P.
AGOSTINO CAPPELLETTI
DI S. MARIA
2.3.1939 – 29.10.2015
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Era la persona ordinaria, comune, popolare, diventata progressivamente straordinaria per la combinazione di vari fattori: carattere felice, intelligenza chiara e pronta, disponibilità a servire, serietà e serenità negli impegni, cura del sapere, amore per le cose sante e belle, gusto del dialogo e giusta discrezione, vivacità quasi istintiva nella voce e nei gesti non disgiunta da una prima timidezza, piacevole allegria e spassosità stando in compagnia, ottima attitudine al bel canto. Insomma un caro, carissimo uomo e un religioso e sacerdote secondo il cuore di Dio.
Veniva da Giazza di Selva di Progno
(Verona), zona montagnosa dove si parlava e si parla l’antico cimbro studiato
dai tedeschi, che però lui si rammaricava di non conoscere , mentre usava quasi senza ritegno il veneto schietto anche
con gli stranieri (al Collegio Internazionale), benché gli
raccomandassero: “Parla italiano” e lui: “Ma se no son bon!”, mentre in
verità sapeva scrivere e all’occorrenza parlare con proprietà la lingua di
Dante. Ma era fatto così: spontaneo e anche piacevolmente istintivo,
addirittura disarmante soprattutto da giovane tanto nei discorsi che nei gesti.
“Come va, Padre Nostro?” chiedeva con ingenua confidenza al Generale P.
Anastasio Ballestrero battendogli la spalla davanti a tutti. Cosa ti permetti?
Ma come non volerti bene?
Nato il 2.3.1939, entra a Tombetta
nell’autunno del 1950 e passa ad Adro nel 1952. Finito brillantemente il
ginnasio, nel settembre 1955 inizia il noviziato a Mantova con altri nove
compagni di classe, tra i quali Sergio Sorgon, con cui conserverà sempre una
particolare intesa fraterna. Gli assegnano il nome religioso di fra
Giancrisostomo e presto diventa per tutti “il Griso”, soprannome che affiorirà spesso anche quando riprenderà
il nome battesimale di Agostino. Professo semplice nel 1956, per un anno di
liceo è a Treviso e per due a Brescia. Per la teologia invece viene mandato nel 1959 al Collegio
Internazionale di Roma. Ordinato sacerdote nel 1963, resta al Teresianum fino al 1965 a preparare la tesi di dottorato in teologia che difende l’anno dopo.
Nel 1966 inizia a insegnare dogmatica
a Venezia, portando assieme ad altri tre-quattro
giovani “professorini” il nuovo vento del Concilio. Così fresco e gioviale, gli
studenti lo considerano uno di loro e gli danno subito del tu, mentre sarebbe
ancora in vigore il Vostra Reverenza, che con lui non funziona proprio.
Nel 1968 si trasferisce con tutto lo
studentato a Brescia. Nel giugno del 1969 è tra il manipolo di giovani che per
la prima volta entrano, secondo le norme del nuovi Decreti, nell’importante capitolo provinciale di Venezia, dove
gli chiedono di fare da segretario, servizio
che gli si addice molto e che farà lodevolmente in varie occasioni.
E’ creato maestro dei teologi per il triennio
1969-1972, periodo più che mai delicato (come dimostra “O.C.D.”, la rivista
graffiante degli studenti) tanto che egli stenta a imporsi, cosa che non è
nella sua indole, arrivando solo a qualche stizzita reazione tipica dei miti.
Nel 1972, restando a Brescia, è maestro
dei novizi e, sollecitato a correggere un tipo difficile e non riuscendoci,
implora: “Mandéme a l’eremo!” – mandatemi all’eremo – . Si trova più in
sintonia con fra’ Barnaba “l’ingegnere” e con gli altri fratelli laici a cui fa
anche la catechesi a Tombetta.
Invece che all’eremo nel 1975 lo mandano
priore e direttore del collegio di Adro, dove piace a tutti. Nel 1978 si sposta
obbediente a Bolzano come parroco e si inventa la genialata di abbassare il
vano della chiesa alta e fredda per ricavarne gli spazi per le opere
parrocchiali. Per un anno si rifugia da lui P. Sergio Sorgon, esaurito dal
lavoro nella missione.
Nel 1982 il P. Generale stesso lo
vuole parroco a Roma, ma nel 1984 è fatto provinciale. E’ una esperienza che
affronta con timore ma insieme con serenità, certamente maturato e anche
rassicurato dalla fiducia che i confratelli gli danno. Così ha l’occasione di
aprirsi a tanti incontri e di fare viaggi interessanti, per esempio in
Madagascar dove in una scampagnata (è uno che saprà sempre prendersi le giuste pause) fa un’ultima foto con P. Sergio, che verrà ucciso poco
dopo.
Viene facilmente confermato provinciale nel
1987: tanti lo vogliono “perché l’è bon”, come dicono i fratelli laici. In
questo secondo mandato alcune spine lo rattristano molto: l’uscita dal
sacerdozio di qualche confratello, il martirio di P. Sergio, la difficile reimpostazione
della missione malgascia. Ci sono poi i classici problemi delle case di
formazione e delle scuole cattoliche, per le quali si affida all’esperto
economo fra’ Pancrazio Urietti. Visita spesso conventi e monasteri, in questi sfruttando
senza ostentazione la sua preparazione intellettuale.
Scaduto da provinciale , nel 1990
diventa priore e parroco a Tombetta per sei anni, rafforzando la sua simpatia
per i Neocatecumenali, ma già qui rivela una certa debolezza di cuore (fibrillazione).
Nel 1996 è provinciale per la terza volta e trova altre spine: Roma senza consultarlo decide di costituire la
Delegazione del Madagascar e il
Commissariato della Sicilia; la polizia
di Palermo incarcera un frate sospettato di collusione con la mafia.
Come sembra scritto nel suo dna, nel 1999
torna parroco per tre anni a Bolzano e
poi è nominato parroco a Roma (2002-2006)
dal P. Generale, che anzi lo vuole superiore della Casa Generalizia
(2006-2009). A settant’anni rientra in Provincia, agli Scalzi di Verona, ma nel
2012 arriva allo studentato di Brescia. In apparenza è un frate che ha sempre
comandato, ma in realtà ha sempre obbedito, prestandosi a tutto quanto gli
hanno chiesto. Ancora voglioso di fare, promette una operosa vecchiaia. Invece
nel pomeriggio del 29 ottobre si spegne silenzioso nella sua cella, per
infarto. I suoi funerali solenni si tengono il 2 novembre sia al Castello di
Brescia che nel suo caro paesello di
montagna, dove viene sepolto.
PADRE RODOLFO GIRARDELLO
che tu possa splendere in cielo .in terra mi hai donato tanta benevolenza ,non dimentico .....ora guardami dal cielo .....
RispondiEliminaEmanuela (V.I. V.S.)