AFORISMA

Meglio aggiungere vita ai giorni, che non giorni alla vita
(Rita Levi Montalcini)

Nostra Signora del Carmelo

Nostra Signora del Carmelo
colei che ci ha donato lo scapolare

sabato 31 agosto 2024

REGIMI DI SABBIA NEL SAHEL di P. MAURO ARMANINO

 


Regimi di sabbia nel Sahel

In questa porzione del Sahel è in fase di applicazione una forma artigianale di totalitarismo, ovvero la dittatura del controllo totale. Si tratta del tipo più sviluppato di regime dittatoriale. Oltre alla repressione, all'ideologia e al capo, si aggiunge la presenza del regime in ogni ambito della vita. Ciò nel contesto della svalutazione dei tipi di democrazia esperimentati finora e scelti come capri espiatori delle attuali ‘impasse’. Gli attacchi dei Gruppi Armati Terroristi, la crisi economica, le carestie e la ricerca di un’identità ‘autoctona’ hanno condotto all’idea di ‘rottamazione’ di una democrazia vista come una forma neo-coloniale di gestione della politica. Si tratta di un totalitarismo di ‘sabbia’.

Ahmed è originario della Somaliland...Dopo aver presentato il documento di ‘richiedente asilo’ e quello, plastificato, dell’Alto Commissariato per i Rifugiati, condivide alcune delle immagini che il telefono cellulare ha registrato nel deserto. Ahmed dice di aver perso la sua patria, il figlio, deceduto al momento della nascita a Niamey e la propria salute. Si trova ospite precario in una delle case di accoglienza delle istituzioni di protezione umanitaria. Dice che il suo cuore non è più quello di prima. Le sue notti sono da tempo abitate da paure e incubi. Lui e molti come lui, passato dall’Etiopia al Sudan per arrivare all’inferno libico ce lo ricordano. Il primo totalitarismo è quello della violenza.

Di essa si vive in buona parte del nostro Sahel. L’indigenza, il ruolo nefasto dei gruppi armati di ‘ispirazione islamico-commerciale’, l’assenza dello Stato, l’allentamento dei legami culturali e l’esclusione crescente dei poveri sono alcune delle espressioni della violenza perpetrata quotidianamente nella società. Il totalitarismo della violenza si esprime anche nella ‘banalizzazione’ della stessa. Si risponde alla violenza con la violenza e questo porta alla ben nota e denunciata ‘spirale della violenza’ dalla quale non si potrà uscire finché si rimarrà in una logica di annullamento dell’altro come persona. Il totalitarismo si nutre della riduzione degli umani a cose, a oggetti scomodi.

Le migliaia di migranti che continuano a tentare la fuga dal totalitarismo della miseria e dell’invisibilità della ‘globalizzazione’ non sono che un sintomo del malessere che attraversa il mondo contemporaneo. Da una parte il totalitarismo di un’economia capitalista che rende superflua una grande porzione dell’umanità e dell’altra il totalitarismo della miseria che sopprime la vita e la speranza di un futuro differente. I mari e i deserti, ricordava recentemente il vescovo di Roma, papa Francesco ...’sono strade migratorie che si rivelano mortali...occorre dirlo chiaramente: ci sono coloro che lavorano sistematicamente a espellere i migranti e ciò, in tutta coscienza, è un peccato grave’.

I regimi di matrice totalitaria non possono evitare di controllare, orientare, dirigere, mettere in riga la comunicazione e l’informazione. Questo, sulla scorta di quanto anche le altre agenzie che producono notizie stanno facendo da anni, anche i Paesi del Sahel stanno costruendo la ‘loro’ agenzia che non potrà non farsi portavoce di coloro che la finanziano e dirigono. Come pure in ambito sociale, per un totalitarismo che si rispetti, non si potrà che andAre verso un controllo accresciuto dei cittadini, delle loro idee e dei loro comportamenti. Certo non siamo a livello delle Cina che assolda, a questo scopo, milioni di telecamere per ‘spiare’ o cittadini ma, la delazione e i regolamento di conti basteranno.

Qualche giorno fa, uno dei capi di uno stato del Sahel, affermava testualmente che ‘non esiste una libertà personale ma solo una libertà collettiva’. Ciò per evitare di cadere, secondo lui, nell’anarchia sociale. In effetti, nella frase citata, si può vedere in qualche parola lo stile stesso del totalitarismo di cui è questione. Chi si arroga il diritto di decidere l’uso della ‘libertà collettiva’? Qualche militare al potere grazie alle armi oppure i soliti illuminati che presumono aver trovato nella magica parola‘ Sovranità’, la chiave di volta per ridare dignità al popolo che essi presumono di rappresentare. Non c’è nulla di peggio che le ‘menzognere verità’ come ricordava il dissidente russo Alexander Zinoviev, per perpetuare un sistema totalitario. Per fortuna di sabbia, come sta scritto.


Ndr: aggiungo una breve nota che riguarda l'autore di cui Padre Armanino tratta. Alexander Zinoviev. 

Dopo aver conseguito la laurea in filosofia, diventò docente di logica presso l'Università statale di Mosca, rivelandosi uno fra i maggiori esperti di logica matematica. Ma a causa del suo pensiero critico nei confronti del regime sovietico venne progressivamente emarginato, fino all'espulsione prima dal PCUS, quindi dall'Unione Sovietica, dopo la pubblicazione in Svizzera di Cime abissali (1976), romanzo distopico e spiccatamente satirico[1], avente come bersaglio i protagonisti dell'ultimo ventennio di storia sovietica.[2].Trasferitosi nella città di Monaco, proseguì l'attività di docente, scrittore e saggista.[2] Dopo la caduta del muro di Berlino, nel periodo della perestroika inaugurata da Gorbaciov, fece numerose visite in patria per poi rientrare in Russia definitivamente. Morì a Mosca nel 2006.    Temi gemelli di Zinoviev sono la natura della società comunista sovietica e l'incapacità dell'Occidente di comprenderla. 

      Mauro Armanino, Niamey, 1° settembre 2024


venerdì 23 agosto 2024

SCHIAVITÙ VOLONTARIE E FRAGILI LIBERAZIONI NEL SAHEL di padre MAURO ARMANINO

 



Schiavitù volontarie e fragili liberazioni nel Sahel

La schiavitù, processo nel quale la persona è espropriata della sua umana dignità, non è affatto terminata. Difficile dimenticare la tratta atlantica di milioni di schiavi preceduta e accompagnata dal quella dei mari orientali attraverso le piste carovaniere del deserto. In questo ambito Paesi ‘cristiani’ e ‘musulmani’ hanno utilizzato entrambi la schiavitù come sistema economico e sociale, mare Mediterraneo compreso. La tratta degli schiavi ha saputo adattarsi e prosperare nelle mutevoli contingenze storiche senza nulla perdere della sua cinica strategia di annientamento. In Africa Occidentale la pratica della schiavitù si riproduce in vari Paesi a seconda dei gruppi etnici, dei rapporti di potere culturale, economico e politico. Per ogni epoca le sue ‘compatibili’ schiavitù.

Nella notte del 22 al 23 agosto del 1791 iniziò l’insurrezione nell’isola di Santo Domingo, oggi Repubblica di Haiti, che avrebbe giocato un ruolo determinante nell’abolizione della tratta atlantica degli schiavi. Ed è in questo contesto che la giornata internazionale della memoria della tratta degli schiavi e della sua abolizione è commemorata ogni anno il 23 agosto. Detta celebrazione vuole inscrivere questa tragedia nella memoria collettiva dei popoli col progetto interculturale ‘Le Strade delle persone ridotte in schiavitù’. Alcuni luoghi della costa atlantica, come la ‘ Porta del non-ritorno ’ di Ouidah nel Bénin e quella dell’isola di Gorea in Senegal, sono emblematici. Le porte di ‘non-ritorno’ si sono oggi moltiplicate perché la mercificazione delle persone si è, col tempo, perfezionata.

Tutto, proprio tutto, è stato gradualmente trasformato in mercanzia. Il tempo, le frontiere, il corpo umano, la sessualità, il lavoro e la vita stessa fin dal suo scaturire nel grembo materno. Dalle nostre parti si assiste all’arruolamento di bambini nei gruppi armati, lo sfruttamento degli stessi nelle miniere e nelle piantagioni per sfociare infine nella mendicità, la prostituzione e il lavoro domiciliare. D’altra parte è bene non dimenticare che, nel Sahel, la prima e grande schiavitù è la miseria. Le sue figlie naturali sono le carestie che si riproducono con paziente regolarità e coinvolgono, secondo le ultime statistiche della ‘Alliance Sahel’, almeno 38 milioni di persone. Quanto accade in Libia coi migranti che sono da tempo detenuti, imprigionati, sfruttati e, spesso, violentati, è storia ben nota.

Quanto alla schiavitù mentale, fonte e culmine di tutte le servitù elencate, essa inizia il giorno nel quale si accetta, spesso con inconscia gratitudine, la propria schiavitù. Senza sudditi sinceri, fedeli e consenzienti nessuna schiavitù e nessun tiranno potrebbe esercitare il suo potere di dominazione. Ricordava infatti Etienne de la Boétie...’ (Poeta e umanista francese (Sarlat, Dordogna, 1530 - Germignan, Bordeaux, 1563). Fu magistrato nel tribunale di Bordeaux, dove divenne amico di Montaigne (che parlò di lui nei suoi Essais e curò la pubblicazione delle opere); tradusse Plutarco e Senofonte. Espresse il suo pensiero, d’ispirazione stoica, oltre che in poesie in latino e in francese, nel celebre Discours de la servitude volontaire ou le Contr’un (post., 1576; trad. it. Discorso sulla servitù volontaria), dissertazione retorica sull’arbitrarietà di ogni potere, utilizzata dai calvinisti per legittimare la loro causa. Questo scritto fu poi ripreso e plagiato da Marat in Chaînes de l’esclavage (1774) e riscoperto da Lamennais.) Sono dunque i popoli stessi a lasciarsi o per dire meglio a farsi maltrattare, sarebbero salvi solo se smettessero di servire. È il popolo che si fa servo e si taglia la gola; che, potendo scegliere fra essere soggetto o essere libero, rifiuta la libertà e sceglie il giogo, che accetta il suo male, anzi lo cerca’. Nel Sahel i colpi di stato a ripetizione e l’avvilimento delle esperienze democratiche post indipendenza sono lo specchio dei nostri popoli.

Scrive ancora de la Boétie...’non è forse evidente che i tiranni per imporsi hanno sempre cercato di abituare i popoli non solo ad ubbidire e servire ma anche a venerarli?’. Nessun cambiamento, trasformazione o autentica rivoluzione potrà cadere dall’alto di un’illuminata minoranza civile o militare. Le uniche ‘liberazioni’ possibili non possono che scaturire, nutrirsi e crescere a partire dalla debolezza e la fragilità dei poveri che, soli, hanno il segreto della quotidiana lotta per la resistenza. Il primo passo sarà quello consigliato dall’autore citato...’ Decidete una volta per tutte di non servire più, e sarete liberi! Vi chiedo ...soltanto di smettere di sostenerlo e lo vedrete, come un colosso di cui si sia spezzata la base, crollare sotto il proprio peso e spezzarsi’. E’questa la vera porta di non-ritorno.




Migranti

        Mauro Armanino, Niamey, 23 agosto 2024



domenica 18 agosto 2024

CENSURE DI POLVERE NEL SAHEL di Padre MAURO ARMANINO



                            Censure di polvere nel Sahel

Sono sparite in sordina da un giorno all’altro. Le bandiere dei Paesi membri della Comunità Economica degli Stati dell’Africa Occidentale non sono più in vendita. Negli affollati crocevia della città di Niamey, tra semafori claudicanti, vigili per regolare il disordinato traffico del rientro si vende di tutto. Datteri, pura acqua potabile in sacchetti di plastica, ciabatte di fabbricazione artigianale, guinzagli per cani inesistenti, giocattoli cinesi di plastica, gabbie per i canarini e persino copie in formato gigante del Corano. Le uniche bandiere ammesse sono quelle degli Stati dell’AES, il Mali, il Burkina Faso e il Niger e, da qualche mese, bianca, blu e rossa a bande orizzontali, quella della Federazione Russia. Sulla altre si è applicata, senza alcune legge scritta, l’auto- censura commerciale.

L’ordinanza del governatore della regione di Niamey ha recentemente annunciato una serie di misure per contrastare l’accattonaggio crescente nella capitale del Paese. I mendicanti saranno suddivisi e ricondotti ai villaggi di provenienza. Nei casi di recidiva questi ultimi saranno portati nelle zone di grande irrigazione del Paese e obbligati a lavorare, seppur non in modo ‘forzato’. In effetti il generale governatore spiega la mendicità, nazionale e internazionale dei bambini e donne soprattutto, con la pigrizia e la ricerca di soluzioni facili. La censura dei poveri non data d’oggi, purtroppo. Sembra una delle costanti della storia umana. Censurare i poveri, renderli invisibili invece di lottare contro le cause che producono la miseria è una strategia senza futuro. Nel frattempo, si coltivano i talibé nelle strade.

‘La censura è il controllo della comunicazione da parte di un'autorità, che limita la libertà di espressione e l'accesso all'informazione con l'intento dichiarato di tutelare l'ordine sociale e politico’. Recita così la definizione ufficiale della parola in questione alla quale si può aggiungere che si tratta di una ...’severa obiezione mossa alla condotta altrui: incorrere nella censura dei malevoli, critica, disapprovazione, biasimo e condanna’. Sono questi fattori che incidono nel modo di porsi in relazione con la ‘maggioranza’ più o meno silenziosa che spesso applaude il potere. Com’è noto dagli studi di psicologia sociale, le persone seguono i dettami del pensiero dominante. Ricordava Karl Marx che ...’le idee della classe dominante sono in ogni epoca le idee dominanti; cioè la classe che è la potenza materiale dominante della società è in pari tempo la sua potenza spirituale dominante’.

Capiamo perchè ampie porzioni della ‘società civile’ del Paese, i mezzi di comunicazione, l’esercizio della giustizia, i sindacati degli insegnanti come quelli di altri lavoratori hanno, assieme a un’autorevole parte delle autorità religiose, integrato la narrazione dominante. Quando, appena un anno prima, le stesse giuravano fedeltà incondizionata alle autorità nel potere in quel momento. Suona edificante quanto rilevato dal giornalista maliano Mohamed Attaher Halidou in un recente post... ‘Se le libertà vengono confiscate, è perché l'opinione pubblica applaude agli eccessi totalitari e alle ingiustizie di ogni tipo senza capirle’. Confiscare è voce del verbo censurare.

‘Se le libertà vengono confiscate, è perché gli artisti non hanno più ispirazione e preferiscono compiacere con discorsi demagogici lontani dalla loro arte, dalla bellezza, al servizio del pubblico. Se le libertà vengono confiscate, è perché gli intellettuali sono rimasti in disparte e hanno accettato il regno del pensiero unico, rendendosi complici della morte del pensiero e della riflessione nel Paese.Se le libertà vengono confiscate, è perché la classe politica ha pervertito la politica. Nessun ideale, nessuna convinzione, nessuna linea... Se le libertà vengono confiscate, è perché i leader religiosi sono diventati ciechi sostenitori del potere a scapito della parola di Dio e degli interessi delle vedove e degli orfani. 

In realtà, sono tutti d'accordo. Alleati del potere contro i più deboli’.

         Mauro Armanino, Niamey, agosto 2024

sabato 10 agosto 2024

L'INCANTO DELLA SABBIA di Padre NICOLA GALENO OCD




















LA PAROLE A' SANTE MONIQUE en aout 2024 Padre MAURO ARMANINO NIGER Jn 6, 41-51 Ecouter . Les Juifs récriminaient contre Jésus ’ Moi, je suis le pain qui est descendu du ciel’- Le signe . Ils disaient Celui-là n’est-il pas Jésus, fils de Joseph ? Nous connaissons bien son père et sa mère- On a bien collé l’étiquette sur lui, la MODE de tous les temps . Personne ne peut venir à moi, si le Père qui m’a envoyé ne l’attire, et moi, je le ressusciterai au dernier jour- C’est toujours Dieu qui prend l’initiative…Jésus es le pain de vie ! . Il est écrit dans les prophètes Ils seront tous instruits par Dieu lui-même- Jer 31, 33-34 . Personne n’a jamais vu le Père sinon celui qui vient de Dieu celui-là seul a vu le Père- Jésus . Amen, amen- En vérité…c’est digne de foi…il faut le croire . Il a la vie éternelle, celui qui croit. Moi, je suis le pain de la vie- La vie de Dieu ! . Au désert, vos pères ont mangé la manne…et ils sont morts – En tant que êtres humains mortels ! Deux nourritures : périssable et impérissable ! . Je suis le pain vivant, qui est descendu du ciel : si quelqu’un mange de ce pain, il vivra éternellement- C’est le cœur même du message de l’évangile de vie ! . Le pain que je donnerai, c’est ma chair, donnée pour la vie du monde. - Le don de sa vie sans conditions dans sa totalité ! OU- De l’autre côté du lac QUAND. Après la multiplication des pains QUI- Jésus,ue de préjuger l’action libre de Dieu ! (Étiquettes !) .

                         


La Parole 64 à STE MONIQUE en aout 2024

                                                                  Jn 6, 41-51

Ecouter

. Les Juifs récriminaient contre Jésus ’ Moi, je suis le pain qui est descendu du ciel’- Le signe 

. Ils disaient Celui-là n’est-il pas Jésus, fils de Joseph ? Nous connaissons bien son père et sa mère- On a bien collé l’étiquette sur lui, la MODE de tous les temps

. Personne ne peut venir à moi, si le Père qui m’a envoyé ne l’attire, et moi, je le ressusciterai au dernier jour- C’est toujours Dieu qui prend l’initiative…Jésus es le pain de vie !

.     Il est écrit dans les prophètes Ils seront tous instruits par Dieu lui-même- Jer 31, 33-34


. Personne n’a jamais vu le Père sinon celui qui vient de Dieu celui-là seul a vu le Père- Jésus 

. Amen, amen- En vérité…c’est digne de foi…il faut le croire

. Il a la vie éternelle, celui qui croit.  Moi, je suis le pain de la vie- La vie de Dieu !

. Au désert, vos pères ont mangé la manne…et ils sont morts – En tant que êtres humains mortels ! Deux nourritures : périssable et impérissable !

. Je suis le pain vivant, qui est descendu du ciel :  si quelqu’un mange de ce pain, il vivra éternellement- C’est le cœur même du message de l’évangile de vie !

. Le pain que je donnerai, c’est ma chair, donnée pour la vie du monde. - Le don de sa vie sans conditions dans sa totalité ! 

OU- De l’autre côté du lac

QUAND. Après la multiplication des pains

QUI- Jésus, disciples, juifs

Messages

. Le risque de préjuger l’action libre de Dieu ! (Étiquettes !)

. Il y a deux types de pain…pour le corps et pour l’esprit

. Jésus seul a ‘vu’ le Père et peut le raconter

. Il se donne lui-même en nourriture du ciel(=Dieu)

. Qui croit et se nourrit de Jésus a la vie éternelle= sa vie

Méditer

. Quel sont nos préjugés ?

. Quel type de pain cherchons nous d’abord ?

. Comment apprendre à faire grandir la foi ?

. Quel type de Dieu nous a montré Jésus ?

. D’où vient Jésus ?




LA FEBBRE DELL'ORO NEL SAHEL di Padre MAURO ARMANINO

 



                         La febbre dell’oro nel Sahel

Appena qualche hanno fa si parlava con enfasi di ‘diamanti di sangue’. Ciò in riferimento al ruolo giocato da questo simbolo di bellezza, prestigio e perennità nella nascita, lo sviluppo e la perpetuazione dei conflitti armati. Alcuni di questi, grazie tra l’altro alla facilità di commercio e trasporto, avevano contribuito a finanziare le ribellioni armate in Sierra Leone, Liberia e Angola. Anche la vendita di tronchi di legno pregiato aveva giocato un ruolo simile seppur in minore misura. In effetti il controllo delle transazioni del legname sembrava più facile e non si è mai parlato seriamente di questo commercio. Charles Taylor, uno dei ‘signori’ della guerra in Liberia, aveva utilizzato entrambe le risorse al tornante del millennio!

Lo spazio saheliano è ricco di vari minerali e tra questi spicca lo sfruttamento dell’oro. Assieme alle armi, alla droga e alle persone, secondo vari osservatori, contribuisce in modo rilevante al finanziamento dei ‘gruppi armati terroristi’, i GAT, come vengono talvolta definiti. Il fenomeno è conosciuto, studiato eppure, stranamente, non appare alla luce la dicitura ‘oro di sangue’, eppure proprio di questo si tratta. Con lo scopo di finanziare i gruppi armati continuano i rapimenti di persone, specie nelle zone di frontiera con la vicina Nigeria...Ma è l’oro, ormai, a farla da padrone.

L’oro, ‘nervo della guerra nel Sahel’, rileva la rivista ‘l’opinion’ che sottolinea quanto le giunte al potere, i gruppi armati e jihadisti si affrontino per il controllo delle miniere d’oro nello spazio sahel-sahariano. ‘La corsa all’oro costituisce una nuova manna finanziaria e opportunità di reclutamento per i gruppi armati’, si può leggere nel recente rapporto dell’Ufficio delle Nazioni Unite contro la droga e il crimine, UNODOC. Le multinazionali che sfruttano l’oro del Sahel sono essenzialmente australiane, canadesi, russe e sudafricane, associate ad attori nazionali, Una parte importante dell’oro del Sahel usa circuiti clandestini e passa tramite i libanesi e altri agenti basati in Svizzera, Turchia, Dubai, Singapore e Cina.

Anche in seguito alla desolazione e distruzione della Libia ad opera dell’Otan, nel 2011, armi, gruppi ben formati al terrorismo e finanziati da poteri non troppo occulti, hanno seminato morte e distruzione nel Mali e poi nei Paesi adiacenti, il Burkina Faso e il Niger. Quanto alla Nigeria l’impatto nefasto della setta chiamata ‘Boko Haram’, è cominciato ancora prima, provocando l’esodo di milioni di persone all’interno e all’esterno del Paese. Il ruolo poi, di gruppi come Al Qaida e lo Stato Islamico, ha fatto del Sahel una delle nuove frontiere del terrorismo internazionale. L’oro ha il colore di guerra.

‘Finché c’è guerra c’è speranza’, recitava così il titolo di un film apparso sugli schermi nel 1974. Un’affermazione a prima vista paradossale ma non quanto possa sembrare. Secondo l’istituto per la Pace, basato a Stoccolma in Svezia, praticamente tutti gli stati nei vari continenti hanno aumentato le spese militari. Ciò è vero anche per i Paesi del Sahel più colpiti dalla violenza armata ‘terrorista’. Ciò ha significato, tra le altre cose, un graduale spostamento del baricentro del potere. Passare dal potere politico a quello ‘militare’ non è stato difficile. I colpi di stato dei militari nel Sahel non sono casuali.

La ‘speranza’ della guerra riguarda, evidentemente i gruppi armati, i fabbricanti e i commercianti d’armi e l’apparato militare che, anche grazie a ciò, può giustificare la conquista e la permanenza al potere. Il perdurare del conflitto armato è ben visto anche da quei giovani che, marginalizzati e frustrati dall’esclusione sociale, potranno trovare nelle armi un’identità e posizione che difficilmente avrebbero raggiunto in una situazione ‘normale’. E, infine, la continuità della guerra non può che favorire le imprese che patteggiano coi gruppi armati e, come sempre, il mondo umanitario.

Presto o tardi bisognerà tentare di capire fattori esogeni ed endogeni di questa guerra quotidiana. Ideologhi, mandanti, esecutori e condizioni che continuano a favorire la perpetuazione della violenza armata in questo straordinario spazio umano che nel passato, assieme a conflitti armati, jihad, imperi, colonialismi ed esodi, ha saputo creare ambiti di creativa convivialità. Sahel significa in arabo ‘riva, sponda’, riferito naturalmente al grande ‘mare’ chiamato Sahara. Sotto certe condizioni il Sahel potrà offrire una ‘riva d’oro’ differente alla nobile popolazione che l’abita. La prima di queste è la verità.

                                    Mauro Armanino, Niamey, agosto 2024

venerdì 9 agosto 2024

mercoledì 7 agosto 2024

NOI, POPOLO NIGERINO SOVRANO di P. MAURO ARMANINO


 

            Noi, Popolo nigerino sovrano

Comincia con questa affermazione il preambolo dell’ultima Costituzione del Niger prima che essa fosse sospesa dal colpo di stato militare del 26 luglio dell’anno scorso. Si trattava della carta fondamentale della settima repubblica, adottata il 25 novembre del 2011. Documento nato dopo un anno di transizione seguito ad un precedente colpo di stato militare. Il primo articolo, riguardante lo Stato e la sovranità, ricorda che lo Stato del Niger è una Repubblica indipendente e sovrana. Alla veglia della celebrazione dell’anno 64 dell’indipendenza, il prossimo 3 agosto, può essere interessante tentare di mettere in relazione le due proprietà citate. La sovranità nell’indipendenza e l’indipendenza nella sovranità.

Entrambe le caratteristiche citate, da interpretare in chiave dinamica e creativa, si fondano e realizzano ciò che potremmo chiamare la ‘dignità’. In nome della dignità della persona e del popolo, si parlerà di indipendenza come condizione non eludibile alla pratica della sovranità. La dignità è inerente a ogni persona umana. Alla Repubblica incombe il dovere di riconoscerla, proteggerla e promuoverla. Essa precede lo Stato che dovrà creare le condizioni per renderla effettiva e operativa. Ciò accade di solito tramite il diritto che, attraverso le leggi, ha lo scopo di rimuovere quanto potrebbe impedirne l’esercizio. Solo che, lo sappiamo, le leggi funzionano solo se il popolo veglia a non farsi rubare la dignità.

I ladri di dignità esistono davvero e molto spesso si spacciano per benefattori del popolo. Il colonialismo e il neo colonialismo ne sono un esempio eclatante. Il fascismo, il militarismo, la trasformazione del mondo in merci, i mezzi di comunicazione vassalli del denaro, le elites religiose vendute al potere e altri simili amenità scippano la dignità del popolo. Ecco perchè il primo compito di ogni persona e comunità dovrebbe consistere nel far crescere la consapevolezza dell’inalienabile dignità di ogni essere umano. Ciò implica dunque il dovere di creare spazi e ambiti nei quali la dignità sia promossa e, quando necessario, difesa. Rivendicare la dignità perduta e ritrovata passa attraverso la cittadinanza attiva del popolo.

L’articolo 4 della soppressa Costituzione ricorda che la sovranità nazionale appartiene al Popolo e che nessuna frazione dello stesso, nessuna organizzazione o individuo può attribuirsene l’esercizio, neppure i militari. Il popolo, ricorda l’articolo 6 della Costituzione, esercita la sua sovranità per mezzo dei rappresentanti eletti e per referendum. Il collante tra l’indipendenza del Paese e la sua Sovranità passa per la dignità. Ciò naturalmente implica che le condizioni di vita dei cittadini siano degne, Cibo, casa, lavoro, salute, educazione e partecipazione politica sono ambiti non negoziabili se si assume come compito il riconoscimento della dignità. Dimenticare questo significa mistificare sia l’indipendenza che la sovranità. Rimarrebbe solo il vuoto di parole buttate nel vento che la polvere seppellirà nel cimitero delle promesse tradite.


                Mauro Armanino, Niamey, 2 agosto 2024


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Il Paradiso non può attendere: dobbiamo già cercare il nostro Cielo qui sulla terra! Questo blog tratterà di argomenti spirituali e testimonianze, con uno sguardo rivolto al Carmelo ed ai suoi Santi