La lunga via dei santi in frantumi: terre di
miracoli, ora distrutte
Da Preci a Cascia alla riscoperta delle radici
della tradizione cristiana
DOMENICO AGASSO JR, MATTIA FELTRI
La prima preghiera, in devozione o in laicità,
andrebbe recitata davanti all’abbazia di Sant’Eutizio: lì, prima ancora che
alla basilica di San Benedetto a Norcia. L’abbazia è nel territorio di Preci,
provincia di Perugia, da quindici secoli. È uno dei monasteri più antichi
d’Europa, fondato da Santo Spes insieme con Sant’Eutizio e San Fiorenzo.
Benedetto è passato da qui: veniva a salutare il caro amico Spes «che per
quarant’anni sopportò la cecità con mirabile pazienza», come scrisse papa
Gregorio Magno.
E quando Spes morì, una colomba uscì dalla sua
bocca. Eutizio e Fiorenzo erano molto amici, al punto che quando Eutizio si
fece abate, Fiorenzo pregò Dio di dargli un compagno e Dio gli diede un orso
che gli accudiva le capre; gelosi di un simile prodigio, alcuni monaci del
monastero di Eutizio uccisero l’orso e la maledizione di Fiorenzo calò su di
loro: tutti uccisi, forse dalla peste. Fiorenzo si pentì, divenne monaco e poi
santo. Anche questa, con le sue dolci leggende, è storia d’Europa. E non soltanto
leggende: sei secoli più tardi, all’abbazia ha fatto visita Francesco d’Assisi,
attratto dalla fama della scuola di chirurgia. L’abbazia era diventata un punto
di riferimento per tutta la zona, smarrita dalla caduta dell’Impero romano e le
invasioni barbariche. La cultura era lì dentro, la disciplina medica, le virtù
delle erbe, ma anche la biblioteca, i codici.
Nell’abbazia si viveva secondo la regola
benedettina, cioè le regole della vita monastica dettate da San Benedetto che
nella seconda metà del primo millennio si diffusero in tutta Europa,
consegnandole un’unità spirituale e culturale, con conseguenze sociali ed
economiche, e che fu supplenza alla perduta unità politica di Roma («dobbiamo
domandarci a quali eccessi si sarebbe spinta le gente del Medioevo, se non si
fosse levata la voce grande e dolce di Benedetto», ha scritto Jacques Le Goff).
Oggi i fedeli hanno considerato un buon segno, tutto sommato, che della
basilica sia rimasta in piedi almeno la facciata, con le statue di Benedetto e
di sua sorella Scolastica, anche lei santa. I due si vedevano una volta l’anno.
Durante l’ultima conversazione, Scolastica vorrebbe fermarsi a parlare ancora
un po’, ma il tempo è scaduto; scoppia però un temporale, e Scolastica può
trattenersi dal fratello qualche altra ora. Pochi mesi dopo morirà, e Benedetto
la vedrà librarsi in cielo nelle fattezze di una colomba.
Se oggi l’Europa è - o vorrebbe essere - un mondo
costruito sulle conquiste della laicità e sulla tradizione religiosa, buona
parte dell’Europa è nata qui, fra questi borghi tormentati da terremoti antichi
e moderni, e percorsi dai santi più amati e mitizzati dai fedeli, come Santa
Rita, la cui chiesa a Cascia è danneggiata, e che viveva fra i lebbrosi e fra i
poveri nell’idea di portare la croce insieme a loro, e per portarla meglio si
flagellava. Quando morì (XV secolo), tutte le campane di Cascia si misero a
suonare, compresa quella del monastero in cui era entrata anni prima dall’alto,
portata in volo da San Giovanni Battista, Sant’Agostino d’Ippona e Nicola da
Tolentino, non ancora canonizzato. Ma Nicola santo lo sarebbe diventato, sulla
spinta di un culto per un prete che nel XIII secolo prega, digiuna, e poi passa
oltre il rigore del tempo diffondendo sorrisi e dolcezza.
Oggi la Basilica che contiene i suoi resti, tranne
le braccia, che si staccarono sanguinando quarant’anni dopo la morte, è inagibile
come sono inagibili o danneggiate o distrutte le chiesette dedicate a San
Francesco ad Amatrice, ad Accumoli, in tutte le Marche, in Umbria. È inagibile
il Duomo di Macerata, con i dipinti che raffigurano la storia del patrono
cittadino, San Giuliano l’Ospitaliere, un fiammingo nato nel 631 e fuggito in
Italia perché durante una battuta di caccia un cervo gli predice che ucciderà i
suoi genitori. Fugge, dunque, dalla colpa che non ha ancora commesso, per non
commetterla; ma i genitori non capiscono, lo cercano e lo trovano mentre lui è
fuori casa: la moglie di Giuliano li ospita, li mette a dormire nella camera
nuziale e quando Giuliano rientra pensa alla sposa fedifraga, e uccide. Quando
scopre che la premonizione del cervo si è avverata, si dedica alla santità, e
salva Dio che l’ha messo alla prova sotto forma di lebbroso.
Ecco, si va da un paesino all’altro, pochi chilometri di distruzione, e
da una leggenda all’altra, da un fondamento mistico all’altro. Se si arriva
Camerino, si vedrà un muro crollato del monastero di Chiara d’Assisi, la santa
che ha ricevuto da Francesco il saio di penitente. In un fabbricato annesso
alla chiesa di San Damiano, Santa Chiara, fuggita dalla nobiliare casa paterna,
si ritira con donne e ragazze il cui destino di purezza è claustrale e in
dedizione alla povertà, alla preghiera, al prossimo. Sono nate le Damianite che
il mondo conoscerà come Clarisse. Se si arriva a Bagnoregio, si vedrà la chiesa
gravemente danneggiata di San Donato (IV secolo), che durante la messa ricompone
il calice distrutto dai pagani e, sebbene manchi il fondo, il vino non scende.
Se si arriva a Tolentino, si vedrà la cappella semi-franata che ospita il
sarcofago di San Catervo (IV secolo), primo evangelizzatore e patrono della
città. Se si arriva in questi posti, si vedrà da dove veniamo: piccole terre
miracolose della tradizione cristiana.
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