Lettera
circolare dei Superiori Generali
Fr. Fernando
Millán Romeral, O.Carm., e Fr. Saverio Cannistrà, O.C.D.,
in
occasione della chiusura del IV centenario della morte
del P. Girolamo
Gracián della Madre di Dio (1614-2014)
«IL SIGNORE GUARDA I PASSI DEI SUOI AMICI» (1
Sam 2,9)
Girolamo Gracián, un uomo in cammino...
Cari fratelli e sorelle,
1. in questi ultimi anni stiamo celebrando alcuni centenari
importanti per la vita della nostra famiglia carmelitana. Ricorrenze che ci
fanno sentire parte di una “storia viva che ci accoglie e ci spinge oltre”. In
realtà, la nostra tradizione appartiene alla storia della salvezza che Dio
iniziò a scrivere con il suo popolo ed continua ancora oggi nella sua Chiesa. Il
credente è fondamentalmente “uno che fa memoria”, ricordava il Papa Francesco.
Non vogliamo dimenticare la nostra storia,
ma invece mantenerla sveglia, grati a “una vera nube di testimoni” (Eb 12,1)
che lo Spirito Santo ha suscitato nella famiglia del Carmelo. Tutti loro sono per
noi un segno eloquente di come vivere il Vangelo. Spiccano tra loro “alcune
persone che in maniera speciale incisero per far germogliare la nostra gioia
credente”. Li stiamo ricordando in occasione dei loro anniversari: sant’Alberto
di Gerusalemme e Gracián, rispettivamente nell’VIII e nel IV centenario della
morte, e santa Teresa di Gesù, nel V centenario della nascita.
2. In questa lettera circolare desideriamo condividere con
l’intera famiglia carmelitana alcune riflessioni sul P. Girolamo Gracián. Il
punto di partenza sarà la sua stessa biografia, non sempre abbastanza conosciuta.
È certo che in questi ultimi anni, grazie alla pubblicazione di alcuni
repertori bibliografici, studi ed edizioni di parte della sua opera, Gracián ha
iniziato ad aprirsi uno spazio nella bibliografia carmelitana. È anche noto che
in questo processo ha avuto un ruolo importante il recupero della sua opera La
peregrinación de Anastasio. La maggior parte degli esperti afferma che se il
genere letterario dell’“autobiografia” può essere considerato fonte indiscutibile
di verità storica, probabilmente però non rende giustizia alla natura di questo
scritto. In realtà, gli episodi biografici scelti da Gracián, che li presenta a
volte in forma di memoriale e cronaca apologetica pro vita sua, si mescolano
con la sua dottrina spirituale, formando in tal modo uno scritto assai singolare
e al tempo stesso molto appassionante.
3. Girolamo Gracián fu un nomade cercatore di Dio, un pellegrino
infaticabile. In questa lettera riprenderemo la metafora del “cammino”, che egli
stesso utilizzò nella sua opera già ricordata, La peregrinación de Anastasio [ossia Il pellegrinaggio di Anastasio,
da ora citato PA], per esporre il proprio itinerario storico e spirituale.
Girolamo Gracián professò la Regola dell’Ordine Carmelitano e, prima della sua
morte, il 21 settembre 1614, trascorse metà della vita nel Carmelo teresiano e
l’altra metà nel Carmelo primitivo. La fecondità della sua testimonianza e del suo
ministero sgorgò dalla stessa fonte e dalla medesima Regola. Non è senza
significato che il suo anniversario si inserisca tra quello del “legislatore
del Carmelo” e quello della sua grande “riformatrice”. Il fatto di aver vissuto
in ambedue i rami del Carmelo è per tutta la famiglia carmelitana e per la Chiesa
un grande segno di comunione.
1. UN UOMO DEL SUO TEMPO
Girolamo Gracián Dantisco (1545-1572)
La tua
Parola è lampada per i miei passi…
4. Girolamo Gracián nacque nella città castigliana di
Valladolid, il 6 giugno 1545. Lì ricevette l’impronta sviluppatasi in seguito lungo
la sua vita. Nelle sue vene scorreva sangue spagnolo e polacco. Il padre, Diego
Gracián de Alderete, un autentico umanista, fu “segretario di latino di sua
Maestà” il re Filippo II. Si distinse come eccellente calligrafo, poliglotta e
ottimo conoscitore della cultura classica. Fu segretario di vescovi e
traduttore di libri, specialmente greci e latini. In gioventù ebbe una stretta
amicizia con quello che in seguito sarebbe divenuto suo suocero, Juan Dantisco,
ambasciatore polacco alla corte di Carlo I di Spagna e V dell’Impero
Romano-Germanico. Con il passare degli anni arrivò a diventare vescovo, il
primo di Culm, e in seguito fu promosso alla Chiesa di Warmia (Polonia). Girolamo
Gracián avrebbe ereditato tanto dal padre come dal nonno materno la passione per
le lettere e la cultura classica.
5. Gracián era il terzo di venti fratelli. Teresa di Gesù
cantò le lodi della madre, Juana Dantisco, per la profonda religiosità che
seppe trasmettere ai figli. Sette di loro abbracciarono la vita religiosa. Presero
l’abito carmelitano Maria di San Giuseppe, Isabella di Gesù, Giuliana di Santa
Teresa e Lorenzo Gracián. Ancor molto giovane, Girolamo ebbe come direttore spirituale
un sacerdote della Compagnia di Gesù. Studiò nella celebre Università Complutense
di Alcalá de Henares. A soli 19 anni era già Maestro nelle Arti, il che ne dimostra
l’intelligenza e la capacità di studio. Frequentò poi la teologia fino ad
ottenere il grado di Dottore. Fu ordinato sacerdote a 24 anni di età. È ben
nota la feconda attività letteraria svolta dal P. Girolamo Gracián (cf. PA, c.
XI): “La lettura e lo studio di buoni libri, principalmente da quando iniziai la
teologia come mia professione, sono un’abitudine, ormai da dieci anni da che
iniziai a studiare fino ad ora” (PA, c. XV). La lampada della Parola, pietra
angolare della sua formazione accademica e teologica, avviò la sua ragione e la
luce dell’intelletto verso il mistero di Dio (cf. Sal 108,105). “Nostro Signore”
gli fece intendere “molte volte che ai letterati ai quali Egli dà la luce per
la via ordinaria dello studio, non è necessario che si dia attraverso
rivelazioni e visioni private…” (PA, c. XV). Quindi afferma: “mi decisi a
scrivere” e a “non nascondere il talento letterario che il Signore mi aveva
dato” (PA, c. XII).
6. Le radici della famiglia di Girolamo, il vincolo con la
corona spagnola, la sua formazione classica e gesuitica, l’incontro successivo
con santa Teresa di Gesù e con i movimenti riformisti dell’epoca forgiarono in
lui un uomo intellettuale, fedele rappresentante del Siglo de Oro spagnolo. Fu appassionato per la teologia e, da grande
umanista, scoprì nella scienza teologica la migliore medicina contro la dittatura
delle “opinioni” e l’“idolatria del relativo”. La formazione ricevuta gli offrì
gli strumenti necessari per intavolare un dialogo con la cultura di una società
in piena effervescenza. Lesse di tutto e scrisse instancabilmente, come testimonia
egli stesso, sulla “teologia mistica” (cf. PA, c. XII). Senza “teologia” e senza
“mistica” qualsiasi attività ecclesiale mancherebbe il profitto per le anime, e
tutto si ridurrebbe a pura speculazione o alla lettura semplicistica di quattro
foglietti e di un paio di omelie prefabbricate da altri. Prima di “pensare” bisogna
“sedersi” e intrattenersi “con il Signore”, evitando così la superficialità, le
contingenze e la fretta. Gracián non visse di parole prestate da altri. Fu un uomo
del suo tempo, un testimone intelligente del Vangelo. Anche la sua parola e il suo
messaggio furono pellegrini. La sua prospettiva internazionale gli permise di
avere uno sguardo ampio, di aprirsi agli impulsi missionari e agli insegnamenti
spirituali del proprio tempo. Subì, come c’era da aspettarsi, forti opposizioni
e lotte di potere. Eppure, nelle contraddizioni della storia, lì dove il
Vangelo si incarna, seppe restare fedele a Dio e ai propri principi. Di fatto,
la sequela di Cristo e la proclamazione della Buona Notizia secondo la logica
dell’Incarnazione avvengono in mezzo alle circostanze e alla persone del
proprio tempo. Questa logica ci libera dalla “tentazione di una spiritualità occulta
e individualista” e ci fa sentire in comunione con tutti gli uomini.
2. L’INCONTRO CON SANTA
TERESA DI GESÙ
Fra’ Girolamo della Madre di Dio, carmelitano
scalzo (1572-1592)
La scelta del
Carmelo: “questa via è santa e buona” (R. XX)
7. Una volta ordinato sacerdote e terminati i corsi di dottorato
cominciò a pensare alla possibilità di entrare nella Compagnia di Gesù. In questo
processo di ricerca conobbe le monache carmelitane di Pastrana e la loro priora
Isabella di San Domenico. La vita e lo spirito di queste donne lo affascinò: “Presi
l’abito a Pastrana, nel 1572, dopo aver lottato per quasi un anno e mezzo con
la vocazione, il che non è un piccolo tormento. Perché tutte le ragioni
naturali erano contrarie per me a questo stato: mancanza di salute, debolezza
di costituzione, la fatica di studiare, gli obblighi verso i miei genitori e
fratelli […] Tutto questo si scontrava, da una parte, contro l’acceso desiderio
che avevo di servire Nostra Signora e, dall’altra, siccome iniziava allora la
riforma di questo suo Ordine, mi sembrava che la mia Signora mi chiamasse ad
essa” (PA, c. I). La Vergine del Carmelo sarebbe stata sin dal principio la
compagna di viaggio del frate carmelitano. Teresa di Gesù attribuiva la scelta
del Carmelo alla sua grande devozione a Maria e al suo grande desiderio di
servirla. Dice, infatti, che, quando era bambino, pregava di continuo davanti a
un’immagine di Maria della quale era molto devoto e che egli chiamava la “sua innamorata”:
“l’amore di una tal Signora mi acceca… perderò la vita, poiché la do molto
volentieri alla mia Signora, la Vergine Maria” (PA, c. I). Per Teresa di Gesù
fu l’intervento della Vergine a portarlo a prendere il suo stesso abito (cf. F
23, 4-8).
8. Iniziò così la sua avventura nel Carmelo e, benché fosse
solo un novizio, ebbe molti incarichi. Ce lo racconta egli stesso: “Presi
l’abito e poi cominciarono occupazioni e fatiche pesantissime di predicare e
confessare nel convento e nel villaggio di Pastrana e in tutti i paesi intorno
dove ci facevano elemosina […] Formai trenta novizi che poi furono il fiore di
tutto l’Ordine; ed eravamo così soli, che era necessario proteggerli dalle
imprudenze di alcuni professi che li avrebbero potuti dominare, perché non
lasciassero l’abito, e questo non costò poca fatica” (PA, c. I). Continua poi
col mostrare i rigori e le penitenze inflitte dai professi ai novizi. I primi
erano giovani senza formazione intellettuale, senza esperienza e prudenza… Tale
fatto produsse una forte crisi in fra’ Girolamo: “… che ero sul punto di
abbandonare l’abito e di non fare la professione”. Il P. Girolamo Gracián
perseverò nel Carmelo seguendo i saggi consigli della Madre Isabella di San Domenico
(c. PA, c. I).
Impegno per la Riforma
9. In Girolamo Gracián si uniscono l’amore per la Regola del
Carmelo e la riforma iniziata da santa Teresa, gli ideali del principio e la
capacità di viverli in maniera rinnovata. Questa convergenza era espressione della
primavera che la Chiesa stava vivendo dopo il Concilio di Trento. In certo
modo, la stessa che reclama anche il nostro tempo. Il Concilio Vaticano II ha
ricordato che la Chiesa vive la fedeltà alla propria vocazione per mezzo di una
riforma costante, ed il Papa Francesco ha commentato: “Ci sono strutture
ecclesiali che possono arrivare a condizionare il dinamismo evangelizzatore; allo
stesso modo le buone strutture servono quando c’è una vita che le anima, le
sostiene e le giudica. Senza vita nuova e autentico spirito evangelico, senza
«fedeltà della Chiesa alla propria vocazione», qualsiasi struttura nuova si
corrompe in poco tempo”. Girolamo ebbe la grande capacità di liberare gli inizi
della riforma tra i frati da quelle strutture che stavano facendo venir meno in
senso rigoroso e penitenziale la freschezza dell’opera di santa Teresa di Gesù.
10. Teresa fu una donna che visse con intensità il dono dell’amicizia.
Nel primo incontro con il P. Girolamo Gracián della Madre di Dio, a Beas de
Segura, nel 1575, si nota questa empatia, apertura e confidenza tra i due: “È
stato qui più di venti giorni il P. Maestro Gracián… è onesto ai miei occhi, e
per noi migliore di quanto saremmo stati capaci di chiedere a Dio… Con ciò
posso riposare del governo di queste case, una tale perfezione con tanta dolcezza,
io non l’ho mai vista” (MC 81, alla M. Isabella di S. Domenico, 12 maggio
1575). Una volta fatta la professione il P. Girolamo Gracián cominciò ad
assumere incarichi rilevanti nella nascente Riforma del Carmelo. Così, alcuni
mesi dopo la professione, fu nominato Visitatore Apostolico dei carmelitani
andalusi: “Ed eccomi qui, a 28 anni di età, e mezzo di professione, fatto
Prelato dei carmelitani andalusi, contro il volere del Generale e Protettore di
tutto l’Ordine dei calzati” (PA, c. I). Nel 1575 sarà Visitatore Apostolico di
tutti i carmelitani andalusi, anche del ramo scalzo. In quest’epoca, il Nostro eccelse
come capo della Riforma e paladino di santa Teresa di Gesù per portare a buon
fine la creazione della Provincia Scalza. Il P. Girolamo Gracián avrebbe finito
con l’essere incarcerato. Alla fine, e grazie all’appoggio di Filippo II, un Breve
di Roma confermò la creazione della nuova Provincia Scalza all’interno dell’Ordine
carmelitano. Il P. Girolamo della Madre di Dio, a marzo 1581, nel Capitolo
celebrato ad Alcalá de Henares, fu eletto primo Provinciale della Provincia
Riformata. Lo racconta così: “Si riunirono i Padri nel Capitolo ad Alcalá; si
fece la Provincia; furono ordinate le leggi; mi elessero loro primo Provinciale,
governai per quattro anni la Provincia fondando conventi di frati e di monache
in compagnia della madre Teresa di Gesù, con la fatica e l’impegno ordinari di viaggi,
affari, lettere, confessioni, sermoni e studio, ecc.” (PA, c. III).
11. Il 4 ottobre 1582 moriva ad Alba de Tormes la sua grande
confidente: “Benedetto sia Dio che mi diede una così buona amica, il cui amore,
mentre è in cielo, non si intiepidirà e posso aver fiducia che mi sarà di
grande aiuto” (PA, c. XVI). La riformatrice incontrò provvidenzialmente in lui
l’uomo che consolidò e diresse l’opera che aveva intrapreso. Scrivendo di lui
disse che era “uomo assai colto, intelligente e modesto, che per tutta la vita
fu accompagnato da grandi virtù, tanto che pareva che la Madonna lo avesse scelto
per il bene di questo Ordine primitivo”. Ella, parlando del suo stile di
governo, sottolineava la mescolanza di bontà e fermezza: “il suo tratto è così
piacevole che la maggior parte di coloro che hanno a che fare con lui lo ama, è
una grazia donata da nostro Signore, ed è così estremamente amato da tutti i
suoi sudditi e suddite perché anche se non perdona alcuna mancanza – che in ciò
ha come ultimo obiettivo l’aumento della religione –, lo fa con dolcezza così
gradevole da sembrare che non ci sia nessuno che si possa lamentare di lui”. Santa
Teresa ebbe fiducia in lui, e gli promise obbedienza (CC 30, 3) e, grazie a questo
voto, il P. Girolamo Gracián della Madre di Dio poté chiederle non solo l’apertura
di nuovi monasteri, ma anche di completare il libro delle Fondazioni e
di scrivere sulla sua vita spirituale, come fece nelle Mansioni. Ancora
per obbedienza a lui Teresa posò per fr. Juan de la Miseria, offrendoci così il
notissimo ritratto giunto fino a noi (cf. PA, c. XIII).
12. Girolamo Gracián da parte sua si aprì al magistero di
Teresa di Gesù, la quale impresse in lui l’impronta del suo carisma nascente,
diventando in tal modo per lui un importante punto fermo, un sostegno
spirituale e umano nella sua attività apostolica. Lo stato d’animo di Teresa di
Gesù verso Girolamo Gracián ha molti registri, che oscillano dall’atteggiamento
materno fino a quello della figlia grata. È assai nota l’ampiezza dell’epistolario
che i due si scambiarono (CC 29, 1; 30, 3) e quanto fosse “riposante” per
Teresa il “valvola di sicurezza” della sua amicizia: “Sono contenta che non ci
sia con vostra paternità il padre fra’ Antonio, perché, da quel che mi dicono,
nel vedere tante mie lettere non per lui, ne ha molta pena. Oh Gesù, che cosa
significa che un’anima s’intenda con un’altra, perché non manca cosa dire né ci
si stanca!" (MC 170, al P. Girolamo Gracián, verso il dicembre 1576). Lo
ricorda lo stesso P. Girolamo: “Ella mi comunicò il suo spirito senza nascondere
nulla, ed io alla stessa maniera manifestai tutto il mio intimo, e lì decidemmo
d’accordo di essere sempre conformi in tutte le questioni, ed ella oltre al
voto di religione fece il voto particolare di obbedirmi per tutta la vita per
una particolare rivelazione avuta” (PA, c. XIII). Amicizia e riconoscimento reciproci.
Anche il P. Gracián, infatti, restò conquistato dal suo magistero. Fece suoi i
sogni di Teresa e addirittura molto di più il suo ideale e la sua iniziativa
carismatica; perciò, più che amica e confidente, fu per lui anche la “madre”. Non
solo questo. In lei trovò la maestra che lo guidò per i sentieri della vita
interiore, ispirando il suo ministero a favore dei frati e delle monache della
riforma. Questo vincolo è espressione della relazione, essenziale e arricchente,
tra il maschile e il femminile al momento di vivere la vocazione e la missione
del Carmelo oggi.
Il rifiuto dei fratelli
13. Nel 1585 a Lisbona, fu eletto Provinciale il P. Nicolò
Doria. Il P. Gracián restò come Vicario Provinciale. Sempre lui fu eletto
Vicario della nuova Provincia del Messico nel Capitolo intermedio celebrato a
Valladolid, nel 1587. Non poté imbarcarsi nella flotta diretta alle cosiddette Indie
occidentali, perché né nel 1587 né nel 1588 partì alcuna spedizione. P.
Girolamo Gracián trascorse così più di due anni in Portogallo, dove era stato chiamato
dal viceré, il Cardinale Alberto. Fu Visitatore apostolico dei carmelitani portoghesi.
Nel 1590 venne chiamato a Madrid ed iniziò il suo calvario personale. Alla fine,
il 17 febbraio 1592, fu espulso dagli Scalzi, dei quali era stato il primo
Provinciale. Paradossi del destino. Era accusato di essere rilassato e di
dedicarsi più alla vita apostolica che a quella regolare e di mantenere una
relazione disonesta con Maria de San José, già priora di Siviglia e in quel
momento di Lisbona.
14. Il P. Girolamo della Madre di Dio fu spogliato dell’abito
scalzo che aveva indossato per vent’anni, e lo rivestirono con un abito talare.
“Alla fine, dopo una lunga prigionia, mi tolgono l’abito. E mi dispiacque molto
che mi dessero un mantello e una sottana di panno molto buono, che erano di un
novizio appena entrato” (PA, c. IV). Terminava confessando il dolore provato:
“Solo chi lo patisce può dire ciò che provò un tale avvenimento, chi era
entrato nell’Ordine degli Scalzi con la vocazione, come era accaduto a me, e
aveva tanto sofferto per costituire la Provincia e aveva dato l’abito agli
stessi che me lo tolsero” (PA, c. IV). A partire da quel momento tornò ad
essere il sacerdote Don Girolamo Gracián.
3. LA FEDELTÀ PROVATA
Don Girolamo Gracián (1592-1596)
Andare all’essenziale: “in
obsequio Iesu Christi vivere debeat” (R. II)
15. La nuova tappa di vita del sacerdote Don Girolamo Gracián
si svolse attraverso un continuo pellegrinaggio da un luogo all’altro, da un’esperienza
all’altra, passando per la richiesta di giustizia, la ricerca di un luogo dove essere
accolto e l’amara prigionia in terra straniera. Però, possiamo dire con le parole
di S. Paolo, che “tutto è per il bene di chi ama Dio e fu chiamato secondo il
suo disegno” (cf. Rm 8,28). Fu un tempo di purificazione provvidenziale che lo
aiutò a centrarsi nel nucleo del Vangelo e della vita religiosa, confermando la
sua scelta per il Carmelo. È certo che “il Signore custodisce i passi dei suoi
amici” (1 Sam 2, 9) e li dirige per il cammino della pace (cf. Lc 1,79). Nelle
circostanze più avverse, nel fallimento, il P. Girolamo Gracián seppe sempre guardare
avanti, vivendo in ossequio di Gesù Cristo (cf. R. II) e annunciando il Vangelo.
Magari è una testimonianza più che significativa per la nostra vita religiosa
attuale, in tempo di crisi e di apparente scoraggiamento.
16. L’“amore per la croce” (cf. PA, Prologo) e l’“amore per i
nemici” fu un balsamo in mezzo alla tribolazione (cf. PA, c. VIII.XI). Lo
constata quando giustifica coloro che lo perseguitavano, affermando che agirono
correttamente, poiché stavano soltanto incarnando “le delicatezze delle tracce
di Dio” (PA, c. IV), così come lo avevano fatto Giobbe, sant’Agostino e
addirittura lo stesso Gesù. In seguito avrebbe confermato di aver chiesto al Signore
“il desiderio di patire” e di avere la “nuda e oltraggiosa croce” perché “gli si
presentò di nuovo come il cammino più diretto e sicuro per il cielo” (PA, c.
VIII). E Dio lo ascoltò. In seguito, con serenità, affermò che il Signore non
tardò a concedergli ciò che, con tanta insistenza, aveva supplicato: “poco dopo
de questa richiesta cominciai a sperimentare che Dio mi faceva la grazia che
gli avevo chiesto e che me la concedeva” (PA, c. VIII). In realtà, non gli
mancarono persecuzioni, peregrinazioni, timori, pericoli, oltraggi ed altre
fatiche, che gli insegnarono una scienza molto saporosa: “che tutte le virtù nascono
dall’amore di Dio e del prossimo ed hanno per fine lo stesso amore” (PA, c.
XV). Di nuovo lo studio e la lettura dei padri della Chiesa aiutarono Girolamo
Gracián a discernere la propria situazione: “buono” non è solo colui che fa “bene”,
“buono” è soprattutto colui che, amando, sopporta il male (cf. 1 Pe, 3,9-11; Rm
12,17). Girolamo Gracián scoprì che non possiamo togliere forza al “Vangelo”, e
“chi non ama chi lo odia non è cristiano”, poiché “l’amore per i nemici è la
legge fondamentale” e “suprema quintessenza della virtù”. Nella sua Peregrinación
lo illustra con un esempio: “Consideravo i miei avversari come immagine di
Cristo… Se un tabernacolo o una custodia di pietra lavorato male, racchiude dentro
di sé il Santissimo Sacramento, non manco di adorarlo o onorarlo, anche se mi
piacerebbe vederlo d’oro e fabbricato in modo prezioso. So che in colui che mi perseguita
c’è Dio per essenza, presenza e potenza; mi piacerebbe davvero molto che il
tabernacolo fosse più gradevole, ma chiudo gli occhi all’esterno e non a ciò che
contiene” (PA, c. XI).
17. Ubi rigor, ibi virtus? Il P. Girolamo Gracián non condivise
l’atteggiamento di quelli che consideravano una virtù il “rigore” nell’osservanza,
una bandiera della riforma e un fine in sé stesso. Il conflitto che portò all’espulsione
di Gracián potrebbe essere riassunto dal paragrafo scritto da lui stesso: “Poiché
ci sono spiriti ai quali sembra che tutta la perfezione carmelitana consista nel
non uscire dalla cella, né sbagliare una nota in coro, anche se il mondo intero
stesse bruciando, e che il bene dell’Ordine consisterebbe nel moltiplicare i conventi
in piccoli villaggi di Spagna dimenticandosi degli altri, e definiscono chiunque
altro spirito inquieto e rilassato. Dio non mi condusse per questa via, ma per
quella della salvezza delle anime; e dei soggetti che devono impiegarsi in luoghi
piccoli, con loro fondare conventi nelle città più importanti dei diversi Regni
per la vera dilatazione e il profitto dell’Ordine. E poiché comunicai per tanto
tempo e tanto personalmente con la Madre Teresa de Gesù, il cui spirito era pieno
di zelo per la conversione di tutto il mondo, questo modo [di pensare] mi
colpiva ancor di più” (PA, c. III). Una domanda ronzava sempre nella testa di Girolamo:
“Dov’è Dio?” La sua risposta è chiara: là dove “trionfi l’amore” (PA, c. X).
Gracián fu fedele alla premessa che la “flessibilità” è buona compagna di viaggio,
che l’amore è “creativo” e che chi fa il bene non perde mai.
18. Dall’albero della croce vengono numerosi frutti e misericordie
(cf. PA, Prologo). La mansuetudine con cui accettò queste afflizioni, gli oltraggi,
i pericoli e le persecuzioni resero più grande il suo spirito (cf. Lc 1,46). Il
Signore gli concesse due grandi beni: da un lato, un grande spirito di “contemplazione”
per essere molto più di “profitto per le anime” (PA, c. XV) e cercare l’essenziale:
Dio solo... La contemplazione è “pensiero trattenuto, quando l’anima si
concentra con attenzione e quiete su un concetto, a differenza della meditazione
che si sposta da un pensiero all’altro. Come chi entra nel laboratorio di un pittore
dove ci sono molti quadri, e vedendo una pittura che gli piace, sofferma lì lo
sguardo e la osserva a lungo con attenzione, senza volgere gli occhi ad altre
pitture. Ciò mi accadde con una sola parola: Dio…”. (cf. PA, c. XV). Dall’altro
lato, “misericordia” (PA, c. XV), il più bel nome di Dio, e “misericordie”, per
non giudicare nessuno prima del tempo, sapendo aspettare che venga il Signore
(cf. 1 Cor 4,5), sarà lui a mettere allo scoperto le intenzioni di ogni cuore.
“Signore, non chiamare il tuo servo in giudizio, poiché nessun uomo vivo di
fronte a te è innocente” (Sal 142,2; Gv 8,7). La ricerca di Dio ci spinge come Girolamo
Gracián a collocare la “misericordia” del Signore sul candelabro (cf. Mt,
5,15), in un luogo visibile, perché illumini tutti quelli della casa. La
misericordia rompe frontiere, sana ferite, è artigiana di fraternità, ricostruisce
la famiglia.
La perseveranza nella prova: l’“abito di Adamo”
19. Chi ci separerà dall’amore di Cristo? La tribolazione,
l’angoscia, la nudità… (cf. Rm
8,35…). Il pellegrinaggio di Girolamo proseguì col viaggio a Roma per cercare la
protezione del Papa. Riuscì a parlare con Clemente VIII. Il Sommo Pontefice, per
mezzo dei suoi segretari, decretò che entrasse in un altro Ordine religioso. Gracián
ciese di entrare nei “cappuccini, certosini, francescani scalzi e in tutte le
altre religioni per chiedere il loro abito: nessuno volle darmelo, e mi vidi scacciato
da tutti gli Ordini come il più infame religioso che ci fosse al mondo” (PA, c.
V). Andò a Napoli e di lì in Sicilia; nell’isola si fermò otto mesi, aiutando e
confessando in un ospedale. Il 27 gennaio 1593, il Papa emise il Breve Uberes
fructus con cui confermava l’espulsione del P. Gracián da parte dei
Carmelitani scalzi, obbligandolo ad entrare negli Agostiniani o in qualche
altro Ordine osservante. A Gaeta si imbarcò per poter raggiungere Roma: “mentre
stavo terminando di dire messa, durante la quale mi decisi, invaso dalla
pressione interiore per la Vergine Maria e la santa madre Teresa di Gesù di non
lasciare il loro Ordine, a prendere l’abito degli Agostiniani scalzi, e non
appena il vento si calmò un po’, i marinai per approfittarne iniziarono a
prendere il mare. Da lontano vidi un vascello, quelli vedendo il fumo sulle
torri (il segnale dei corsari), cominciarono a piangere…” (PA, c. V). Ancora
una volta prigioniero! Girolamo Gracián scrisse, con un certo senso di umorismo,
che l’unico abito che Dio gli chiedeva ora di indossare era “la nudità”. Così indossò
l’“abito di Adamo”, contento che “nessuno poteva togliermelo ormai, se non scorticandomi”
(PA, c. VI). Lo descrive così: “mi vidi a pelle nuda in potere dei turchi con
la maggior gioia mai avuta – come dirò in seguito – nel vedere chiaramente la
volontà di Dio nel mio nuovo abito di Adamo, e che non si stava compiendo la
mia volontà, che era perseverare nell’abito del Carmelo, né quella dei miei emuli
che era di togliermelo” (PA, c. VI).
L’annuncio del Vangelo in catene
20. Perché la misericordia e l’amore non siano una “grazia a
buon mercato”, che rifiuta la croce, o un perdono malamente negoziato, devono
essere ben provati nel crogiolo della prova e dell’autentica sequela: “come il
fuoco stesso, che raffina e fa risplendere l’oro, oscura con il fumo e
distrugge la paglia, così sono fuoco le tribolazioni che in altri, destinati a
diventare oro di virtù, causeranno perfezione e vita esemplare” (PA, Prologo). Dio
si impegnò a fondo con Girolamo Gracián... Questi chiese “umiltà” e la vita gliene
offrì occasioni abbondanti di “umiliazione” per dimostrare la rettitudine della
sua richiesta. Ancora un episodio si aggiunse a quel punto alla sua convulsa
biografia: la prigionia ad Algeri. Nella sua Peregrinación, Girolamo
narra le proprie peripezie, l’ansia evangelizzatrice e alla fine la sua libertà.
Più volte durante il lungo periodo di prigionia pensò di stare per essere giustiziato:
“Passò il mezzodì; mi fecero mangiare, anche se non ne avevo voglia, poiché una
cosa è fare atti di martirio a freddo altra è vedere la morte in faccia. Passarono
alcuni giorni e ogni mattina aspettavo l’esecuzione della sentenza, senza aver né
luce né chiarezza della cosa” (PA, c. VI). Gracián, pieno di zelo per la salvezza
delle anime, non perse tempo. Racconta le conversioni che favorì, come predicava,
confessava, aiutava a cercare riscatti per i prigionieri. In mezzo ai tormenti
e alle angustie della propria prigionia ci racconta: “Confessavo i miei
prigionieri cristiani… li consolavo quando li bastonavano, componevo le loro
risse, li visitavo quando erano malati. E se volevano tagliare le orecchie o il
naso a qualcuno, cercavo di ottenere il perdono con il denaro, che gli stessi
cristiani mi davano con grande obbedienza” (PA, c. VI).
21. In molti modi, nell’arco della sua vita, Girolamo si
dedicò alla missione evangelizzatrice. Durante i quattro anni da Provinciale diede
una tinta missionaria e di espansione alla Provincia che governava: così, fece fondare
a Genova (1584), in Congo (1584) e in Messico (1585). Anche da prigioniero non trascurò
di annunciare il Vangelo ai compagni e a coloro che lo avevano catturato. Tornato
nell’Ordine, si mise a disposizione del Papa per intraprendere qualche
spedizione missionaria e dedicò a questa realtà alcuni dei suoi scritti. Questo
zelo missionario nasceva dal suo ardente desiderio di “salvare anime” e di
portare il Vangelo fino ai confini della terra. Disse Teresa che “a volte gli
sembrava che [un’immagine della Madonna] avesse gli occhi gonfi di pianto per
le molte offese che si facevano a suo Figlio. Da qui nasceva in lui un grande
impeto e il desiderio di confortare le anime e la commozione quando vedeva offendere
Dio in modo assai grave. Ha una grande inclinazione per questo desiderio del bene
delle anime, che qualsiasi fatica gli appare poca cosa se pensa di ottenere con
essa qualche frutto. Io stessa l’ho visto per esperienza nelle molte prove che
ha passato”. Teresa, evidentemente, non immaginava quali altre prove lo
avrebbero aspettato e la grandezza d’animo che avrebbe manifestato in esse.
4. CON L’ABITO
DI MARIA
Fra’ Girolamo Gracián, carmelitano
(1596-1614)
Perché mi
hai dato un abito di gala e di trionfo…
22. “Dio ci ha dato la libertà perché fossimo liberi”. L’11
aprile 1595 il Pascià di
Tunisi firmò la lettera con cui veniva liberato. Giunse a Genova. Da lì comincia
la nuova, ultima tappa, che abbraccia gli ultimi 18 anni della sua vita da
carmelitano (O.Carm.). Lo stesso Gracián ci racconta che una volta giunto a
Roma si gettò ai piedi del Papa dal quale ottenne il beneplacito per tornare a
indossare l’abito carmelitano. Lo stesso Gracián ce lo racconta così, riassumendo
in poche righe la sua vita fino a quando giunse nelle Fiandre: “Mi comandò di
prendere l’abito di carmelitano calzato nonostante la sentenza della Consulta dicesse
che non avrei potuto recarmi né dai calzati né dagli scalzi. Restai per un po’
di tempo a San Martino in Montibus [sic] dei calzati. Di là il Protettore
dell’Ordine mi comandò di trasferirmi in casa del cardinal Deza, protettore di Spagna.
Lo servii cinque anni nell’ufficio di teologo, scrivendo e stampando libri. Dai
memoriali che avevo scritto al Papa risultò che alla Congregazione dei
Cardinali di Propaganda Fide e al Papa sembrò bene che mi recassi in Africa:
mi affidarono la missione di andare a annunciare il Giubileo dell’Anno Santo ai
cristiani di quelle parti. Mi recai dal Re per ottenere lettere per i capitani
delle frontiere che mi servissero da salvacondotto. Fui presente alla morte di
mia madre. Mi recai a Ceuta, di lì a Tetuàn; compii la mia missione; tornai con
l’ordine di far pace tra il nostro Re e lo Sceriffo; non se ne fece nulla. Andai
al convento di Madrid; di là mi spostai a Valencia e Alicante da dove tornare a
Roma per riferire al papa Clemente VIII: lo fece Dio [per me]; io mi fermai a
predicare e stampare i miei libri a Valencia. Mi inviarono a Pamplona a predicar
la Quaresima. Di lì andai in Fiandra” (PA, c. VIII).
23. Gracián nella sua citata Peregrinación non
tralascia di esprimere la propria gioia e contentezza per il trattamento ricevuto
nell’Ordine del Carmelo: “E così, mostrarono molto piacere vedendomi con il
loro abito; il Generale mi fece poi Maestro dell’Ordine e mi diedero l’anzianità
che avrei avuto se avessi professato tra loro dal tempo in cui professai tra
gli Scalzi, e me l’hanno sempre conservata, cosa non da poco per cui
ringraziare” (PA, c. XIV). Mentre il periodo vissuto nella Riforma fu fruttuoso
in modo particolare per il suo impegno come uomo di governo, il periodo nell’Antica
Osservanza si distinse per le sue doti di predicatore e scrittore prolifico. Girolamo
scriveva ora in nome di prelati e del Priore Generale dell’Ordine, e le sue opere
vanno dall’attività missionaria alla storia e alla spiritualità del Carmelo. Per
ordine del P. Enrico Silvio, allora Priore Generale dell’Ordine, eletto a Roma
nel 1598, scrisse il suo famoso commentario della Regola dell’Ordine, Della
disciplina regolare, per stimolarne i membri all’osservanza. In quel
momento lavorò anche particolarmente per stampare gli scritti di santa Teresa in
altre lingue e promuovere la sua beatificazione. La Fiandra fu l’ultima tappa
del suo itinerario. Lì terminò di scrivere la Peregrinación de Anastasio.
Diálogos de las persecuciones, trabajos, tribulaciones y
cruces que ha padecido el P. Fray Girolamo Gracián della Madre di Dio.
24. P. Gracián giunse a Bruxelles a luglio 1607. Avrebbe trascorso
quegli anni alternando la vita “eremitica”, in un eremo nel giardino del
convento, con la predicazione, la confessione e l’assistenza alle Carmelitane Scalze
che stavano fondando in quelle terre. Era ancora vivo quando ebbe la gioia di
ricevere la notizia della beatificazione della Madre Teresa di Gesù, il 24 aprile
1614, da parte di Paolo V. Alle sei di sera della domenica 21 settembre 1614, moriva
il P. Girolamo Gracián, carmelitano. Bisogna tener conto anche tra le sue
attività missionarie della pubblicazione delle opere teresiane in ambienti
protestanti nonché delle sue proprie opere: Diez lamentaciones del miserable
estado de los ateístas, Leviatán engañoso, suma de algunos engaños… Come Teresa, volle rispondere, in un
certo senso, allo scisma creatosi nella Chiesa con la separazione luterana, fondando
monasteri nei quali si desse una testimonianza fedele e gioiosa del Vangelo. Girolamo,
diffondendo il suo insegnamento, aveva l’intenzione di offrire un modello di vita
trasfigurata dal Vangelo nella e al servizio della Chiesa. In tal maniera, il
Carmelo avrebbe contribuito al fervore apostolico della Chiesa post-tridentina
e ancora oggi sotto l’esempio di questi maestri, si coinvolge e prende nuove
iniziative per realizzare il sogno di una Chiesa comunità missionaria di
discepoli, “in uscita… che prendono l’iniziativa (‘primerean’), che si
coinvolgono, che accompagnano, che fruttificano e festeggiano”.
CONCLUSIONE
Victoria
amoris
(PA, c. X)
25. Caritas abundat in omnia... “Vestire chi è nudo”
(cf. Mt 25,36) è la prima opera di misericordia, secondo la tradizione ebrea. È
la prima cosa che fece Dio quando scoprì la nudità di Adamo ed Eva. Dio, secondo
alcuni mistici ebrei, fece per loro un “vestito di luce” (cf. Gn 3,21). Un bel
gioco di parole fece loro sospettare che Adamo ed Eva non indossassero solo un
vestito di “pelle”, come sarebbe stato logico, ma di “luce”, perché la prima
notte che dovettero trascorrere fuori del paradiso non fossero privi di tutto.
Gracián passò l’intera vita cercando “un abito da indossare”: “presi l’abito scalzo”;
“mi vestirono con un abito talare”; “mi posero un mantello e la sottana di
panno molto buono”; “mi diedero un abito da infame”; “mi vidi denudato, a pelle
nuda e indossai il mio nuovo abito di Adamo”; “mi diedero di nuovo l’abito dei
calzati”, ecc. Alla fine della vita, con sapienza e discernimento, affermerà:
“Dio può ben far sì che ci sia tanto frutto con un abito come con un altro, come
ho visto per esperienza” (PA, c.
XVI). Dio stesso fu il sarto che gli prese le misure. Ci volle
tutta la vita per confezionarlo! Pene e catene sono l’“abito degli amanti”. L’“abito”
che ricevette superò le sue aspettative, non fu un vestito esteriore, ma un abito
interiore. Gracián, così come Giuseppe nel libro della Genesi, fu spogliato di
ogni vestito (cf. Gn 37,3.23.31; 39,12; 41,14) per essere rivestito di una
“tunica di lino” (cf. Gn 41,42). Il “lino” per poter essere filato e perché
ottenga la sua leggerezza, luminosità e candore, deve essere battuto e pestato.
Il lino sono le opere buone dei santi… (cf. Ap 19,8). L’epitaffio di un rabbino
ebreo illustra bene ciò che sperimentò Girolamo Gracián: “Per ogni opera buona
compiuta dall’uomo in terra, in cielo nasce un filo di luce. Molte opere buone
fanno molti fili. Per che cosa? Per tessere un vestito di luce. Un vestito di
luce per dar gloria al Signore delle opere”. Una “veste di luce” tessuto con
fili di misericordia, bontà, umiltà, mansuetudine, pazienza, perdono, pace e
amore, che è il legame della perfezione (cf. Col 3, 12-15).
26. Cari fratelli e
sorelle: la carità trionfa, “abbonda” e “ama tutto”… Gracián ci invita ad essere
artigiani di pace e di riconciliazione, perché vedendo le nostre buone opere, sia
glorificato il Padre che è nei cieli (cf. Mt 5,16). Il pellegrinaggio di
Girolamo Gracián è espressione di un cammino spirituale più profondo, il quale
è risposta all’amore che Dio pose nel suo cuore per mezzo di Maria, al desiderio
di abbracciare la Regola del Carmelo d’accordo con gli insegnamenti di Teresa
di Gesù, e alla passione di darsi agli altri per la loro salvezza. Questa “victoria
amoris” (PA, c. X), vissuta soprattutto nei momenti di tensione, fu per lui
un’estasi di amore, però “non nel senso di rapimento momentaneo, ma come camino
permanente, come un uscire dell’“io” chiuso in sé verso la propria liberazione nella
consegna di sé e, precisamente, in questo modo, verso il ritrovare sé stessi, e
ancor più verso la scoperta di Dio”. Nel pellegrinaggio di Gracián, in realtà, intravediamo
il pellegrinaggio di ogni discepolo e, perciò, anche il nostro, cercando di
seguire lo stesso cammino di Gesù “che attraverso la croce lo conduce alla
resurrezione: la via del chicco di grano che cade in terra e muore, dando così
frutto abbondante”. Rendiamo grazie anche a Dio perché possiamo raccogliere il
frutto della testimonianza e del messaggio che ci ha lasciato il nostro
fratello Girolamo Gracián.
Oh Maria, stella del mare e pellegrina della fede, mostraci
Gesù e aiutaci a indirizzare i nostri passi alla cima del Carmelo, fino a
raggiungere l’unione con Dio nell’amore! Per Gesù Cristo nostro Signore. Amen.
Roma, 13 novembre 2014
Fernando Millán
Romeral, O.Carm.
Priore Generale
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Saverio Cannistrà,
O.C.D.
Preposito
Generale
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