Mamoudou e il suo compagno di viaggio in Marocco e Algeria, si trovano a Niamey da due settimane. Portano l’unico vestito che i militari algerini hanno loro lasciato, dopo aver rubato quanto avevano addosso in strada. Il cellulare un po' di denaro. Il resto l’hanno lasciato nella camera dove alloggiavano con altri migranti in cerca di lavoro e fortuna ad Algeri. La polvere si è incrostata nei pantaloni e nella maglietta che indossano da quando sono stati derubati, espulsi, deportati e infine abbandonati nel deserto che unisce e separa l’Algeria dal Niger. Cercano cibo, abiti decenti e soprattutto un luogo dove posare il capo la notte. Vivono l’attesa del ritorno in patria con l’OIM (Organizzazione Internazionale delle Migrazioni) le cui case di accoglienza sono saturate da migranti che non hanno trovato quanto, per anni, cercavano. Mamoudou ha tentato tre volte di raggiungere la Spagna dal Marocco e ogni volta i ‘passeurs’ gli hanno mentito. Sono spariti dopo aver intascato i soldi del viaggio via mare, mai effettuato. Mamoudou è stato anche bastonato dalle guardie marocchine di frontiera e da allora il suo respiro si è fatto difficile, a causa della polvere.
A Niamey e altrove nel Sahel lei, la polvere, ci assedia da une decina di giorni, da mane a sera. Ben visibile e tangibile nell’aria, nei contorni dei paesaggi, dentro le case, nella politica e nelle mani di coloro che da troppo tempo hanno ridotto gli altri a simboli, oggetti, animali o cose da abbattere e terrorizzare. Giusto questa settimana, un bus di linea proveniente dal Burkina Faso con destinazione Niamey è stato intercettato da elementi armati in caccia di militari che avevano indossato abiti civili. Avevano nascosto le armi nelle borse e i giovani ‘djihadisti’, non avendo avuto alcuna giustificazione dai passeggeri, li hanno fatto scendere. Almeno une ventina sono stati uccisi sul posto, risparmiando solo quattro donne che si trovavano nel bus, poi distrutto. il mezzo era proprietà della compagnia nigerina STM.
In Occidente, com’era da attendersi, la polvere, fino allora confinata dietro le cortine del totalitarismo igienico e di quello mediatico, si è bruscamente rivelata nel conflitto in atto alle sue estreme frontiere inventate e armate. Si tratta di un’apocalisse che si realizza per lo svelamento della consistenza e pervasività di una società e civilizzazione che la spietata polvere neoliberale ha sedotto e poi abbandonato al suo destino. Come altro definire l’Occidente e coloro che ancora ne sopportano l’arrogante crepuscolo, se non utilizzando la metafora della polvere… ‘Ricordati che sei polvere e polvere tornerai’. Per questo i fabbricanti di armi, utilizzando il pretesto ipocrita degli aiuti alle democrazie in pericolo, fomentano guerre e garantiscono potere perenne ai politici che li assecondano. Si, tutto torna alla polvere, durante e soprattutto dopo la guerra. Alla fine di tutto, per l’armistizio, rimane la polvere e il silenzio dei cimiteri.
La polvere aveva da tempo imparato il cammino per arrivare ovunque e, non casualmente, aveva iniziato dai sogni. Si erano gradualmente spenti, normalizzati e resi impalpabili come polvere ed erano stati, infine, sepolti. Senza perdere altro tempo la stessa polvere ha occupato gli occhi, rendendo opachi i volti e le storie degli altri per trasformarli in merci di scambio o mano d’opera a buon mercato. La contaminazione di polvere alle parole è avvenuta con naturalezza. Canzoni, promesse, verità, preghiere, giuramenti, fiabe per adulti e semplici saluti quotidiani sono stati assediati dalla polvere e diventati in fretta segni inconfondibili della sempre attuale Babilonia. Tutto era finalmente pronto affinché la polvere portasse a termine quanto iniziato dai sogni e culminato nelle parole. Quindi anche i grembi delle donne si trovarono impolverati e, senza colpo ferire, sterili. La polvere era trionfante perché il suo futuro era assicurato per sempre.
Fu così che, un mattino di festa e senza nessuna anticipazione, si alzò un vento leggero che si trasformò in pioggia che, di colpo, trasformò la polvere in fango per i bambini che iniziarono a giocare coi piedi nudi.
Mauro Armanino, Niamey, marzo 2022
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