AFORISMA

Meglio aggiungere vita ai giorni, che non giorni alla vita
(Rita Levi Montalcini)

Nostra Signora del Carmelo

Nostra Signora del Carmelo
colei che ci ha donato lo scapolare

sabato 27 novembre 2021

Droni, leviatani e cucina italiana nel Sahel di Padre Mauro Armanino

 



      Droni, leviatani e cucina italiana nel Sahel

Magari stavolta ci riusciamo davvero ad avere i ‘nostri’ droni! Come sempre ci voleva il giusto tempo, quello che la nostra sabbia detta e concede ai suoi fedeli seguaci. Per le carestie, i gruppi armati terroristi, i sospetti assai fondati di corruzioni in ambito militare, nel petrolio, l’uranio, le discusse elezioni presidenziali e le probabili installazioni di basi militari straniere non ci sono state difficoltà di sorta ad ottenerle. La notizia è stata confermata dal presidente turco Recep Tayyip Erdogan e il suo omologo nigerino, Mohamed Bazoum. Il Niger si doterà in droni da combattimento turchi Bayraktar TB2, il modello privilegiato da Baykar, ditta del genero dello stesso Erdogan. Droni a carattere famigliare che saranno accompagnati da blindati e da un aereo Hurkus dell’impresa pubblica Turkish. Questi acquisti, altri già effettuati e quanti inevitabilmente verranno, non fanno che confermare che tra guerre ad alta o bassa intensità c’è il comune denominatore dell’arricchimento dei produttori d’armi su inermi cittadini e mal equipaggiati militari.
Il Leviatano, assunto dalla mitologia fenicia della Bibbia ebraica, è l’animale del caos primitivo e, nel salmo 74, diviene il simbolo della potenza dei faraoni d’Egitto, gli oppressori per antonomasia del popolo ebreo. Il Leviatano è una delle figure bibliche delle potenze nemiche di Dio. Nell’opera omonima di Thomas Hobbes, filosofo britannico, pubblicata nel 1651, evidenzia il ruolo positivo del “mostro” dai sudditi che, spaventati dal pensiero della morte scelgono di associarsi in comunità. Per ottenere la pace e tenere lontana la morte, i sudditi rinunciano a una parte del loro diritto naturale per scegliere di “sottomettersi” alla figura del Leviatano, il sovrano. Quest’ultimo, per Hobbes, è l’unico garante della pace universale facendo applicare la legge in modo ferreo, garantendo così la sopravvivenza dell’umanità. I Leviatani di oggi, i poteri statali e finanziari, si presentano anch’essi come garanti della pace sociale, la sopravvivenza della comunità e della buona salute dei cittadini a loro sottomessi. Le dittature o i totalitarismi di ieri e di oggi, con i mezzi tecnici e ideologici in loro possesso, arrivano a controllare il pensiero dei più per presentarsi, senza dirlo, come i Leviatani che Hobbes aveva anticipato nella sua opera.  
Non casualmente, un recente rapporto dell’Istituto internazionale per la Democrazia e l’Assistenza Elettorale (IDEA), basato in Svezia, propone una lettura completa delle tendenze inquietanti all’erosione democratica. Una tendenza favorita dalla pandemia del Covid-19, malgrado le sue radici siano ancora più profonde. In particolare l’Istituto avverte che …’ Il mondo diviene più autoritario, i regimi non democratici sono ancora più arroganti nelle repressioni e numerosi governi democratici soffrono di un ritorno al passato, adottando tattiche di restrizioni della libertà di espressione e della debolezza dello stato di diritto’. Dalla ‘banalità del male’, di cui sottolineò il pericolo la filosofa ebrea Hannah Arendt, alla banalità del Leviatano il passo è breve ed è stato in buona parte e impunemente percorso.
L’Italia, oltre che per le scarpe e la nazionale di calcio, qui è nota, seppur in tono minore, anche per altri motivi, ad esempio, per un dono di generi alimentari operato dalla ‘Missione Bilaterale di sostegno al Niger’, il passato 11 novembre. Questo dono era composto di sacchi di miglio, riso, mais, olio, latte in polvere, zucchero, sale e, naturalmente, pomodori. Esso s’inserisce ed esprime a meraviglia il tipo di quadro delle relazioni civili e militari con la Repubblica del Niger. Tramite la MISIN, i confini tra l’umanitario, il civile, il politico e il militare, si diluiscono e non si sa bene deve cominci l’uno e termini l’altro. Il villaggio di Dara, scelto per il dono, non è casuale. Situato a una quarantina di chilometri dalla capitale, Dara ospita lo spazio per l’addestramento congiunto e di formazione di paracadutisti del Battaglione Para-commando nigerino. Questo dono non è il primo e non sarà neppure l’ultimo vista la catastrofica raccolta agricola nel Paese. Da questo punto di vista la settimana mondiale della gastronomia italiana, celebrata per la seconda volta nel Niger, nel contesto delle carestie del paese, appare come una proposta surreale. Suonano alquanto vere le parole del salmista che, nel salmo 104 afferma…’il mare, spazioso e vasto, che brulica di innumerevoli creature; lo percorrono le navi e il Leviatano che tu hai formato per scherzare in esso’.

     Mauro Armanino, Niamey, 28 novembre 2021

giovedì 25 novembre 2021

In memoria di Suor MARIE GORETTI DE JèSUS - CARMELITANA

 Congregazione

SUORE CARMELITANE di S. TERESA di TORINO Corso A. Picco, 104 - 10131 TORINO

 Breve profilo biografico di

Suor Marie Goretti de Jésus

RAHANTALALASOA Thérèse de l’Enfant Jésus  

nata Tananarive (Madagascar) il 30 luglio 1937 deceduta a Itaosy il 23 novembre 2021

nata Tananarive (Madagascar) il 30 luglio 1937 deceduta a Itaosy il 23 novembre 2021

Martedì 23 novembre verso le ore 21.30, Suor Maria Goretti è an- data in Paradiso dopo una vita gioiosa, fedele e generosa di donzione al Signore e ai fratelli.

Nata a Tananarive, Thérèse era già insegnante quando nel 1959 la nostra Congregazione si è insediata nella Scuola di Ilanivato, in capitale, con la prima fondazione missionaria. Dieci anni dopo, all’età di 32 anni, è stata accolta come postulante e il 24 novembre 1973 ha emesso la Professione religiosa.

Proveniva da una famiglia agiata, che le aveva assicurato una solida educazione umana e cristiana. I valori ricevuti in famiglia – il senso del dovere, il rispetto per tutti, il bel garbo nel rapportarsi con bambini e genitori, la padronanza di sé – le hanno permesso di essere un’ottima insegnante ma soprattutto una vera educatrice, non solo per gli alunni ma anche per le loro famiglie e poi per le consorelle che ha guidato come Superiora per molti anni.

Una profonda vita di preghiera e la fedeltà alla vita comunitaria hanno reso ancora più ricca la sua personalità.

Dopo aver insegnato nelle scuole di Ilanivato e di Itaosy è stata Responsabile della scuola parrocchiale di Isorana dal 1981 al 2003, quando è stata trasferita ad Andriampamaky, e poi ancora dal 2007 al 2010, anno in cui ha dovuto lasciare l’insegnamento per motivi di salute ed ha raggiunto nuovamente la comunità di Andriampamaky.

Nel centro agricolo di Isorana ha formato numerose generazioni di alunni e famiglie, trasmettendo loro il senso della riconoscenza (ad esempio nei confronti dei benefattori che “a distanza” assicuravano le rette scolastiche dei più poveri) e l’amore per la natura, che insegnava a rispettare e curare in segno di rispetto per il Creatore.

Sempre delicata con tutti, obbediente, riconoscente verso i Superiori, dal 2012 Suor Marie Goretti si trovava ad Itaosy, presenza discreta in comunità, sempre sorridente, disponibile fino all’ultimo a tanti piccoli servizi nascosti.

Da alcuni anni la sua salute era fragile e negli ultimi giorni la situazione è peggiorata, anche se non sembrava particolarmente grave. Lunedì ha ricevuto il sacramento dell’unzione degli infermi e martedì sera, mentre la aiutavano a coricarsi, è spirata dolcemente.

Ringraziamo il Signore per il dono di questa Sorella e per gli esempi che ci ha lasciato.

Oggi, 24 novembre, anniversario della sua Professione religiosa, alle ore 20.00 (ora locale) si pregherà il Santo Rosario nella Cappella delle Suore di Itaosy. Venerdì alle ore 9.00 sarà celebrato il funerale nella Parrocchia San Michele di Itaosy.

Suor Marie Goretti verrà sepolta nel Cimitero di Ambohipanja Ilafy.

Torino, 24 novembre 2021  



sabato 20 novembre 2021

LA PORTA DI NON RITORNO E ALTRE PORTE DELL'ATLANTICO di PADRE MAURO ARMANINO



La porta di non ritorno e altre porte dell’Atlantico


A Ouidah, nell’attuale Bénin dell’Africa Occidentale, le porte visibili sono poco lontane una dall’altra. La prima racconta il luogo del “non-ritorno” per milioni o centinaia di migliaia di schiavi imbarcati per le Americhe durante quattro secoli. La seconda ricorda invece l’arrivo dei primi missionari che sarebbero poi stati sostituiti da altri, nel 1861. Due porte che danno sull’oceano Atlantico, una per una partenza senza ritorno nella schiavitù e l’altra per un arrivo che aveva come missione quella di spezzarne le catene. Davanti alle due porte sta lui, l’oceano che si accampa come può tra un’onda e l’altra delle piroghe che ancora vanno alla pesca. Una porta, quella di non ritorno, preceduta dal sentiero degli schiavi, l’albero della dimenticanza e il muro del pianto, per cominciare presso il Forte Portoghese, dove gli schiavi erano raccolti e venduti. Il governo del Paese ha deciso di trasformare tutta questa area, dalla capitale economica Cotonou fino a Ouidah, una cinquantina di kilometri, in una zona riservata al turismo soprattutto internazionale. Qualche giorno fa, la Francia ha restituito allo stato del Bénin alcune opere culturali diventate bottino di guerra durante la conquista coloniale. Arrivano gli oggetti culturali in grande pompa ‘politica’ e nel frattempo si demoliscono centinaia di abitazioni di fortuna. Anche questa è una porta che si potrebbe definire di “non-ritorno” per la povera gente che una volta di più sarà schiava della miseria.
L’altra porta, poco lontana dalla precedente, marca l’arrivo di missionari, alcuni dei quali troveranno la morte per malattie e condizioni di vita difficili. Da una porta di morte all’altra che, tra tutte le contraddizioni della storia coloniale dell’epoca, ha cercato di traghettare vita. Anch’essa di affaccia sull’Atlantico e con pudore scava nel muro la forma del Paese presso il quale ha trovato la terra ferma, la Repubblica del Bénin, chiamata all’epoca del Dahomey. Regni locali che utilizzavano schiavi prima dell’arrivo di arabi prima, e  occidentali poi, che avrebbero reso il processo ancora più crudele e ‘industriale’ per il ben noto commercio triangolare. La seconda porta, sulla quale sono scritti i nomi dei primi due missionari, si apre a una terza, invisibile stavolta. Si tratta della porta di coloro che abbandonano il continente e, con piroghe e altre imbarcazioni di fortuna, per cercare altrove ciò che percepiscono di avere smarrito in patria. Sono migliaia i giovani migranti morti nell’oceano Atlantico, nel tentativo di raggiungere e passare l’altra porta, quella dell’Occidente delle isole Canarie, territorio spagnolo. Un’altra porta, per molti, di non ritorno, ma invisibile sulle sponde dell’oceano. Per trovarne una simile c’è da cambiare di mare e passare dall’Atlantico al Mediterraneo. Si trova nell’isola di Lampedusa, considerata come la ‘porta dell’Europa’, cimitero per molti.
Ci sono poi tutte le altre porte. Frontiere e feritoie che si moltiplicano, crescono, diventano muri di sabbia, di reticolato, di cemento e di ‘sensori’ o come anche a forma di aperture senza condizioni. Le porte, a ben pensarci, sono dappertutto e conservano un fascino difficilmente imitabile da altre strutture architettoniche forse più nobili. Si possono trasformare, d’improvviso, in un magico ritorno al luogo d’imbarco, con negli occhi i tanti volti attraversati e sulle labbra il racconto di un viaggio senza fine.

         Mauro Armanino,
 Ouidah, Bénin, 21 settembre 2021


sabato 13 novembre 2021

FIGLI, FIGLIASTRI E COMMERCIANTI NEL NIGER di Padre MAURO ARMANINO

 


Figli, figliastri e commercianti nel Niger

Nel Paese il potere l’hanno loro, i commercianti di mercanzie e di vite umane. Dalle elezioni presidenziali e legislative, all’adesione alla Zona di Mercato Africano Libero, Zlecaf in un acronimo improbabile, tutto passa dalle mani e soprattutto dalle borse dei mercanti. Un caso particolare di questa egemonia, che si conferma tramite scelte politiche e la dimissione in blocco della classe intellettuale nigerina, è appunto l’ambito dell’educazione scolastica. Lo smantellamento graduale, coerente e sistematico dell’impianto educativo è iniziato, al dire dei più, con i ‘Piani di Aggiustamento Strutturale’, i PAS negli anni ’80. La batteria di misure economico-ideologiche per ‘normalizzare’ i Paesi troppo ‘nazionalisti’ ed autonomi rispetto alla narrazione dominante ha colpito il Niger e altri Paesi dell’Africa subsahariana. Tra i settori colpiti si noterà la scuola.

La deriva dell’educazione formale ha gradualmente prosperato e le scuole statali, che si erano complessivamente distinte negli anni post indipendenza, hanno visto confiscato il loro ruolo trainante e la qualità dell’insegnamento. Il peso delle scuole private è andato crescendo fino a costituire ciò che in definitiva si voleva dall’inizio e cioè la creazione di una classe subalterna di marginali che non potranno mai scalzare le elite dal potere. In effetti, i figli e i figliastri della scuola sono i figli e i figliastri della società: alcuni nati per comandare e arricchirsi e gli altri funzionali al sistema e ‘merce’ spendibile sul mercato globale. I figli, le figlie e in genere la parentela delle famiglie che hanno soldi in banca e possono viaggiare all’estero, sono mandati nelle scuole private, nelle università private per un mondo privato agli altri, chiamati, appunto, figliastri. I figli, le figlie, i nipoti e le cugine dei poveri vanno, per l’ordine naturale delle cose, nelle scuole dello Stato, dove l’insegnamento e la fatiscenza delle strutture  rivelano l’abbandono come destino quasi segnato.

Una ventina i bambini bruciati l’anno scorso in un quartiere prossimo all’aeroporto internazionale di Niamey e un numero ancora maggiore arso il passato lunedì nella capitale economica Maradi, rappresentano la tragica metafora del sistema educativo nigerino. Esso è uno specchio fedele della società da cui è generato. Perché, in realtà, a morire sono anzitutto i poveri, i giovani, i bambini e il loro futuro, bruciato sull’altare degli interessi delle classi privilegiate. Classi che commerciano e speculano su tutto e tutti, dalla politica all’economia per garantirsi la conservazione e la trasmissione del potere da padre a figlio. I ‘figliastri’ invece, le folle immense degli scarti sociali, sono sacrificati agli interessi dei potenti, che dispongono delle loro vite senza alcun scrupolo. Nel Paese le classi di paglia si calcolano a 36mila e sono i figli dei poveri che ivi sono ospitati per imparare a memoria che la loro vita sarà differente da quella dei figli dei commercianti. Il governo ha recentemente decretato il divieto di usare queste classi per i più piccoli.

Nel Paese il potere l’hanno loro, i figli dei poveri. L’incendio delle classi di paglia di Niamey e quello delle classi di Maradi, che ha consumato la vita di decine di bimbi e delle loro famiglie, è stata come l’apocalisse che smaschera la violenza nascosta del sistema. Questo gruppo di bimbi, sepolti in fosse comuni e rivestiti della bandiera nazionale, continua la scuola e mettono nella mani dei commercianti delle braci che mai si spegneranno.

  Mauro Armanino, Niamey, 14 novembre 2021 

(nell'articolo precedente ho riportato quanto letto da un giornale, e come sempre, le notizie non sono così attendibili come quelle di Padre Mauro. Certo, informa sull'incendio, ma assicurano che il Governo farà in modo di costruire scuole in muratura. Cosa che mi pare non sia credibile.)

E CONTINUANO A BRUCIARE LE SCUOLE NEL NIGER


Brucia una scuola di paglia e legno: lutto in Niger
Sono almeno 26 i bambini morti nell’incendio della loro scuola di paglia e legno a Maradi nel sud del Niger. La notizia è stata data da un sindacato di insegnanti e da testimoni ed è riportata da Ansa. Il bilancio definitivo dell’incendio non c’è ancora ma ci sono anche dei feriti in gravi condizioni.

Il primo allarme è stato dato da Issoufou Arzika, segretario generale del sindacato degli insegnanti del Niger: “È un incendio che ha decimato una scuola” ma “non abbiamo ancora un bilancio definitivo”, ha spiegato.
“Attualmente abbiamo 26 morti e 13 feriti, di cui quattro gravi”, ha aggiunto il governatore di Maradi, Chaïbou Aboubacar, spiegando che si tratta di studenti del primo anno del corso preparatorio che quindi “hanno tra i 5 e i 6 anni“.
Per quanto riguarda l’origine dell’incendio, non sono al momento note le cause ma “è stata aperta un’inchiesta per determinarlo”, ha aggiunto, annunciando che da martedì sono stati decretati “tre giorni di lutto nella regione di Maradi”. La cosa certa è che l’incendio è divampato in alcune aule costruite con paglia e legno.
Le condizioni delle scuole in Niger: la situazione
Un evento simile era già capitato a metà aprile, quando venti bambini di 3, 4 e 5 anni sono morti nell’incendio di classi simili in un quartiere popolare di Niamey.
Infatti, il Niger è uno dei paesi più poveri del mondo e per rimediare alla carenza di classi le autorità stanno costruendo migliaia di capanne di paglia e legno. Lì i bambini frequentano le lezioni, in alcuni casi seduti per terra.

Così sono relativamente frequenti gli incendi di queste classi costruite con materiali precari e molto infiammabili ma raramente causano vittime. Ora, il presidente nigeriano Mohamed Bazoum ha recentemente promesso di sostituirle con classi solide. Issoufou Arzika, segretario generale dell’Unione degli insegnanti del Niger (SNEN), ha dichiarato: “È meglio tenere le lezioni sotto gli alberi che in capanne di paglia che sono diventate tombe infiammabili per gli studenti”.


venerdì 5 novembre 2021

IL CIMITERO DEI BAMBINI DI NIAMEY di PADRE MAURO ARMANINO




      Il cimitero dei bambini di Niamey

Piccole tombe di sabbia che le scarse piogge e il vento trafiggono e limano nel silenzio. Altre sono ricoperte da uno strato leggero di cemento sul quale si scrive il nome e talvolta la duplice nascita. Solo alcune portano piastrelle che sembrano sfidare con successo il tempo che scorre tra una stagione e l’altra. Il due novembre c’era un discreto numero di fedeli a rendere insolitamente animato il nuovo cimitero cristiano della capitale. Hanno riservato ai bambini tutto un settore del camposanto che si allarga con quotidiana determinazione. In alcuni casi i genitori e i parenti dei bambini hanno scritto il nome e la data dell’altra nascita su una lamiera saldata a un supporto a forma di croce dipinta di nero. Per altre tombe la croce è formata da due legni tenuti assieme da un filo di precaria speranza. Su alcune si trova una candela piegata dal calore del giorno. Altre, infine, tendono a scomparire e a confondersi con la terra alla quale sono tornate. 
François René nato la prima volta il 14 gennaio del 2013 e la seconda il 24 di ottobre di quest’anno. Godwin nato e tornato lo stesso giorno, il 24 aprile di quest’anno. Gloria arrivata il 20 agosto dell’anno scorso e ripartita il 20 di giugno di quest’anno. Timothé nato il 26 di gennaio del 2020 e partito in fretta quest’anno nel mese di giugno. Ameline giunta l’11 dell’undicesimo mese del 2019 e salpata il 10 di settembre di quest’anno. Per Eli c’è una sola data scritta: il 19 aprile del 2021. Samson ha attraversato per un mese il Paese perché, nato l’11 febbraio di quest’anno ha pensato bene di ripartire lo stesso giorno del mese seguente. Di Aliya, la principessa migrante del Sahel avevamo commentato a suo tempo il breve transito. Giusto due mesi e qualche giorno per una malattia non curata con prontezza al dispensario. Per Gabriel i mesi di passaggio sono stati cinque, da maggio a ottobre dell’anno scorso. Gerard, infine, ha vissuto meno di un mese, l’anno scorso. Accanto alle date hanno scritto ‘ Tutto è grazia’.
Piccole tombe di sabbia, ricoperte di cemento o rese più visibili da piastrelle che cambiano di paesaggio, secondo il vento. Su una di queste hanno seminato una piantina che ha cominciato a crescere. Su altre non si trova nulla e su alcune, come detto, riposa una croce adagiata in attesa. In una di questa hanno deposto un paio di scarpine bianche perché la bimba possa continuare, altrove, a camminare. Nell’altra, infine, hanno sparso una manciata di biscottini e lasciato aperto il sacchetto nel caso dovesse tornare.

 Mauro Armanino, Niamey, 2 novembre 2021

martedì 2 novembre 2021

2 novembre, giorno della memoria dei nostri cari defunti

 In occasione del giorno dedicato ai defunti, colgo il momento per pubblicare due intense liriche di Padre Nicola Galeno OCD, in ricordo della sua dolce e cara mamma. Ricordo con queste sue poesie tutti i nostri cari, mia madre compresa, deceduta quest'anno. 


CARE TOMBE

 Novembre! Par d'udire le campane,

che chiamano a raccolta sulle tombe

come colombe tenere i mortali...

Davvero sono lontani quei ricordi!

Nulla quaggiù rimane del sapore

di gioia e di mestizia fuse insieme

quando del cimitero quella soglia

con riverente affetto si varcava...

Missione che richiedi il sacrificio

pure di queste usanze radicate

nel cuore come il bacio della Mamma...

 

ASPETTA SEMPRE

 Tornando, voglio prima salutare

la tomba della Mamma, allor lasciata

tra quella terra smossa... Rivedere

voglio la foto amata, sorridente

come se mi dicesse: "Sei tornato?

Lo sai che t'ho aspettato? T'amo tanto...

Su, dammi un grosso bacio per scordare

i tanti che ho perduto nell'assenza

di questi lunghi anni! Poi tu parti

di nuovo per quell'isola lontana...

Chissà se tornerai... Me lo prometti?

Lo sai che un cuor di Mamma sempre aspetta!".

 

(Oita 1-11-1994), Padre Nicola Galeno


BENVENUTO|

Il Paradiso non può attendere: dobbiamo già cercare il nostro Cielo qui sulla terra! Questo blog tratterà di argomenti spirituali e testimonianze, con uno sguardo rivolto al Carmelo ed ai suoi Santi