Can. PIETRO
BEDESCHI
I SANTI IMOLESI
COOP. TIP. P.
GALEATI – IMOLA - 1963
LA SERVA DI DIO ELENA ROCCA
Figlia di
Giuseppe Rocca e Caterina Musconi, piccoli possidenti di Balìa, in comune
d'Imola, nacque in quella località il 1° aprile 1893, e, il 4 seguente, venne
rigenerata nelle acque del Battesimo nella vicina chiesa di Sesto Imolese.
Famiglia
religiosissima, i Rocca, da secoli abitanti in quella ferace terra della bassa
imolese, costituivano una piccola oasi di autentico cristianesimo in una zona,
che il verbo socialista, abbondantemente sparso dall'imolese Andrea Costa,
aveva fatto cadere nel più ottuso materialismo e resa insensibile ai problemi dello
spirito, facendone così una "fortezza, umanamente imprendibile, di
ostinato sovversivismo.
La sua nascita
venne salutata come un nuovo dono di Dio, nonostante essa fosse la settima
creatura, venuta alla luce in quella casa.
Il primo fiore
era stato Rocco, nato nel 1875, che poi, sacerdote e canonico parroco della
cattedrale d'Imola, avrebbe trovato nella virtuosa sorella l'anima a lui
gemella e l'angelo consolatore delle ore tristi del suo ministero pastorale.
Seguirono a
breve distanza Teresa (1877), che prese poi il velo tra le Ancelle di Gesù
Agonizzante in Lugo e ne divenne in seguito Madre Generale; Pio (1880),
Francesco (1882), Maria (1855) e Peppino (1891).
Dopo di lei, un
altro ancora s'aggiunse alla numerosa nidiata: Luigi (1900), in seguito
salesiano e missionario in India (morto nel 1956).
Fino da più
teneri anni, essa rivelò una straordinaria inclinazione alle pratiche di pietà e un fervore eucaristico
del tutto eccezionale per la sua età, tanto che, ricevuta la Cresima il 17
ottobre 1899, il 31 maggio 1903, quando non aveva ancora raggiunto il decimo
anno, venne ammessa alla prima Comunione nella chiesa plebanale di Cantalupo,
dalla quale dipendeva allora quella di Balia, a quel tempo ancora semplice
cappellania.
Dopo il primo
incontro con Gesù, essa apparve ancora maggiormente desiderosa di perfezione,
tanto da essere l'esempio e lo stimolo più efficaci ad ogni virtù per quanti
degli estranei avevano la fortuna d'avvicinarla, nonché l'amore sempre più caro
della sua ottima famiglia.
Una sua
maestra, che l'ebbe alunna nelle scuole elementari di Fornace Guerrino, la
signora Caterina Sassi, ved. Remondini, ha lasciato di lei la più lusinghiera
testimonianza circa le sue eccezionali qualità spirituali e morali, la sua
intelligenza e il suo amore allo studio.
Questo, mentre
attorno alla sua casa cristiana rumoreggiava in continuazione la procella
sociale e antireligiosa, alimentata dalle dottrine sovvertitrici, che
dissacravano ogni giorno di più le coscienze di quella semplice e laboriosa
popolazione.
A dare un
indirizzo sempre più spirituale alla vita di questa privilegiata fanciulla,
oltre la prima Comunione, contribuì anche una visita che, qualche anno dopo,
fece coi genitori alla sorella Teresa, divenuta Suor Colomba nell'Istituto
delle Ancelle di Gesù Agonizzante in Lugo.
Fu allora che
essa incominciò a pensare a un suo distacco dal mondo per darsi tutta allo
Sposo Divino, esercitandosi quotidianamente nella pratica delle più belle virtù
cristiane, dove in breve rifulse agli occhi dei famigliari e conoscenti.
Intanto, un
avvenimento inaspettato decideva all'improvviso del suo avvenire.
Il fratello Don
Rocco, nella primavera del 1906, era stato nominato canonico parroco della
cattedrale d'Imola e tutta la famiglia lasciò Balia e si trasferì in Imola.
Elena, che
contava allora quattordici anni, avrebbe così trovato nel fratello sacerdote,
ministro di Dio tra i più pii e virtuosi della Diocesi, quella guida e quel
sostegno spirituali, che le necessitavano per procedere speditamente verso la
bramata meta della santità.
Subito alunna
nella scuola di lavoro presso le locali Ancelle del S. Cuore, vi si distinse
assai presto per le sue rare virtù e per la non comune capacità dimostrata nei
lavori affidatili.
Poco più che
quattordicenne, nel 1907, fu però colpita da una misteriosa malattia, che i
medici giudicarono un'ostinata influenza, ma che l'obbligò al letto per
parecchi giorni, causandole un pericoloso esaurimento generale.
Fu perciò necessario il suo ricovero nel
civico ospedale, dove essa stette dal luglio di quell'anno fino al 23 gennaio
del seguente, allorché accadde all'improvviso il seguente fatto straordinario.
La malattia,
ribelle ad ogni cura, aveva ormai fatto perdere in tutti la fiducia nelle
risorse della scienza medica, e i famigliari e la stessa ammalata pensarono di
fare ricorso direttamente a Dio con la più fervorosa preghiera.
Elena,
devotissima di S. Antonio di Padova anche prima del suo male, un giorno chiese
al cappellano dell'Ospedale, don Innocenze Valli, che le permettesse di
portarsi nella sua camera una statuetta del Santo, che egli teneva presso di sé.
Avutala, la
collocò nella sua cameretta, e le sue preghiere, durate per giorni con la fede
e il fervore che la distinguevano, in unione a quelle dei suoi cari e di tante
altre persone pie, nella più assoluta certezza di strappare la grazia, le ottennero
il miracolo istantaneo della più completa guarigione.
Erano le ore 16
del 23 gennaio 1908. Il Santo dei miracoli, apparsole con Gesù Bambino tra le
braccia sopra il letto, le disse: — Alzati, che sei guarita e valli a casa, che
hai finito di penare.
Ritornata in
famiglia la sera stessa tra lo sbigottimento dei medici e delle infermiere e la
gioia più pura dei parenti, non conobbe poi, in seguito, altro male che quello che
doveva menarla alla tomba undici anni dopo.
Aveva chiesto,
come confessò poi, di essere colpita da malattia nel posto della sorella Maria,
che ella riteneva più necessaria di lei alla casa, e il Signore l'esaudì
accogliendone l'offerta, e, dopo una lunga prova, ne la liberò all'improvviso
con un prodigio.
In famiglia,
non si tardò però a notare che il suo spirito, da tempo anelante alla
perfezione, ora sembrava volesse addirittura abbreviare le distanze. La
giovane, che forse presagiva una vita breve, si prefisse, infatti, di
moltiplicare i suoi atti di virtù, onde accelerare i passi verso la meta che le
brillava innanzi.
Intensificò
cosi al massimo le sue pratiche di pietà e il suo amore all'Eucarestia
raggiunse, in poco tempo, il fervore dei grandi mistici, tanto che vari sono i
fatti straordinari che, a questo proposito, si raccontano, quali Comunioni
ricevute da mano angelica o in modo del tutto misterioso, e rivelazioni su
sacrilegi, purtroppo realmente accaduti.
In casa e fuori,
fu perfetto modello di purezza e il suo volto verginale irradiava una luce di
cielo.
La sua
devozione all'Immacolata, che, nella cattedrale d'Imola, per impulso datole da
Pio IX, già vescovo della Diocesi, gode di particolarissimo culto, ebbe accenti
eccezionalmente fervorosi, e la funzione di quella Novena e della relativa
Festa la mettevano in diretto contatto con la Vergine e costituivano per lei
momenti di vero paradiso.
Anima di
apostolo come il fratello parroco, volle essere abilitata nell'insegnamento del
catechismo, onde aiutare questi nel laborioso ministero della catechesi ai
fanciulli, e sua delizia fu preparare ogni anno i piccoli della Parrocchia al
loro primo incontro con Gesù Eucaristico.
Curò poi, con
la massima premura, la loro Comunione frequente e ne raccolse i migliori nel
gruppo, da lei costituito, dei Paggetti del SS.mo Sacramento.
Mossa dal più
ardente spirito di carità, fu tutta viscere di pietà e di compassione per gli
ammalati e per i poveri, che visitava sovente nel locale ospedale e nelle loro
case, dando poi loro in elemosina il frutto del suo lavoro e dei suoi risparmi.
Anima
profondamente riparatrice, avrebbe desiderato istituire una congregazione che
avesse per fine l'espiazione delle offese che il Signore continuamente riceve,
e, se questo non le fu possibile, tutta la sua breve vita immolò egualmente a
questo scopo sì sublime.
Nessuna
meraviglia, quindi, se il Signore accolse la sua pura e generosa offerta e la
privilegiò di vari doni straordinari, imprimendole sulle carni il suo
indelebile sigillo.
Nel 1909,
infatti, le apparve, all'improvviso, una Croce sul petto con le parole “ Amore
e Sacrificio” impressale direttamente da Gesù, apparsole con volto sorridente;
Croce e parole viste poi da diverse persone, degne della massima fede, quali il
fratello can. parroco e il padre gesuita Alisiardi, allora in Imola.
Mesi dopo,
un'altra manifestazione: la corona di spine, e, nella festa del S. Cuore del
1916, le stigmate, visibili nei piedi sempre e nel costato solo il venerdì.
Nella Quaresima
del 1917 s'aggiunsero poi, in tutti i venerdì i dolori della flagellazione
subiti da Cristo, da lei rivissuti in ogni loro particolare.
Ormai era
quindi più che degna di comparire al cospetto dello Sposo Celeste e la chiamata
divina non poteva tardare.
Siamo negli
ultimi del 1918. L'epidemia, conseguente la grande guerra, allora appena
finita, chiamata « Febbre Spagnola », entrata anche nelle case d'Imola, ogni
giorno mieteva le sue vittime.
Elena, spinta
dalla sua inesauribile carità, che non si arrestava di fronte ad alcun
pericolo, quale angelo benefico, si trovò in quella desolazione, come nel suo
campo, e, senza riguardo alcuno per la sua salute, andò raggirandosi un po'
dappertutto dove infieriva il male, prestando amorosamente a quanti ne erano
colpiti cure fisiche e conforti morali.
Assorbito
anch'essa il germe di quell'insidioso morbo, il 27 dicembre era forzatamente
costretta a mettersi in letto.
Dopo avere
edificato quanti l'assistevano e la visitavano, specialmente per la sua
rassegnazione ai voleri di Dio e per la sua grande umiltà nel nascondere i doni
soprannaturali, ricevuti dal Signore in sì gran copia, alle ore 2,15 del 1°
gennaio 1919, nella casa canonica della parrocchia della cattedrale di S.
Cassiano, spiccava il volo per il Cielo. Contava appena 25 anni e 3 mesi di
età.
Mai notizia, di
morte tanto colpì e commosse la cittadinanza imolese. Unanime fu subito il
coro: «È morta una santa», e da tutti si andava a gara nel magnificarne le
virtù e il gran bene da lei compiuto nella sua breve carriera mortale.
I suoi funerali
furono un trionfo, come non meno imponenti furono le estreme onoranze,
tributate dalla Città intera, costernata dal duplice lutto e dalla non meno
irreparabile perdita, alla Salma del fratello Don Rocco, che, colpito pure lui
dallo stesso male il giorno medesimo nel quale lei si mise in letto, la seguì nella
tomba il 9 successivo.
Come entrambi
si erano santamente amati in vita, vivendolo uno per l'altro in Dio, così, anche in morte, non potevano essere separati.
Sulla sua
Tomba, nel silente cimitero del Piratello, vegliato dallo sguardo amoroso della
Vergine della quale essa fu particolarmente devota, si legge la seguente
bellissima epigrafe, dettata dal card. Giorgio Gusmini, arcivescovo di Bologna,
suo direttore spirituale:
ELENA ROCCA
MORENDO A XXV
ANNI
TRATTEGGIAVA
INCONSCIAMENTE
LA PROPRIA
MORALE FIGURA
CON LA FRASE
SCULTOREA
“SONO VISSUTA
MORTA SONO MORTA VIVA”
GIACCHÉ AL
MONDO NON VISSE
QUELL'ANGELO DI
FANCIULLA
SE NON PER
DISPREZZARLO
E VIVERE NASCOSTA
CON CRISTO ,IN DIO
NEL CUI SANTO
AMPLESSO
SI ADDORMENTO'
SOAVEMENTE ' '
PER L' ETERNA
VITA
ALL'ALBA DEL
GIORNO PRIMO
DELL'ANNO
MCMXIX.
GUARDI ESSA DAL
CIELO
A QUANTI LA
PIANGONO INCONSOLABILMENTE.
Glorificherà
Iddio un giorno, anche in terra, questa virtuosa Vergine romagnola? I suoi
giudizi sono imperscrutabili e a noi non resta che attendere e pregare perché,
ciò che gl'Imolesi tutti auspicano, si compia, se questo entra nei suoi voleri.
Bibl.: Card. GIORGIO GUSMINI Arcivescovo di Bologna: Memorie
Edificanti di
Elena Rocca Giovane Imolese. Bologna, Scuola Tipografica
Salesiana, 1919. — P. N. FLAMMINI T. O. R,: Giglio Candido. Vita di Elena
Rocca. Bari. Scuola
Grafica Salesiana, 1961.
“SONO VISSUTA MORTA, SONO NATA VIVA”
Lapide strana e tanto misteriosa
volutamente dettata da chi
già stava per varcar l’eterna soglia...
Sapeva di venir al mondo affetta
ancora dalla colpa originale
e trova nel morir la Vita vera!
AUTOGRAFO DI ELENA ROCCA
Una scrittura spigliata e decisa,
rivelatrice di un’anima tesa
all’essenziale, che sa tralasciare
pur i puntini e gli accenti: le preme
giungere prima all’incontro col Cristo!
TRASCRIZIONE DEL PRECEDENTE
AUTOGRAFO
“Perché ti angusti tanto per
ciò che fa il Signore attorno a
te? Egli ti vuole tanto bene,
ed è per questo che si occupa di
te in un modo meraviglioso.
Lasciati lavorare da questo artefice
divino se vuoi diventare
veramente preziosa”.
........................
(Ferrara 27-3-2016), Padre Nicola Galeno