AFORISMA

Meglio aggiungere vita ai giorni, che non giorni alla vita
(Rita Levi Montalcini)

Nostra Signora del Carmelo

Nostra Signora del Carmelo
colei che ci ha donato lo scapolare

lunedì 28 marzo 2016

Ciclo su Trittico Pasquale Imolese (Elena Rocca 1893-1919

Can. PIETRO BEDESCHI
I SANTI IMOLESI 
COOP. TIP. P. GALEATI – IMOLA - 1963


LA SERVA DI DIO ELENA ROCCA


Figlia di Giuseppe Rocca e Caterina Musconi, piccoli possidenti di Balìa, in comune d'Imola, nacque in quella località il 1° aprile 1893, e, il 4 seguente, venne rigenerata nelle acque del Battesimo nella vicina chiesa di Sesto Imolese.

Famiglia religiosissima, i Rocca, da secoli abitanti in quella ferace terra della bassa imolese, costituivano una piccola oasi di autentico cristianesimo in una zona, che il verbo socialista, abbondantemente sparso dall'imolese Andrea Costa, aveva fatto cadere nel più ottuso materialismo e resa insensibile ai problemi dello spirito, facendone così una "fortezza, umanamente imprendibile, di ostinato sovversivismo.

La sua nascita venne salutata come un nuovo dono di Dio, nonostante essa fosse la settima creatura, venuta alla luce in quella casa.

Il primo fiore era stato Rocco, nato nel 1875, che poi, sacerdote e canonico parroco della cattedrale d'Imola, avrebbe trovato nella virtuosa sorella l'anima a lui gemella e l'angelo consolatore delle ore tristi del suo ministero pastorale.

Seguirono a breve distanza Teresa (1877), che prese poi il velo tra le Ancelle di Gesù Agonizzante in Lugo e ne divenne in seguito Madre Generale; Pio (1880), Francesco (1882), Maria (1855) e Peppino (1891).

Dopo di lei, un altro ancora s'aggiunse alla numerosa nidiata: Luigi (1900), in seguito salesiano e missionario in India (morto nel 1956).

Fino da più teneri anni, essa rivelò una straordinaria inclinazione alle pratiche di pietà e un fervore eucaristico del tutto eccezionale per la sua età, tanto che, ricevuta la Cresima il 17 ottobre 1899, il 31 maggio 1903, quando non aveva ancora raggiunto il decimo anno, venne ammessa alla prima Comunione nella chiesa plebanale di Cantalupo, dalla quale dipendeva allora quella di Balia, a quel tempo ancora semplice cappellania.
Dopo il primo incontro con Gesù, essa apparve ancora maggiormente desiderosa di perfezione, tanto da essere l'esempio e lo stimolo più efficaci ad ogni virtù per quanti degli estranei avevano la fortuna d'avvicinarla, nonché l'amore sempre più caro della sua ottima famiglia.
Una sua maestra, che l'ebbe alunna nelle scuole elementari di Fornace Guerrino, la signora Caterina Sassi, ved. Remondini, ha lasciato di lei la più lusinghiera testimonianza circa le sue eccezionali qualità spirituali e morali, la sua intelligenza e il suo amore allo studio.
Questo, mentre attorno alla sua casa cristiana rumoreggiava in continuazione la procella sociale e antireligiosa, alimentata dalle dottrine sovvertitrici, che dissacravano ogni giorno di più le coscienze di quella semplice e laboriosa popolazione.
A dare un indirizzo sempre più spirituale alla vita di questa privilegiata fanciulla, oltre la prima Comunione, contribuì anche una visita che, qualche anno dopo, fece coi genitori alla sorella Teresa, divenuta Suor Colomba nell'Istituto delle Ancelle di Gesù Agonizzante in Lugo.
Fu allora che essa incominciò a pensare a un suo distacco dal mondo per darsi tutta allo Sposo Divino, esercitandosi quotidianamente nella pratica delle più belle virtù cristiane, dove in breve rifulse agli occhi dei famigliari e conoscenti.
Intanto, un avvenimento inaspettato decideva all'improvviso del suo avvenire.
Il fratello Don Rocco, nella primavera del 1906, era stato nominato canonico parroco della cattedrale d'Imola e tutta la famiglia lasciò Balia e si trasferì in Imola.
Elena, che contava allora quattordici anni, avrebbe così trovato nel fratello sacerdote, ministro di Dio tra i più pii e virtuosi della Diocesi, quella guida e quel sostegno spirituali, che le necessitavano per procedere speditamente verso la bramata meta della santità.

Subito alunna nella scuola di lavoro presso le locali Ancelle del S. Cuore, vi si distinse assai presto per le sue rare virtù e per la non comune capacità dimostrata nei lavori affidatili.
Poco più che quattordicenne, nel 1907, fu però colpita da una misteriosa malattia, che i medici giudicarono un'ostinata influenza, ma che l'obbligò al letto per parecchi giorni, causandole un pericoloso esaurimento generale.
 Fu perciò necessario il suo ricovero nel civico ospedale, dove essa stette dal luglio di quell'anno fino al 23 gennaio del seguente, allorché accadde all'improvviso il seguente fatto straordinario.
La malattia, ribelle ad ogni cura, aveva ormai fatto perdere in tutti la fiducia nelle risorse della scienza medica, e i famigliari e la stessa ammalata pensarono di fare ricorso direttamente a Dio con la più fervorosa preghiera.   
Elena, devotissima di S. Antonio di Padova anche prima del suo male, un giorno chiese al cappellano dell'Ospedale, don Innocenze Valli, che le permettesse di portarsi nella sua camera una statuetta del Santo, che egli teneva presso di sé.
Avutala, la collocò nella sua cameretta, e le sue preghiere, durate per giorni con la fede e il fervore che la distinguevano, in unione a quelle dei suoi cari e di tante altre persone pie, nella più assoluta certezza di strappare la grazia, le ottennero il miracolo istantaneo della più completa guarigione.
Erano le ore 16 del 23 gennaio 1908. Il Santo dei miracoli, apparsole con Gesù Bambino tra le braccia sopra il letto, le disse: — Alzati, che sei guarita e valli a casa, che hai finito di penare.
Ritornata in famiglia la sera stessa tra lo sbigottimento dei medici e delle infermiere e la gioia più pura dei parenti, non conobbe poi, in seguito, altro male che quello che doveva menarla alla tomba undici anni dopo.
Aveva chiesto, come confessò poi, di essere colpita da malattia nel posto della sorella Maria, che ella riteneva più necessaria di lei alla casa, e il Signore l'esaudì accogliendone l'offerta, e, dopo una lunga prova, ne la liberò all'improvviso con un prodigio.
In famiglia, non si tardò però a notare che il suo spirito, da tempo anelante alla perfezione, ora sembrava volesse addirittura abbreviare le distanze. La giovane, che forse presagiva una vita breve, si prefisse, infatti, di moltiplicare i suoi atti di virtù, onde accelerare i passi verso la meta che le brillava innanzi.
                         Intensificò cosi al massimo le sue pratiche di pietà e il suo amore all'Eucarestia raggiunse, in poco tempo, il fervore dei grandi mistici, tanto che vari sono i fatti straordinari che, a questo proposito, si raccontano, quali Comunioni ricevute da mano angelica o in modo del tutto misterioso, e rivelazioni su sacrilegi, purtroppo realmente accaduti.   
In casa e fuori, fu perfetto modello di purezza e il suo volto verginale irradiava una luce di cielo.
La sua devozione all'Immacolata, che, nella cattedrale d'Imola, per impulso datole da Pio IX, già vescovo della Diocesi, gode di particolarissimo culto, ebbe accenti eccezionalmente fervorosi, e la funzione di quella Novena e della relativa Festa la mettevano in diretto contatto con la Vergine e costituivano per lei momenti di vero paradiso.
Anima di apostolo come il fratello parroco, volle essere abilitata nell'insegnamento del catechismo, onde aiutare questi nel laborioso ministero della catechesi ai fanciulli, e sua delizia fu preparare ogni anno i piccoli della Parrocchia al loro primo incontro con Gesù Eucaristico.                                   
Curò poi, con la massima premura, la loro Comunione frequente e ne raccolse i migliori nel gruppo, da lei costituito, dei Paggetti del SS.mo Sacramento.
Mossa dal più ardente spirito di carità, fu tutta viscere di pietà e di compassione per gli ammalati e per i poveri, che visitava sovente nel locale ospedale e nelle loro case, dando poi loro in elemosina il frutto del suo lavoro e dei suoi risparmi.
Anima profondamente riparatrice, avrebbe desiderato istituire una congregazione che avesse per fine l'espiazione delle offese che il Signore continuamente riceve, e, se questo non le fu possibile, tutta la sua breve vita immolò egualmente a questo scopo sì sublime.
Nessuna meraviglia, quindi, se il Signore accolse la sua pura e generosa offerta e la privilegiò di vari doni straordinari, imprimendole sulle carni il suo indelebile sigillo.
Nel 1909, infatti, le apparve, all'improvviso, una Croce sul petto con le parole “ Amore e Sacrificio” impressale direttamente da Gesù, apparsole con volto sorridente; Croce e parole viste poi da diverse persone, degne della massima fede, quali il fratello can. parroco e il padre gesuita Alisiardi, allora in Imola.

Mesi dopo, un'altra manifestazione: la corona di spine, e, nella festa del S. Cuore del 1916, le stigmate, visibili nei piedi sempre e nel costato solo il venerdì.
Nella Quaresima del 1917 s'aggiunsero poi, in tutti i venerdì i dolori della flagellazione subiti da Cristo, da lei rivissuti in ogni loro particolare.
Ormai era quindi più che degna di comparire al cospetto dello Sposo Celeste e la chiamata divina non poteva tardare.
Siamo negli ultimi del 1918. L'epidemia, conseguente la grande guerra, allora appena finita, chiamata « Febbre Spagnola », entrata anche nelle case d'Imola, ogni giorno mieteva le sue vittime.                             
Elena, spinta dalla sua inesauribile carità, che non si arrestava di fronte ad alcun pericolo, quale angelo benefico, si trovò in quella desolazione, come nel suo campo, e, senza riguardo alcuno per la sua salute, andò raggirandosi un po' dappertutto dove infieriva il male, prestando amorosamente a quanti ne erano colpiti cure fisiche e conforti morali.
Assorbito anch'essa il germe di quell'insidioso morbo, il 27 dicembre era forzatamente costretta a mettersi in letto.
Dopo avere edificato quanti l'assistevano e la visitavano, specialmente per la sua rassegnazione ai voleri di Dio e per la sua grande umiltà nel nascondere i doni soprannaturali, ricevuti dal Signore in sì gran copia, alle ore 2,15 del 1° gennaio 1919, nella casa canonica della parrocchia della cattedrale di S. Cassiano, spiccava il volo per il Cielo. Contava appena 25 anni e 3 mesi di età.
Mai notizia, di morte tanto colpì e commosse la cittadinanza imolese. Unanime fu subito il coro: «È morta una santa», e da tutti si andava a gara nel magnificarne le virtù e il gran bene da lei compiuto nella sua breve carriera mortale.
I suoi funerali furono un trionfo, come non meno imponenti furono le estreme onoranze, tributate dalla Città intera, costernata dal duplice lutto e dalla non meno irreparabile perdita, alla Salma del fratello Don Rocco, che, colpito pure lui dallo stesso male il giorno medesimo nel quale lei si mise in letto, la seguì nella tomba il 9 successivo.
Come entrambi si erano santamente amati in vita, vivendolo uno per l'altro in Dio, così,    anche in morte, non potevano essere separati.
Sulla sua Tomba, nel silente cimitero del Piratello, vegliato dallo sguardo amoroso della Vergine della quale essa fu particolarmente devota, si legge la seguente bellissima epigrafe, dettata dal card. Giorgio Gusmini, arcivescovo di Bologna, suo direttore spirituale:

ELENA ROCCA
MORENDO A XXV ANNI
TRATTEGGIAVA INCONSCIAMENTE
LA PROPRIA MORALE FIGURA
CON LA FRASE SCULTOREA
“SONO VISSUTA MORTA SONO MORTA VIVA”
GIACCHÉ AL MONDO NON VISSE
QUELL'ANGELO DI FANCIULLA
SE NON PER DISPREZZARLO
E VIVERE NASCOSTA CON CRISTO ,IN DIO
NEL CUI SANTO AMPLESSO
SI ADDORMENTO' SOAVEMENTE       ' '
PER L' ETERNA VITA
ALL'ALBA DEL GIORNO PRIMO
DELL'ANNO MCMXIX.
GUARDI ESSA DAL CIELO
A QUANTI LA PIANGONO INCONSOLABILMENTE.

Glorificherà Iddio un giorno, anche in terra, questa virtuosa Vergine romagnola? I suoi giudizi sono imperscrutabili e a noi non resta che attendere e pregare perché, ciò che gl'Imolesi tutti auspicano, si compia, se questo entra nei suoi voleri.

Bibl.: Card. GIORGIO GUSMINI Arcivescovo di Bologna: Memorie Edificanti di
Elena Rocca Giovane Imolese. Bologna, Scuola Tipografica Salesiana, 1919. — P. N. FLAMMINI T. O. R,: Giglio Candido. Vita di Elena Rocca. Bari. Scuola Grafica Salesiana, 1961.

























“SONO VISSUTA MORTA, SONO NATA VIVA” 

Lapide strana e tanto misteriosa
volutamente dettata da chi
già stava per varcar l’eterna soglia...

Sapeva di venir al mondo affetta
ancora dalla colpa originale
e trova nel morir la Vita vera!






AUTOGRAFO DI ELENA ROCCA

Una scrittura spigliata e decisa,
rivelatrice di un’anima tesa
all’essenziale, che sa tralasciare
pur i puntini e gli accenti: le preme
giungere prima all’incontro col Cristo!






TRASCRIZIONE DEL PRECEDENTE AUTOGRAFO

“Perché ti angusti tanto per 
ciò che fa il Signore attorno a
te? Egli ti vuole tanto bene,
ed è per questo che si occupa di
te in un modo meraviglioso.
 Lasciati lavorare da questo artefice
divino se vuoi diventare
veramente preziosa”.
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(Ferrara 27-3-2016), Padre Nicola Galeno



mercoledì 23 marzo 2016

Le stragi di Bruxelles

LE STRAGI DI BRUXELLES


Cercavo un angolino per sfuggire
ad una morte certa tra le bombe...
Felice mi destai nell’aldilà!

Pareva ormai la terra assai lontana...
Come potei sprecar sì tanto tempo
su quella zolla tutta insanguinata?


(Ferrara 23-3-2016), Padre Nicola Galeno

lunedì 21 marzo 2016

Perché a Pasqua ci si scambiano le uova e si pranza con l'agnello?

Perché a Pasqua ci si scambiano le uova e si  pranza con l’agnello?

In tutto il mondo, l’uovo è il simbolo della Pasqua. Dipinto o intagliato, di cioccolato o di zucchero, di terracotta o di cartapesta, l’uovo è parte integrante della ricorrenza pasquale e nessuno vi rinuncerebbe. Quanti di noi, però, conoscono il significato autentico di questo simbolo?







Con l’avvento del Cristianesimo, molti riti pagani furono assimilati dalla nuova religione. La stessa festività pasquale, d’altro canto, risente di lontani influssi: cade, infatti, tra il 25 marzo e il 25 aprile, nella prima domenica successiva al plenilunio che segue l’equinozio di primavera. La Pasqua, così si festeggia proprio nel giorno in cui si compie il passaggio dalla stagione del riposo dei campi, a quella della nuova semina: la rinascita della  natura.
Anche in occasione della Pasqua cristiana, dunque, è presente l’uovo, quale dono augurale, che ancora una volta è simbolo di rinascita ma, questa volta, non della natura bensì dell’uomo stesso, della resurrezione di Cristo: il guscio è la tomba dalla quale Cristo uscì vivo.




Nella tradizione cristiana a Pasqua si mangia l’agnello, poiché nella sua simbologia si ricorda il sacrificio di Gesù in croce, la sua passione, infatti fu “immolato come un agnello”.
L’agnello noi tutti sappiamo essere un animale mansueto e la sua immagine ci ricorda appunto l’innocenza e simboleggia la pazienza, la mansuetudine e il candore di Cristo che viene “condotto al macello” e immolato per noi sul legno della Croce, al posto nostro, in obbedienza al Padre per la salvezza di tutta l’umanità.
Per quanto mi riguarda, preferisco l’agnello di marzapane o di zucchero,  simbolo pasquale che non richiede il sacrificio di una piccola creatura.
Buona Pasqua a tutti!

Danila Oppio 
articolo pubblicato sul Bollettino Parrocchiale del Santuario di S. Teresa del Bambino Gesù di Legnano (MI)

venerdì 18 marzo 2016

L'angolino di P. Mattia - Trinitario


L'ANGOLINO  :





1 - Se qualcuno , per mortificarti , ti dice che sei un "asino", non prendertela !

      Rispondi così : Tu volevi offendermi , io invece ti ringrazio , perchè  Gesù

      il giorno delle Palme non ha scelto un cavallo come te , ma ha "preferito" 

     un asino come me .  Sono contento di essere cavalcato dal Signore !!!....



2 - La PALMA è  segno della PACE !  I Sacramenti si definiscono così : "Sono
      "segni" efficaci della grazia istituiti da Gesù Cristo per santificarci".
     L'offrire una palma non sia una cerimonia , bensi un segno efficace che
     ristabilisca davvero  la pace e la fraternità interrotta : "Un Gesto Vero"





     





Si chiama SETTIMANA SANTA perché è stata santificata da Gesù 
     e dobbiamo santificarla anche noi .

                                             Sempre aff.mo Padre Mattia - Trinitario

giovedì 17 marzo 2016

Ciclo su Elena Rocca - terza parte


Ciclo su Elena Rocca (1893-1919) in testimonianze raccolte da Don Giuseppe 
Trascrivo ora la testimonianze di Sr. Lucia Brugnoli,

la suora che forse ha raccolto più confidenze di Elena Rocca
in merito alla sua estrema vicinanza alla Passione di Cristo.








IL PRIMO ED ULTIMO FOGLIO DELLA DEPOSIZIONE DI SR. LUCIA
   
Io, Suor Lucia Brugnoll, al secolo Rosa di anni 71, figlia del fu Giovanni e della fu Argia Pianori, della “Congregazione delle Ancelle del Sacro Cuore di Gesù sotto la protezione di S.Giuseppe, domiciliata oggi nella filiale di S.Carlo di Cesena, prov. di Forlì, non potendo per infermità scrivere a lungo detto a una persona di mia fiducia quanto segue:
                                                                        
Verso la metà di Giugno del 1914 fui traslocata da Bologna a Imola. Nel Laboratorio, alla direzione del quale ero stata assegnata, vi era Elena Rocca, che aiutava, quando poteva, nei lavori di biancheria; però aveva una preferenza per sorvegliare le allieve più piccole; mi alutava a insegnar loro i primi lavori, le istruiva nel catechismo, le preparava alla confessione, le stimolava a fare piccoli atti di virtù.   

Le piccole la seguivano in tutto con gioia; appena la vedevano, la circondavano, felici di starle vicine. Il Laboratorio era frequentato allora da bambine dai sei anni in su; le giovani vi apprendevano lavori in maglieria, sartoria e biancheria. A capo di ogni reparto vi era una ragazza, che oltre ad insegnare, lavorava essa stessa per ordinazioni.                                                               

Quando veniva l'Elena, ero tranquilla, sicura di un aiuto non solo materiale, ma sopratutto morale e religioso. Da tutte godeva stima e confidenza;

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... e otteneva, anche dalle più indisciplinate, ordlne, obbedienza e rispetto. Alle volte mi chiedeva come si doveva comportare per certe intime confidenze, per tranquillità di sua coscienza. Era sempre pronta ad aiutare tutte, e lo faceva con tanta semplicità e sentita umiltà, che incoraggiava a ricorrere a lei nel casi anche un po' difficili.

Una volta una scolara mi aveva rovinato un lavoro, che doveva venir portato alla Ditta a Bologna, la mattina seguente. Io ero veramente molto preoccupata, non sapendo come fare a rimediarvi, data la ristrettezza del tempo. Mandai subito a chiamare l'Elena, sebbene sapessi che ella pure aveva un lavoro di premura.

Come al solito venne sublto; rlmase un po’ perplessa, poi, visto il lavoro, mi disse con franchezza: “Non ci pensi, spero di riuscire. La sua ferma parola mi tranquilllzzò, sebbene mi paresse impossibile che potesse riuscirvi. Ma l'Elena metteva tutta la sua confidenza in Gesù e nel suo Angelo Custode, che più volte le appariva. Alla mattina mi portò il lavoro finito, felice di avermi tolta da tanto imbarazzo.

Ciclo su Elena Rocca (1893-1919) in testimonianze raccolte da Don Giuseppe Mazzanti

Non curante della stima e rispetto,che per lei avevano tutte, sempre uguale a se stessa, giammai non ho scorto In lei un minimo atto di impazlenza; solo cambiava aspetto e si mostrava rigida e intollerante al minimo segno di stima e...

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... lode a suo riguardo.

Mi alutò a rimandare a casa una giovane, non di Imola, la quale metteva disordine nella Scuola fin a insegnare balli ecc.. Era riuscita, con inganno, a guadagnare la stima dei Superiori, dicendo che aveva intenzione ad abbracciare lo stato religioso. Ne parlai all'Elena ed ella, con somma prudenza, riuscì nell'intento.

Era animata da un instancabile spirito di apostolato, perché non si contentava di aiutarmi a sorvegliare le bambine e le ragazze nel Laboratorio; ma le seguiva fuori, si informava delle loro famiglie, delle compagne che frequentavano, per meglio aiutarle a mantenersi buone e oneste.

Era di carattere franco, disinvolto, ma insieme riservatissimo, per cui non avrebbe avvicinato le giovani più leggere; solo per obbedienza le accostava per esortarle ad essere docili con le Suore, e a frequentare la dottrina. Tutta la città sentiva gli effetti del suo umile e nascosto apostolato, avvivato da una grande carità, perché il suo sguardo e sorriso angelico attraeva e innalzava gli animi a pensieri celesti.

Era assai abile nel fare iniezioni; ed era chiamata per questo di giorno e di notte. Usava sempre semplicità e prudenza (in questa virtù era veramente ammirabile!) congiunta a carità dellcatissima. Lo attesto perché ha usato...

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... a me pure tale atto di carltà, più volte, in cui ebbl necessità di venire curata. E quello che le veniva dato in retribuzione lo lo dava in elemosina.

Per un forte impulso interiore, quando fui mandata ad Imola, compresi essere volontà del Signore, che mi fossi occupata ad aiutare quella buona figliola, la quale per umiltà e timore d'ingannare, nascondeva con vera arte i doni del Signore, e anche resisteva all’azione divina. Tutte le ragazze, grandi e piccole, facevano a gara per farmi conoscere le virtù di quella buona Figliola.

La domenica venne al Ricreatorio, ma faceva di tutto per sfuggirmi, perché, come poi mi confessò, aveva capito, che il Signore voleva, che si servisse di me, povera creatura...

Solo il 1° Venerdì del Mese, mentre era coi Paggetti della SS. Eucaristia dei quali si occupava, mi venne a chiedere un fazzoletto, glielo diedi e vidi, che con premura lo metteva dalla parte del cuore... Compresi bene il motlvo; ma appena la potei vedere da sola le chiesi il perchè; ed io stessa l'aiutai a confidarmi, che aveva una ferita nel cuore, che le si apriva; ed ella per impedire che i suoi si accorgessero delle vesti insanguinate, vi metteva dentro un fazzoletto. Una volta però non arrivò a togliere il fazzoletto, pri- ...

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... ma che la ferita si rinchiudesse; rimase fuori solo una punta; ed ella la strappò con forza e chissà con quale dolore.

La consigliai ad aprirsi col Confessore; mi rispose che non riusciva a farsi capire; le indicai un Sacerdote, che avrebbe potuto divenire suo Direttore. Ella acconsentì purché lo gli dicessi prima qualche cosa.

Un giorno le chiesi se quella malattia, che l’aveva incolta l'avesse chiesta lei. Sì, mi disse, per ottenere la guarigione di sua sorella ammalata aveva chiesto al Signore di dare a lei la sofferenza, però non subito,perché nessuno potesse sospettarlo. Così avvenne che la sorella guarì istantaneamente e lei, dopo qualche tempo, ammalò.

Aveva pure le stigmate nei piedi; un giorno le chiesi per assicurarmi, che me le mostrasse; con grande sofferenza mi fece vedere un piede; ed io constatai  che aveva veramente un foro, come di un grosso chiodo, e il foro passava da parte a parte e sanguinava. Nel Gennaio del 1917 fece sei chilometri a piedi, arrivò a casa, che il sangue aveva bagnato tutte le scarpe. I suoi, che nulla sapevano, ma che sempre ricorrevano alla cara Figliola, sicuri della adesione e anche della prudenza e destrezza con cui sbrigava ogni incombenza, appena arrivata a casa, la rimandarono di nuovo fuori per un'incombenza. Ella con prontezza obbedì; ma ...

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...nel ritorno dovette subito andare a letto e mi disse che i piedi erano talmente piagati che a lei stessa fecero ribrezzo. Eppure ella era tanto noncurante di se stessa e così volentieri si dlsprezzava! Un giorno mise dentro alla ferita di un piede un bachetto.per vedere se veramente passava dall'altra parte. La richiamai fortemente ed ella sempre umile, docile, obbedì prontamente.

Molte volte ha subito la flagellazione. ll glorno 17 del 1916 era già la quarta volta. II Signore le disse di dirmi tutto e di lasciarsi medicare; ma tanto fu lo sforzo per la ripugnanza, che sentiva, che lo non riuscii, perché svenne dal male. Il sabato mi disse, che la SS. Vergine I’aveva incoraggiata a farsi fasciare, perché Ella pure aveva compito simile ufficio col Suo Gesù. Vidl il pannolino, che era vicino alla pelle inzuppato nel sangue e attaccato; troppo doloroso sarebbe stato levarglielo e non osai...

Aveva pure la corona e si vedeva dall’ingrossarsi della fronte e degli occhi e alle volte mi veniva a chiedere di sospendere il lavoro, perché non ci vedeva bene. Alla notte stava seduta, ma poi sorpresa dal sonno, cadeva sul guanciaIe con tanta sofferenza.

Un giorno mi portò un'Ostia; si vedevano le impronte dei denti ed era sanguinante. Ella aveva sentito il lamento di Gesù e si era portata alla Chiesa di S.Domenico; ...

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...accolse l'Ostia ed io la consigliai di portarla al suo Direttore, che si trovava al Piratello per gli Esercizi Spirituali.

II giorno del S.Cuore del 1915, essendole stato dal Sipnore assegnato come luogo ove ritirarsi, il coretto della Chiesa nostra e persuasa a non resistere più all'Amore divino, perdette per la veemenza dell'azlone divina le forze, lasciava sfuggire parole tronche, da cui si capiva l'interna sua lotta, e la preghiera perché nessuno ai accorgesse di quanto in lei si operava. Dopo aver invocato il nome della Vergine, che nello slancio pensai le apparisse, ricevette le stimmate anche nelle mani.

Nel pomeriggio volli vedere le sue mani e chiara appariva l'impronta. Un'altra volta fu presa da tale veemenza dell'Amore Divino, che mi prese per la mano, mentre uscivo con lei di Chiesa; mi trascinò e mi fece correre per la scuola, per due o tre giri, poi rimase estatica lasciandomi. Avvisai il suo Direttore, che era ancora in casa.

La sorpresi una volta con le mani sotto al rubinetto, mentre lavava il sangue uscito dalla ferita. Fu richiesta dalla Superiora di aiutarla in un lavoro a telaio. Ella che non si rifiutava mal, accettò, ma chissà con quale sofferenza e non solo fisica!... Essendo venerdì le sue mani apparivano molto gonfie e rosse. La Superiora infatti le chiese che cosa avesse fatto in quella mano.L'Elena disse a me: per fortuna che non...
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... ha visto anche l'altra mano. Un giorno mi accorsi che era molto sofferente, chiestole il motivo, mi disse: "Ho messo un cillzio datomi da un Angelo per espiare". "Va a cavartelo, le raccomandai, e consegnalo a chi te lo ha dato”. Ubbidì e ritornando mi disse,che era stato il demonio.

Un giorno mi chiese se poteva, senza disgustar Gesù, mostrarsi un po’ meno esatta nella perfezione esteriore, perché non la stimassero più buona delle sue sorelle. Avendole io risposto di no, allora ella cominciò a scrivere i suoi peccati in piccole carte, che spargeva per terra; e questo – ella diceva - perchè tutti capissero come era cattiva.

Più volte espresse il desiderio di andare presso le Suore del Buon Pastore, fra le Maddalene per espiare i suoi peccati.

Avendo più volte ella ricevuto da Gesù comunicazioni intorno al desiderio del Cuore Divino, che si fondasse una Congregazione religiosa di anime vittime, molte volte per questo si pregava insieme; quando Gesù infine le disse di parlarne al Cardinale Arcivescovo di Bologna S. E. Giorgio Gusmini di santa memoria. Ella però era perplessa, timorosa di presentarsi in Arcivescovado, a Bologna, ove non era stata. Ma poi con animo pieno di abbandono nel Signore andò, si presentò a Sua Eminenza, manifestò a Lui tutto; e da allora il Cardinale Gusmini assunse la direzione dell’anima sua.

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II giorno 7 maggio Gesù le fece provare un po’ della sua agonia e il 15 aprile I9I7, venerdì santo, si ripetè; faceva compassione: stiramento di nervi, tremito convulsivo in tutte le membra che sempre più cresceva. Io cercavo di sollevarla, ma forse le accrescevo lo spasimo.  Faceva pietà. Per dieci minuti durò il rantolo dell’agonia; poi dieci minuti prima delle tre chinò il capo e stette così abbandonata a me, che la...

...reggevo, come fosse un corpo morto; così rimase per un po’ di tempo; poi riacquistò i sensi. Non so descrivere il sorriso, aspetto angelico, che aveva in quel momento... Fui presa da così profonda ammirazione e venerazione, che mi sarei messa in ginocchio. Le chiesi se aveva sofferto molto; mi rlspose: Sì, anche gli altri anni Gesù mi faceva provare un po’ della sua agonia, ma non ho sofferto mai come oggi."

Un giorno mi disse che Gesù le aveva chiesto di non prendere più cibo né bevanda per tutto il venerdì, fin al sabato di ogni settimana. Ella avrebbe voluto subito obbedire, ma in famiglia non le era possibile fare ciò. Le dissi di parlarne al Fratello Canonico e al suo Direttore; ma non poté ottenere subito il permesso; ed ella allora appena mangiato, con sofferenza grande, doveva rlmettere;  per lo sforzo le si aprì maggior- ...

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...mente la ferita,con dolore.

Nel 1918 fui traslocata a Cesena, ove l’Elena venne a trovarmi con alcune ragazze del Ricreatorio. Poi seppi che il 1° Gennaio 1919 era morta, vittima della sua grande carità nell’assistere i colpiti di febbre spagnola, avendo essa pure contratto il morbo.
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Mi sono fatta leggere quanto ho dettato e avendolo trovato conforme verità l’ho datato e sottoscritto.

S. Carlo di Cesena

                                 Sr. Lucia Brugnoli

22 novembre 1951

(Le due immagini sicuramente sono state a lungo contemplate da Elena Rocca)
(S. Domenico in Imola)

IL CRISTO MORTO, VEGLIATO DA MARIA ED ELENA ROCCA

Vergine, volli ancora unirmi a te
per fare compagnia nel sepolcro
a questo dolce Figlio martoriato,
lasciato troppo solo dai mortali...

“Davvero vuoi unirti al mio patire,
Elena dall’Amor trasfigurata?”.
“Certo, Maestro! Ma ti chiedo solo
che non appaia nulla esteriormente”...

Venisti soddisfatta: quel tuo corpo,
esile all’apparenza, sperimenta
tutto lo schianto della Santa Croce,
la sola che ci arrechi Redenzione...



(S. Maria di Valverde in Imola)

ECCE HOMO

Pilato seppe dir sol: “Ecco l’Uomo!”...
Ma tu, Signore, senti risuonare
in questa dolce Reggia del mio core
col più profondo giubil: “Ecco Dio!”.

Mi sento dall’Amor compenetrare
al punto di riviver nella carne
l’impatto del dolor più lancinante.
Divento Addolorata con Maria...

(Ferrara 17-3-2016), Padre Nicola 

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Il Paradiso non può attendere: dobbiamo già cercare il nostro Cielo qui sulla terra! Questo blog tratterà di argomenti spirituali e testimonianze, con uno sguardo rivolto al Carmelo ed ai suoi Santi