AFORISMA

Meglio aggiungere vita ai giorni, che non giorni alla vita
(Rita Levi Montalcini)

Nostra Signora del Carmelo

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colei che ci ha donato lo scapolare

lunedì 23 gennaio 2023

VITA DI TERESA - ADOLESCENZA - seconda conferenza di Padre CLAUDIO TRUZZI OCD


2 – VITA di TERESA

ADOLESCENZA

«... Ad un tratto la Vergine Santa mi parve bella, tanto bella che non avevo visto mai cosa bella a tal segno: il suo viso spirava bontà e tenerezza ineffabili, ma quello che mi penetrò tutta l'anima fu il sorriso stupendo della Madonna. Allora tutte le mie sofferenza svanirono, delle grosse lacrime mi bagnarono le guance, ma erano lacrime di una gioia senza ombre...»..

Oscura esperienza della sofferenza 

L'esperienza dolorosa del collegio trovava un certo equilibrio in famiglia, ma questo equilibrio ad un certo momento si ruppe. Vi contribuirono diversi fatti.

•  Un segno profondo aveva lasciato nel suo spirito la misteriosa visione del babbo (estate del 1879 o 1880). Il signor Martin si trovava ad Alençon, per affari. 

Potevano essere le due o le tre del pomeriggio, il sole sfolgorava e tutta la natura pareva in festa. 

Teresa dalla finestra che guardava il giardino, scorge

«un uomo vestito in tutto e per tutto come Papà: medesima statura e identico passo, soltanto molto più curvo. La testa era coperta da una specie di grembiule di colore incerto, in modo che non potei vedere il viso. Portava un cappello simile a quello di Papà. Lo vidi avanzare d'un passo regolare, lungo il giardinetto mio. Subito un sentimento di timore soprannaturale m'invase l'anima; ma in un'attimo riflettei che certamente Papà era tornato, e si nascondeva per farmi una sorpresa. Allora chiamai forte forte, con una voce che tremava dall'emozione: “Papà., papà!…”. Ma il misterioso personaggio non pareva udisse: continuò il suo passo regolare senza neppure voltarsi e scomparve dietro gli alberi. Il tutto durò un istante solo, ma mi s'impresse così profondamente nel cuore che, oggi, dopo quindici anni... il ricordo è ancora presente come se la visione stesse dinanzi agli occhi». (A-68)

Soltanto anni dopo, lei e le sorelle capirono che la visione si riferiva al loro padre. Negli ultimi anni di vita, infatti, il signor Martin fu colpito da arteriosclerosi cerebrale e conseguenti agitazioni o anomalie  psichiche. 

– Forse l'evoluzione di Teresa sarebbe rimasta negli argini della normalità, se un trauma non fosse venuto a dissestare il tenue equilibrio della sua affettività. Teresa stessa ce ne offre tutti i dati descrivendo cruda-mente l'evento che – in retrospettiva – interpreta in chiave di provvidenza superiore. Che cosa era successo?

Senza che nessuno la preparasse, improvvisamente Teresa viene a sapere che anche la sua “seconda seconda mamma” (Paolina) l'avrebbe lasciata. Stava, infatti, per entrare al Carmelo. 

«Come dire la mia angoscia? Piansi amaramente... Se avessi saputo a poco a poco la partenza della mia Paolina carissima, forse non  avrei sofferto tanto, ma essendo venuta a conoscere di sorpresa, fu come una spada che mi si conficcasse nel  cuore». (A-82) 

Si sentì tradita: l'affetto di Paolina per lei, non era – come invece si era illusa – al primo posto!

E il 2 ottobre 1882 (Teresa ha 9 anni) Paolina entra nel Carmelo di Lisieux. E così Teresa si ritrovò nuovamente orfana. 

«Tutti i giovedì andavamo, a famiglia riunita, al Carmelo, ed io, avvezza a trattenermi "a cuore a cuore" con Paolina, ottenevo a mala pena due o tre minuti alla fine della conversazione, e beninteso li passavo a piangere per andarmene poi col cuore a pezzi. Non capivo come, per delicatezza verso la zia, lei rivolgesse la parola a Giovanna e a Maria invece che alle sue figlioline; non capivo, e dicevo nel fondo di me stessa: “Paolina è perduta per me!”. 

È sorprendente vedere quanto il mio spirito si sviluppò nella sofferenza; si sviluppò a tal segno che dopo breve tempo mi ammalai». (A–85)

I sintomi della malattia furono molteplici.

Precedette un mal di testa continuo (verso la fine di quell'anno). La bambina  se ne  lamentava appena, perché lieve: era, infatti,  in grado di proseguire i suoi studi, e quindi nessuno si preoccupava di lei. Ciò durò fino alla Pasqua del 1883, allorché  il male scoppiò in tutta la sua virulenza. Teresa aveva 10 anni.

Il signor Martin era andato a Parigi con Maria e Leonia, mentre Teresa e Celina erano state accolte in casa della zia. Una sera, improvvisamente «mentre mi spogliavo fui presa da una tremito strano; credendo che avessi freddo, la zia mi avviluppò tra le coperte e le bottiglie calde, ma niente poté attenuare la mia agitazione, che durò tutta la notte». 

Il giorno dopo, il medico, chiamato d'urgenza, diagnosticò – come lo zio – «che avevo una malattia molto grave, dalla quale una bambina tanto giovane mai era stata colpita. ....». (A–86). Le sofferenze intime degli anni precedenti ne avevano logorato l’organismo, e la partenza di Paolina ne aveva scosso l’equilibrio. 

Ma per il giorno della vestizione di Paolina (6 aprile), Teresa si sentì improvvisamente meglio e con sua immensa gioia poté recarsi al Carmelo ed abbracciare la sua "mamma", sedersi sulle sue ginocchia e colmarla di carezze. Fu, purtroppo, soltanto uno squarcio di sereno fra nubi minacciose che si sarebbero subito scatenate.

«L'indomani fui ripresa dal disturbo che avevo avuto, e la malattia divenne tanto grave che non avrei dovuto guarire, secondo le previsioni umane. Non so come descrivere un malessere tanto strano: sono persuasa ch'era opera del demonio, ma per lungo tempo dopo la guarigione ho creduto d'aver fatto apposta ad essere malata, ed è stato, questo, un vero martirio per l'anima mia» . 

.... «Dicevo, infatti, e facevo cose che non pensavo; quasi sempre apparivo in delirio; pronunciavo parole che non avevano senso, e tuttavia sono sicura di non essere stata priva, nemmeno un istante, dell'uso della ragione. Parevo spesso svenuta, non facevo più il minimo movimento, e allora mi sarei lasciata fare qualsiasi cosa, anche uccidere, e tuttavia udivo tutto quello che si diceva intorno a me; e mi ricordo ancora tutto. Mi è accaduto una volta di restare a lungo senza poter aprire gli occhi, e di aprirli un attimo quando mi trovavo sola. 

Credo che il demonio avesse ricevuto un potere esteriore su me, ma che non potesse avvicinarsi alla mia anima. al mio spirito, se non per ispirarmi certi spaventi forti dinanzi a determinate cose, per esempio, di fronte a medicine molto semplici che tentavano inutilmente di farmi accettare...» (A-88/90).

La famiglia si strinse amorosamente e con abnegazione intorno a Teresa. Per quanto riguarda gli amici di famiglia che venivano a farle visita, Teresa supplicò di lasciarla tranquilla, perché – nota argutamente – «mi dispiaceva di vedere persone sedute intorno al mio letto, file di cipolle, che mi guardavano come una bestia rara».

I suoi, non sapendo più come comportarsi, fecero celebrare delle Messe presso Nostra Signora delle Vittorie, a Parigi. Ci voleva un miracolo. Nella stanza di Teresina si trovava la statua della Santa Vergine, verso cui “spesso, molto spesso” Teresa si rivolgeva. 

Domenica di Pentecoste, 13 maggio 1883, 

«Maria uscì in giardino lasciandomi con Leonia, la quale leggeva accanto alla finestra; in capo a qualche minuto mi misi a chiamare a bassa voce: – Mamma... Mamma…! –. Leonia era abituata a sentirmi chiamare sempre così: non ci fece caso. La cosa durò a lungo. 

Chiamai, allora, più forte, e finalmente Maria tornò. Vidi perfettamente quando entrò, ma non potevo dire che la riconoscevo, e continuai a chiamare sempre più forte: – Mamma! –. Soffrivo molto di quella lotta forzata ed inspiegabile, e Maria ne soffriva forse più di me. 

Dopo vani sforzi per dimostrarmi che era vicina a me, si mise in ginocchio accanto al mio letto con Leonia e Celina; si volse alla Vergine Santa e pregò col fervore di una madre, che chiedesse la vita del figlio: in quel momento ottenne quello che desiderava». (A-93)

«... Ad un tratto la Vergine Santa mi parve bella, tanto bella che non avevo visto mai cosa bella a tal segno: il suo viso spirava bontà e tenerezza ineffabili, ma quello che mi penetrò tutta l'anima fu il sorriso stupendo della Madonna. Allora tutte le mie sofferenza svanirono, delle grosse lacrime mi bagnarono le guance, ma erano lacrime di una gioia senza ombre.... Senz'alcuno sforzo abbassai gli occhi e vidi Maria che mi guardava con amore: pareva commossa, quasi capisse il favore che la Madonna mi aveva concesso... Vedendo il mio sguardo fisso sulla Vergine Santa, ella pensò. "Teresa è guarita!"». (A–94)

•  Seguì un periodo di discreta tranquillità.

Tre mesi dopo la guarigione, il sig. Martin condusse le figlie al paese natio, Alençon. Era la prima volta che Teresa ritornava là e la sua gioia fu grande nel rivedere i luoghi dell'infanzia, e specie la tomba della mamma.

«Potrei dire che proprio durante il soggiorno ad Alençon feci il mio primo ingresso nel mondo. Tutto era gioia, felicità intorno a me: ero festeggiata, carezzata, ammirata; in una parola, la vita mia per quindici giorni fu disseminata di fiori. Confesso che questa vita aveva un fascino per me... A dieci anni il cuore si lascia abbagliare facilmente, e perciò considero una grande grazia di non essere rimasta ad Alençon; gli amici che avevamo là erano troppo mondani, sapevano troppo intrecciare le gioie della terra e il servizio di Dio». (A–100)

Prima Comunione

Fonte di maggiore consolazione al suo essere era la religione. 

La religiosità familiare l'aveva permeata fin dai primi accenni d'intelligenza, ne aveva subìto il fascino e ne aveva goduto. Poi, però, a motivo della severa interpretazione dei suoi aspetti etici, ne aveva sofferto inconsciamente; scoprì infine nelle pratiche di pietà una sorgente di serenità e di pace.

L '8 maggio 1884 Teresa riceve la sua prima Comunione. Aveva fatto un ritiro spirituale di alcuni giorni in collegio. Proprio su questo ritiro Teresa scrive delle annotazioni curiose: pur avendo già undici anni ella non sapeva ancora pettinarsi da sola; sperimentò «di essere una bambina coccolata e circondata di premure come poche sulla terra, sopratutto tra quelle che avevano perduto la mamma". (A–105)

Fu una delle parentesi più belle della sua fanciullezza. E lo definisce «il giorno bello tra tutti». 

«Come fu dolce il primo bacio di Gesù all'anima mia! Fu un bacio d'amore; mi sentivo amata, e dicevo anche: "Vi amo, mi do a Voi per sempre"». 

La gioia era troppo grande, troppo profonda perché lei potesse contenerla. Lacrime copiose l’inondarono. 

«Pensavano fossero lacrime di tristezza per l'assenza della mamma o della sorella carmelitana. Ma non era così: erano pure lacrime di gioia. Solo la gioia mi riempiva il cuore. Non capivano che tutta la gioia del Cielo venendo in un cuore, questo cuore esiliato non poteva sopportarla senza spargere lacrime». (A–109)

– La prima Comunione segnò una svolta decisiva nella sua vita. Teresa aveva pure chiesto a Gesù di toglierle la libertà, perché la libertà le faceva paura; lei si sentiva così debole... 

•  E il 14 giugno, la Cresima. Questa le dona la "forza di soffrire" – confessa. 

Frutto della Cresima fu per Teresa anche una maggiore interiorizzazione. 

Testimoniano che “Teresa si servì raramente di un libro per pregare. La sua preghiera era tutta interiore e sembrava una contemplazione. Pure durante la Messa festiva, faticava a seguire il messalino e teneva spesso la testa alzata. Sembrava distratta, mentre seguiva una preghiera personale. 

La tempesta degli scrupoli

La guarigione miracolosa del maggio 1883 non segnò, tuttavia, la fine delle sue sofferenze. 

Guarita, liberata? Dalla crisi, sì; dalle incrinature profonde del suo psichismo, non ancora. 

Dai sintomi, sì; rimane ancora la lesione alle radici. 

Teresa è ancora convalescente – come un fiore dalla sensibilità a fior di pelle –, allorché subisce un altro attacco. Il ritiro spirituale in preparazione della solenne rinnovazione della sua prima Comunione scatena in lei "la terribile malattia degli scrupoli». (21 maggio 1885).

«Bisogna essere passati attraverso questo martirio – confessa – , per capirlo bene: dire quanto ho sofferto per un anno e mezzo, mi parrebbe impossibile. Tutti i miei pensieri e le mie azioni più semplici divenivano per me oggetto di turbamento; non avevo riposo se non dicendoli a Maria, e ciò mi costa-va molto, perché mi credevo obbligata ad elencare i pensieri stravaganti che avevo riguardo a lei stessa. Appena deposto il fardello, gustavo un attimo di pace; ma questa pace passava come un lampo, e ben presto il martirio riprendeva». (A–121)

Come se ciò non bastasse, deve affrontare distacchi continui. Nell'ottobre 1886 la sorella Leonia entra fra le Clarisse e il 15, anche la sua “confidente”, Maria, pure lei, fa il suo ingresso al Carmelo! 

Della numerosa famiglia, ai Buissonnets non restano che il babbo, Celina e Teresa.

Sempre più sola al mondo; sempre più ferita. Così si sente Teresa nella festa di Tutti i Santi del 1886. Presto compirà 14 anni. Ma è come se ne avesse ancora soltanto quattro!

Sentendosi più che mai sola, Teresa si rivolge allora ai suoi fratellini morti prematuramente, e «ben presto la pace» inonda la sua anima.


ADOLESCENZA 

(25 dicembre 1886 - 8 aprile 1888)

Promossa alla “maturità” 

Benché in pace, Teresa si trovava ancora "nelle fasce dell'infanzia".  Confessa: 

«Ero veramente insopportabile per la sensibilità eccessiva. 

Così, se mi accadeva di dare involontariamente un po' di dispiacere a qualcuno cui volessi bene, invece di dominarmi e non piangere – ciò che ingrandiva il mio errore anziché attenuarlo –, piangevo come una Maddalena, e quando iniziavo a consolarmi della cosa in sé, piangevo per aver pianto. 

Tutti i ragionamenti erano inutili, e non riuscivo a correggermi di questo brutto difetto». (A–132)

Come poteva mai desiderare di entrare in monastero, ancora così “bambina”? 

Ella sembrava destinata a svolgere un ruolo di “bambola vivente” delle sorelle che l'amavano sinceramente, ma non erano in grado di capirne le reali esigenze, e quindi neppure di aiutarla a realizzarsi come donna. («Celina voleva ancora trattarmi come una bambina, dato che ero la più piccola della famiglia") (A –133). 

Per crescere e maturare definitivamente era necessario "un piccolo miracolo" che la liberasse dalla strettoia dell'infantilismo cui la costringevano la tenerezza eccessiva del padre e quella insufficiente e sprovveduta delle sorelle. Teresa era ormai donna (14 anni) e fisicamente ben sviluppata; ne aveva tutta l'apparenza, sebbene l'animo fosse contortamente infantile.

 La notte di Natale del 1886, durante la Comunione della Messa, Gesù realizza «in un istante» – sotto le apparenze più banali, come Egli si diverte spesso a fare: una piccola storia di scarpe e cappello – la "completa conversione" che dieci anni di sforzi non avevano potuto ottenere. 

 «Gesù – confessa Teresa – si degnò di farmi uscire dalle fasce e dalle imperfezioni dell'infanzia. Mi rese forte e coraggiosa… e da quella notte benedetta in poi, non fui vinta in alcuna battaglia; anzi, camminai di vittoria in vittoria.... La sorgente delle mie lacrime fu asciugata e non si aprì se non raramente e difficilmente...». (A–133) 

Che cosa mai accadde?

Tornati a casa dalla chiesa, Teresa si disponeva – come ogni anno – ad estrarre con "grida di gioia" i regali di “Babbo-natale” dalle “scarpette fatate” poste nel caminetto. Sennonché il babbo, scorgendo anche lui le scarpette, si lasciò sfuggire le maldestre parole: “Fortuna che è l'ultimo anno!”. 

Teresa, che stava salendo in camera a cambiarsi, le udì. In altri momenti sarebbe scoppiata a piangere «come una fontana» – confessa –; ma ora era cambiata! Ricacciò indietro le lacrime e ridiscese le scale con la consapevolezza di una donna realizzata che si accingeva a recitare per "compiacere" la parte di una bimba dinnanzi alle scarpe colme di piccoli doni. 

Celina, presente al fatto, ricorda: “Fui testimone di questo cambiamento e credevo di sognare quando la vidi dominarsi in un momento di dispiacere, che in altri tempi l'avrebbe sconvolta, e rallegrare il babbo con la sua piacevolezza; in seguito non fu più dominata dalle impressioni della sensibilità”.

Da quel momento Teresa si liberà di tutto il bagaglio d’immaturità che nell'intimo non possedeva proprio – come ne faceva fede la sua religiosità che in quella lunga crisi si era salvata come unico valore pieno e sviluppato, e che aveva affrettato la liberazione di Teresa. 

In quel momento Teresa «ritrovò la forza d'animo che aveva perduto a 4 anni e mezzo, e da ora in poi avrebbe conservato per sempre» . (A–133) 

Il periodo “più bello”

Inizia così il terzo periodo della sua vita: «più bello degli altri, più colmo di grazie del Cielo».

Teresa descrive questa terza tappa come un'aurora «dalle brezze profumate»  (L. 142): una luna di miele più che una convalescenza.. «Provavo slanci d'amore prima sconosciuti» (A-147). «La carità entrò nel mio cuore... Fui felice»  (A–134): gioia di un amore che può finalmente realizzarsi in pienezza nel dare se stesso.  Al Belvedere dei Buissonnets gode, con Celina, intense gioie spirituali. 

E tutto questo Teresa lo sperimenta anche nell'intelligenza: 

«Gesù mi istruiva in segreto delle cose che riguardavano il suo amore». 

«Tutte le grandi verità della religione... immergevano l'anima mia in una felicità che non era di questa terra. Presentivo ciò che Dio riserva a coloro che lo amano». (A-138)  

Anche noi rimaniamo stupiti nel constatare come “una fanciulla di 14 anni capisce i segreti della perfezione mediante quella luce che splendeva nel suo cuore”.

• Disposta ora a "dimenticare se stessa per far piacere", è ormai felice. Lo sarà per sempre. 

Teresa ha iniziato ora «una corsa da gigante».  

Senza cessare di costituire una chiamata alla vita contemplativa, la sua vocazione religiosa si qualifica come vocazione missionaria. Volendo fare della sua piccola Teresa “un pescatore di anime”, Gesù le ispira un gran desiderio di lavorare per la conversione dei peccatori. 

Ella sente che la carità s'impadronisce del suo cuore. 

Una domenica di luglio, guardando un'immagine di Nostro Signore in Croce, 

«fui colpita dal sangue che cadeva da una mano sua divina. 

Ne provai un dolore grande pensando che quel sangue cadeva a terra senza che alcuno si desse premura di raccoglierlo... 

Il grido di Gesù sulla croce mi echeggiava continuamente nel cuore: "Ho sete!" 

Queste parole accendevano in me un ardore sconosciuto e vivissimo... 

Volli dare da bere all'Amato, e mi sentii io stessa divorata dalla sete delle anime.

Non erano ancora le anime dei sacerdoti che mi attraevano, 

ma quelle dei grandi peccatori: bruciavo dal desiderio di strapparli alle fiamme eterne...". (A-134)

Ed inizia, impegnandosi a salvare un criminale impenitente di nome Pranzini, il quale il 31 agosto sul patibolo, bacia le piaghe del Crocifisso. È il suo "primo figlio". 

**   Ciò che ora fiorisce nel cuore di lei non è tanto la compassione dei fratelli – che si concretizzerà più tardi – quanto un'immensa compassione per Gesù. 

A risuonare per primo nel cuore di Teresa non è il grido desolato dei fratelli, 

ma il grido del suo Gesù: “Ho sete!”. 

Questa sete diverrà anche sua: ma in questo momento non sa ancora dove la condurrà. 

**


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