La meditazioni pasquale «uccidendo, morte in vita hai trasformato»
· La vita nel luogo della morte
Le donne non possono credere alle loro orecchie. Sono così sconvolte dalle parole dell’Angelo che sembrano non prendersi nemmeno il tempo di entrare nel sepolcro; partono subito di corsa! Credono veramente che il crocifisso che stavano cercando è risorto dalla morte; non come un tempo Lazzaro ma in modo definitivo. Il luogo della morte è trasformato in luogo di vita; il luogo della fine della storia di Gesù annientato nella morte diventa il punto d’inizio di una nuova avventura piena di vita.
Lo stesso accade nella vita spirituale: coloro che hanno partecipato alla morte d’amore di Gesù partecipano anche alla sua risurrezione. Sono ormai profondamente uniti a Cristo morto e risorto. Possono fare loro le parole dell’anima credente nella Fiamma viva d’amore:
«Nella vita nuova, quando è giunta alla perfezione dell’unione con Dio, come qui
stiamo dicendo, tutti gli appetiti dell’anima, le sue potenze e le sue operazioni, che in sé erano operazioni di morte e privazione della vita spirituale, si mutano in divine. […] La sua morte si è mutata in vita, cioè la sua vita animale in vita spirituale. […] Infine tutti i movimenti e le operazioni che prima l’anima
possedeva del principio della sua vita naturale, nell’unione sono, ormai mutati in movimenti di Dio. Infatti l’anima, come vera figlia di Dio, è mossa in tutto dallo spirito di Dio, come dice san Paolo: Coloro che sono mossi dallo spirito di Dio sono figli di Dio (Rm 8,14). In tal modo l’intelletto dell’anima è intelletto di Dio, la volontà è volontà di Dio, la memoria, memoria di Dio, il piacere è piacere di Dio. […] In questo modo l’anima è morta a tutto ciò che era in sé, che era morte per lei, e viva a ciò che è Dio in sé. Perciò, parlando di se stessa, dice bene nel verso: Uccidendo, morte in vita hai trasformato. Qui dunque l’anima può ben dire le parole di san Paolo: Non sono più io che vivo, ma vive in me Cristo (Gal 2,20). In tal modo la morte dell’anima è mutata in vita di Dio, e le si addice anche la parola dell’Apostolo: Absorta est mors in victoria (1Cor 15,54), assieme a ciò che dice anche il profeta Osea, in persona di Dio: O morte, io sarò la tua morte (Os 13,14, Volgata); come se dicesse: poiché io sono la vita, in quanto morte della morte, la morte sarà assorbita nella vita.
In tal modo l’anima è assorbita nella vita divina, distolta da tutto ciò che è secolare. […] In questo stato di vita così perfetta l’anima cammina sempre interiormente ed esteriormente come in festa e sente con grande frequenza nel palato del suo spirito un grande giubilo di Dio, come un canto nuovo, sempre nuovo, avvolto di gioia e d’amore, conoscendo il suo felice stato» (Fiamma B 2, 33-36).
· «Oh notte beata»
Il credente che è giunto a questo stato di unione con Dio è capace di girarsi e di cogliere in uno sguardo l’unità della sua vita e la Provvidenza che lo ha condotto, attraverso ombre e luci, sino a questo stato di santità. Può rileggere la poesia di Giovanni della Croce In una notte oscura inviato nell’introduzione di questi esercizi spirituali online e riconoscere la trasformazione interiore. Ormai, per lui tutto è diventato grazia poiché vede il passaggio di Dio in ogni cosa, così che tutto concorra ad un bene più grande. Anche le prove e le zone d’ombra della sua vita hanno un nuovo significato: l’aspra notte, che lo aveva messo così duramente alla prova quando la attraversava, diventa ora nella sua bocca una «notte beata» «più amabile dell’aurora», poiché questa notte lo ha «guidato» sino ad oggi. Canta l’inno dell’Exsultet della vigilia pasquale in modo esistenziale: «Oh notte di vera felicità ...» Capisce «il potere santificante di questa notte» che trasforma la morte in vita e la notte in luce. Canta pure il Salmo 139: «Se dico: "Almeno le tenebre mi avvolgano e la luce intorno a me sia notte", nemmeno le tenebre per te sono tenebre e la notte è luminosa come il giorno; per te le tenebre sono come luce» (Sal 139, 11-12).
Colui che nel suo cuore percepisce la divina fiamma dello Spirito non si pente di aver avuto il coraggio della «felice ventura», in questa uscita notturna; seguendo l’Amato nella notte, ha lasciato se stesso. È diventato tutt’altro e non si riconosce più nelle sue cattive tendenze. Somiglia ora a colui che ha tanto cercato, Gesù. La gioia è perfetta e avremo bisogno di ben cinquanta giorni per celebrarla e permettere che si diffonda intorno a noi.
Cristo è veramente risorto, alleluia! Auguriamo a tutti un luminoso tempo di Pasqua!
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