AFORISMA

Meglio aggiungere vita ai giorni, che non giorni alla vita
(Rita Levi Montalcini)

Nostra Signora del Carmelo

Nostra Signora del Carmelo
colei che ci ha donato lo scapolare

sabato 21 dicembre 2024

LE MASCHERE DEL POTERE di Padre MAURO ARMANINO

(Alexander Zinoviev, filosofo e dissidente russo)

Le maschere del potere

Non c'è nulla di assolutamente autentico a questo mondo. La cosa da capire non è se siamo con una maschera o senza ma il tipo di maschera che indossiamo.
L'intera storia della civiltà si fonda sulla fabbricazione e sulla sostituzione di maschere.
                         (Alexander Zinoviev, filosofo e dissidente russo)
Certo l’uso e il senso delle maschere cambia a seconda delle culture. Ad esempio, in alcune etnie dell’Africa Occidentale la maschera diventa un simbolo di presenza e potenza spirituale, qualcosa di sacro che unisce il visibile e l’invisibile nelle cerimonie rituali. Altrove nel mondo la maschera si usa nelle rappresentazioni teatrali e in genere per nascondere e rivelare allo stesso tempo altre identità. Spesso diventa sinonimo di doppiezza, falsità, commedia o semplicemente come un gioco delle parti. In alcune culture le maschere sono le protagoniste della festa di carnevale.
Quanto scrisse Alexander Zinoviev va dunque interpretato nella seconda versione citata sopra e si capisce molto bene, sotto tutte le latitudini, ciò di cui sta parlando. La falsità, la doppiezza, il trasformismo, le promesse che impegnano solo coloro che le ascoltano...di tutto ciò e molto altro sono portatori i regimi politici e le ideologie, anche religiose che affollano la storia umana. Zinoviev, che ha vissuto in esilio in Germania, ha sviluppato una critica spietata nei confronti dell’Occidente che pure lo aveva accolto con le braccia aperte non disinteressate a suo tempo. Per lui il punto non è se si indossa o meno una ‘maschera’ ma piuttosto il ‘tipo’ di maschera che addobba il volto. L’amico Steven Ellis, prematuramente deceduto, scrisse un libro in relazione alla guerra civile in Liberia dal titolo ‘La maschera dell’anarchia’, sull’accaduto dei 15 anni di distruzione e morte in quel Paese.
Invece, qui come anche altrove, si parlerebbe piuttosto di ‘Maschere del potere’ ossia della costante, studiata e pianificata falsificazione della realtà. Si tratta di un progetto che accomuna ogni ideologia o progetto sociale che si vuole totalitario cioè mirato ad impadronirsi dell’identità della persona e della società per farla a sua immagine e somiglianza. Per questo Zinoviev parla di ‘fabbricazione e di sostituzione’ di maschere qualora ciò si renda necessario per il regime al potere. Il dominio sull’informazione appare cruciale perchè specie oggi esiste solo ciò che appare sugli schermi, grandi o piccoli essi siano o sulle onde delle radio. Il controllo delle notizie si avvale di giustificazioni ideologicamente motivate dall’adeguamento della realtà a quanto forma il mondo del potere. Coloro che influenzano il pensiero e la pratica del popolo sono temuti e se possibile arruolati al sistema di pensiero unico del sistema. Non casulmente i capi religiosi, assieme ad altri intellettuali, artisti o membri della società civile, saranno oggetto di particolare cura e ricompensa.
Ma la maschera della falsità si indossa anche in altri ambiti come la politica, l’economia, la gestione della sicurezza e soprattutto nell’uso della parola. Quest’ultima vale e conta tanto quanto è funzionale al progetto totalitario del regime. L’involucro esterno delle parole non corrisponde più al significato di cui esse sono portatrici. L’uguaglianza, la giustizia, i diritti umani, la libertà e la dignità sono termini il cui contenuto varia a seconda delle convenienze e della funzionalità al progetto di società che vuole instaurare. Tutto ha però un limite che è dettato dalla realtà stessa che, come sappiamo, è ostinata, insistente, pericolosa e fastidiosa. Soppressa o nascosta da una parte rispunta dall’altra perché mai totalmente controllabile e manipolabile dal sistema. Malgrado tutti i patetici tentativi dei regimi totalitari essa sfugge da un’unica spiegazione, lettura e asservimento. Arriva il giorno nel quale, talvolta senza alcun preavviso, le maschere cadono e il volto del potere appare nella sua nuda e menzognera verità.
            Niamey, Mauro Armanino, dicembre 2024

venerdì 20 dicembre 2024

SUORA BOTTEGO MADRE CELESTINA - PARMA- società missionaria di Maria

   Ringrazio Edi Morini per il testo che mi ha inviato, relativo alla suora che non conoscevo. 

Parma Celestina Bottego Sempre nei nostri cuori


A Parma, il bellissimo parco che si trova incastonato tra Via Pascal e Via Euclide, è dedicato a Suor Celestina Bottego, nipote del famoso esploratore Vittorio, tragicamente morto in Africa. Grazie a questa bella iniziativa comunale Celestina vive per sempre nel suo amato quartiere, San Lazzaro.

Giambattista Bottego, fratello maggiore di Vittorio Bottego (noto a livello mondiale come esploratore ed ufficiale, artigliere prima a Torino poi a Pinerolo, quindi in Eritrea), si era trasferito in America, dove aveva sposato Mary Healy. Celestina nasce il 20 dicembre 1895 a Glendale (Ohio) e vive fino ai quindici anni nello stato del Montana.

Quando Vittorio muore ucciso nel Continente Nero il 23 luglio 1897, Giambattista torna a Parma con due dei suoi figli, Maria e Vittorio, per occuparsi dei genitori anziani. Celestina e la mamma Mary raggiungeranno il resto della famiglia nel 1910.


A Parma, Celestina studia con profitto e diventa una prof molto amata dai suoi allievi. Esercita per circa vent’anni nelle scuole pubbliche.

In seguito, insegnerà l’inglese ai missionari saveriani.

Insieme alla sorella Maria, Celestina dedica molto tempo alla vita spirituale, guidata dall’abate benedettino Emanuele Caronti. Diventeranno suore ambedue. Celestina pronuncia i voti nel 1922, come suora oblata. Maria diventa missionaria francescana nel 1924.

Nel 1936, Celestina e Maria vanno in India per un breve periodo come missionarie.

Per chiunque si trovi nella tribolazione, Suor Celestina rappresenta un solido punto di riferimento pratico. Nel turbine della Seconda guerra mondiale, sa garantire ascolto e soccorso a chicchessia, senza distinzioni. Tutta Parma la stima e le vuole bene.

Nel 1945, terminato il conflitto, Celestina, cinquantenne, abbraccia pienamente la vocazione missionaria come Madre fondatrice delle Suore Saveriane di Maria. La gente le chiama affettuosamente “Suore Bottego”.

Direttrice generale, Celestina favorisce con indiscussa lungimiranza il nascere di tante fondazioni missionarie oltre frontiera: in Congo, in Burundi, in Brasile, negli Stati Uniti. E’ sensibile, intelligente, generosa, instancabile, di mentalità aperta. Capace di mediare e rasserenare. Forte di una fiducia illimitata nella Provvidenza divina. Muore il 20 agosto 1980.

Ma i parmigiani, e non soltanto loro, la ricorderanno per sempre. Vive nei nostri cuori. Nel 2013, la Chiesa l’ha dichiarata venerabile e ci auguriamo che presto sia dichiarata santa.







CHIESA PIU' BELLA DEL PORTOGALLO


Igreja matriz de Santa Maria de Válega

I lavori per la costruzione dell’edificio iniziarono nel 1746 e fu necessario quasi un secolo per il loro completamento.

In stile barocco e a pianta longitudinale, la chiesa presenta un’unica navata ed il corpo del presbiterio affiancato da due sacrestie volumetricamente distinte.

Il campanile quadrangolare a tre registri è posto sul lato sinistro della facciata ripartita da lesene, conclusa da un timpano e rivestita di maioliche policrome rappresentanti scene dell’Antico e Nuovo Testamento, datate tra il 1959 e il 1960 e dipinte a mano da Aleluia Cerâmicas di Aveiro.

I prospetti laterali e posteriori sono invece rivestiti con i tipici azulejos portoghesi bianchi e blu progettati dall'architetto Januário Godinho. Risale al 1942 la collocazione del pannello in maiolica sulla parete esterna de presbiterio raffigurante la Signora di Amparo, firmato dall'atelier di Jorge Colaço ed eseguito da Fábrica Lusitânia di Lisbona.


lunedì 16 dicembre 2024

MILLE ANNI PER UN'"AVE MARIA" "PREGA PER NOI PECCATORI" quinta conferenza d'Avvento di Padre CLAUDIO TRUZZI OCD

 

Lorenzo Lotto, Natività, 1523, Washington, National Gallery of Art

5 – MILLE ANNI PER UN’ “AVE MARIA”
«PREGA PER NOI PECCATORI»


Sappiamo e crediamo che esiste la grande verità della “Comunione dei Santi”. Cioè, che tutti possiamo intercedere l’uno per gli altri davanti a Dio. E allora, quanto più lo potrà fare Maria, la Madre spirituale di tutti noi!
Non c’è spazio, né crediamo necessario dimostrare tale affermazione in queste pagine. Basterà precisare, e fare avvertenza a che si eviti un possibile errore d’interpretazione.
Quando affermiamo che Maria è la mediatrice universale di tutte le grazie, che è l’“onnipotenza supplicante”, ecc., non intendiamo affermare che Dio l’ascolta come se Lui fosse alla mercé delle volubili suppliche umane. No! Ricordiamo e confessiamo che il potere divino è stato “incorporato” in Maria dallo Spirito Santo che abita in lei, e dalla sua maternità divina di Gesù. In una parola, il “potere” di Maria le viene dalla sua intima unione con la Trinità. Possiamo dire che, in Lei è lo stesso Dio che “presenta” le nostre suppliche (Non è infatti, lo stesso Spirito Santo, Dio, che ci fa pregare – come ci ricorda S. Paolo –, che ci pone nel cuore le parole giuste, “gemiti ineffabili”, da rivolgere al Padre, Dio?). 
Nell’accogliere le nostre suppliche è lo stesso Dio che, in Maria, si volge pieno di bontà sui propri figli.

IL SIGNORE HA POSTO VICINO A NOI MARIA
«Il Signore, nel piano provvidenziale della creazione e della Redenzione, ha voluto porre vicino a noi Maria Santissima, che ci sta accanto, ci aiuta, ci esorta, ci indica con la sua spiritualità, dove stanno la luce e la forza per proseguire il cammino della vita».
Giovane ancora, padre Massimiliano Kolbe così già scriveva da Roma alla mamma: «Quante volte nella vita, ma particolarmente nei momenti più importanti, ho sperimentato la speciale protezione dell'Immacolata ...! Depongo in lei tutta la mia fiducia per il futuro».
UNA MADRE ALLA QUALE PUOI CHIEDERE TUTTO
Ci sono momenti in cui non ci si accontenta di pensare che Maria è lì, che ci guarda, ci protegge e fa crescere in noi la vita divina; si prova il bisogno di guardare a lei le nostre angustie o di presentarle con calma le nostre.
Santa Teresa di Gesù Bambino si ricollega alla grande tradizione della Chiesa che ci fa chiedere nelle feste della Vergine "la salute dell'anima e del corpo"; per la sua intercessione chiediamo a Dio "di essere liberati dalle tristezze di questo mondo e di gustare le gioie dell'eternità". Ad una mamma non piace di vedere i suoi bambini nella tristezza. Non è dunque normale chiederle di ottenerci gioia e salute?
Si trova la stessa atmosfera nella bella preghiera di padre De Grandmaison:
Santa Maria, Madre di Dio, conservami un cuore di bambino,
puro e trasparente come sorgente;
ottenetemi un cuore semplice, 
che non conosca la tristezza.
Teresa lo faceva con molta semplicità e spontaneità. Sapeva che ad una mamma si può dire tutto. Aveva compreso che non bisogna mai "pastorizzare" la propria preghiera, soprattutto quando ci si rivolge alla Vergine:
«Vorrei avere una bella morte per farvi piacere – dice alle sue suore il 4 giugno 1897 –; l'ho chiesto alla Madonna. Non l'ho chiesto al Signore Dio, perché voglio lasciarlo fare come vorrà. Chiedere alla Santa Vergine, non è la stessa cosa. Ella sa bene cosa deve fare dei miei piccoli desideri, se occorre che li dica o non li dica».
Due giorni più tardi, dopo una visita del medico che la trovava meglio, confessa che aveva molta voglia di andarsene. «Lo dico alla Madonna – continuava – che ne fa quello che vuole”.
Una riflessione analoga nella festa del 15 agosto: «Chiedevo ieri alla Madonna di non tossire più, perché suor Genoveffa possa dormire, ma ho aggiunto: «Se voi non lo fate, vi amerò di più».
Magnifica devozione mariana, la cui intensità non dipende dalle carezze ottenute, ma che osa chiedere le cose più semplici».
“PECCATORI”! 
La definizione, la qualifica che a noi calza a pennello!
Nessuno venga a sostenere che, in genere, noi uomini siamo restii ad aggiungere ai nostri rispettivi nomi degli aggettivi qualificativi. Li abbiamo, anzi, ricercati per tutti gli uffici e per tutti i gusti: 
– da imperatore, re, governatore, (i qualificati “i grandi”) ad un eccetera interminabile – per i politici
– a quello di pontefice, cardinale, patriarca, archimandrita, vescovo, e molti altri, per gli ecclesiastici.
– Si continua con il rettore magnifico, cattedratico, laureato e licenziato, tra i docenti; fino a quelli di maresciallo, ammiraglio, generale, capitano di corvetta o sergente, tra alcuni di carattere militare.
– E tutto ciò, senz’entrare nell’inestricabile ragnatela di titoli nobiliari, impresari, sociali, ecc. 
– Tutti lottiamo dalla mattina alla sera affinché, almeno, ci tengano per intelligenti, ricchi, amabili, educati, sportivi o belli… o “moderni”, al “passo coi tempi”, ecc, ecc.
Ebbene, lungo la sfilza dei secoli in cui, coscientemente o meccanicamente, si è venuta recitando la preghiera della “Ave Maria”, abbiamo dato, stavolta almeno, nel segno, affibbiandoci la qualifica che più ci va a pennello, che ci si descrive e ci s’inquadra: quella di “peccatori”.
Non è facile, però, riconoscerci tali!

sabato 14 dicembre 2024

LA GUERRA RIPUDIATA di Padre MAURO ARMANINO

 


La guerra ripudiata

‘io sono la guerra’, aveva quasi urlato Cisca, originaria della Democratica Repubblica del Congo. Una storia di esilio senza fine costellata da innumerevoli esperienze vissute sulla propria carne di donna.  Si trova adesso nel suo paese di origine e i contatti, fatalmente, col tempo si sono allentati. Potrebbe essere un buon segno perché lei voleva mettersi al servizio di donne, come lei, ferite dalla guerra. 

Una volta cominciate le guerre non finiscono mai. Lasciano paure, cicatrici, traumi, ferite, memorie di congiunti, amici e vicini uccisi o minacciati di morte. La fuga, l’esilio e, spesso, il lungo viaggio alla scoperta di una terra ospitale nell’inutile tentativo di dimenticare il dramma vissuto nella propria. Le immagini della casa abbandonata, bruciata e distrutta abiteranno per sempre i loro occhi.

Sono arrivate a Niamey non da molto. Le vedove e le madri i cui figli hanno perso la vita per le azioni terroriste di ‘Boko Haram’ o altri gruppi affini. Molte di loro avevano trovato lavoro nel Mali, cercando un improbabile riparo dalla violenza armata. Anche in quel Paese le cose si erano messe male e così, per vie traverse hanno raggiunto il Niger. Altre donne le hanno raggiunte per analoghi motivi.

Queste ultime, come le precedenti, sono scappate dal ‘gigante’ demografico e in parte anche economico dell’Africa, la Nigeria. Queste persone non sono che fastidiose incombenze statistiche per le Nazioni Unite e altre agenzie umanitarie. Vivono di nascosto in città col numero imprecisato di bambini ignari, per ora, del destino che li attende. Le guerre, quando incominciate, non finiscono mai.

Dopo la guerra, la violenza armata, l’esodo, la fuga e la scomparsa del mondo conosciuto comincia l’altra guerra. Quella che si continua a combattere per ricominciare a vivere una vita decente in mezzo a gente che troppo spesso non coglie il dramma che gli sfrattati del futuro si portano dentro. Alfredo è partito dal Cameroun dove aveva creato un’accademia di calcio. Ora gioca, di nascosto, con la vita.

I ricordi gli scivolano tra le dita. La figlia di cui non ha più notizie e la famiglia di cui ha perso le tracce. La guerra nella guerra continua per il cibo, un alloggio, i documenti, la salute e un lavoro che gli permetta di ridare vigore alle sue illusioni perdute. Prega, partecipa a convegni religiosi e, da qualche giorno, si è presentato alla Casa della Cultura Russa recentemente apertasi a Niamey. 

Vorrebbe cominciare a seguire i corsi gratuiti di lingua perchè spera, un giorno, di essere scelto per una borsa di studio in Russia. Difficile cogliere dove può condurlo la sorte. Nel frattempo, ha seguito corsi di informatica e spera di tanto di fondare un’altra accademia. In essa si imparerebbe come le spade possano diventano vomeri, le lance falci e l’arte della guerra sarebbe ripudiata per sempre.

 Mauro Armanino, Niamey, dicembre 2024


giovedì 12 dicembre 2024

SAN GIOVANNI DELLA CROCE SI FESTEGGIA IL 14 DICEMBRE 2014

 


GIOVANNI  DELLA   CROCE    179

Giovanni, che dell'anima cantasti

l'avventuroso idillio col Signore,

la fanciullezza tua fu costellata

da tanta povertà e puro amore...

*

Per aiutar la coraggiosa madre

tutto tu provi. E tenera la mano

su quei piagati corpi sai posare...!

Angelo di bontà sembri ai malati!

*

Umile chierichetto impari a stare

con adorante sguardo sull'Altare...

Parte di là la lucida scintilla,

che vocazione accende nel tuo cuore!

*

Ed a Medina l'abito ricevi

dell'Ordin del Carmelo. E la tua viva

intelligenza apprende quel sapere,

che rigoglioso scorre a Salamanca.

*


Eppure la tua anima, assetata

di cristallino Amore, cerca ansiosa...

L'occhio risolutore di Teresa

ti dona la certezza che tu brami!

*

Ora la scelta è fatta e della Croce

Giovanni tu divieni! Là a Duruelo

fra tanta povertà nasce il Carmelo

maschile teresiano. E tu sei faro!

*

Le vocazioni accorron. La tua mano

sa con sapiente tocco temperare

quegli sfrenati zeli...E tuttavia

sempre tu sei severo con te stesso!

*

Quando Teresa vuole per le figlie

sue una direzione illuminata,

cade su te la scelta. E con paterna

ed umil dedizione l'opra svolgi.

*

Inopinata giunge la tempesta.

La conventual prigione di Toledo

Lascia un profondo solco nel tuo spirto,

che libero si volge verso l'alto...

*


D'ogni terrena cosa distaccato,

scopri l'Amor supremo che trasforma

l'umile creatura nell'Amato...

E spirituale un Cantico zampilla!

*


E nella Notte oscura, sol guidato

da quella Fiamma viva che ti strugge,

l'ardimentosa fuga sai tentare...

E delle consorelle il cor esulta!

*

L'anima, che desia avventurarsi

sul periglioso mar dell'orazione,

é titubante... Chiede al Padre i lumi,

che sì copiosi il cuore suo rinserra.

*

Nascon così quell'opere infuocate

d'Amore, che dell'anima il cammino

illustrano...Soltanto chi contempla

sì da vicino il Cristo ha competenza!

*

Tu, che qual premio chiedi di soffrire

e d'esser disprezzato per il Cristo,

senti pesante abbattersi la Croce,

che un giorno sì dal vivo hai disegnato...

*


Davvero nulla sa chi per il Cristo

non sa soffrire! E il corpo tuo piagato

diventa un olocausto profumato...

Ormai l'Amore ha tutto consumato!

*

La campanella chiama a mattutino

i confratelli...E il volto tuo diviene

ora radioso! Gli occhi tuoi contemplan

il Cristo ed i suoi Angeli nel Cielo!


(Tokyo 25/9/1993), Padre Nicola Galeno


MADONNA DI GUADALUPE: SULLA COLLINA DI TERPEYAC ode di Padre NICOLA GALENO OCD


MADONNA DI GUADALUPE: SULLA COLLINA DI TEPEYAC   132.551

Siamo all’alba del nove dicembre

del millecinquecentotrentuno.

Sulla collina di Tepeyac

a quel giovane atzeko Juan Diego

appare una Donna sì fulgente

dal viso di meticcia e vestita

di sole. Si presenta così:


“Io sono la Vergin e la Madre

del verissimo Dio, sorgente

d’ogni vita. Vorrei veder qui

costruita una sacra casetta.

Al Vescovo riferire devi

Il mio desiderio pressante”.


S’affretta il giovane, ricevendo

secco diniego, ma non demorde.

Alla quarta apparizione viene

dalla stessa Vergine invitato

a coglier fiori sulla collina.


Fiori d’inverno? Che assurdità!

Eppure quella brulla collina

s’ammanta di fiori di Castiglia.

Cinguettan pur uccelli mai visti.


La Vergine aiuta Juan Diego

a riempire il mantello, che deve

al Vescovo portar come prova.


Alla sua presenza il mantello

vien dispiegato. Cadono i fiori.

Della Vergin si vede l’effigie.


E’ in piedi ritratta con le mani

giunte, con un viso leggermente

piegato. Sono gli occhi socchiusi

ed un manto trapunto di stelle

sa coprirne gli scuri capelli,

scendendo fin a terra. La veste

rosacea con fiori leggeri

ed arpeggi appare decorata.

Porta sul seno una cinta scura,

segno di maternità imminente,

come s’usa fra le donne azteche.


Sembra che sia portata in volo

da un angelo con le braccia aperte

ed ali colorate. Una falce

scura di luna si nota ai piedi

ed alle spalle si vedon raggi

davvero luminosi di sole.


(Legnano 12-12-2024), Padre Nicola Galeno


S. JUAN DIEGO CUAUHTLOTATZIN, IL VEGGENTE


BENVENUTO|

Il Paradiso non può attendere: dobbiamo già cercare il nostro Cielo qui sulla terra! Questo blog tratterà di argomenti spirituali e testimonianze, con uno sguardo rivolto al Carmelo ed ai suoi Santi