NEL RICORDO DI P.
GERARDO DI S. GIUSEPPE
(suo suo
compagno di corso)
P. Marcello
dell'Immacolata (Carlo Zucchetti); nato a Vighignolo Venino(MI) il 29.11.1914.
Entrò nel
nostro Collegio di Monza a 12 anni nel 1926 ove iniziò gli
studi del Ginnasio. Rettore era Padre Nostro Elia di S. Ambrogio (Macchi); Vice
rettore P. Piertommaso di S. Dionisio (Tramelli); Professore e Lettore primo P.
Brocardo della Madre di Dio (Balleria).
Al termine
della IV Ginnasio in Concesa ricevette il Nostro Santo Abito il giorno 11.7.1930:
erano in 7 compagni. Suo Maestro fu P. Onorato di S. Maria. L'anno seguente emise
la sua Professione semplice il 17.7.1931, sempre a Concesa.
Nell'agosto del
1931 passò nella casa di studentato dei Carmelitani Scalzi presso il "Corpus
Domini "di Milano. Qui svolse gli
studi liceali e filosofici fino all'agosto del 1934. Nel Settembre del 1934 con i suoi compagni passò
nel Collegio Teologico di Piacenza, dove attese agli studi, che preparano al
Sacerdozio. Il giorno 8.12.1935 si
consacrò definitivamente all'Ordine di Maria con i SS. Voti Solenni.
Suddiacono il
19.12.1936; Diacono il 22.5.1937; Sacerdote il giorno 11.6.1938 per le mani di
Mons.Ersilio Menzani, Vescovo di Piacenza, presso il Collegio "Cardinale
Alberoni " in Piacenza.
Sciolto dagli
studi, dai Superiori veniva inviato alla Comunità di Torino, allora anche
Comunità Parrocchiale; dopo 6 mesi appena il 22.6.1939 veniva destinato al nostro
convento di Parma, dove svolse il primo apostolato Sacerdotale, sotto la guida
dell'indimenticabile P. Enrico Maria (Colombo) di S.Giuseppe.
Da Parma passò
poi conventuale a Bologna, dove si fermò fino al maggio del 1948; in quell'anno
fu nominato Sottopriore di Ferrara.
Quando P. Agostino del S. Cuore (Clavenna) rinunciò al Priorato per
recarsi Missionario nel Kuwait, nel 1950 fu nominato Priore di Ferrara, riconfermato
nel 1951 e nel 1954.
Nel 1957 eletto
Sottopriore; come pure lo fu dal 1969 al 1972.
Durante questo periodo varie volte fu eletto Superiore di Ferrara, ma
non accettò mai.
Da giovane lo
ricordo come elemento di bontà e di unione cordiale e fraterna. Sempre sorridente, sempre disponibile ad
aiutare i propri compagni.
Era suo impegno
particolare curare in tutti i modi le Funzioni Sacre secondo le Leggi
Liturgiche; molto spesso era mandato a partecipare alle SS. Messe quale Suddiacono
o Diacono.
La sua salute, da
giovane, non era eccellente! Aveva "bisogno di particolari attenzioni, ma
non faceva mai pesare su gli altri le proprie difficoltà della salute: né i
Superiori mancavano al loro dovere di curarlo!
Per quanto non fosse una " cima " negli studi, (parlo sempre
da studente) adempiva esattamente ogni obbligo e camminava "bene a pari
passo con gli altri, in ogni materia di studio: ben contento di fare parte, a
chi gli domandava un aiuto, di quanto aveva imparato ed approfondito.
Per quanto mai
più ci siamo incontrati - se non pochissime volte - nel corso della nostra
vita, destinati a mansioni tanto diverse ed in città molto distanti, abbiamo
sempre avuto nel cuore un affetto profondo e sincero l'uno verso l'altro.
Era molto
portato anche a studi di archivio e di storia dell'Ordine, particolarmente
riguardo al nostro Convento di Ferrara: scrisse anche un fascicolo sulla sua
storia, ma non volle mai firmarla con il suo nome....indice di tanta modestia
ed umiltà.
Con i bambini malati della Divisione Pediatrica
Cosa è stato
Padre Marcello per lei? come lo ricorda ? Questa è la domanda posta a diverse persone
che hanno avuto con Lui consuetudine di vita ospedaliera; non bisogna
dimenticare che per tanti anni P. Marcello è stato Cappellano della Divisione Pediatrica
di Ferrara. Perché molti alla fine delle risposte avevano in mano il fazzoletto
e si asciugavano il naso? Non certo per allergia a certi tipi di erbe che
secondo i giornali locali colpirebbe In questi giorni gran parte dei ferraresi,
allergia invece, se così si potesse chiamare, alla solitudine nella quale ci ha
lasciati, nella consapevolezza di avere perso un amico, un padre, un fratello.
Cosa ha sempre
caratterizzato la sua opera?: la sua presenza costante al di fuori di ogni sollecitazione,
la bontà e disponibilità verso chiunque, la serenità che sapeva infondere, la mancanza
assoluta di venalità, la grande carità e la grande fede. Riconosceva l'uomo
come essere fallibile, ma non lo avviliva mai e di ognuno metteva in evidenza
solo la parte buona, non predicava né in chiesa né fuori, a chi sbagliava
lasciava sempre un messaggio di speranza, lanciava un salvagente ad ogni
naufrago.
Veniva in
ospedale due volte al giorno, silenzioso, visitava uno per uno i piccoli
malati, si interessava ai loro problemi, Aveva saputo farsi accettare da tutti,
anche da malati cronici, categoria difficile e per forza di cose più disposta a
protestare contro tutto e contro tutti, compreso il clero ed i suoi
rappresentanti.
Era amico di
tutti compreso il gruppo dei medici, paramedici e di tutti i dipendenti della
Divisione Pediatrica e tutti lo rispettavano indipendentemente dal credo
religioso o politico professato. Celebrava la S. Messa in reparto ogni domenica
ed ogni festa di precetto, in un punto del reparto scelto strategicamente per
permettere ai pazienti ed ai loro parenti di assistere alla Messa senza
ammassarsi o mescolarsi per evitare la diffusione di eventuali malattie
infettive: non agiva mai contro il parere dei sanitari. Durante la
celebrazione, spesso i bambini più piccoli, incapaci di stare fermi, gli correvano
attorno e fin gli toccavano i paramenti: non si arrabbiava mai, amava i bimbi e
non li allontanava.
Tutto quello
che gli veniva regalato lo ridistribuiva ai «suoi bimbi o ai suoi poveri». È
stato sempre poverissimo, di una umiltà estrema e di una disponibilità della
quale tutti forse abbiamo abusato, tanto che negli ultimi tempi lo vedevamo
stanco ed affaticato facendoci scorgere a volte il rimorso di avere contribuito
alla sua fine immatura. Ci restano ancora nella mente le parole che spesso ci
ripeteva: «coraggio, sempre coraggio, confidare sempre nell'aiuto del
Signore».
M. Grazia
Nonato
Ricordo; ogni settimana al sabato pomeriggio
Sabato
pomeriggio. Nella chiesa di S. Girolamo due file silenziose si allineano ai
lati del confessionale. Si ode un bisbigliare, qualche colpo di tosse secca,
sportelli che vengono aperti e chiusi. Così per settimane e per anni.
Le file si
accorciano, perché la pratica della confessione si fa sempre più rara, ma non
spariscono. Siamo ancora in tanti ad avere bisogno di P. Marcello. Siamo per lo
più donne, non giovanissime e nessuna di noi ha probabilmente gravi peccati da
confessare, ma piuttosto le solite cose, sempre le stesse, per anni, ma tutte,
o quasi, abbiamo una pena da deporre nelle mani di P. Marcello: il dolore per
la morte, la malattia, l'infedeltà di una persona cara, l'angustia per le difficoltà
della vita, l'amarezza per l'incomprensione di chi ci vive accanto, la
tristezza della solitudine, la volontà inceppata che non sa pregare, né pensare
alle cose di Dio, il senso d'inutilità di una vita così scialba...
Non so e non
ricordo quali fossero esattamente le parole di P. Marcello, so che si andava
via perdonati e leggeri e non si sentiva più (almeno per un certo tempo) il
senso d'inutilità della nostra povera vita.
Due cose
ricordo: la raccomandazione a non preoccuparsi se non amiamo e soprattutto se
gli altri non ci amano come vorremmo: il vuoto di affetti umani lascia più
spazio al Signore, poi il monito incessante: «Andiamo avanti, con coraggio, con
pazienza, con dolcezza, ma con perseveranza». «Avanti» dove? Nella via del
Signore verso la sua gran luce, dove la nostra fiammella di fede e di speranza
che ci siamo sforzati con fatica di tenere accesa, verrà assorbita fino a
vivere in Lui.
Ora P. Marcello
non c'è più, ma la sua sollecitazione ad «andare avanti» non possiamo
dimenticarla, ancora ci accompagna e ci sorregge.
M. L. S.
PRIMO ANNIVERSARIO DELLA MORTE
DI PADRE MARCELLO DELL’IMMACOLATA
(La Voce di Ferrara 20-7-1985)
«Tre avemaria»
Padre Marcello
dei Padri Carmelitani è stato uomo troppo buono e prezioso per tutti noi da
essere ricordato, nella prima ricorrenza annuale della mort, con le parole
ripescate dalla retorica corrente in circostanze di questo tipo: mi sembrerebbe
davvero venir mero all'eredità da lui lasciata.
Confesso di
sentirmi confuso, oggi come uri anno fa, nel timore di non essere all'altezza
del compito. È assai difficile parlare di un sacerdote semplice, schietto,
costante quale è sempre stato lui che non di un dotto, di un esperto in questo
o in quel settore della scienza divina ed umana, di un grande organizzatore di
opere di bene.
Padre Marcello
non è stato nulla di tutto questo. Sostanzialmente egli si è moste, tra
confessionale, scuola ed ospedale dei bambini. Sempre, sempre, per tanti anni. Non
credo ci siano stati intervalli, parentesi, momentanei dirottamenti verso altre
attività.
Ma tutti
avvertiamo in lui un punta di riferimento costante, un porto sicuro in cui
rifugiarci nelle avversità o nei giorni tristi, una direttrice tranquillizzante
ed affidante di orientamento. Quanti a Ferrara e fuori Ferrara sono ricorsi a
lui per consigli, conforto, appoggio morale! La realtà è che in lui la tede era
limpida, trasparente, pura, non legata a complicati processi mentali né a
casistiche di ascendenza libresca. Proprio quella fede gli consentiva,
nell’assoluta dedizione alla regola e all’ubbidienza una libertà interiore
invidiabile, la quale poi lo portava poi ad immedesimarsi nella varie e
particolari situazione dei suoi penitenti con il massimo grado della
comprensione e dell'affettuosa condivisione, ma al tempo stesso con quel
distacco richiesto dalla viva coscienza della debolezza umana.
Le penitenze da
lui assegnate erano sempre le stesse, almeno per mia esperienza ed anche per
sentito dire: tre avemaria, E Padre Marcello era pronto a chiarire le
motivazioni del criterio adottato: i nostri peccati, tutti dal più piccolo al più
grande, sono qualcosa di terribile in quanto offesa a Dio creatore e redentore,
ma, poiché Dio è immensamente buono e la distanza tra noi e Lui è infinita( e quindi
non colmabile con la più macerante delle flagellazioni), basta un piccolo segno
di buona disposizione quale può essere rappresentato da una preghiera semplice,
breve, serena e sincera.
Ritrovare le fonti
vive della fede: quel'eredità di Padre Marcello. In un mondo, dove oggi come
ieri trionfano l’arrivismo, il parlicolarismo, l'alienazione nei rapporti
umani, l'attaccamento alla gloria che passa, la contesa, c'è proprio bisogno di
chi, senza ostentazione, anzi con umiltà naturale, indica una una strada ben
diversa, costruita di dedizione, di sacrifìcio, di distensione, di pace, di
quella che, come dice il Manzoni “il mondo irride ma rapir non può".
Un insieme di
valori, per intenderci, da non reclamizzare con rutilanti ed assordanti mass-media.
ma da coltivare nella discrezion e nel silenzio, da perseguire sempre quali che
siano le circostanze contingenti, da comunicare al nostro prossimo confidando
più nella grazia di Dio e un pochino nella forza della testimonianza che non
nelle parole magniloquenti e rimbombanti. Fare il silenzio entro noi stessi; ma
quanto e quale era il «silenzio» di Padre Marcello! È dal silenzio che muove
poi, anche a parole, il più eloquente dei messaggi.
La figura di padre Marcello si inquadrava compiutamente
entro la cornice di quella chiesa così suggestiva e raccolta che è S. Girolamo
e rappresentava come una pietra miliare nella vicenda della spiritualità
carmelitana. La pietra precedente fu quella di padre Onorato e, grazie a Dio,
pare che gli attuali Padri
abbiano saputo raccogliere degnamente una tradizione così
nobile e preziosa,
Mi viene spesso
di pensare a ciò che porta in avanti effettivamente la Chiesa ed in genere il
mio pensiero non si sofferma sulle cattedrali grandiose, sui ponderosi volumi
delle biblioteche teologiche e neppure sulle grandi strategie pastorali. Vedo
piuttosto quei poveri pretini di campagna, scalcagnati eppure traboccanti di
speranza, quelle donne di casa costanti nella preghiera e fiduciose nella
monotonia di una esistenza apparentemente grigia, quei fratoni di montagna
rustici eppure solidi nella fede come le loro cime nevose, quei giovani
semplici, talvolta impetuosi, ma così aperti nella loro generosità. E vedo gli
uomini come Padre Marcello che hanno percorso strade di questa terra dando
tutto di se stessi con il sorriso sempre aleggiante sulle labbra.
Luciano Chiappini