La preghiera letta da Tomaso Montanari a Firenze, nell’Abbazia di San Miniato al Monte, alla presentazione della installazione “Eldorado – Nascita di una nazione” ideata all’artista fiorentino Giovanni De Gara e fortemente voluta dall’abate padre Bernardo per dare un segno forte di accoglienza e promuovere una riflessione sulle migrazioni, sulle terre promesse e brutalmente negate, sull’aspirazione a un mondo diverso, costruito oltre l’idea di confine e capace di essere nuovamente umano
La Porta d’Oro di Gerusalemme era quella attraverso cui si
manifestava la presenza di Dio: le porte d’oro di Giovanni de
Gara invocano la nostra umanità, la interpellano
senza sosta perché torni a manifestarsi. Questa venerabile Basilica, vecchia di
mille anni, è la “porta del Cielo”: così dice una iscrizione che accompagna la
sua porta santa. Se questa iscrizione oggi torna a parlarci è perché Giovanni
ha rivestito quella porta con il calore che gli straordinari volontari delle
ONG offrono ai corpi di chi non ha più che il proprio corpo.
Ebbene, di fronte a queste porte d’oro – di fronte a quei corpi
– io non vorrei fare lo storico dell’arte. Non voglio avere alcun distacco,
alcun giudizio critico. Voglio prenderla sul serio, questa arte.
Perché quando vengono scosse le fondamenta stesse della nostra
umanità, è allora che l’arte ci viene in soccorso. Perché l’arte dice cose e,
apre porte, che nessuna parola, nessun concetto, nessuna idea astratta è capace
di aprire.
Le porte d’oro di Giovanni hanno aperto quella porta del Cielo.
Vorrei allora provare a varcarla: condividendo con voi una preghiera: da
cittadino, da cristiano, da umano. Vorrei rivolgermi, secondo un’antichissima
tradizione, ai santi. Cioè a coloro che ci hanno preceduto nella lotta per la
giustizia. Santi canonici: ma anche no.
San Miniato,
re dell’Armenia, che sei venuto da così lontano a dormire per sempre su questo
colle insegnando ai fiorentini a guardare fuori dell’uscio di casa,
ricordaci che l’Italia è una nazione meticcia. Costruita per via di cultura. E
dunque aperta a tutti coloro che vengono in pace.
Ricordarci che l’identità è cambiamento.
Ricordaci che a integrarci dobbiamo essere anche noi: gli italiani. Che non
dobbiamo essere “prima”, ma “insieme”.
Ricordaci che, tra altri mille anni, l’identità italiana sarà multiculturale. O
non sarà.
San Giovanni Battista,
patrono di Firenze e di Giovanni de Gara, tu hai conosciuto il potere che
controlla i corpi.
Il potere di chi minaccia, espone, umilia il corpo del dissenziente.
Hai conosciuto la spada di un re, Erode, che non sopportava il dissenso e la
libertà del tuo giudizio: un re che ti ha fatto staccare la testa, in un giorno
di agosto.
Lo sapevi, che sarebbe finita così: ma non hai messo un freno alla tua lingua
libera. Ricordaci di non smettere di parlare.
Per chi non ha voce, per chi non sa la nostra lingua, per chi non ha il potere
delle parole.
Don Lorenzo Milani,
ebreo, cristiano, prete fiorentino. Santo delle scuole e delle fabbriche, non
degli altari. Maestro impareggiabile, strada sicura.
Una volta hai detto: «Se voi però avete diritto di dividere il mondo in
italiani e stranieri allora vi dirò che, nel vostro senso, io non ho Patria e
reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato,
privilegiati e oppressori dall’altro. Gli uni son la mia Patria, gli altri i
miei stranieri».
Ricordaci di continuare a scegliere, a schierarci, a prendere parte, a essere
partigiani.
San Gennaro,
che – come il mese di gennaio, porta dell’anno – prendi il nome dalla porta
(che in latino si dice ianua), ricordaci che quando si nasce si varca una
porta.
E che quando si muore se ne varca un’altra.
Ricordaci che, se le porte sono chiuse, non c’è vita, e non c’è resurrezione.
Ricordaci che ‘porto’ viene dalla stessa radice di ‘porta’: e che se i porti
sono chiusi non c’è giustizia e non c’è futuro.
Ricordaci che il porto della tua Napoli – povera, violenta, con mille problemi
– si è subito aperto alla nave Aquarius. Perché mettere i poveri contro i
poveri è la più imperdonabile delle ingiustizie.
Ricordaci che il tuo omonimo Giano, dio romano delle porte, aveva una faccia
per la pace e una per la guerra. E che sta a noi scegliere quale faccia avere.
Alessandro Leogrande,
santo laico che te ne sei andato troppo presto, ricordaci di leggere il tuo
libro straordinario, La
frontiera. Frontiera: che è un altro modo per dire porta.
Un libro che comincia così:
«Adagiato a quaranta metri di profondità, al largo dell’isola di Lampedusa, il
peschereccio sembra in secca, incuneato nella sabbia chiarissima del fondale. I
tre sub, le bombole sulle spalle, calcano il ponte della piccola imbarcazione
ed entrano da una porta laterale. Passa qualche secondo, ed estraggono il corpo
di una donna. Nella terza cabina c’è un uomo seduto, la bocca aperta e il corpo
immobile, il taglio degli occhi sottile, le mani su un tavolino, come se fosse
lì ad aspettare da mesi quell’incontro. È un lavoro lentissimo. I sommozzatori
tirano fuori i corpi di un ragazzo e una ragazza, poi quello di un’altra
ragazza, dalle strette cabine in cui, anche se tutto è sottosopra, regna una
strana calma. Il silenzio assoluto rallenta ogni gesto. Ora i corpi sono
raccolti sulla sabbia accanto al relitto. Giacciono in fila, mentre gli uomini
della Guardia costiera ne aggiungono altri e altri ancora. Sono decine,
centinaia. Compongono una fila lunghissima. Ci sono quelli con la faccia riversa,
quelli con gli occhi sgranati, quelli con le braccia alzate, quelli con le mani
raccolte sotto il capo, come se dormissero. Quelli che giacciono vicini, quasi
abbracciati. Quelli che indossano ancora i giubbotti, i pantaloni, i maglioni.
Quelli che hanno provato a liberarsi dei vestiti. Quelli con le scarpe e quelli
scalzi. Quelli impassibili e quelli stropicciati da uno strano sorriso.
Sono tutti neri, tutti giovani»
San Tomaso Moro,
brillante avvocato alla City di Londra, membro a 27 anni del Parlamento di cui
divenisti lo speaker, amico di Erasmo da Rotterdam e di Hans Holbein, Lord
Cancelliere del Regno.
Decapitato dal tuo re perché hai preferito la verità al potere.
Santo patrono dei politici e dei governanti, ti sei rifiutato di obbedire al tuo
re, perché la tua coscienza te lo vietava.
Scrivesti, in una lettera dalla Torre di Londra in cui eri rinchiuso: «E come
non è certo mia intenzione interferire nelle scelte degli altri, così reclamo
per me il diritto di agire secondo la mia coscienza».
Ricordaci che la disobbedienza civile e nonviolenta è un nostro diritto.
Ricordaci che obbedire alla nostra coscienza è un nostro dovere, quando chi
dovrebbe essere servo della Costituzione (perché ministro, in latino, vuol dire
servo) diventa il padrone della paura.
Aiutaci a disobbedire, san Tomaso Moro.
E tu, che hai conservato il tuo umorismo inglese fino alla fine – quando hai
chiesto di essere aiutato a salire sul patibolo assicurando che, per scendere,
te la saresti cavata da solo – aiutaci a disobbedire conservando il sorriso,
l’ironia, l’autoironia.
Giuseppe Dossetti,
politico, padre costituente, monaco.
Il 21 novembre 1946 proponesti all’Assemblea Costituente di scrivere nella
Costituzione della Repubblica questo articolo: «La resistenza individuale e
collettiva agli atti dei poteri pubblici che violino le libertà fondamentali e
i diritti garantiti dalla presente Costituzione è diritto e dovere di ogni
cittadino».
Ricordaci questo articolo.
Ricordarci di attuarlo.
Ricordaci di fare resistenza contro i poteri pubblici che sovvertono l’articolo
3 della Costituzione, per cui «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e
sono uguali … senza distinzione … di razza».
Hannah Arendt,
donna, ebrea, perseguitata, apostola laicissima della verità.
Ricordaci – sono le tue parole – «che il male non può mai essere radicale, ma
solo estremo; e che non possiede né una profondità, né una dimensione
demoniaca. Può ricoprire il mondo intero e devastarlo, precisamente perché si
diffonde come un fungo sulla sua superficie. È una sfida al pensiero, perché il
pensiero vuole andare in fondo, tenta di andare alle radici delle cose, e nel
momento che s’interessa al male viene frustrato, perché non c’è nulla. Questa è
la banalità. Solo il Bene ha profondità, e può essere radicale».
Ci hai ricordato che «La prima battaglia culturale è stare di guardia ai
fatti»: ricordaci di dire e di documentare perché non c’è nessuna invasione di
migranti, in Italia.
Ricordaci di dire e documentare perché l’unica invasione di cui dobbiamo avere
paura è quella dei razzisti e dei fascisti.
Ricordaci di dire e di argomentare perché non c’è e non ci sarà alcun rapporto
tra il numero di migranti fermato, respinto, affogato e il numero di italiani
che potranno migliorare la loro vita.
Ricordaci – sono ancora parole tue – che «la verità, anche se priva di potere,
e sempre sconfitta nel caso di uno scontro frontale con l’autorità costituita,
possiede una forza intrinseca: qualsiasi cosa possano escogitare coloro che
sono al potere, essi sono incapaci di scoprire o inventare un suo valido
sostituto. Persuasione e violenza possono distruggere la verità, ma non possono
rimpiazzarla».
Gesù di Nazareth,
vero Dio e vero uomo. Lampada al nostro cammino, maestro dei maestri, via
maestra.
Tu hai detto: «Io sono la porta». Ricordaci che chi vuole chiudere le porte in
nome dell’odio, anche se giura sul tuo Vangelo e stringe un rosario, è un falso
profeta e, letteralmente, un anti-Cristo.
Tu hai detto di te stesso: «Ero straniero». E ci hai ricordato che saremo giudicati
esattamente su questo: «Mi avete accolto» o «Non mi avete accolto».
Ricordaci che non possiamo dirci cristiani se non accogliamo lo straniero.
Perché non c’è una ‘casa loro’ in cui aiutarli e una casa nostra da cui
respingerli: c’è una sola famiglia umana.
Hai gridato: «Non abbiate paura» ai tuoi amici che stavano su una barca, su un
mare in tempesta. Hai camminato sulle acque, li hai presi per mano.
Dacci la forza di tendere la mano a tutti coloro che, sulle barche del nostro
Mediterraneo, fuggono dalle guerre, dalle povertà, dalle ingiustizie che in
gran parte noi, ricchi e sicuri, abbiamo provocato, innescato, guidato.
E dai, a noi cristiani, la forza, l’intelligenza, l’amore per capire che non
siamo noi ad aiutare loro: ma sono loro l’unica nostra speranza di diventare
giusti, nonostante tutte le nostre disoneste ricchezze.
Tu hai detto, hai gridato: «Non abbiate paura!». Aiutaci a non cedere alla
paura.
Ricordaci di non cedere a chi governa con la forza oscura della paura.
Ricordaci di essere giusti.
Ricordaci di essere umani.
Amen
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