loro e i bambini ucraini hanno cantato alla messa. Abbiamo avuto testimonianze di persone che hanno ricominciato a pregare a partire da una religiosità forse perduta". E quella chiesa dall'architettura moderna - centro di spiritualità dell'intera arcidiocesi di Bucarest, decorata con le inconfondibili opere di Marco Rupnik - si è riempita di trepidazione ma anche di sollievo perché è diventata tetto, protezione e amicizia. 

Nella cura per l'altro, vivere la passione di Gesù 

"La nostra chiesa, sebbene sia una piccola realtà, si riempie la domenica", dice ancora padre Antonio. "In loro abbiamo visto la passione di Cristo che chiede il nostro coinvolgimento e alla quale è bello prender parte. Per noi è stata una esperienza faticosa - ammette - perché vuol dire anche tanto lavoro minuzioso di cura, a cui forse non eravamo abituati, ma è veramente stata anche una grande avventura spirituale che ci ha abituato a vivere più in profondità l’accompagnamento quaresimale del Signore Gesù nella sua passione per gli uomini". Adesso i profughi sono in minor numero però si sta pensando a come far partecipare anche queste persone nei riti del Giovedì Santo. Del resto, qui, la lavanda dei piedi pare sia stata già ampiamente realizzata.


Olivia: 'Nonna, con pazienza ricostruiremo tutto'

Prestipino racconta un paio di episodi che gli sono rimasti fissi nel cuore. Uno risale ai primi giorni: una signora con una bambina accolte in tarda serata. La bimba diceva: "Facciamo una foto da mandare al papà per fargli vedere quanto è bello questo posto dove siamo arrivati". "Mi sono ricordato del Vangelo della trasfigurazione della domenica, in cui Pietro ha detto a Gesù: 'E' bello stare qui. Ecco nella bellezza, nella gloria che il Signore ci fa vivere negli incontri e anche dentro le disgrazie che incrociamo, ci sono momenti di lucidità che ci fanno camminare verso la Pasqua, verso la vita nuova che ci vuol dare, in un percorso che non sappiamo quanto lungo e tortuoso sarà".

Un'altra scena impressa nella memoria è quella che si è palesata un giorno davanti al mosaico glorioso sul presbiterio della chiesa: "La nonna di Olivia si è messa drammaticamente a pregare urlando in ginocchio: 'Signore, Signore donaci la pace!'. La bambina immediatamente è andata da lei: 'Nonna, io sono qui con te, quello che gli altri stanno distruggendo noi con la pazienza lo ricostruiremo”. Una cosa struggente, davvero un incontro tra generazioni che si sostengono reciprocamente, proprio come dice il Papa. La speranza e la sicurezza di Olivia sono state commoventi".

Un ex-primario: dalla guerra al Covid, al servizio contro la guerra

Ad assistere i quattro religiosi ci sono alcuni postulanti e una serie di amici che si sono presi le ferie per aiutare i padri. "E’ il movimento della carità che ha fatto venir fuori la bellezza con i beneficiari della nostra casa, protagonisti insieme per un’opera comune, fruttuosa", conclude Prestipino. Ma la realtà dei carmelitani è composita e si arricchisce anche del prezioso contributo del Movimento ecclesiale carmelitano. Il presidente, Gabriele Tomasoni - dopo oltre quarant'anni nel Reparto di Rianimazione degli Spedali Civili di Brescia, dove da primario ha combattuto in prima linea contro il coronavirus - non ha esitato, e con sua moglie è partito per aiutare nell'accoglienza:

Lo intervistammo due anni fa, nella fase più critica della pandemia che mieteva centinaia di morti al giorno proprio nelle province di Bergamo e Brescia. Ora, da pensionato, suggella quarant'anni di matrimonio nel segno del servizio a chi fugge dalle bombe. "Mi è venuto spontaneamente di andare a dare una mano. Avendo degli appartamenti a disposizione abbiamo subito dato una disponibilità, nella campagna rumena, offrendo la possibilità ai bambini di svagarsi. Abbiamo riscontrato che il nostro desiderio di creare per loro un ambiente familiare è stato realizzato", racconta. 

Il gioco dei bambini


"Ci dimostravano gratitudine con il pianto, il silenzio e l’abbraccio", racconta ancora il dottor Tomasoni. Precisa che ogni famiglia ha la propria stanza, senza assembramenti, c'è una cura e una attenzione verso ciascuno, soprattutto verso i bambini, che possono dare sfogo libero ai loro giochi nei campi e con gli animali. "Loro sono straordinari - dice - perché immediatamente riescono tutti insieme a organizzare il gioco, è veramente bello. Nel male che l’uomo ha saputo fare, il gesto di bontà fa la differenza e questo loro lo colgono". Una sera tardi, stanchissimi dopo un viaggio di tre giorni, a bordo di una macchina sono arrivate nove persone. "Vedere come i più piccoli superavano il disagio iniziale e il pudore e si buttavano a mangiare ciò che avevano è stata una esperienza significativa".

I giovani e la gratuità 

Tomasoni ricorda il tempo della lotta in corsia contro il virus: "Ho passato due anni di intenso lavoro per una situazione eccezionale che si era determinata: il virus. Una pandemia che sembrava la prova più grande. Affrontare subito una esperienza peggiore... Quello era un evento improvviso e non calcolato - precisa - qui è un male intenzionale. E’ struggente. Però bisogna porre dei gesti di bontà perché è la speranza che possiamo dare". E ci dice una cosa che ripete spesso: "Il nostro tempo ci è dato e bisogna sfruttarlo al meglio. Non ci tiriamo indietro". Si congeda con un accenno sui giovani e sulla importante valenza pedagogica di iniziative come queste: "Che anche loro sappiano fare dei gesti di gratuità: se vogliamo un mondo nuovo, questo deve essere".

sabato 9 aprile 2022

V ERSO LA PASQUA di P. NICOLA GALENO OCD


























BANDIERE DI SABBIA DAL SAHEL di Padre MAURO ARMANINO

            Bandiere di sabbia dal Sahel

Persino il Vaticano ha la sua. Così pure i Paesi riconosciuti dalle Nazioni Unite e altri il cui statuto non è ancora determinato. Le bandiere costituiscono un simbolo tra i più eloquenti per esprimere e rafforzare l’identità personale e collettiva. Le bandiere si usano per le manifestazioni sportive, politiche, culturali, religiose  e funebri. Ad ognuno la sua bandiera da sventolare, ammirare, custodire e difendere. Eppure, di per sé, non si tratta che di un pezzo di stoffa attaccata ad un’asta e rappresenta, simbolicamente, un gruppo o un comunità. Nazione, territorio, città, organizzazione, compagnia commerciale, gruppo religioso, politico o sportivo. Ad ognuno i suoi colori e l’affiliazione che ne consegue. La distruzione o la cattura della bandiera, significano la dissoluzione dell’identità e la sua ‘cattura’ da parte di un’altra entità. Le più antiche e note ‘bandiere’ riconosciute sembrano trovarsi in Cina, duemila anni prima della nostra era. Fatte di seta.

Dall’invenzione delle nazioni e degli stati in poi, le bandiere hanno gradualmente assunto connotati molto più precisi e contundenti. Eserciti, battaglioni, reparti, squadriglie e comuni cittadini, trovano nella difesa della bandiera una delle ragioni per dare la vita o prenderla ad altri. I politici parlano e la bandiera è sullo sfondo o nelle loro mani, a ricordare il popolo che rappresentano e che ha loro delegato il potere di difenderlo. Nelle manifestazioni sportive internazionali c’è l’uso del giro di pista con la bandera del  Paese del vincitore. Nell’immaginario collettivo non c’è nulla  di più potente di una bandiera che sventola e si presenta come immortale nel tempo. Le bandiere seguono le mode del momento e lo spirito del tempo. Ad ogni epoca la sua bandiera da esibire al momento opportuno. L’uso di deporre la bandiera sul feretro di un defunto vuole esprimere il riconoscimento postumo della sua vita al servizio della patria. 

Già, la patria…’ Allons enfants de la patrie, le jour de gloire est arrivé’…il ben noto inizio della rivoluzionaria ‘Marsigliese’, l’inno nazionale della Francia, dalla bandiera tricolore. Patria è un nome che deriva dal latino pater, padre: terra degli antenati, il Paese di origine e che ci è caro…la comunità alla quale si appartiene. Padre e non madre, o meglio la ‘madre- patria’ per mettere tutti d’accordo. Il giorno della gloria è arrivato, recita l’inno in questione, emblematico per la sua storica sincerità. Esso termina…’Alle armi, cittadini/formate i vostri battaglioni/Marciamo, sì marciamo/ che il sangue impuro irrighi i nostri solchi’. Tutto è detto in questa frase e di questo parlano, senza dirlo o senza avvedersene, gli stendardi che esibiamo con fierezza. Meglio ricordare che, pure le bandiere, sono di sabbia e alla sabbia torneranno. C’è da relativizzarle e imparare piuttosto a tessere, color di sabbia, la bandiera di un'altra patria. C’è chi scrisse, infatti..’reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall’altro. Gli uni sono la mia Patria, gli altri i miei stranieri’… (D. Lorenzo Milani, lettera ai cappellani militari, 11 febbraio 1975). 



         Mauro Armanino, Niamey, 10 aprile 2022

mercoledì 6 aprile 2022

Dal Notiziario carmelitano COMMUNICATIONES




Ho ingrandito per permettere una miglior lettura






Ingrandito anche questo articolo per una più facile lettura


Communicationes riporta molti altri interessanti articoli, ma ho dato una preferenza a questi che mi paiono più attuali, considerato quanto sta vivendo il popolo ucraino. 




BENVENUTO|

Il Paradiso non può attendere: dobbiamo già cercare il nostro Cielo qui sulla terra! Questo blog tratterà di argomenti spirituali e testimonianze, con uno sguardo rivolto al Carmelo ed ai suoi Santi