Si tratta solo di un’impressione personale, ma man mano che leggevo La Moschea, scritta dalla mano felice e dalla mente acuta di Laura Vargiu, ho avuto la netta impressione di essere tornata indietro nel tempo.
E’ stato come leggere un pot-pourri tra gli scritti di Guareschi, di Vamba (ricordate Il Giornalino di Gian Burrasca?), e di qualche sketch di Totò. Ma con lo stile personalissimo dell’autrice.
Vi domanderete per quale motivo collego questi autori al lungo racconto di Laura. Presto detto: l’ho letto in un lampo, tanto le parole del libro scorrevano veloci sotto i miei occhi, trasportandomi in un luogo colmo di personaggi caratteristici, dai buffi cognomi, con una spiccata personalità, resa nel libro quasi farsesca, e lasciando al lettore, fino in fondo, una sensazione di sospeso. (Suspense, direbbe chi ama infarcire i loro testi in italiano, di parole straniere). La domanda che ci si pone è: come andrà a finire? Certo non sarò io a dirvelo, per saperlo, è necessario leggere il libro dell’autrice, che mi piace definire “la principessa della penna”.
La Moschea è la chiave di tutto il racconto, ma non propriamente la protagonista. Temo, se dovessi proseguire nella mia indagine letteraria, di svelare qualcosa che deve restare segreto, per chi decidesse di acquistare il libro.
Credo giusto trascrivere la sinossi del libro, così come appare nella quarta di copertina e, allo stesso modo, accodare una recensione di Angelo Anselmo, che meglio illustra la tematica del racconto.
Danila Oppio
La tranquilla quotidianità di un piccolo e non bene identificato paese di provincia viene turbata all’improvviso da una notizia inattesa: il progetto di costruzione di una moschea da parte della folta comunità di stranieri formalmente bene integrati. In un clima crescente di diffidenza, timore, ottusità e stupido puntiglio nei confronti della novità, a partire dalla stessa amministrazione comunale, si sviluppa la vicenda che vedrà contrapposte le due parti della popolazione, quella degli abitanti locali e quella dei nuovi residenti, tutti di fede islamica. Il progetto di costruzione del nuovo edificio di culto diventerà dunque motivo di disputa, ma anche occasione di riflessione su tematiche attuali quali immigrazione e accoglienza, nonché rispetto e riconoscimento reciproco dei diritti di tutti. Sarà infine il parroco del paese, con l’aiuto di un santo patrono venuto forse dalle stelle, a dire l’ultima parola risolvendo inaspettatamente l’ingarbugliata situazione.
“Anche noi pensavamo di essere a casa”
Lasciate alle spalle nostalgie e rimpianti con le splendide e suggestive ambientazioni narrate ne “Il viaggio”, questa volta Laura Vargiu si diletta nell’affrontare un tema, sempre caldo e scottante, rappresentato dalla difficile integrazione degli immigrati nel nostro paese e lo fa senza cadere nel facile tranello del qualunquismo o della, ancora più facile, demagogia.
Con estrema eleganza e ironia a profusione, la scrittrice lascia che sia il lettore a porsi le domande elementari su questa problematica e a trovare risposte che sono, a volte, estremamente semplici e obbligate, ma che spesso non vengono al nocciolo per motivi che sono sempre gli stessi, legati cioè al sospetto e alla paura per cose che si conoscono poco e da cui ci si guarda bene dal conoscere meglio, difetti purtroppo inclusi in quelli atavici degli esseri umani.
Con estrema eleganza e ironia a profusione, la scrittrice lascia che sia il lettore a porsi le domande elementari su questa problematica e a trovare risposte che sono, a volte, estremamente semplici e obbligate, ma che spesso non vengono al nocciolo per motivi che sono sempre gli stessi, legati cioè al sospetto e alla paura per cose che si conoscono poco e da cui ci si guarda bene dal conoscere meglio, difetti purtroppo inclusi in quelli atavici degli esseri umani.
Storia simpatica e, per certi versi, divertente, raccontata con nessun intento didattico, ma con il vero proposito, questo si, di far riflettere per un po’ sulle contraddizioni e sulle incongruenze degli uomini, da una parte e dall’altra… ( Recensione di Angelo Anselmo)
L’autrice
Laura Vargiu (Iglesias 1976) vive in provincia di Cagliari.
Laureata in Scienze Politiche all’Università di Cagliari, con una tesi in storia e istituzioni del mondo musulmano, negli scorsi anni ha viaggiato tra Giordania, Egitto e Marocco, dedicandosi allo studio della lingua araba.
Con poesie e racconti è presente in diverse raccolte antologiche nazionali. Tra i vari riconoscimenti ottenuti, il primo posto alla XXVII edizione del Premio “La Mole” di Torino, per la sezione poesia singola (2013) e una menzione d’onore al I° Contest Letterario Carlo A. Martigli riservato ai racconti (2014). Del 2012 è la pubblicazione della sua raccolta “Il Cane Comunista e altri racconti” (Gli Occhi di Argo Editore). Ha poi auto-pubblicato “Il viaggio” con Youcanprint nel 2015, ed ora è alla sua terza fatica letteraria, con La Moschea, edita da 0111 Edizioni.
,حظاا سعيد, السلام عليكم
صديقك
Per chi non sapesse leggere l'arabo: qui sopra c'è scritto: Laura, ti auguro buona fortuna,(Hath sa'id , poiché in arabo non si usa buona davanti a fortuna, tradotto letteralmente diventa: felice fortuna) - la pace sia con te(tipico saluto arabo: al Salam haleikum), Danila