AFORISMA

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(Rita Levi Montalcini)

Nostra Signora del Carmelo

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venerdì 10 aprile 2015

ricordi di Irene Magri Buriani su P. Marcello



 RICORDI DI IRENE MAGRI BURIANI SU P. MARCELLO


Ho conosciuto P. Marcello nel 1981. Per me quello fu un periodo di dolore indescrivibile per la morte improvvisa di mio figlio Luca (23 anni) in seguito ad un incidente stradale. Mia cugina Lidia Paparella dopo alcuni mesi mi invitò ad incontrare P. Marcello. Per me fu una rivelazione. Pur cattolica e non molto praticante mi sentii di sfogare tutto il mio dolore senza quasi nemmeno dargli il tempo di parlare. Ero alla ricerca disperata di aiuto ed inizialmente bussai a persone passate attraverso la stessa tribolazione. Questo non mi bastava: sentivo di aver bisogno di qualcosa di superiore. P. Marcello ad un certo punto mi mise la mano sulla testa dicendomi: “Abbi fiducia e col tempo capirai cose che prima non potevi afferrare”. E così cominciò il nostro cammino, che inizialmente consisteva soltanto nell’ascolto da parte sua di tutte queste problematiche dovute al lutto con tanti riflessi sulla vita familiare e sul lavoro stesso.

Dopo alcuni mesi - e questo nella primavera dell’82 - capita un’occasione, che per me si rivelò provvidenziale. Una mia amica, che aveva sperimentato la stessa tragedia, aveva programmato un viaggio a Lourdes, ma all’ultimo momento chi doveva accompagnarla si era dovuta tirare indietro e così nel giro di tre giorni mi sono ritrovata io a prendere il suo posto. Da parte del marito sembra quasi esserci stata una spinta, pur sapendo che sarebbe rimasto da solo in negozio.

Arrivati a Lourdes c’imbattiamo in un pellegrinaggio internazionale di Scouts, ai quali apparteneva anche mio figlio e confesso che nel vedere tutta quella marea di divise azzurre avevo l’impressione di riconoscere in ciascuno di quei giovani il mio stesso figlio.

 I funerali del mio Luca e di Lorenzo, figlio dell’amica, erano stati celebrati ad un anno di distanza da Mons. Franceschi, Arcivescovo di Ferrara. Quale la nostra meraviglia partecipando alla Messa solenne in Basilica nel vedere che era presieduta dallo stesso Mons. Franceschi, che nel frattempo era stato trasferito a Padova. All’indomani altro fugacissimo incontro con lui durante la Messa celebrata alla Grotta.

Torno da Lourdes e nell’incontrare P. Marcello mi stupisco che lui consideri del tutto normale il dono dell’accettazione del mio profondo dolore. Mi rimasero impresse soprattutto queste sue parole: “il dolore si affronta con l’amore”. Cioè l’accettazione e l’offerta di quanto incontriamo sulla nostra strada.

Ammetto che queste cose sul momento mi sembravano impossibili da raggiungere, eppure si sono rivelate determinanti: frasi che parevano martellarmi la testa, ma mi davano la forza di affrontare le più svariate situazioni. Per tutto il resto della sua vita P. Marcello ogni ultima domenica del mese (Luca era morto il 27) si è preso l’impegno di celebrare per lui una Messa o a S. Girolamo o nella Cappella del Reparto Pediatrico S. Anna, allora proprio di fronte alla Chiesa di S. Girolamo, ed a questa Messa partecipavano tutta la mia famiglia e parenti vari. E debbo anche dire che da parte della famiglia Paparella c’è sempre stato un grande sostegno psicologico e spirituale in tutti questi dolorosi frangenti.
  
Debbo dire che nei primi mesi successivi al lutto nessuno in famiglia voleva più parlare della cosa per evitare ulteriori sofferenze a ciascuno. Col tempo però ho capito che questa chiusura ci danneggiava, allontanadoci non solo dagli altri, ma anche da noi stessi. Non riuscivamo ad aiutarci vicendevolmente. Quella partecipazione alla Messa rimaneva l’unico momento di incontro, ma non portava ad una maggior apertura. Ricordo la vigilia di Natale di quel 1981: è stato solo il pensiero di avere a casa mia figlia e mia madre ottantenne a convincermi a farvi ritorno. Per me sembrava tutto finito ormai... Nei mesi successivi si è fatta strada in me la convinzione che il Signore mi faceva trovare la persona giusta al momento giusto per sostenermi nel cammino.

Alla morte di P. Marcello c’è stata come una gara da parte di tutti per ospitare la sua bara , essendo inagibile la tomba dei Carmelitani Scalzi. Mio marito per riconoscenza a P. Marcello era riuscito ad essere così convincente da ottenere che venisse trasferito temporaneamente nella propria Cappella di famiglia, dove poi è rimasto per tre anni. Per tante persone quella era diventata una meta obbligata alla Certosa.

Quando si cominciò quasi a furor di popolo a richiedere che la sua tomba venisse traslata in Chiesa a S. Girolamo, mio marito non celò il suo disappunto, ma alla fine dovette arrendersi, anche se per lui rappresentava una perdita notevole. Ogni giorno infatti doveva andare a parlare col suo Luca e con P. Marcello.

Non posso dimenticare quest’altra frase di P. Marcello: “Il dolore si vince con l’amore nella vita”.
Quest’esperienza ha fatto sì che ci aprissimo a tanto dolore attorno a noi, portandoci a prodigarci sia alla Caritas che all’assistenza dei giovani carcerati.

Posso dire che la presenza di P. Marcello, pur essendo sempre così riservata, è stata sempre molto determinante. Lo sentivamo veramente in mezzo a noi.

Durante il suo ricovero all’Ospedale S. Anna c’era la coda sin nella strada: tutti volevano andarlo a trovare per dirgli almeno qualcosa, pur sapendo che forse avrebbe risposto solo con un sorriso per la gravità della sua malattia.

Ferrara 9-4-2015

Trascrizione di P. Nicola Galeno, ocd

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