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giovedì 24 ottobre 2024

SCONFINAMENTI - intervista a Padre MAURO ARMANINO

                            Sconfinamenti




1) A partire dal suo piano esperienziale "sul campo" quali elementi rilevanti coglie del rapporto tra giustizia sociale e giustizia climatica?

Ho vissuto buona parte della mia vita In ciò che si chiama il ‘Sud’ del mondo e in particolare in Africa Occidentale. Costa d’Avorio, Liberia e Niger da 13 anni. In particolare, in quest’ultimo Paese, nel quale mi trovo attualmente, opero in ambito delle migrazioni internazionali. Le migrazioni sono un ‘punto di osservazione’ unico se vogliamo tentare di capire cosa significhi ‘giustizia sociale’. In effetti il fenomeno migratorio può essere visto come uno ‘specchio’ del nostro mondo. Il modo con cui sono interpretate, gestite e ‘’criminalizzate’ le migrazioni rivelano il tipo di mondo e società nel quale ci troviamo. Disuguaglianze economiche, esclusioni, immaginari sociali e incapacità degli stati a dare concrete offerte di futuro ai giovani sono forme di violenza. Le migrazioni rappresentano uno dei tentativi di risposta alla ‘sparizione’ programmata di migliaia di giovani. La risposta, in genere violenta, alla mobilità umana, dice molto sul tipo di sistema di esclusione che si perpetua nella società. La giustizia implica ‘dare a ciascuno ciò che gli spetta’ in quanto persona relazionale chiamata a realizzare in pienezza la propria esistenza. C’è il diritto di rimanere, di partire, di lasciare il proprio paese e tornarvi senza che questo processo si trasformi in un viaggio ‘verso la morte’ nel deserto, il mare o le frontiere diventate muri.

Quanto alla ‘giustizia climatica’ vedo più complicato definirne i contorni. Nel Sahel, dove mi trovo, i cambiamenti climatici non datano da oggi. Periodi di siccità, talvolta drammaticamente lunghi, sembrano alternarsi a pioggie la cui entità sembra inedita. Sono vari i fattori che interagiscono sulla ‘giustizia climatica’. Tra questi la demografia, la crisi economica, l’assenza marcata dello Stato, l’insicurezza alimentare e la violenza armata di vari gruppi di affiliazione islamica. Altri gruppi rilevano maggiormente del banditismo che canalizza a proprio beneficio le risorse minerarie, droga e armi. Ciò contribuisce a produrre massicci spostamenti di popolazioni, che accentua la crisi ecologica. Soprattutto l’aspetto relazionale sembra il settore maggiormente colpito dal fenomeno citato. Crescono le manipolazioni identitarie, populiste e sovraniste che corrodono la coesione sociale. Ogni tentativo di cambiamento è ‘minato’ dalle divisioni etniche, religiose e politiche.

2) Quali responsabilità abbiamo? Perché ci riguarda?

L’Occidente porta una grande responsabilità sul tipo di mondo che abitiamo e il sistema che lo regge. In effetti il neoliberalismo capitalista non è solo un sistema economico quanto un’interpretazione della realtà. Quando tutto e tutti diventano ‘mercanzia’, e cioè oggetto che ha un prezzo di vendita sul mercato, capiamo perché lo sfruttamento di beni e persone non ha limiti. Se il solo parametro è il profitto nel tempo più rapido, la conseguenza non può che essere una guerra permanente di tutti contro tutti. Proprio come nella giungla, la sola legge che vige è quella del più forte ed è così che il mondo è fondamentalmente governato da poche migliaia di persone che costituiscono l’élite finanziaria del pianeta terra. La stessa politica sarà asservita a questo tipo di progetto economico e societario. Saranno gli interessi della piccola classe dominante a prevalere sull’interesse comune. Il capitalismo è nato e prosperato in Occidente ed è stato ‘esportato’ dappertutto dalla conquista dell’America fino all’epoca delle colonizzazioni per passare dal fenomeno della tratta degli schiavi. La natura, le relazioni umani, il senso stesso della vita hanno sofferto una terribile divisione. Da un lato un progetto di vita, di comunione, di armonia e di ‘ buen vivir’ (vivere bene) e dall’altro un progetto di morte dovuto all’appiattimento delle persone e del destino ad una sola dimensione, quella del profitto. Ogni tentativo di risanare il mondo, l’ecologia, l’economia ‘green’, l’uguaglianza e la giustizia che non contemplino la messa in discussione radicale del sistema capitalista è destinato a fallire. Solo nuovi stili di vita e di economia, basati su una sana politica di ricerca del bene comune e la contestazione delle spese militari e delle guerre come ‘distruzione creativa’ potrà sperare di dare futuro al futuro.
 

3) Dal suo "punto di osservazione" che percezione ha delle consapevolezze (o meno) dell'Occidente?

Dall’osservatorio di ‘sabbia’ del Sahel, rilevo tre tipi di naufragio dell’Occidente. Il primo si trova nello ‘sguardo’. In effetti, malgrado le critiche, i lavori degli antropologi e i cambiamenti occorsi nell’interpretazione delle culture, lo sguardo dell’Occidente sulle Afriche, e più in genere sul ‘Sud’ del mondo, non riesce a liberarsi dal passato ‘coloniale’. Uno sguardo, quello occidentale, che continua a presumersi unico e dunque in grado di giudicare, dal ‘suo’ centro e punto di vista ogni differenza in fondo intesa come inferiorità rispetto al modello unico europeo. 
Forse non si è capito ancora che anche gli africani hanno smesso di parlare con la bocca degli altri e di guardare con gli occhi degli altri. Hanno scelto di usare la propria bocca e i propri occhi per raccontarsi. L’incapacità di mettersi all’ascolto dell’altro è proprio ciò che ha costituito il secondo naufragio dell’Occidente. L’arroganza del potere della tecnica, dell’economia e, non dimentichiamo, delle armi, ha creato la temibile malattia della sordità europea che parla di se stessa e a se stessa senza mai uscire da se stessa. In tutti questi anni di progetti di sviluppo, assistenze umanitarie e accordi bilaterali il grande assente è stato l’ascolto attento e umile di chi avrebbe potuto salvare l’Europa da se stessa.
Infine, alla radice dei naufragi giace il grande tradimento che avrebbe comportato lo smarrimento del pensiero e dell’etica ad esso conseguente. Si tratta della drammatica separazione della spiritualità dalla vita quotidiana, la mutilazione non casuale di ogni interiorità, la perdita del sacro, dell’anima e di quanto costituisce la dignità della persona. L’espropriazione di questa dimensione essenziale è stata l’opera fondamentale del capitalismo che il neoliberismo continua a completare. Le Afriche non accetteranno facilmente di essere svenduti alle ideologie dominanti nell’Occidente etico. Per chi ‘ogni giorno in più è una vita’ non è credibile che il cambiamento di sesso dei bimbi o le bandiere arcobaleno LGBT siano una priorità.
                        
                          Mauro Armanino, ottobre 2024

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