ELENA ROCCA (1893-1919)
Tutti sortirono
da natura le migliori qualità intellettuali e morali: e in quella casa, pia,
raccolta come un santuario essi, per
usare le espressioni di un testimonio, vennero su svelti, ma non chiassosi,
timidi, ma non impacciati; vennero su ingenui e profumati per virtù come i
fiori dei circostanti prati, perché vennero su profondamente ed efficacemente
cristiani, a somiglianza dei loro genitori.
E, se è vero
che dai frutti si conosce l'albero e dalle opere l'uomo, per vedere di qual
tempra venissero ad essere i figliuoli di quella casa basterà dire che Rocco
entrò ben presto nel santuario e fu un vero sacerdote, tutto fatto secondo il
cuore di Dio, come vedremo, dovendo di lui riparlare, perché la sua vita ha dei
contatti particolari con quella dell'Elena che stiamo delineando, e le due
figliuole Teresa e Maria entrarono ambedue in religione, non uscendone questa
che per prestare aiuto e conforto ai vecchi genitori, affranti di un tratto,
come vedremo, per la scomparsa inaspettata di Elena e di Rocco, essendo essa
ancora postulante fra le Domenicane.
(Card. Gusmini, MEMORIE EDIFICANTI)
ELENA CHE GIOCA SPENSIERATA
Non capricci, non alterchi coi fratellini e le
sorelline, cosa facile e ordinaria nei bimbi. Non era del tutto aliena dal
baloccarsi; però sceglieva quei balocchi e quei divertimenti più composti e
quieti.
Si mostrò sempre con tutti e dovunque così
riservata da sembrare piuttosto un angelo mandato dal cielo a rallegrare quella
santa famiglia. (Da GIGLIO
CANDIDO di P. N. Flammini, T.O.R.)
L’INCIDENTE COL CALESSE
I medici, perché si riavesse dal deperimento, causa
della sonnolenza, consigliarono di portarla all'aria aperta in campagna. Si
stabilì di condurla alla nativa Balìa. La cavalla che conduceva lei e i suoi
era quietissima; però, dopo che ebbero salutato l'Immagine della B. V.,
collocata su di un pilastro, senza alcuna causa s'impennò e nella corsa
sfrenata li gettò in un fosso. Nessuno si fece male; tuttavia lo spavento della
bimba fu assai grande, sicché si esaltò in maniera grandissima. Non vi fu
proprio nulla di misterioso e di inesplicabile nell'imbizzarrimento della
cavalla?
Dopo qualche tempo i genitori andarono a riprendere
la figliuola a Balìa con la stessa cavalla che all'andata non diede nessun
segno d'inquietudine. Al ritorno, quando salì Elena, divenne così furiosa da
non potersi tenere, sicché ad un certo punto furono costretti a fare scendere
dal veicolo la giovanotta che camminò per oltre tre chilometri.
Appena discesa, la bestia, quasi liberata da un
incubo, tornò quieta e tranquilla. (Da
GIGLIO CANDIDO di P. N. Flammini, T.O.R.)
L'APPARIZIONE DI S. ANTONIO
« Erano circa le ore 16 del 23 Gennaio 1908, scrive
Elena, quando ad occhi aperti vidi apparire nella stanza e proprio di fronte al
mio letto un insolito splendore e mostrarmisi, in mezzo a quella luce
smagliante, la figura di S. Antonio di Padova al naturale, vestita dell'abito
di S. Francesco d'Assisi, tenendo in braccio, affettuosamente stretto il S.
Bambino Gesù, cinto unicamente da una fascia celeste ai lombi.
La mia prima impressione fu di sorpresa e di
meraviglia, e il mio primo atto fu di gettarmi in ginocchio sul letto dinanzi
alla bella apparizione.
Il Santo era sospeso in aria a breve distanza nella
camera da letto e, appena apparso, mi disse queste testuali parole: «Alzati che
sei guarita; vàttì a casa che hai finito di penare ».
Io lo ringraziai della grazia straordinaria che mi
aveva ottenuta e lo pregai di favorirmi altre volte di sua apparizione. Mi
rispose di sì. Gli chiesi se avrei potuto mangiare qualunque cosa ed Egli
guardò Gesù Bambino e parlò dolcemente con Lui e, dopo ciò, disparve ».
Il Santo scomparve, ma Elena era guarita
completamente; perciò, ubbidiente al suo intimo, lasciò l'ospedale la sera
stessa. L'accompagnò l'infermiera Teresa Tampieri con la quale visitò alcune
chiese prima di restituirsi ai suoi. Chi potrebbe descrivere la profonda
commozione della famiglia nel vederla interamente guarita? Questa sanità la
conservò finché visse, tolti i brevissimi giorni della sua malattia, che dopo
circa 11 anni la condusse alla tomba. (Da
GIGLIO CANDIDO di P. N. Flammini, T.O.R.)
Come dice il Card. Gusmini, la pagina nella quale
il testimonio stesso ritrae l'esplicarsi operoso di questa vita Eucaristica di
Don Rocco e di Elena è tanto viva e sincera che si sente il bisogno di riprodurla.
Egli scrive: «Quando per volontà di Dio e per
esortazione del Pontefice S. Pio X di s. m., spronati specialmente dal nostro
venerato maestro, il Can. D. Sante Minganti, la cui me moria sarà sempre in
benedizione, iniziammo il movimento Eucaristico per l'adorazione e per la
comunione frequente e quotidiana, per l'ammissione dei bimbi alla 1° Comunione,
quando la loro anima è tuttora innocente, per il decoro degli altari e dei
santi tabernacoli, trovavamo tra i più validi cooperatori il Can. Rocca e sua
sorella Elena.
Furono
sempre i primi ad ogni manifestazione di culto al venerabile Sacramento: il
Can. Rocca Rocco palesemente come importava il suo ministero; sua sorella Elena
di nascosto, con l'esempio di un fervore mai visto, col gettare destrevolmente
nelle anime, che l'avvicinavano, il fuoco di un tanto amore.
E quando la guerra paralizzò il nostro
lavoro e ci impedì di proseguire con quel calore, col quale avevamo
incominciato, furono il Can. Rocca e sua sorella che costituirono fra noi l'Associazione
per l'Adorazione perpetua, che continuò nella nostra città quel movimento. (Da GIGLIO CANDIDO di P. N. Flammini, T.O.R.)
Ora si trovava davvero in condizione di
compiere un mondo di bene perché era in casa del parroco della prima parrocchia
della città; del parroco che aveva incontrato le simpatie di tutti; del parroco
che, a contatto della piccola sorella, l'aveva potuta conoscere intimamente e
ammirarne i grandi e numerosi tesori, di cui Dio l'aveva dotata quasi per
renderla di valido aiuto al suo ministero. (Da
GIGLIO CANDIDO di P. N. Flammini, T.O.R.)
Oh il buon Gesù, se lo conoscessimo, quanto di più
lo ameremmo!
E' un abisso di amore, di tenerezza e di gioia.
Tutte le perfezioni, in modo infinito,
si racchiudono in questo amabile Cuore.
Vorrei io pure amarlo infinitamente,
come Lui ama noi.
(Elena Rocca)
II mio desiderio di far conoscere e amare Gesù
cresce tutti i giorni. Vorrei che tutti fossero infiammati di amore per questo
Bene infinito; che tutti i buoni si adoprassero per il vero bene delle
anime.
Desidero potermi offrire presto vittima a Gesù per
il vero bene delle anime. Desidero potermi offrire presto vittima a Gesù per il
bene dei sacerdoti che ne hanno bisogno grande; vorrei essere veramente buona a
fatti per essere accetta al Cuore di Gesù (Elena Rocca).
Qui la vedete ogni giorno tutta allegra e lesta,
dopo aver atteso alle sue pratiche di pietà, aiutare la mamma e la sorella, nel
disbrigo delle faccende domestiche, che, stante la famiglia piuttosto numerosa,
con due sacerdoti, cui accudire, non erano né poche, né lievi, prendendone per
sé quanto più ne poteva, senza risparmiarsi, in nessuna maniera.
Né questo le bastava; giacché dato assetto alla
casa, seduta presso la finestra di una stanza a pian terreno, tutta illuminata
dalla luce del cielo, cui spesso rivolgeva l'umile suo sguardo e più l’anelo
suo cuore, ella lavorava continuamente, con rara assiduità, con una sveltezza
da far ammirare non solo la mamma, e la sorella, ma ancora le amiche che di
tratto in tratto la andavano a visitare, attratte dalla soavità del suo
carattere; particolarmente per la quantità del lavoro che compiva.
La mamma anche ultimamente diceva, piangendo, che,
a guardare alla quantità del lavoro dell'Elena, si era costretti a dire che gli
Angeli la venivano ad aiutare, sembrando impossibile che una giovinetta che dava
tanto tempo alle faccende di casa, alle cose di pietà e di carità pubblica,
potesse far tanto. (Card. Gusmini,
MEMORIE EDIFICANTI)
Soprattutto l'attraeva la S. Comunione che
riceveva o nella cripta di S. Cassiano o nella chiesina delle suore, raccolta e
devota come un angelo da far dire a quanti la vedevano che era una santa.
Del resto il Can. I. Valli dice che, nel
comunicarla, quando appressava le dita alle sue labbra ne sentiva l'alito
caldissimo, mentre le fauci erano asciutte per l'ardore. Questo non deve far
meraviglia perché bramava tanto di unirsi a Gesù. Dopo averlo ricevuto nel suo
cuore, si sentiva unita, trasformata e quasi congiunta a Lui e restava ammirata
che gli altri nel comunicarsi non sperimentassero un sentimento speciale e
quasi fisico della sua presenza.
Perciò quando voleva parlare dell'azione
divina nell'anima sua, non trovava le parole nel linguaggio umano. Sotto tale
azione le venivano meno le forze, era costretta a sedersi con grande suo
dispiacere, usciva molte volte fuori dei sensi, appariva raggiante e
trasformata in volto come un serafino. (Da
GIGLIO CANDIDO di P. N. Flammini, T.O.R.)
Poi aveva la Chiesa, alla quale non solo cercava
che non mancasse mai nulla, ma che tutto
fosse conveniente e convenientemente a posto ; e questo particolarmente
quando venivano le solennità, le prime Comunioni, nel che veniva aiutata e
sostenuta, oltreché dall'amore della fatica, anche dallo spirito della pietà, che
fu un'altra delle sue distintive principali, anzi forse la principale,
particolarmente dopo la terribile malattia, non fosse altro per gratitudine a
quel Dio che l'aveva liberata sì inopinatamente e sì perfettamente da non
risentirsene più affatto, come non ne fosse stata anzi incolta. (Card. Gusmini,
MEMORIE EDIFICANTI)
Il suo parlare era franco e schietto, senza
ombra d'arroganza e senza timidità. Faceva in casa tutto quello che occorresse,
per l'ordine e la pulizia. Eppure di tanto in tanto doveva sottrarsi alla
presenza degli altri, per espandere con Gesù la piena degli affetti, né poteva
resistere all'impeto del divino amore.
Arrossiva improvvisamente e si ritirava. Lo
sapevano gli altri, e in silenzio rispettavano l'operazione di Dio, il beato
slancio a cui cedeva la loro figlia e sorella.
(Da GIGLIO
CANDIDO di P. N. Flammini, T.O.R.)
Le sue dolci meditazioni riguardavano specialmente
la passione di Gesù e l'immenso amore portato e manifestato in essa agli
uomini. Considerando questo soavissimo mistero trascorreva il tempo, rapita nel
sofferente ed innamorato Signore che la favoriva della più alta contemplazione.
Infatti, appena in ginocchio, richiamando alla mente uno dei misteri della
passione di Gesù, il suo spirito ne rimaneva totalmente attratto da essere come
fuori dei sensi per lungo tempo.
Allora non avvertiva più nulla di quanto le
avveniva intorno anche se chiamata o si tenesse un discorso, recitato ad alta
voce, come avvenne a Pieve S. Andrea durante la predica del Can. Bughetti.
Talvolta era tanto compresa dei dolori di Gesù da svenire, come le accadde pure
a Pieve S. Andrea durante la Via Crucis. (Da
GIGLIO CANDIDO di P. N. Flammini, T.O.R.)
Le piaceva e le era cara ogni immagine di
Maria SS., ma aveva più trasporto e devozione per quella del Piratello che
visitava spesso effondendo innanzi ad essa tutto il suo cuore di figlia. Ne
scrive così alla sua stessa amica :
“Sono tornata or ora dal Piratello ove ho pregato la nostra buona Mamma
anche per te.
Come si sta bene e sicuri davanti una Madre
così potente e misericordiosa! Credi che mi umilia più la bontà tenera di Gesù
e di Maria, che non il pensare alla loro Maestà, di fronte alla mia pochezza
che tenta ribellarsi, benché desideri di amarli sempre. Questa non è
un'umiliazione che accascia, ma solleva; non mette l'avvilimento, ma
confidenza. Sì confido tanto nella buona Mamma che mi aiuti a spogliarmi di tutto
che sa dispiacere a Gesù, mi arricchisca dei suoi meriti e virtù e così possa
senza tremare andare a riceverlo nella S. Comunione ». Maria
sotto il titolo dell'Immacolata Concezione, l'attirava più di tutto, per cui si
apparecchiava e celebrava la festa con immensa devozione e gioia.(Da GIGLIO CANDIDO di P. N. Flammini, T.O.R.)
Parecchi mesi dopo, continua essa nella sua
lettera, nella chiesa delle Suore dì Lugo, ove è mia sorella Religiosa (Suor
Colomba) il Signore mi regalò la corona di spine. Ciò che provai, non so
descriverlo e da quel giorno non ho più potuto posare la testa un minuto, senza
sentire un forte dolore e continuamente mi fa male. Pregai tanto Gesù, perché
mi facesse la grazia che non si capisse niente esternamente e che sarei stata
disposta a soffrire qualunque cosa purché niente si fosse mai visto.
In parte solo mi esaudì; perché, in certi venerdì,
la testa mi si gonfiava, dove le spine erano penetrate. In casa mi guardavano
ed io prendevo il pretesto di andare in camera e pregavo il Signore di non
umiliarmi così. La sorella Maria che stava con lei in camera attesta la verità
di tutto questo; e non poche persone si accorsero dello strano fenomeno. (Card. Gusmini, MEMORIE EDIFICANTI)
Scrive infatti dopo la narrazione sopra riportata
così: Suor N. ha visto le piaghe dei piedi, quella del cuore ed anche le
spalle, ma coperte dal fazzoletto, il quale era tutto attaccato, perché il
Direttore disse di fargliele vedere.
Non è però a pensare che l'Elena fosse molto
corriva nel parlare e nel mostrare alla Suora le manifestazioni che Iddio si
degnava operare in lei; era anzi quanto mai restia ed era necessario che molte
volte alla obbedienza del Confessore si aggiungesse la voce stessa, quasi il
comando di Dio ed un poco l'insistenza della Suora, che in questo seguiva un
impulso interiore quasi irresistibile. (Card. Gusmini, MEMORIE EDIFICANTI)
Alle 2,15 del 1° giorno del 1919 emise un
lievissimo respiro e l'anima candida spiccò il volo per i cieli! Il volto
d'Elena sfolgorò un attimo, improntandosi ad un sorriso soavemente bello, che
in parte le rimase anche dopo la morte. Quell'anima passò all'amplesso eterno
del suo Dio, che tanto aveva amato e cercato di fare amare in vita. Oh, se non
è questa la morte dei Santi, io non so quale possa essere mai'.
Quell'anima era passata in un sorriso soavemente
bello, e quel sorriso in parte era rimasto a sfiorare le labbia anche della
mortale sua salma. Per questo il Cappellano e quanti circondavano quel letto di
morte, non sapevano distogliere lo sguardo da quella salma verginale; che non
sembrava morta l'Elena, ma che dormisse. (Card.
Gusmini, MEMORIE EDIFICANTI)
Una vita edificante: il dolore è sempre tanto difficile da affrontare; chi ha il dono della Fede riesce a vincerlo.
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