Dal PDF di COMMUNICATIONES numero 376, la rivista dei Carmelitani Scalzi, ho ripreso la cronistoria della Settimana Santa di quest'anno. Chi me l'ha fatta avere, mi ha detto di farne un sunto, ma mi pareva un delitto tagliare le parole di fr. Miguel Márquez, ocd, Preposto Generale dei Carmelitani Scalzi, che con infinita pazienza e tanto dolore, ha redatto il diario del suo viaggio tra Polonia ed Ucraina, e che ha esordito con questo titolo:
CRONACA Settimana Santa UCRAINA
VIAGGIO NEL CUORE
DELL’ORRORE E DELLA SPERANZA
Chi legge porti pazienza e non si faccia sfuggire nessuna parola. Metto il seguito in questo modo: Continua a leggere... e cliccando su tale scritta, potete arrivare alla fine della cronistoria di una Settimana Santa davvero straordinaria.
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fr. Miguel Márquez, ocd
GIORNO 13 aprile 2022: Mercoledì̀ Santo
POLONIA – UCRAINA
Paweł e Piotr mi vengono a prendere all’aeroporto di Cracovia. Arrivo alle 8.30 del mattino.
Ci rechiamo dalle monache carmelitane di Łobzowska, a Cracovia. Comunità̀ molto gioiosa.
Incontriamo le monache di Kiev, che sono state accolte qui un mese fa.
Dialogo intenso ed emozionante. È per me una grande gioia incontrarle. Abbiamo parlato molto dei momenti più̀ duri della guerra e della partenza verso la Polonia. Vogliono raccontare e dire tutto ciò̀ che hanno vissuto. Eucarestia in latino. Mangiamo con loro e ci rechiamo al convento di Przemyśl, vicino alla frontiera. Ci accoglie il priore Christof, e passiamo un’ora a parlare con i fratelli della comunità̀.
Andiamo verso il confine con Piotr, Paweł Baraniecki e Paweł Ferko, che appartiene alla comunità̀ di Berdichev e si trova a Przemyśl dall’inizio della guerra per organizzare gli aiuti e le automobili che due volte alla settimana vanno dalla Polonia a Berdichev con cibo, abbigliamento per i soldati, giubbotti antiproiettile, generatori, binocoli notturni, ecc.
Raggiungiamo la frontiera e la attraversiamo a piedi. Piotr e Paweł rimangono dal lato polacco. Prima del confine, troviamo una moltitudine di ONG da tutto il mondo per dare sostegno a chi viene dalla parte ucraina: cibo, vestiti, ecc. ecc. Incontriamo un gruppo di giovani spagnoli che sono venuti da soli da Cadice, Malaga, Barcellona... e hanno montato la loro tenda sul corridoio di passaggio insieme a una moltitudine di altre organizzazioni. Ci chiedono se celebriamo le funzioni alla frontiera perché́ in questi giorni vorrebbero vivere la Settimana Santa. Paweł ed io superiamo il confine polacco-ucraino con relativa facilità. Ci sono molte persone dalla parte ucraina che aspettano di passare in Polonia. Molte famiglie e bambini. Ad aspettarci dall’altra parte c’è Rafał Myszkowski, che ha viaggiato sette ore per venire a prenderci. Il saluto qui in questi giorni è Dobryy vechir/den. My z Ukrayiny, cioè: Buonasera/buongiorno, veniamo dall’Ucraina. Oggi pernottiamo a Mostyska, presso le Piccole Sorelle del Cuore Immacolato di Maria, fondate da un cappuccino, padre Honorato Kozminsky. Le sorelle Alina e Edith sono la gentilezza personificata. La cena, l’accoglienza, la camera, tutto è squisitamente preparato.
Giorno 14 aprile 2022
GIOVEDÌ SANTO
A colazione troviamo tre giacinti accanto al piatto di ciascuno per festeggiare il nostro sacerdozio. Suor Alina fa un saluto. Dice che si congratulano con noi e chiedono per noi, con i tre fiori, la Fede, la Speranza e la Carità. Ci salutiamo alla porta e rimango molto sorpreso dal calore dell’accoglienza, da vere sorelle. Iniziamo il nostro viaggio verso Berdichev. Sono sette ore. Strada in alcuni tratti piena di buche. Molte barricate ai checkpoint e molti soldati lungo tutto il percorso. Passiamo senza problemi e senza essere costretti a fermarci.
Attraversiamo alcuni centri abitati dove si possono vedere gli effetti delle bombe. Partiamo alle 7.20. E arriviamo a Berdichev alle 14.20. Ci accoglie l’intera comunità̀ dei frati. Faccio visita al Santuario, alla nostra Madre del Carmelo. Mangiamo un piatto tipico ucraino. Chiacchieriamo animatamente. Tra poco, alle 18.00, avremo la celebrazione della Cena del Signore. È sorprendente essere qui e vedere la gioia e la vivacità̀ dei frati. Dio li benedica.
Giovedì̀ Santo pomeriggio. Chiesa Santuario di Nostra Signora del Monte Carmelo a Berdichev, patrona dei cattolici ucraini. Meravigliosa icona della Madre con lo scapolare che offre la sua protezione. Chiesa piena. Anziani, giovani e bambini... un folto gruppo di chierichetti in perfetta sincronia vaticana, aprono la celebrazione con ordine scrupoloso. Devo dire che poche volte nella mia vita ho celebrato un Giovedì̀ Santo con tanta emozione trattenuta. I canti, l’attenzione a ogni dettaglio, la cura dei fiori, gli accoliti che aiutano ciascuno a vestirsi con i paramenti della Messa... Lavo i piedi alla comunità̀ dei frati. Qui si usa farlo con un grembiule da cucina. Significativo. Bacio i piedi dei miei fratelli che qui si prendono cura di tutta questa gente. Bacio Gesù̀ in loro.
Benché́ presieda Vitaly, il priore (ucraino), tengo io l’omelia spiegando il mistero che si celebra, con esempi tratti dalla guerra e dall’attualità̀ di questi giorni. La Frazione del Pane ricorda i corpi spezzati di tante persone in alcune città. Domani il corpo spezzato di Gesù̀ continuerà̀ a essere un mistero che non comprendiamo; in questo modo, apparentemente sconfitto, ha dato la vita al mondo. Al termine della Messa, come descrivere il clima di famiglia e di affetto della gente? Salutano i sacerdoti con commovente affetto. Tutti si congratulano con noi e ci abbracciano. Portano frutta, fiori e doni. Tutti vogliono fare una foto. Tutti dicono parole di ringraziamento perché́ siamo con loro. Tutti mi dicono di ringraziarvi per le vostre preghiere per l’Ucraina. Una nonna mi dice: “Quando andrà̀ a Roma, per favore, chieda al Papa di venire”. All’uscita dalla Chiesa, un altro momento molto cordiale di dialogo con i volontari, la famiglia, gli amici.
Cena distesa e molto fraterna.
Un tempo di ricreazione molto piacevole, senza voglia di smettere. Si festeggia la presenza del Generale e anche di Paweł, che dall’inizio della guerra vive dall’altra parte, in Polonia, per organizzare gli aiuti umanitari e il trasporto di materiale, due volte alla settimana. La nostra conversazione senza silenzi, intensità̀ di argomenti e domande da parte loro su confratelli conosciuti e, da parte mia, sulla situazione e sul momento che vivono.
Sono circa le 10 di sera in Ucraina. Durante alcuni minuti la sirena ha suonato. Annuncia che qualche proiettile ha lasciato il territorio bielorusso.
Ma i frati continuano la loro amichevole conversazione senza turbarsi troppo. Mi chiedono se ho paura. Mi fido della loro serenità̀.
E così la giornata si conclude... con il vivo sentimento di comunione e di famiglia in tempo di guerra. Prima di andare a dormire, un altro suono di sirene e una supplica, chiedendo la Pace.
GIORNO 15 aprile 2022 VENERDÌ SANTO
Celebriamo oggi la passione e la morte di Gesù̀ in questa terra ferita dalla guerra. Con i crocifissi e le vittime di tutte le guerre e ingiustizie.
Vengo svegliato dal suono delle sirene che non si arresta per un quarto d’ora, fino alle 6.00. Sirene e suono di campane che avvertono del pericolo. Sembra una nuova offensiva aerea. Non lo so.
Alle 8 del mattino si celebra l’ufficio delle letture e le lodi. Con canti molto belli. Già̀ a quest’ora, in chiesa c’è un gruppo di circa cento persone. E la giornata inizia accogliendo le sorprese della giornata, davanti a Gesù̀.
Visito il convento e il bunker sotto la chiesa, che il sindaco ha chiesto ai frati di mettere a disposizione quando le persone hanno bisogno di venire a rifugiarsi. Nei primi giorni di guerra venivano spesso a dormire qui.
Vado a trovare con Vitaly le Piccole Sorelle del Cuore Immacolato, dette anche “Onorate”, le suore che ci hanno ospitato il primo giorno dopo aver varcato la frontiera. Passiamo un lungo spazio di tempo con le quattro sorelle, senza fretta. È una casa per ritiri e accolgono alcuni bambini durante il giorno. Una di loro, la più̀ giovane, mi intervista per un giornale cattolico ucraino. Mi pone domande sulla mia impressione riguardo alla situazione in Ucraina e su ciò che sto vivendo. Le dico il mio desiderio di venire qui a celebrare la Pasqua per stare con i miei fratelli e la gente, rendendo presente l’unità e l’affetto di tutto l’Ordine del Carmelo e della Chiesa. L’unità ci rende forti contro tutte le minacce.
Oggi alcuni di noi non mangiano come gesto di comunione con Gesù̀ e con quanti sono feriti dalla fame e dall’ingiustizia.
Verso le 16.00, Rafał ha convocato un gruppo di chierichetti e adolescenti, chiamato Oasis, con i quali ha l’abitudine di incontrarsi ogni domenica per stare insieme e per fare qualche attività̀. Cantano, giocano, pregano e si incoraggiano a vicenda.
Nel pomeriggio alle 17.00 la Via Crucis, emozionato. Mi viene chiesto di portare la croce durante le prime tre stazioni. È un onore. Alla terza mi pesa già̀ molto. Ma qui niente è romantico e tutto ha il peso di una realtà̀ che fa male. La liturgia non è teatro, parla di una vera e sanguinosa Via Crucis. Ogni piccolo sforzo e gesto è un segno e una comunione in Gesù̀ vivo per la Vita. Le stazioni continuano e scorgo dietro di me un piccolo esercito di bambine che seguono le stazioni molto raccolte. Una di loro distribuisce di nascosto caramelle alle compagne. Due di loro hanno il papà al fronte.
Alle 18.00 Celebrazione della Passione del Signore. La celebrazione dura due ore. Nessuno si siede durante la Passione. Anziani e bambini in piedi. Con una devozione senza ansia di fretta. Mi edifica e mi commuove.
Le suore di Santa Teresina che accompagnano tutte le attività̀ del Santuario lavorano con i cappellani che si trovano al fronte. Consegno loro una parte dei rosari che ho portato con me, su richiesta dei soldati.
Dopo le celebrazioni, saluto i frati che chiedono con interesse come sono stato qui in questi due giorni. Vogliono sapere se mi sono trovato bene. Dico loro: non bene, ma molto felice di essere con loro e orgoglioso che stiano vestendo le persone e siano Gesù̀ in mezzo a loro. E mi sento benedetto dalla Fede e dal calore di questa Chiesa unita. I fratelli vanno a letto presto. Sui loro volti si leggono la stanchezza e l’offerta.
Comunione e silenzio con tutti coloro che celebrano la Passione di Gesù̀ nel mondo.
Ci è stato detto che c’è stata qualche bomba su Kiev. Giungono alcune voci di gente amica dalla Spagna e da altri luoghi, con notizie di pericolo a Kiev...
Ci fermiamo per prendere un caffè e fare benzina. Si possono comprare solo 20 litri di benzina alla volta, ma la ragazza addetta alla pompa è della parrocchia e riempiamo il serbatoio. D’altronde, Vitaly è “famoso” da queste parti.
La nostra conversazione rimane molto animata per tutto il viaggio.
Man mano che ci avviciniamo a Kiev, vediamo l’orrore della guerra, carri armati, camion, case, edifici bruciati e mitragliati, come svuotati della loro anima. Case e resti di veicoli che puzzano di un Sabato Santo desolato, senza vita, senza apparente resurrezione.
Facciamo un giro per entrare in Kiev, evitando la strada principale. Circa 30 km di deviazione. Arriviamo alla nostra parrocchia a Kiev, e ci accoglie Józef. Quanta gioia nell’abbracciarlo! Che gioia essere arrivati ed essere qui! Ecco Marek, parroco e priore. E anche Benedict, che si occupa degli aiuti umanitari e della cura dei soldati. I nostri tre carmelitani attualmente a Kiev. Oggi c’è qui Maciej, un sacerdote polacco che ha un’organizzazione internazionale e porta aiuti umanitari in Ucraina. E sono ospiti anche un padre e un figlio, Andrzej e Daniel, da quando hanno distrutto il loro villaggio.
Gioia dell’incontro con i fratelli e pranzo con Józef e Marek, che raccontano tante cose sulla guerra e sul lavoro pastorale di queste settimane. Marek racconta gli orrori della guerra e mostra le foto dei bunker; cura dei malati e intensa attività̀ come parroco. Per un certo periodo questa fu l’unica parrocchia cattolica a Kiev. Quando venne Madre Teresa di Calcutta, dopo aver ricevuto il Premio Nobel per la Pace, chiese di poter andare a Messa e la portarono nella nostra chiesa. È una chiesa piccola e accogliente. Accompagno Józef a benedire il cibo, che qui è un’usanza tipica: i primi cibi che si prendono a Pasqua, dolci, uova e altre cose. Swieta ha portato le uova di Pasqua per i frati. Mi dà un abbraccio molto affettuoso e chiede una benedizione.
Usciamo per andare a trovare il vescovo di Kiev, Vitaly, che ci riceve in un luogo semplice; è giovane, molto cordiale. Conversazione molto familiare. Mi ringrazia molto per la mia presenza qui ed è molto grato per il servizio pastorale e la dedizione dei Carmelitani in Ucraina. È un’ora di dialogo sulla situazione e sulla Chiesa in Ucraina. Gli parlo della preghiera del Carmelo del mondo intero, delle nostre preghiere per lui e per la Chiesa e il popolo ucraino.
Józef mi aveva chiesto se avevo qualcosa da regalargli, e uscendo avevo detto al Signore: “Vediamo... cosa posso dargli se non mi è rimasto niente di speciale nello zaino...”. Mentre parlo con il vescovo, penso e metto la mano nella borsa e scopro di avere una reliquia dei capelli di Santa Teresina. Gliela regalo e lui ci dice che è la sua santa preferita... Sorprese del Signore!
Facciamo un giro in centro città: la famosa Piazza Maidan, la Piazza dell’Indipendenza dell’Ucraina, dove nel 2014 furono colpite e uccise 98 persone. Visitiamo il luogo della memoria dei caduti e preghiamo per loro.
Torniamo a casa visitando alcuni luoghi distrutti dai proiettili...
Preghiamo per le persone che abitavano in quegli edifici ormai desolati.
È ora di preparare la Veglia...
Emozione con tutto l’Ordine, in questa sera. Ricordiamo la Siria, il Burkina Faso, il Perù, la Colombia, il Congo, il Libano, l’Iraq...
Preghiamo come UNO solo... per la VITA CHE NON MUORE e che nessuna bomba è capace di distruggere...
Questo arrivo a Kiev è un altro capitolo, diverso da Berdichev... perché́ qui l’orrore della guerra si sente molto più̀ chiaramente... i segni sono fumanti e il racconto della gente è continuo... non posso narrare in questa cronaca tutto quello che ho sentito. Uno dei frati mi ha chiesto se mi infastidisse se mi parlava di quegli orrori, e io gli ho detto che non mi dispiaceva... ci sono state conversazioni molto lunghe. Ometto i dettagli. I frati sono in contatto con i cappellani che accompagnano i soldati, e loro stessi confessano i soldati. Ho dato loro circa trecento rosari per i soldati.
La celebrazione della Veglia semplice e sentita. La cappella mi sembrava una piccola arca di Noè̀, un luogo di salvezza. La liturgia inizia in strada con un semplice fuoco e un freddo gelido. Riusciamo a malapena a mantenere accesa la fiamma del cero dopo diversi tentativi.
Io predico e Józef traduce in ucraino.
Al termine della celebrazione, canti e gioia condivisa. Lunga fila di persone per un abbraccio, una benedizione e per ringraziare molto calorosamente del mio essere qui. Una giovane donna mi ha detto che nella sua azienda c’erano 400 persone e che 200 sono fuggite per mettersi in salvo in un luogo sicuro, e che il fatto che io sia venuto era per lei un segno speciale. Così le coppie e le famiglie passavano per essere benedette e abbracciate. Non mi sembra di essere in un luogo di guerra, c’è un fortissimo sentimento di comunione e complicità̀... Una giovane donna che ha perso la casa a Mariupol e ora aiuta gli altri... una giovane soldatessa che chiede la mia benedizione prima di andare al fronte. Le regalo il mio rosario.
La giornata si conclude con un’amichevole conversazione di due ore con Józef, Marek, Benedict, il sacerdote Maciej, il padre e il figlio, Andrzej e Daniel. Che tempo intenso di esperienze vissute. Come hanno bisogno di raccontare ciò che hanno vissuto e ciò̀ che sanno... quanto apprezzano la presenza. Dico loro che l’intero Ordine è qui con loro.
La giornata finisce, domani andremo a visitare Bucha, la città del massacro. E anche altre città tra le più̀ devastate, il seminario e altri luoghi. Ma domani sarà̀ un altro giorno; oggi, nel popolo di Kiev, mi è apparso il Signore Gesù̀ risorto, sorridente, e mi ha benedetto con il suo sorriso... una giovane donna mi ha benedetto con spontaneità̀.
A Berdichev ho sentito le sirene cinque volte, a Kiev una volta sola, uscendo dalla Curia vescovile. Ma nessuno scende più nei bunker. Se qualcosa cade, che cada, se succede qualcosa, che succeda. Ma oggi Cristo è risorto per me nella fede di un popolo, nella sua speranza. Quanto sono fortunato ad essere qui! E che siete qui con me!
BUONA PASQUA DI RISURREZIONE... Il mio Amore e la mia Speranza è risorto.
DOMENICA DI RESURREZIONE
GIORNO 17 APRILE 2022
Non dimenticherò̀ mai nei giorni della mia vita questa Domenica di Resurrezione. Mai.
La Vita nasce. Tanto più̀ in un giorno come oggi, giorno di Pasqua. Ma quella vita ci ha generato nel supplizio della Croce e si è fatta luce nel sepolcro vuoto.
Alle 8 del mattino inizia la celebrazione dell’Eucaristia nella nostra parrocchia dell’Esaltazione della Santa Croce, a Kiev, con una processione intorno alla parrocchia, con il Santissimo Sacramento. Fa molto freddo, ma la chiesetta è piena. La processione è una metafora della vita stessa. Cantiamo la gioia e la fiducia nella Sua Resurrezione in mezzo alla morte. Alla celebrazione assistono diversi soldati e poliziotti in divisa che vivono intensamente il momento.
Padre Benedict presiede e padre Maciej – la cui organizzazione “Pro Spe” si reca quasi ogni settimana in Ucraina per aiuti umanitari – tiene l’omelia. Le sue parole e la sua presenza sono anch’esse un dono di comunione ecclesiale in questi giorni.
Al termine della Messa, un sentito ringraziamento da parte della gente. Mi regalano una felpa con la scritta “Viva l’Ucraina” e dei fiori gialli. Due laici della parrocchia mi ringraziano per il coraggio di venire come pastore in mezzo alle pecore in pericolo ed esprimono la gratitudine per la vita di questi Carmelitani che sono rimasti per accompagnare e prendersi cura della gente. Ci dicono che anche loro hanno bisogno delle cure e del sostegno di tutti per continuare a sostenere e incoraggiare gli altri. Mi cantano un canto toccante che dice “Benedetto colui che viene nel nome del Signore”. Apprezzo profondamente il loro splendido e sincero discorso ed esprimo orgoglio per i miei fratelli, per la loro dedizione e per trovarmi qui. Li nomino uno per uno e rendo grazie per la loro vita. Benedico la vita di tutti i presenti. Non dimenticherò̀ mai questa Domenica di Resurrezione. Alla fine, faccio loro un regalo: una reliquia di Santa Teresina e dei suoi genitori, Zelia e Luigi. E anche di Mariam (Baouardy) di Betlemme, invocando una benedizione per tutti loro, per le loro famiglie e per le famiglie che in questi giorni hanno subito qualche perdita importante, perché́ Teresina illumini la notte dei nostri giorni e perché́ Mariam ci faccia vivere il Dio della vita nell’umiltà̀ e nel nulla del sepolcro vuoto, nella pienezza della misericordia. Ricevono il dono con grande gioia.
Dopo la Messa, sono benedetto dai loro abbracci e dal loro sorriso. Tutti esprimono il saluto pasquale in ucraino.
Facciamo colazione, che qui è come un pranzo. Infatti, oggi faremo il prossimo pasto verso le sei di sera.
E ci siamo messi in viaggio, Benedict, Józef, Maciej, Bogdan (un amico volontario) ed io, verso luoghi molto significativi e scioccanti.
Visitiamo innanzi tutto il seminario maggiore di Kiev (Worzel), che si trova in un bosco, in campagna, a pochi chilometri dalla città, e veniamo ricevuti dal rettore, padre Ruslan, giovane, magro, in tonaca e giacca di pile, e alcuni volontari e persone che lavorano con lui nell’aiuto umanitario alle famiglie. Il seminario è stato saccheggiato dai russi e hanno preso tutto ciò̀ che volevano. Una bomba a grappolo è caduta nel cortile del seminario, i cui effetti ci hanno terrorizzato. Alcune schegge sono entrate attraverso le finestre e hanno colpito la Vergine di Fatima, staccandole la testa. Constatiamo il cratere del proiettile nel cortile e la sua potenza distruttiva.
Padre Ruslan e altri volontari ci accompagnano per tutta la giornata alla meta successiva, che è il campo dei russi nella foresta, i responsabili dei massacri di Bucha. Ci addentriamo con prudenza tra gli alberi. Abbiamo trovato tutto come l’hanno lasciato 15 giorni fa; le tane scavate nel terreno, le installazioni provvisorie. Tutto ci lascia assolutamente attoniti e con le nostre anime trafitte da domande senza risposta: come può̀ l’essere umano arrivare a tali atrocità̀ nel mezzo dell’anno 2022? Non è un film, non è un reportage in bianco e nero degli anni ‘42, non è una biografia che parla di Auschwitz. I russi se ne sono andati da qui quindici giorni fa e solo a pensarci mi si rizzano i capelli. C’è la frutta nelle cassette, la caffettiera, i calzini appesi, le bottiglie di vodka vuote, gli stivali per terra, le scatole russe contenenti cibo, pillole vitaminiche, ecc. ecc. Calpestiamo questo terreno con precauzione casomai avessero lasciato una mina, ma vogliamo vedere ed essere testimoni per poter raccontare al mondo ciò̀ che abbiamo visto. Una storia vera e non di fantascienza. L’anima annichilita, indignata, perforata come da una bomba a grappolo dalla testa ai piedi. Oh, mio Dio! Come è possibile? Da qui andavano nei villaggi circostanti e commettevano atrocità̀. Da qui ricevevano dai loro superiori l’ordine di fare liberamente ciò che volevano. Parlo con Józef pensando ad alta voce: anche loro avranno una madre e sorelle e nonni e figli. Allora come si può̀ ferire la vita a tal punto...? Restiamo in silenzio e preghiamo. Ci avviamo sulla via dell’orrore per le strade di Borodjanka, Bucha e Irpin. Non posso descrivere a parole quello che abbiamo visto, vedrete delle foto e vi chiedo di non distogliere lo sguardo, perché́ questo film è reale e le vittime meritano che guardiamo, che ci svegliamo e che la nostra vita diventi consapevole. Carri armati distrutti, case bruciate, edifici in rovina, ospedali sventrati, uno spettacolo sinistro, demoniaco... ponti distrutti, macchine ribaltate. E la sensazione di essere testimoni privilegiati e sbalorditi del fatto che gli Hitler e gli Stalin, i Mussolini e i Pinochet, i Gheddafi non sono scomparsi dalla scena umana, anche se facciamo fatica a crederlo. Anche allora un’immensa massa invasata acclamava Hitler e lo salutava come il salvatore. Per favore: non tollererò̀ nessuno che giustifichi questo orrore con buonismi ideologici, di qualunque segno essi siano.
Nel cuore di Bucha, dove erano stati deposti i corpi di 98 persone ammazzate per le strade, abbiamo pregato sconvolti sul sito della fossa comune. E da quello stesso luogo abbiamo inviato il nostro messaggio augurale a tutto l’Ordine per la Pasqua. In questo sepolcro vuoto e reale, Józef, Benedict – anche Marek che è rimasto in parrocchia – e io, esprimiamo la comunione dell’intero Carmelo ucraino con tutto l’Ordine.
Accanto a una porta, per terra dove c’era il cadavere di un anziano, hanno posto dei fiori gialli. Preghiamo Maria e preghiamo per tutti. Cristo ha sconfitto la morte. Cristo è risorto. Essi non sono qui, sono già̀ nella casa della vita. Godono della Pace di Dio nel focolare senza fine.
Abbraccio Ruslan, il giovane rettore che ci ha accompagnato così amabilmente, e che è stato in contatto con tutti i protagonisti e con le famiglie delle vittime e ci assicuriamo una preghiera reciproca. Gli dico che il Carmelo pregherà̀ per i 25 seminaristi di Kiev e per lui. Un abbraccio molto intenso. Ci avviamo verso la parrocchia di un sacerdote dehoniano, Tadeusz, che è rimasto qui nei momenti più̀ difficili, a Irpin, una delle città massacrate. Ci mostra la sua cappella, dedicata a Santa Teresina. Gli consegniamo una stufa per riscaldare la parrocchia, che abbiamo portato tutto il giorno nel furgone di Maciej.
Torniamo a casa per una trasmissione della radio argentina. E andiamo a trovare Veronica e Aleksandr, membri del Carmelo Secolare di Kiev. Ci accolgono con tanto affetto nella loro umile casa, colpita anch’essa da una bomba a grappolo. Veronica ci parla con entusiasmo del Carmelo Secolare e ci offre alcuni doni e un libro con testi dei Santi del Carmelo, tratti dalle poche pubblicazioni in lingua ucraina sui nostri Santi. Ci contagiano con il loro entusiasmo. Preghiamo per tutto il Carmelo Secolare a Kiev e in Ucraina
Torniamo in parrocchia. Si sta facendo tardi. Il coprifuoco è alle 22.00. Abbraccio molto caloroso da entrambe le parti.
Sono molto felice di vederli confortati. Sono molto contento di essere arrivato a Kiev e di essermi lasciato commuovere dalla loro testimonianza e dalla loro presenza paterna e fraterna con la gente semplice. Sono un sacramento vivo della vicinanza incondizionata di Dio ad ogni essere umano. Dio vi benedica, fratelli miei. Mi sento orgoglioso. E li saluto augurando loro, in polacco, forza e coraggio.
Abbiamo lasciato Kiev con difficoltà. Il GPS non dice niente di barricate e strade chiuse. Dopo un po’ siamo riusciti ad uscire dalla città. Abbiamo poca benzina, solo per circa 40 km. E ce ne rimangono circa 150. Józef prega lo Spirito Santo e dice che non gli viene mai a mancare. Attraversiamo molte stazioni di servizio chiuse. È molto tardi, e già̀ mi vedo a dormire in macchina. Ma passando davanti a una stazione di servizio vediamo una piccola luce e riceviamo non 20, ma 30 litri di carburante. E il benzinaio si sfoga con Józef raccontando le sue emozioni. Alla fine, con le mani, fa un gesto di preghiera.
Prima di arrivare, molti posti di blocco militari. Ci chiedono i documenti. Preghiamo i vespri e compieta. Preghiamo per tutte le persone che abbiamo incontrato e preghiamo Dio per la Pace e la fine di tanto male. Il nostro percorso ci porta, quasi quattro ore dopo la partenza, a Gwozdawa; una tranquilla casa in campagna, dove i frati celebrano quotidianamente con il centinaio di abitanti del villaggio.
Maksimilian, il superiore, ci accoglie. È già̀ molto tardi. Sono passate le 11 di notte. E la giornata è stata estenuante, impressionante, travolgente.
Cristo Risorto, guarisci la terra d’Ucraina, guarisci le sue ferite. Guarisci il nostro mondo.
GIORNO 18 aprile2022
LUNEDÍ DI PASQUA
Spunta l’alba a Gwozdawa. Mi affretto ad alzarmi per andare con loro all’ora della preghiera. Prima recitiamo le lodi. E poi la Messa,
. Mi affretto ad alzarmi per andare con loro all’ora della preghiera. Prima recitiamo le lodi. E poi la Messa, alle 7.20. La chiesa si è riempita di gente incantevole. Alcuni bambini in prima fila. Donne anziane e alcune di mezza età̀. Il gruppo degli uomini è più̀ rarefatto. Józef presiede la liturgia e lascia a me la predicazione. All’inizio della Messa, Clementina mi rivolge alcune parole accogliendomi con una semplicità̀ e una gioia che mi commuovono.
Nelle sue parole esprime la gioia di questo piccolo paese per la mia presenza in tempo di guerra e la gioia per avere tra loro i padri Maksymilian, Piotr e Józef, la gioia di celebrare la Messa quotidiana. Mi regalano un uovo di Pasqua in porcellana e dei cioccolatini.
Alla fine della Messa ci abbracciamo come fossimo una famiglia da sempre. Benedico tutti, uno per uno, imponendo le mani. Regalo loro i rosari che ho portato dalla Spagna, fatti da padre Santiago, un frate buono e semplice, che vive a Madrid (90 anni). Apprezzano
molto questo particolare. Quando li benedico mi trattengono le mani e le baciano tutt’e due sul palmo, come se fosse la mia prima Messa. Onorano il mio sacerdozio con tanto affetto. Faccio qualche foto con loro. Più tardi, mostro alcune di queste foto e dico ad amiche e amici che mi sono innamorato di queste persone. Sono io il benedetto.
Facciamo colazione in un’atmosfera di festa e di gioia. Visito la casa e i dintorni con i frati. Un posto di campagna tranquillo e silenzioso. È una sola comunità̀, quella di Berdichev, che si prende cura di questo luogo di silenzio e ritiro, avendo cura della pietà e della fiducia di questo piccolo villaggio, così pieno di fede e così provato fin dai tempi del comunismo.
Dopo aver terminato con Józef un’intervista con Anastasia (Suora delle “Onorate”) per il periodico della Chiesa in Ucraina, ci lasciamo con reciproca gratitudine. In mattinata è venuto Rafał da Berdichev per il congedo. Abbraccio e benedizione ai frati.
La strada fino alla frontiera è di 7 ore, con due fermate. Man mano che ci allontaniamo dal centro del Paese, la vita sembra più̀ normale, anche se di tanto in tanto ci sono dei controlli. Più automobili e stazioni di servizio intatte e senza niente di rotto. Sembra strano, dopo la periferia di Kiev, vedere città con quasi tutti gli edifici in piedi e senza segni di guerra.
Il tragitto con Vitaly e Olek, che sono ancora così gentili da accompagnarmi, è vivace e pieno di amichevole vitalità̀. Apprezzo molto la loro compagnia.
Arriviamo al confine ed è triste lasciare il Paese, i fratelli, Vitaly, ma prometto di tornare.
Al confine, una coda di circa 200 persone. Famiglie e bambini. Comincia a fare piuttosto freddo. Attendiamo circa un’ora e mezza che la coda proceda molto lentamente. Intanto i volontari e la Croce Rossa ci offrono acqua e coperte, bambole per i bambini e cioccolato e the... Passano e ripassano lungo la fila, chiedendo di cosa abbiamo bisogno. Mi commuove questa umanità̀ che avvolge l’esodo degli ucraini, di fronte alla mancanza di amore e alla barbarie che ho visto ieri.
Finalmente, dopo essere rimasto fermo per così tanto tempo, riesco a superare i due controlli della polizia ucraina e polacca. Dall’altra parte, le ONG accolgono le persone e offrono di tutto. Accetto del cioccolato dagli spagnoli e saluto altri volontari.
Andrezj mi viene a prendere e ci avviamo verso Czestochowa, senza fermarci a Przemyśl. Incontrerà̀ le monache carmelitane di Kharkiv che stanno lì in una casa indipendente preparata per loro, presso le Suore di San Giuseppe. Col desiderio di abbracciarle.
Arriviamo dopo mezzanotte. Mi ricevono Anna Maria, la priora, e altre due sorelle. Ci salutiamo con un abbraccio lungamente atteso. Hanno preparato la cena. Conversiamo senza fretta, nonostante l’ora tarda.
C’è tanto da condividere, tanta consolazione in questa profonda e vera fraternità che supera tutti i confini e raggiunge la comunione nel linguaggio comune del sentirsi UNO. Quanto calore in mezzo a tanto freddo nel nostro mondo! Se tutti gli esseri umani potessero godere di questo affetto di fratelli che mi è donato! Se le ragazze violentate o le persone uccise in strada, se le famiglie bombardate o le persone senzatetto potessero sentire dentro di sé questo calore della Resurrezione e il calore del meglio dell’essere umano! Ma quel sogno non si è ancora realizzato in questa terra ferita. E non insceniamo riconciliazioni inesistenti, perché́ la Russia e Putin continuano nel loro sforzo di massacrare l’Ucraina, che chiamano “fascista” - crudele ironia! -, ma preghiamo con pacifica violenza perché́ vengano fatte verità̀ e giustizia. E sì, ci sia il perdono, che guarisca e liberi vittime spezzate e carnefici crudeli, e la grazia che risani il dolore profondo della Croce dei nostri giorni e riempia la tomba vuota di un annuncio di Vita Nuova invincibile. Ma la guerra c’è ancora e non c’è alcun sentore di coscienza da parte di chi la alimenta e di chi la asseconda. Le bombe fischiano ancora nell’aria e piovono su Leopoli mentre passiamo nei suoi paraggi nel tardo pomeriggio di questo lunedì̀ di Pasqua. E abbiamo ancora così tanto per cui pregare e così tanto per cui svegliarci e così tanti da abbracciare e confortare, senza arrenderci.
Non illudiamoci. Il perdono di Gesù̀ sulla Croce è anche sulle nostre labbra e nei nostri cuori: «Perdona loro perché́ non sanno quello che fanno». E lo diceva dalla Croce. Ma le radici del male e dell’orrore sono nascoste e vive in questa terra su cui camminiamo, e i suoi stivali sono pronti a continuare a calpestare esseri umani indifesi. Abbiamo il dovere morale di armarci per questa guerra. Vi invito a portare alla luce la violenza dei pacifici che resistono a tanta ipocrisia politica, a tante menzogne ideologiche e a tanto silenzio vile, per fare fronte comune di un vangelo coraggioso con una preghiera e una vita che non si voltano indietro.
Perdonate questo sfogo. Sono molto infastidito dalla politica dei nostri giorni. Rispetto i politici che servono il popolo, che non dicono bugie, che combattono senza essere schiavi delle ideologie di partito, i politici che non cercano il potere e che non sono narcisisti. Quelli che costruiscono per tutti. Non posso sopportare che continuiamo a discutere se siamo a favore della Russia o degli USA, se siamo di destra o di sinistra, se siamo per Papa Francesco o Benedetto XVI... cadendo in una stupida trappola che non ci lascia vedere la realtà̀ del male che ci acceca. E la follia di capi senza scrupoli. Concludo la giornata esausto e felice di essere con le mie sorelle.
GIORNO 19 aprile 2022
MARTEDÍ DI PASQUA
’Eucaristia con le sorelle di Kharkiv è un momento prezioso di preghiera, ringraziamento e canto che esprime speranza e vita.
Sono molto commosso nell’incontrarle. Durante la mattinata sfruttiamo il tempo fino all’ultimo secondo condividendo ciò̀ che abbiamo vissuto. Le sorelle hanno bisogno di raccontarmi cosa hanno passato. Il panico, la paura, il rumore delle bombe in agguato, l’incertezza, la resistenza a partire fino all’ultimo momento, un esodo senza il tempo per pensare e la presenza del pastore, del vescovo che si fa strada su una via poco sicura per raggiungerle e celebrare l’Eucaristia e consolare e vestire. Dialoghi comunitari con diversità̀ di opinioni. Dubbi e preghiera per chiedere luce. Il vescovo ha pronunciato una frase che ha lasciato tutte sotto shock: “Domani mattina presto bisogna partire, il pericolo è imminente” (il giorno prima avevano deciso di restare nonostante il pericolo). Ma poco dopo è stato ancora più̀ pressante e senza possibilità̀ di discussione: “Tra un’ora le macchine sono al cancello e dovete partire. Consumate il Santissimo Sacramento e raccogliete ciò̀ che è strettamente necessario...”. E un percorso incerto cercando di evitare le zone di pericolo. Quanta angoscia per raggiungere una zona sicura. Anche lo smarrimento di una delle due auto e l’inquietudine fino al loro nuovo incontro. Ore di attesa al confine e, infine, lasciare dietro di sé la terra che è stata casa di tutta la vita per le 8 suore ucraine, e per tanti anni per le tre polacche e la suora slovacca. Quest’uscita è diventata impellente quando arrivavano le notizie delle atrocità̀ commesse dall’esercito ceceno e russo, privo di scrupoli. (In tutta la cronaca di questi giorni ho omesso dettagli inutili che le mie orecchie e il mio cuore non dimenticheranno).
Ascolto commosso fino alle lacrime. E intanto mi onorano con canti pasquali e con una gioia che mi fa piangere, senza capire come sia possibile tanto dolore e tanta vita traboccante. C’è tanta gioia che percepisco in loro per la mia visita e per la mia presenza nei giorni di maggior incertezza, e tanta mia gioia per la loro gratitudine. Mentre la priora racconta, le lacrime le sgorgano dagli occhi. E anche alle sorelle.
Mi chiede quale parola dico loro per vivere questo momento. Dico loro che il SÌ più importante si pronuncia nella terra del presente, qualunque esso sia. Che Giovanni della Croce e Teresa di Gesù̀, vissero la più̀ grande fecondità̀ della loro vita nei momenti più inospitali e perseguitati, di estrema fragilità̀. Che prima di raggiungere la terra promessa che Dio vuole dare loro, questo momento su cui camminano è un “adesso” privilegiato di alleanza e di dedizione. Siamo venuti al Carmelo per dare la vita. E non sappiamo mai dove ci porterà̀ il Signore, ma sappiamo che ovunque andremo Egli sarà̀ la nostra casa e il nostro infinito conforto. Il Carmelo rinasce nelle ore di massima povertà̀.
Arriva la presidente della Federazione, che è stata per loro una madre preparando tutto. E anche la provinciale delle Suore di San Giuseppe che le ha accolte in questo luogo che avevano preparato, appunto, per accogliere delle famiglie di profughi ucraini. Provvidenza di Dio.
Ci scambiamo alcune informazioni. E, soprattutto, abbracci così sinceri, così necessari in quest’ora di freddo incerto. Mi hanno regalato una meravigliosa immagine della Vergine dell’Ucraina che ora ho accanto al mio letto.
Ci salutiamo con la benedizione, io le benedico e mi sento benedetto in loro. Ci salutano nella via con la chitarra e il tamburo, così piene di gioia che non vorrei lasciarle. Tutto il Carmelo è rimasto incantato da questa comunione di fraternità. E l’intera Ucraina sia sicura che l’intero Carmelo sta pregando senza tregua e incessantemente perché́ si faccia la Pace.
Prima di lasciare Czestochowa, visitiamo le monache di questa città, che aspettano con impazienza la benedizione nella loro chiesa. Visita molto veloce e molto gradevole.
Il mio itinerario attraverso le terre di Ucraina e Polonia si conclude. Non dimenticherò̀ mai ciò che ho vissuto. Dentro si è aperta una ferita che non voglio rimarginare. È difficile per me da digerire e l’impotenza di ciò̀ che ho visto mi lascia senza parole dentro. Mi sono lasciato attraversare, senza paura di ascoltare, vedere, sentire, piangere, indignarmi... e mi sono lasciato abbracciare da coloro che venivo a consolare. Ho abbracciato fratelli che sembrano forti e consolano molti e hanno bisogno di essere consolati e sostenuti, e mi sono lasciato ringraziare dal loro sguardo. Ho benedetto una giovane soldatessa che mi ha chiesto di pregare per lei prima di andare al fronte e sono stato disarmato dal sorriso di una giovane donna che ha perso tutto ciò̀ che aveva nella sua casa di Mariupol.
Grazie per avermi accompagnato in questo terribile viaggio nel cuore della guerra. Siamo tutti in guerra. E abbiamo bisogno di essere uniti. Dobbiamo essere preparati con le armi della luce; che nulla cancelli il nostro sorriso e la nostra speranza, è il tesoro più̀ grande che porto dall’Ucraina. Non sono dei poveretti massacrati, sono un popolo che risorgerà̀ dalle proprie ceneri perchè hanno Fede e nella loro ferita ci svegliano tutti per vivere e rialzarci.
Grazie per la vostra preghiera. La mia ultima parola è la gratitudine della gente semplice, dei
frati, delle monache e delle suore, il sorriso dei bambini e il bacio delle nonne che mi stringono forte le mani e le baciano. Il loro Grazie a tutti voi. Sanno che continuerete, che continueremo al loro fianco, qualunque cosa accada. E la bontà̀ vincerà̀ sull’orrore e sulla crudeltà̀. Ve lo prometto.
Dio ci benedica tutti. “Pace a te, sono io. Non temete”, dice Gesù̀, “Io sarò̀ con voi tutti i giorni fino alla fine”.
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