AFORISMA

Meglio aggiungere vita ai giorni, che non giorni alla vita
(Rita Levi Montalcini)

Nostra Signora del Carmelo

Nostra Signora del Carmelo
colei che ci ha donato lo scapolare

lunedì 16 gennaio 2023

LA VITA di TERESA DI G.B. - Prima Conferenza di P. CLAUDIO TRUZZI OCD

• 1 • VITA di TERESA di G.B.

Conferenze di Padre Claudio Truzzi OCD

La fila dei pellegrini, in ordine, avanzava verso il Papa. Uno alla volta si fermava un attimo dinanzi al Sommo Pontefice per rendergli omaggio, in silenzio. Si alzava e lasciava il posto al seguente.  

Ad un tratto il movimento ordinato subisce un arresto più lungo del solito. 

Una ragazza, ai piedi del Papa stava parlandogli, contravvenendo al rigido protocollo. Volti che esprimevano gli interrogativi più disparati o disapprovazione per tanta "audacia" si erano voltati in direzione della causa dell'intoppo.

Chi era quella ragazzina quindicenne, dal volto inanellato da biondi capelli, che stava supplicando il Papa con tanto ardore? Dove aveva trovato tanto coraggio, lei che fino a pochi mesi prima piangeva se appena qualcuno soltanto la guardava? Che cosa aveva di tanto importante da farle superare ogni ostacolo per presentarlo addirittura al Papa?


UNA FAMIGLIA CRISTIANA 

“L’albero buono non può dare che frutti buoni…”. 

Conosciamo i genitori di Teresa: Luigi Martin e Zelia Guérin.

•  Luigi Martin, di professione orologiaio e gioielliere, aveva concepito in gioventù il proposito di farsi 

monaco, ma nel 1845 non gli fu permesso d’entrare nel monastero del Gran San Bernardo per il fatto che avrebbe prima dovuto imparare il latino. 

Per un motivo non noto, un analogo permesso era stato negato a Zelia Guérin, che desiderava entrare tra le Suore della Carità: esse gestivano l'Ospedale Nuovo di Alençon, il suo paese. Anche lei si era allora orientata verso il matrimonio. 

Il primo incontro con Luigi avvenne sul ponte di San Leonardo. La giovane produttrice del raffinato "punto di Alençon", mentre Luigi le passava davanti, udì distintamente una voce interiore che le diceva: «È questo l'uomo che ho preparato per te». – Erano gli stessi giorni di grazia durante i quali l'Immacolata, cui Zelia si era rivolta, sorrideva nella grotta di Massabielle alla piccola Bernadette Soubirous –. 

Il matrimonio ebbe luogo nella chiesa parrocchiale di Alençon, dopo pochi mesi di fidanzamento, il 13 luglio 1858, tre giorni prima dell'ultima apparizione di Lourdes.

 A parte questo preludio, la vita di questi due sposi si svolse, per 19 anni – tanto durò il loro matrimonio –, immersa nella quotidianità di una famiglia come le altre, benestante, in cui il lavoro e l'educazione dei figli assorbivano quasi tutto il tempo della giornata. Soltanto che i due sposi vivevano da cristiani i loro doveri di stato, iniziando la giornata con la messa quotidiana, praticando il rispetto delle leggi della Chiesa, partecipando alla vita della parrocchia, mettendo un particolare accento sul riposo della domenica, confessandosi frequentemente, pregando il “buon Dio”, secondo l'espressione sempre sulle labbra di Zelia, di mandare loro dei figli affinché potessero allevarli «per il Cielo». Ne ebbero nove; conobbero quattro volte il dolore della morte prematura – che non era purtroppo un'eccezione a quei tempi – e crebbero con amore le cinque figlie femmine che raggiunsero l'età adulta.

L'ultima a venire alla luce, nel gennaio del 1873, fu Teresa, la notte dal 2 al 3 gennaio 1873, al numero 42 di via Saint-Blaise ad Alençon. Battezzata nel pomeriggio del giorno 4 nella chiesa di Notre-Dame, la bambina riceve i nomi di Maria Francesca Teresa

«Queste ragazze erano formate, fin dalla giovinezza, a una pietà molto seria e fervente... La loro vita era poco tesa verso l'esterno; avevano tutte gli stessi gusti e le medesime abitudini cristiane, ed amavano molto restare insieme». (P. A.)

 Teresa affermerà: 

«Avevo soltanto buoni esempi intorno a me; naturalmente volevo seguirli». (A-32)

INFANZIA: GIOIA E DOLORE   

(2 gennaio 1873 - 25 dicembre 1886)

Secondo la sua stessa testimonianza l'infanzia si divide in due parti tra loro contrastanti: prima la gioia; poi, dopo la morte della madre (28 agosto 1877), la sofferenza, accompagnata da ipersensibilità e timidezza. 


1 – Sereno senza nubi

Da genitori avanti negli anni, specialmente da mamma sofferente e affaticata (aveva 42 anni), Teresa non poteva ereditare che una salute precaria. Benché ben costruita, ella era assai vulnerabile: anche da piccina soccombeva facilmente a bronchiti, a infiammazioni polmonari con febbre alta ed oppressione. 

Esternamente la piccola appariva alla mamma come "una biondina ardente e allegra, dalla testa inanellata da riccioli di seta, radiosa nello splendore profondo dei suoi occhi smarriti".

Indole felice e intelligenza precoce caratterizzano la sua infanzia.

   Era affettuosissima: «Per tutta la vita è piaciuto a Dio circondarmi d'amore: i primi ricordi sono sorrisi e carezze tenerissime; ma, se Egli mi aveva messo intorno tanto amore, me ne aveva posto anche nel cuore, creandolo amante e sensibile: così amavo grandemente Papà e Mamma, e dimostravo il mio affetto in mille modi, perché ero molto espansiva». (A-14)

Teresa è attaccatissima alla mamma: "... Povera bimba, non mi vuole lasciare, sta sempre con me; le piace tanto andare in giardino, ma se non ci vado anch'io, non ci rimane e piange fino a quando me la riportano". (LT. a Maria e Paolina, 25-6-1874).

– "È una bambina che si emoziona facilmente. Appena ha fatto un piccolo maldestro, bisogna che lo sappiano tutti…". (Lettera a Paolina 1876)

Ancora la mamma: "...Ha un cuore d'oro, ed è tanto carezzevole e molto franca; è curioso vederla quando mi corre dietro per farmi le sue confessioni: «Mamma, ho dato una spinta a Celina, una sola; e le ho dato un colpetto, ma non lo faccio più». Così per tutto quello che fa". (Lt a Paolina 14-5-1976)

–  Ma non tutto è rosa e fiori: i difetti non mancano. 

Nella stessa lettera la mamma confessa: “[Teresa] è anche più intelligente di Celina, ma meno dolce assai; e soprattutto di un'ostinazione quasi invincibile; quando dice "no", niente da fare; la metti in cantina tutta la giornata, lei ci dorme piuttosto che dire 'si’:". Ed ancora: "Sono costretta a correggere quella povera piccolina che va in furie paurose; quando le cose non vanno secondo le sue idee; si rotola per terra come una disperata credendo che tutto sia perduto. Ci sono momenti in cui è più forte di lei, ne è come soffocata. È una bambina molto nervosa, eppure è deliziosa e intelligentissima: si ricorda di tutto" (a Paolina 5-12-1875)

Teresa stessa ricorda:  

«Ma c'era un altro difetto che avevo e di cui Mamma parla spesso nelle sue lettere; un grande amor proprio. Ne do due esempi soli... Un giorno Mamma mi disse: – Teresina, se tu baci terra, ti do un soldo –. Un soldo! Era la ricchezza per me! Per impadronirmene mi bastava abbassare la mia "altezza", giacché la mia statura "minima” non frapponeva gran distanza tra me e la terra, e tuttavia la mia fierezza si ribellò all'idea "bacia la terra": diritta, indomita, dissi alla Mamma: – Oh no, Mammina mia, preferisco fare a meno del soldo! – (Manoscritto A-30).

Un'altra volta la obbligano a mettere un vestitino con le maniche lunghe. Nota Teresa:  

«Mi feci vestire con l'indifferenza che dovevano avere le bimbe dell'età mia, ma intimamente pensavo che sarei stata molto più carina con le braccine nude. Con una natura come la mia, se fossi stata educata da genitori privi di virtù, oppure se, come Celina, fossi stata viziata da Luisa [persona di servizio della fam. Martin] sarei diventata un cattivo arnese, e, forse, mi sarei perduta» (A-31)

Teresa però ammette che se aveva amor proprio, possedeva  

«anche amor del bene. Appena iniziai a pensare seriamente (e ho cominciato piccina, piccina), bastava che mi dicessero: – Questo non è bene –, che io non me lo facevo ripetere due volte». (A-32)

Verso i tre anni ha già l'abitudine di non "rifiutare nulla al buon Dio".

Al processo di canonizzazione la sorella Maria testimoniò che: "Fin da piccina mostrò un completo dominio di sé; a quell'età in cui le pene prendono proporzioni gigantesche, sapeva dominarsi per consolare gli altri. Mai si lamentava delle sue piccole pene che sopportava in silenzio". E ancora: "La sua forza d'animo si manifestò sin dai primi anni. Quand'era corretta, non si scusava mai. Un giorno, ripresa severamente dal babbo in una circostanza in cui non aveva mancato, non disse una sola parola in sua difesa".

Teresa riconosce le buone disposizioni iniziali: 

«Com'ero felice a quell'età. Cominciavo a godere della vita; ma la virtù aveva un fascino per me, ed ero, mi pare, nelle medesime condizioni nelle quali mi trovo oggi, avendo già una grande padronanza sulle mie azioni. Trovavo un fiore sotto ogni passo e il mio carattere contribuiva a rendere felice la mia vita». (A – 40/41) 

C'è un episodio, che Teresa stessa definisce come l'immagine della sua vita: 

«Un giorno Leonia, pensando di essere troppo grande per giocare con la bambola, venne da noi con un paniere pieno di vestiti e di pezzetti di stoffa per farne altri; su queste ricchezze stava distesa la bambola. – Prendete, sorelline, scegliete, vi do tutto –. Celina allungò la mano e prese un pacchetto di gale che le piacevano. Io riflettei un attimo, poi allungai la mano e dissi: – Io scelgo tutto! –, e presi il paniere senza tanti complimenti. Quelli che assistevano alla scenetta trovarono la cosa molto giusta, e la stessa Celina non si sognò di protestare ...

Questo minimo tratto della mia infanzia – nota Teresa – è il riassunto di tutta la mia vita. Più tardi, quando la perfezione mi apparve... esclamai. – Dio mio, scelgo tutto. Non voglio essere santa a metà, non ho paura di soffrire per Voi…; scelgo tutto quello che Voi volete!». (A-37) 

** Che dire?  Le categorie di bene e di male che le erano suggerite dai discorsi dei familiari, dal loro comportamento, sembrano sottolineate la molta severità. 

Teresa scrisse che i suoi difetti d'infanzia furono «repressi per tempo»: repressioni che le servirono poi ad avanzare nella perfezione diminuendo nell'amor proprio e progredendo nell'amor del bene, al punto che – come abbiamo letto – bastava che le dicessero che "una cosa non era bene" affinché non avesse più voglia di farselo ripetere; le dicevano pure che questo o quello dispiaceva al “piccolo Gesù” per cose che in una bimba della sua età, per quanto precoce, non potevano avere quella rilevanza morale che, in buona fede, le volevano far credere.  Si pensi ai commenti di Teresa sugli episodietti sopra elencati. Nella memoria di Teresa restarono come indizi di vanità e di orgoglio, mentre risulta improprio l'espediente di farle baciar terra per donarle poi un soldo in premio, come sembra pur eccessiva l'etichetta di bugia con cui qualificavano molte risposte di bambine della sua età.

Il suo piccolo mondo era pregnante di elementi etico-religiosi veramente inconsueti in una normale educazione ed accresciuti inoltre dalla sua percettività eccezionale.

Orfana

La "primavera" terminò presto! La signora Martin soffriva di un male di natura cancerosa. I primi sintomi si erano manifestati fin dal 1865; nel 1876 si palesò in modo tale da far ritenere il suo caso come disperato.

Teresa ha quattro anni quando la madre viene strappata alla sua sete di tenerezza. In quei giorni sembrava che nessuno si occupasse di lei, che la si volesse tenere lontana. Ma lei notava tutto, intuiva il significato della morte e della perdita della mamma. La sua giovane anima ne fu ferita in profondità.

Il giorno delle esequie della mamma, «il buon Dio volle darmene un'altra sulla terra e volle che scegliessi liberamente». E se Celina si gettava nelle braccia della sorella maggiore, Maria, Teresa si buttò in quelle di Paolina. (cfr. A-44)

*   Nel novembre 1877, il signor Martin con le cinque figlie (Maria, Paolina, Leonia, Celina e Teresa) si trasferisce a Lisieux, ai Buissonnets, una graziosa villetta situata su una collina, vicino allo zio Guérin. 

«Non soffrii lasciando Alençon. I bimbi gradiscono i cambiamenti; 

e venni a Lisieux con piacere».   (A–6)

Tutto sembrò riprendere il ritmo normale. Paolina, come sua seconda mamma, le era vicina da quando si svegliava; l'aiutava a vestirsi, a recitare le preghiere. Più tardi, con l'aiuto delle sorelle, Teresa impara a leggere e a scrivere.

I suoi passatempi? Le piaceva coltivare fiori nel giardino..., si divertiva ad erigere altarini in una nicchia del muro...; ma, soprattutto, erano giorni belli quando il papà la conduceva con sé a pescare. Le piaceva tanto la campagna, i fiori, gli uccelli. 

«Qualche volta – ricorda – anch'io m'ingegnavo di pescare con la mia piccola lenza, ma preferivo sedermi "sola" sull'erba in fiore; allora i pensieri si facevano profondi e l'anima mia, senza sapere che cosa fosse meditare, s'immergeva in una vera orazione... Ascoltavo brusii lontani. Il murmure del vento ed anche la musica indefinita dei soldati, la cui risonanza arrivava fino a me, mi riempi-vano il cuore di malinconia dolce. La terra mi pareva un luogo d'esilio, sognavo il cielo...». (A–50)

Nel pomeriggio il babbo l'accompagnava a passeggio: facevano la visita al Santissimo, cambiando chiesa ogni giorno, finché capitarono di entrare anche nella cappella del Carmelo: 

«Papà mi fece vedere la grata del coro, e disse che là dietro stavano le religiose. Ero ben lontana – nota Teresa – dal pensare che 9 anni dopo ci sarei stata anch'io!». (A-48)

Spesso si recava dagli zii Guérin, dove trovava la compagnia delle cuginette Giovanna e Maria di nove e sette anni. Un giorno il padre la condusse al mare. Teresa aveva 5 anni e otto mesi:

«Mai dimenticherò l'impressione che mi fece il mare: non potevo fare a meno di guardarlo continua-mente. La sua maestà, il fragore dei flutti, tutto parlava all'anima della grandezza e della potenza di Dio…. La sera, all'ora in cui il sole par che si tuffi nell'immensità delle acque, lasciandosi davanti un solco luminoso, andai sopra una roccia con Paolina sola. Lo contemplai a lungo, quel solco luminoso, immagine della grazia che rischiara il cammino su cui passerà la piccola nave dalla vela bianca. Accanto a Paolina presi la risoluzione di non allontanare mai l'anima mia dallo sguardo di Gesù, affinché voghi in pace verso la Patria del Cielo». (A-73)

** Riflessioni che denotano un'estrema malinconia, quasi stanchezza della vita: appaiono inconsueti e non rispondono a molti valori riscontrati nella sua prima infanzia.      **

Ma il "caratterino" non era per nulla domato. 

Non potendo andare al "mese di Maggio" con gli altri, essendo ancora piccola, si era costruita un piccolo altarino, così minuscolo... che due fiammiferi, di numero, funzionanti da candela erano sufficienti ad illuminare il tutto. Una sera era tutto pronto per iniziare la preghiera, e Teresa si rivolge alla domestica: «Per favore, Vittoria, cominciate il "Memorare", io accendo». 

La domestica fece finta di iniziare, ma non disse nulla, e la guardò ridendo. 

«Io – racconta – vedevo i miei "preziosi fiammiferi" che si consumavano rapidamente e la supplicai di dire le orazioni; ma lei, silenzio. Allora mi alzai e le dissi forte che era cattiva, e uscendo dalla mia dolcezza consueta, battei il piede con tutte le mie forze... 

La povera Vittoria non aveva più voglia di ridere, mi guardò stupefatta e mi fece vedere il lucignolo che mi aveva portato... Dopo aver sparso lacrime di stizza, versai quelle del pentimento sincero, col fermo proposito di non ricominciare mai più.» (A-53)

Questa volta si pentì, ma…. Teresa voleva un calamaio posto sul camino della cucina. Lei era troppo piccola per prenderlo e lo chiese gentilmente a Vittoria, ma lei rifiutò, dicendole di salire sopra una sedia. 

«Io non fiatai – ricorda Teresa –. Presi una seggiola, e intanto pensavo tra me che lei era poco amabile. Volendo farglielo sentire, cercai nella mia minuscola testa ciò che mi offendeva di più: lei spesso mi chiamava, quando era stanca di me, "piccola mocciosa", e questo mi umiliava molto. 

Allora, prima di saltar giù dalla seggiola, mi voltai con dignità e le lanciai: "Vittoria, siete una mocciosa!". Poi fuggii, lasciandola a meditare sulla profonda parola che le avevo detta...". (A-54)

Naturalmente fu obbligata a chiedere scusa, ma,

«lo feci senza contrizione, pensando che Vittoria non aveva voluto allungare il suo grande braccio per farmi un piccolo favore: perciò meritava il titolo di "mocciosa". (Ibidem)

Ferita profonda (1877-1881)

Come abbiamo detto, sembrava che tutto fosse tornato a sorriderle. Ma era apparenza. Nella sua anima era avvenuto un cambiamento profondo che perdurò dai quattro anni e mezzo fino ai quattordici.

Alla morte della mamma non aveva pianto molto, non aveva parlato con nessuno di quanto provava, ma era rimasta scossa e la ferita sanguinava. 

La presenza della signora Martin, pur avendo costantemente influito sulla sensibilità, l'intelligenza, e l'affettività della figlia, vivacizzava l'ambiente familiare con interessi di altro genere, e offriva alla sua ultimogenita che le stava sempre accanto, la sicurezza massima. La forza di volontà e l'innata fierezza della bimba traevano dal comportamento attivo della madre stimolazioni positive.

La perdita di lei – che in definitiva possedeva una natura equilibrata per vivacità di carattere, intra-prendenza, chiarezza di programmi – contrasse violentemente in Teresa i valori della vita, riducendone spazio e ritmo. Venne, infatti, a mancare il fattore più positivo per la crescita della bambina; le vennero meno i correttivi alle lacune che erano presenti in famiglia Martin, tra le quali si possono indicare la mancanza di amicizie infantili, l'impossibilità di evasioni in altri gruppi di mentalità diversa e di maggior espansione di vita, tanto richiesta dall'animo di Teresa. 

Non c'era stata ancora per la piccola una preparazione alla vita di relazione con gli estranei, sicché l'incontro con gli altri le si presentò subito difficile. 

Sull'animo suo scese improvvisamente un velo di tristezza e nell'intimo della coscienza si annidò il verme roditore e critico d'insufficienza di affetto.

“Bambina e fanciulla, piangeva per niente" – ricorderà Paolina. 

Lei stessa confessa: 

«l mio carattere felice cambiò totalmente dopo la morte della mamma; viva ed esplosiva com'ero, divenni timida e dolce, fin troppo sensibile. Bastava uno sguardo per farmi piangere; bisognava che nessuno si ricordasse di me perché fossi contenta. Non sopportavo la compagnia degli estranei e ritrovavo la mia gaiezza solo nell'intimità della famiglia». (A-45) 

La timidezza la rese insicura, e dinanzi alla gente passava per incapace, maldestra. 

Soffriva soprattutto per la sensibilità del suo cuore e la delicatezza dei suoi sentimenti.

•  Questo stato d'animo spiega le difficoltà che incontrò in seguito ed anche il peggioramento della salute. Tutti gli inverni si ammalava; d'estate, qualche volta aveva male di stomaco. 

Paolina la curava con amore e cercava di distrarla in ogni modo. Accoglieva le sue confidenze, scioglieva i suoi dubbi, la trattava con dolcezza, ma in modo fermo. Non le perdonava un'imperfezione, non tornava su una decisione presa. Così Teresa divenne "una ragazza posata, calma, per nulla fantasiosa" (Paolina). E Teresa le è riconoscente perché Paolina l'abituò a vincere i suoi timori. Senza quell'educa-zione – confessa – «sarei diventata pavidissima, mentre ora è proprio difficile che mi spaventi». (A-64)

Ma più che la solitudine e l'insicurezza intima doveva pesare su lei la mancanza di un interlocutore di sua piena fiducia. Aveva, sì, scelto Paolina come seconda mamma, ma una mamma non può esser sostituita pienamente [Teresa non si aprirà mai del tutto a Paolina]. Per esempio, il problema della vita e del suo stesso corpo non trovava chi glielo sapesse risolvere. Teresa osservava tutto in silenzio, ma le risposte che si dava non erano soddisfacenti. «Quand'ero piccina – confesserà – io avevo dispiacere di avere un corpo; ci stavo dentro a disagio: me ne vergognavo». 

Se a questa asserzione si aggiunge la testimonianza di Paolina, la quale affermò che Teresa solo più tardi era arrivata a capire che "tutto è puro, per chi è puro", si può intuire quale travaglio interiore questa sensibilissima creatura sperimentò nell'apprendere i processi della generazione. Né in casa, né fuori casa, né con adulti né con coetanei Teresa poteva chiarire a se stessa la bellezza della vita, dell'amore che scopriva fremere nell'erbe dei prati o fra le fronde degli alberi. 

Se tutto questo meraviglioso mistero si fosse dispiegato attraverso il linguaggio limpido di una madre o di un'amica, certamente Teresa, così sensibile alla vita, avrebbe sperimentato momenti assai diversi da quelli segnati nelle pagine della sua adolescenza. 

Comunque, tutto considerato, questi primi anni furono sereni. 

Confessa Teresa: 

«La mia vita scorreva tranquilla, felice. L'affetto da cui ero circondata ai Buissonnets direi quasi che mi faceva crescere; ma senza dubbio ero abbastanza grande per cominciare a lottare, a conoscere il mondo e le miserie di cui è pieno». (A-73)

In collegio

Giunse il tempo della scuola, e per Teresa si aggravarono le sofferenze.

Dopo la prima formazione in famiglia, Teresa entra in collegio, presso l'abbazia delle Benedettine di Lisieux (3-10-1881). Ha otto anni e mezzo e vi rimane quasi cinque anni, sempre come semi-convittrice. 

Le religiose nutrivano per Teresa affetto e sollecitudine e consideravano Teresa “un’allieva molto intelligente e molto pia, ma troppo timida”. 

Si rendevano conto, tuttavia, che abituata all'intimità della famiglia, incontrava difficoltà nell’adattarsi ad un ambiente così diverso.

Teresa dichiara, infatti, che quegli anni di collegio furono «tra i più tristi» della sua vita. (A–74). Troppa la differenza fra i due ambienti! Non riusciva ad inserirsi nei divertimenti delle compagne (più grandi di lei e con altri interessi), né ad affiatarsi pienamente neppure con le insegnanti. 

Ogni giorno, all'una e mezzo, mentre le compagne si divertivano, lei si appartava o preferiva ritirarsi in Chiesa a pregare... 

Non è che a casa, d'altronde, fosse molto compresa per questo disagio: spesso piangeva in silenzio e non si confidava con nessuno, perché tutti erano intenti a farne una personcina a modo. Lei apprezzava tutto ciò, ma non le riusciva di superarsi, distrarsi, liberarsi... 

Nello studio riusciva ottimamente; faceva fatica ad imparare a memoria, ma riteneva bene il senso delle cose. L'attirava particolarmente l'istruzione religiosa: era avida di spiegazioni, e talvolta poneva domande così profonde da sembrare imbarazzanti. 


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