Riprendo un capitolo della lettera pastorale di Mons. Giuseppe Verucchi, Arcivescovo di Ravenna-Cervia, su come rapportarci tra noi. Il titolo è chiaro!
"IL NOSTRO FARCI VISITA"
Pensiamo a come noi siamo soliti farci visita. Pensiamoci un attimo. Mettiamoci in disparte, guardiamo ed ascoltiamo! Spettatori invisibili delle nostre "visite": telefonate, incontri, dialoghi. Dopo il primo saluto inizia il "rosario" delle cose che ci diciamo: qualche rara cosa bella. Poi..."Io sto bene, e tu?...Bel tempo oggi; che caldo; quanta acqua!". (Banalità,. Tutte cose che sappiamo già!). "Che stress..Ho tanto da fare...Non ho neanche il tempo di voltarmi indietro" (e intanto ho tempo da spendere per parlare di "niente").
Poi, di norma si possono prendere due strade: o quella delle malattie e quella dei pettegolezzi.
La prima è la più innocua. Non offende nessuno. Meno male. Ma sembra di essere in un ospedale. Si passano in rassegna tutte le malattie. Prima ci diciamo le nostre. Poi andiamo in prestito. Per continuare il dialogo ci diciamo le malattie dei familiari, degli amici e del vicinato. C'è anche chi si avventura nel futuro parlando di mali che, certamente, ci cadranno sul capo! Se la visita prende questa piega, è piena di malanni ma, almeno, non danneggia nessuno!
Se invece prende la via del pettegolezzo, beh, allora si salvi chi può! Ce n'è per i politici, per i preti e per i Vescovi, per i parenti, i vicini di casa e gli amici, per i colleghi di lavoro e per i fratelli nella fede.
Non si salva nessuno! E se proprio di qualcuno non si riesce a saper niente di negativo, c'è sempre la cartuccia di riserva: "Ma vedrai che anche lui ha i suo limiti! Nessuno è perfetto, Se lo conoscessimo bene, chissà!". tutti vengono impallinati, E' un macello. Naturalmente non manca la frase di rito: "Non per criticare, ma..." E per fortuna che: "La vita è diventata una corsa. Non c'è più tempo neanche per parlare". Figurati! In pochi minuti ci troviamo in un "ospedale di malattie" e in un "macello di critiche e di calunnie", Immaginiamo se avessimo più tempo a disposizione!
LA VISITA DI MARIA AD ELISABETTA
E se imparassimo a farci visita in un altro modo?! Ogni tanto rileggo la visita di Maria ad Elisabetta (Lc 1,39-56). Semplicemente fantastico! Maria vive "giorni speciali". E' piena di doni stupendi: "piena di grazia";" il Signore è con te";"lo Spirito Santo scenderà su di te"; il Figlio di Dio incarnato è nel tuo grembo". "In quei giorni" si mette in viaggio e raggiunge in fretta Elisabetta. E' l'alba della NUOVA alleanza che va ad incontrare "l'attesa", la famiglia di Zaccaria, l'ANTICA alleanza,, Giovanni Battista, "l'ultimo e il più grande nato da donna" nell'epoca dell'attesa del Messia.
Si incontrano due donne. Ma, ancora di più, due Bimbi. Due alleanze: l'Antica e la NUOVA. L'Attesa e la Realtà, Le tenebre sono illuminate dalla LUCE. In quella visita abbiamo l'irrompere della Vita, della Gioia, della Luce, dell'Amore, della Pace. Un clima di letizia, di gaudio e di grazia, Ne rimaniamo avvolti. Fantastico!
Maria entra nella casa di Zaccaria e saluta Elisabetta. L'incontro è appena iniziato. Maria (e il Bambino che porta in grembo) generano una storia nuova in Elisabetta (e nel bimbo): il bimbo danza e saltella di gioia. Elisabetta è piena di Spirito Santo ed esplode in un canto di gratitudine e di benedizione!
Esalta Maria e benedice il Bimbo che porta in grembo. Soprattutto riconosce la grandezza di Maria nel credere alla Parola del Signore e nell'accettare la volontà di Dio. E Maria risponde glorificando il Signore con il cantico del Magnificat: un inno splendido; una lode piena di riconoscenza e d'amore; un alleluia che sale al cielo pieno di riconoscenza; un'esplosione di gioia di un cuore che vede realizzate le promesse dell'Antica Alleanza. Maria visita Elisabetta. Due donne si salutano. Due bimbi vibrano nel grembo delle mamme. L'incontro è intensissimo. Due cuori pieni di fede e di amore. Dalla loro voce sgorga la lode. Le parole si incontrano e fanno salire al cielo una fervida preghiera. Esplode la gioia. Fiorisce la gratitudine e il ringraziamento. Il Signore è presente e vivo in quell'incontro. Lo Spirito Santo purifica e santifica il precursore del Messia e riempie il cuore della mamma. Gioia, letizia, fede, amore, gratitudine. Non una parola sui mali dell'epoca, Nessun accenno ai disagi della gravidanza e del viaggio. Totalmente escluso ogni pettegolezzo. In quella visita domina la fede, trionfa l'amore, fiorisce la lode, germoglia la speranza.
Tutto è avvolto di serenità e letizia.
DA QUESTO INCONTRO POSSIAMO IMPARARE. TANTO. TUTTI!!!
Carissima,
RispondiEliminal'esercizio della "lingua" è quello che dovremmo imparare a fare non solo quando siamo in compagnia, ma anche quando siamo da soli!
Se già potessimo arrivare a "limitare" i nostri pensieri a quelli necessari, importanti, urgenti, ci verrebbe anche più facile parlare di meno quando siamo in compagnia. O meglio, parlare di meno, ma parlare MEGLIO.
Abbiamo invece il bruttissimo vizio di rincorrere pensieri su pensieri anche quando siamo da soli, buttandoci sul pettegolezzo che poi fantastichiamo nella nostra mente, sul comportamento di tizio e caio, che analizziamo come fossimo psicanalisti e così via.
A furia di far così, ci viene naturale essere ugualmente ciarlieri anche all'esterno.
Rimane poi il fatto che non tutti siamo cristiani e spesso ci troviamo ad avere incontri e colloqui con chi non condivide il nostro Credo.
Ma sono convinta che il discorso di Monsignore, si possa bene adattare anche a quei casi.
Se ragioniamo, anche in quelle ipotesi, come persone che vogliono controllare la lingua, saremo noi a sviare il discorso dai binari pericolosi, o intavoleremo discussioni su argomenti ben più importanti del tempo, del pettegolezzo e così via.
Ci sono sempre punti seri e interessanti, non "blablaggi", su cui incentrare una chiaccherata anche con non i credenti....e male che vada, nel caso di interlocutori palesemente "anti-Dio", bisogna anche avere il coraggio di esporre la propria fede e dire che ci si offende, se si parla in un certo modo.
La nostra, deve essere anche una dignità in quanto cattolici, quindi, come invito l'altro a rispettarmi, se mi appella con brutti epiteti, altrettanto devo fare, se mi offende in quanto credente.
E se no, personalmente, troncare anche il discorso.
Scusa la lunghezza, ma l'argomento lo trovo veramente degno di riflessione!
Carissima Maria,
RispondiEliminaanche a me è parso un argomento degno di riflessione, e avendomi molto colpita anche sul piano personale, l'ho postato molto volentieri! A volte si parla a ruota libera, senza soffermarsi sul reale contenuto dei dialoghi o degli scritti, e si perde davvero del tempo prezioso che si potrebbe spendere diversamente. In modo simpatico, ironico, l'Aricivescovo ha fatto a tutti noi una ramanzina, perché penso che nessuno è immune da discorsi spesso privi di costrutto, e ci ha posto come esempio il dialogo tra Maria ed Elisabetta, per farci comprendere quanto sia invece più indicato parlare in positivo, con parole piene di gioia e colme di affetto. Se ci relazionassimo con il prossimo in questo modo, guardando al lato buono di ogni persona, invece di smuovere fango, il mondo sarebbe migliore! Sono le negatività, ovvero pettegolezzi, malignità, malumori che guastano l'anima, mentre la benevolenza porta la pace nei cuori: nei nostri ed in quelli con cui ci relazioniamo! Ti abbraccio!