AFORISMA

Meglio aggiungere vita ai giorni, che non giorni alla vita
(Rita Levi Montalcini)

Nostra Signora del Carmelo

Nostra Signora del Carmelo
colei che ci ha donato lo scapolare

venerdì 5 dicembre 2025

SAN NICOLA 6 DICEMBRE auguri a tutti coloro che si chiamano Nicola e Nicoletta


La leggenda di San Nicola vescovo di Myra, narra di numerosi atti 
di generosità e miracoli, come aver donato doti d'oro a tre fanciulle
per impedire che fossero avviate alla prostituzione. Questa e altre storie, 
come il salvataggio di marinai durante la tempesta, hanno contribuito a
creare la sua immagine di benefattore. La sua figura è anche l'origine
di Babbo Natale e le sue celebrazioni sono legate alla notte tra il 5 e 6
dicembre.

Un augurio speciale a padre NICOLA GALENO OCd, Buon onomastico religioso! 


CICLO SU DITTICO DELL'IMMACOLATA CONCEZIONE - Elegie di Padre NICOLA GALENO OCD

 






martedì 2 dicembre 2025

ROSA PARKS una delle rare donne implicate nei movimenti per i diritti civili sl pari di Martin Luther King e di Malcom X



Montgomery, Alabama, 1° dicembre 1955: terminata la giornata lavorativa, la quarantaduenne Rosa Parks, di pelle nera e di professione sarta, prende l’autobus 2857, diretta a casa. Si siede in una fila centrale, ma quando dopo poche fermate sale un passeggero bianco, il conducente le chiede di alzarsi per lasciargli il posto, come impongono le regole.

le conosce bene: i neri siedono dietro, i bianchi davanti, mentre i posti centrali sono misti e si possono usare solo se tutti gli altri sono occupati, ma la precedenza spetta sempre ai bianchi. «Non stavolta», pensa Rosa, e senza rifletterci troppo risponde che «no», non intende alzarsi. Quel rifiuto la trasforma all’improvviso in un’eroina dei diritti dei neri, impegnati nella lotta contro la segregazione che opprimeva l’Alabama e altri Stati del Sud, divenendo il propellente di una storica protesta che fu tanto rabbiosa quanto non violenta.


                                   Rosa Parks con Martin Luther King

Portrait de Rosa Parks, l'une des rares femmes impliquées dans le mouvement pour les droits civiques à être connue du grand public, au même titre que Martin Luther King ou Malcolm X.

Son geste est connu : le 1er décembre 1955, à Montgomery, dans l’Alabama, Rosa Parks refuse de céder sa place à un homme blanc, lors d’un trajet en bus. Embarquée par la police, elle sera condamnée à une amende pour avoir enfreint les lois ségrégationnistes du sud des Etats-Unis. Mais son acte de résistance, qui fait écho à la très grande colère des femmes et des hommes noirs face à un racisme purulent, va avoir un impact retentissant et déclencher une longue campagne de boycott des bus. Une mobilisation de masse, courageuse et déterminée, qui va permettre à une autre figure d’émerger : un certain Martin Luther King. L’année suivante, leur lutte collective débouche sur un arrêt historique de la cour suprême, qui déclare la ségrégation dans les transports inconstitutionnelle. La vie de Rosa Parks est souvent résumée à cette action unique – rester assise – qui a permis de lancer un mouvement. Et on oublie de raconter à quel point cette femme fut une militante aguerrie et persévérante.

…………….

Una donna afroamericana viene arrestata il 1 dicembre 1955 in Montgomery, Alabama, per essersi rifiutata di dare il posto ad un bianco.

Rosa Parks fu accusata di aver contravvenuto ad una delle leggi dello stato che stabilivano che un afroamericano doveva lasciare il posto a sedere sull’autobus qualora ci fosse un bianco in piedi.

In seguito all’arresto di Rosa Parks cinquanta leader della comunità afroamericana, guidati da Martin Luther King, si riuniscono per decidere le azioni da intraprendere. Il giorno successivo inizia il boicottaggio dei mezzi pubblici di Montgomery, protesta che dura per 382 giorni; dozzine di pullman rimangono fermi per mesi finché non viene rimossa la legge che legalizza la segregazione. Questi eventi danno inizio a numerose altre proteste in molte parti del paese. 

Nel 1956 il caso di Rosa Parks arriva alla Corte Suprema degli Stati Uniti d’America, che all’unanimità decreta incostituzionale la segregazione sui pullman pubblici dell’Alabama.
















lunedì 1 dicembre 2025

Pace urge un Ministero documento ricevuto da Padre Mauro Armanino da una conferenza tenutasi a Padova

Pace urge un Ministero

La pace è un progetto di democrazia che ha bisogno di un luogo istituzionale dedicato. L’economista Stefano Zamagni spiega in questa intervista perché è urgente dare vita al Ministero della Pace.

Padova, novembre 2025. Attacchi militari, distruzione, morte di civili, perdite di soldati: si parla continuamente degli effetti delle guerre ma mai delle cause generatrici e di come disinnescarle. È un problema culturale. Oggi, per avere la pace, bisogna cambiare le regole del gioco.

È questo un punto centrale nell’analisi della situazione attuale fatta da Stefano Zamagni, economista, presidente emerito della Pontificia Accademia delle Scienze sociali e docente di Economia politica all’Università di Bologna, nei giorni scorsi a Padova per una lectio magistralis dal titolo La pace contesa, tenuta in apertura del corso di perfezionamento “Antropologia, Bibbia, Religioni: un approccio multidisciplinare (ABRAM)” frutto di una partnership fra l’Università di Padova e la Facoltà teologica del Triveneto.

In questa occasione ci ha rilasciato un’intervista, un dialogo che parte dal tema della pace per affrontare poi gli aspetti fondamentali dell’economia civile, di cui Zamagni è una delle voci più autorevoli, e infine sottolineare il contributo che la riflessione teologica può dare nel processo di “rifondazione” dell’economia.

Oggi nel mondo sono in corso 56 conflitti armati e il Sipri-Istituto internazionale di ricerche sulla pace di Stoccolma informa che le spese militari a livello mondiale nel 2024 sono state di 2718 miliardi di dollari, a fronte dei 1290 miliardi del 2001. «È una situazione insostenibile» ha commentato Zamagni.



Prof. Stefano Zamagni


Professor Zamagni, come legge questa corsa al riarmo?

«La tesi della deterrenza (la logica del dissuadere mediante la minaccia) non funziona più. Essa è valida solo se il conflitto è fra due parti; oggi i contendenti sono almeno sei. Il riarmo di uno Stato per accrescere la sua sicurezza viene interpretato come una minaccia dagli Stati rivali, che saranno spinti a fare altrettanto, anzi di più. In questo contesto, inoltre, assistiamo al fenomeno della “privatizzazione della guerra”: per millenni la gestione dei conflitti armati è stata prerogativa dei re, degli imperatori, degli Stati; oggi invece la guerra è stimolata dal cosiddetto complesso militare-tecnologico, dalle imprese private che ottengono profitti dalla vendita delle armi. Se durante i conflitti gli indicatori di borsa aumentano il valore, è evidente che più armi vengono usate più il processo di generazione delle stesse è destinato a continuare».

Per tentare di uscire da questa situazione è necessario anche un passaggio culturale?

«Bisogna capire che il potere dissuasivo oggi sta nella capacità innanzitutto di comprendere e poi di intervenire sulle ragioni profonde che innescano il conflitto. C’è una pace negativa (assenza della violenza diretta, il cessate il fuoco) e una pace positiva (tesa a ridurre o eliminare le cause della guerra): si deve passare dal peace-making al peace-building, dal fare al costruire la pace. Papa Francesco ha avuto il coraggio di denunciare questa situazione e papa Leone XIV l’ha ripresa parlando nella sua prima apparizione pubblica di “pace disarmata e disarmante”».

Come si costruisce la pace?

«Occorre creare istituzioni di pace, politiche o economico-finanziarie. Paolo VI aveva individuato nello sviluppo “il nuovo nome della pace”. Attenzione che lo sviluppo non è la mera crescita, anche una pianta cresce, ma tiene in armonia anche la dimensione socio-relazionale e quella spirituale. Qui si differenziano i due paradigmi “si vis pacem para bellum” (la teoria della deterrenza, da Eraclito a Hobbes a Schmitt e von Clausewitz: la guerra è un dato di natura e l’uomo non può che contenerla) e “si vis pacem para civitatem” (il riconoscimento che all’inizio c’è il logos, da cui deriva il dia-logos, sulla linea di Aristotele, Agostino, Tommaso, Maritain: la capacità di eliminare le cause della guerra, preparando la civilizzazione, oggi diremmo le istituzioni di pace)».

Lei si è fatto sostenitore della creazione di un Ministero della Pace. Di che cosa si tratta?

«La pace è un progetto di democrazia e, in quanto tale, necessita di un luogo istituzionale a ciò dedicato. Già nel secondo dopoguerra Alcide De Gasperi sostenne l’idea di dare vita al Ministero della Pace, mentre il Ministero della Guerra veniva sostituito dai Ministeri della Difesa e degli Interni. Negli anni Ottanta don Oreste Benzi scrisse che “gli uomini hanno sempre organizzato la guerra; è ora di organizzare la pace” e l’associazione Papa Giovani XXIII da lui fondata con altri rappresentanti di associazioni cattoliche e laiche ne ha raccolto il testimone».

Quali funzioni avrebbe questa istituzione?

«Innanzitutto, dovrebbe riscrivere i libri di storia del liceo e dell’università, perché parlano solo delle guerre e mai della pace ed è lì che gli studenti, a partire dai 14 anni, formano le loro categorie di pensiero. Dovrebbe inoltre predisporre i corsi per la diplomazia – in Italia non abbiamo neanche una scuola superiore della diplomazia – perché qui si formerebbe la capacità di negoziare. Infine, potrebbe organizzare i corpi civili della pace come espressioni della società civile organizzata, cattolica e non. Fra le 73 università italiane una sola, Padova, ha un dottorato di ricerca in peace studies. Fra le 40300 scuole nel nostro paese solo 700 hanno programmi di educazione civica dedicati alla pace. Sono convinto che si possono realizzare istituzioni di pace ed è necessario farlo, perché, citando Wright, “due autentiche democrazie mai si faranno la guerra”: dove c’è vera democrazia non c’è guerra».

Cambiando tema, la sua più recente pubblicazione (Introduzione all’economia civile. Tra il già-fatto e il non-ancora, scritta con Luigino Bruni) fa una sintesi di un percorso che si sviluppa da un quarto di secolo. A che punto siamo?

«L’economia civile nasce a Napoli nel 1753, dall’intuizione dell’abate Antonio Genovesi, che sviluppò una visione del mondo basata sul concetto “homo homini natura amicus”, cioè sull’assunto antropologico che l’altro non è soggetto a me avverso, ma potenzialmente amico. Questo paradigma si contrappone a quello dell’economia politica, che da Adam Smith (1776) in poi considera l’uomo un soggetto che agisce per il proprio interesse in maniera razionale. Quest’ultimo, inoltre, considera l’economia separata dall’etica, mentre il primo vede etica ed economia come due facce della stessa medaglia che si integrano vicendevolmente. Ancora, il fine ultimo dell’economia civile è la massimizzazione del bene totale – l’aumento della produzione, il Pil è ciò che conta – e qui nascono le disuguaglianze; l’economia civile ha invece come fine il bene comune, il bene mio assieme al tuo, né contro né a prescindere dal bene degli altri – il momento della produzione del reddito e quello della sua distribuzione non si possono separare».

Perché il paradigma dell’economia civile è stato dimenticato?

«Questo paradigma, nato in Italia dentro la matrice teologica cattolica, fu abbandonato nel corso della storia a favore dell’altro, nato nell’Inghilterra protestante del Settecento. Il paese anglosassone all’epoca, grazie alla rivoluzione industriale, divenne la prima potenza economica del mondo e, di conseguenza, espresse la sua egemonia anche dal punto di vista culturale imponendo la propria visione del mondo. La buona notizia però è che da almeno un quarto di secolo il paradigma dell’economia civile sta risorgendo, non solo in Italia ma anche all’estero. È ormai chiaro che l’economia politica, se ha prodotto grandi progressi e fatto aumentare la ricchezza, ha anche generato disuguaglianze, crisi ambientale, aumento della solitudine esistenziale… Il prezzo che stiamo ora pagando è diventato proibitivo. Comprendere queste dinamiche può favorire il diffondersi del pensiero dell’economia civile».

Nel cambiamento d’epoca che stiamo vivendo qual è l’ulteriore lavoro da fare? Qual è il non-ancora dell’economia civile? Che cosa consegneremo alle prossime generazioni?

«Innanzitutto, è necessario cominciare a parlare diffusamente di economia civile all’università, ai giovani fra i 19 e i 25 anni che si stanno formando. Fare ascoltare una sola campana, quella dell’economia politica, è un’egemonia culturale intollerabile: negli studi di economia occorre rendere pluralistico l’insegnamento e la ricerca. Inoltre, bisogna accelerare e diffondere le esperienze e le pratiche che si ispirano ai principi dell’economia civile. Una di queste è “The economy of Francesco”, un progetto lanciato nel maggio 2019 dal pontefice e oggi diffuso in 22 Paesi del mondo; a fine novembre ad Assisi si terrà un incontro internazionale dei giovani che vi aderiscono».

La riflessione teologica, le facoltà teologiche che contributo possono dare nel processo di “rifondazione dell’economia”?

«Da parte del mondo cattolico bisogna ammodernare gli studi di teologia, che hanno programmi obsoleti, certo non sbagliati, ma non più capaci di interpretare la realtà odierna. La teologia come “pronto soccorso” non basta più. Non si può continuare a mettere cerotti ma occorre interrogarsi sulle cause generatrici dei problemi. Il primo a dirlo è stato papa Giovanni Paolo II, nel 1987, nell’enciclica Sollicitudo rei socialis, dove scrive che dobbiamo noi cristiani e cattolici impegnarci a sradicare e modificare le “strutture di peccato”. Ciò significa cambiare il paradigma economico secondo cui ciascuno pensa a se stesso e non semplicemente cercare di aggiustare le cose che non vanno con azioni che non sono risolutive. Occorre andare alle radici dei problemi e dire anche a livello teologico che bisogna agire su quelle cause».


 Icona di Santa Sofia e le sue tre figlie: Fede, Speranza e Carità


La speranza, posta al centro di quest’anno giubilare, che ruolo gioca nei contesti economici?

«La speranza, secondo Charles Péguy, è la “virtù bambina”, che trascina per mano le due sorelle, la fede e la carità. Ravvivare la speranza è fondamentale. Oggi però dobbiamo parlare di una nuova speranza, declinata sui fini e non sui mezzi, come era invece la “vecchia speranza”. La speranza va interpretata come la virtù che ci permette di capire qual è il fine ultimo verso il quale noi vogliamo tendere e per raggiungere il quale siamo disposti a mettere in gioco le nostre abilità, i nostri sforzi, le nostre intelligenze. Il punto in questione è che la libertà possiede tre dimensioni: libertà da, libertà di e libertà per. La libertà per uno scopo ultimo è la speranza. Dare a tutti, ma soprattutto ai giovani, il senso del proprio vivere è un modo per restituire speranza. Quando una persona sa che ciò che fa è finalizzato a un determinato fine riacquista la speranza e quindi la forza per trascinarsi dietro la fede e la carità».

Paola Zampieri

domenica 30 novembre 2025

LE ULTIME REALTÀ [I “NOVISSIMI”] 6 – IL “MENZOGNERO" quinta conferenza di Padre CLAUDIO TRUZZI OCD

 Ary Scheffer - The Temptation of Christ (1854)

Come riporta il testo sottostante il tentatore non ha corpo e quindi i pittori lo dipingono 

a modo loro

LE ULTIME REALTÀ [I “NOVISSIMI”]

6 – IL “MENZOGNERO"

PERCHÈ SI PARLA TANTO DEL DIAVOLO?

«Capita di vedere in televisione programmi e film che trattano di possessioni diaboliche, di esorcismi e di altre cose simili. Cosa c’è di vero in queste storie di possessioni e di esorcismi? Perché se ne parla tanto? Esiste davvero il diavolo? Come è fatto? Si può riconoscere la sua presenza? E come possiamo difenderci? C’è stata anche una discussione con amici, ed ognuno diceva la sua: chi ci credeva, chi ci rideva sopra....».

* Chi poteva immaginare, vent’anni fa, che, all’epoca del trionfo del computer, il diavolo avrebbe conquistato le prime pagine del giornale, gli schermi della TV, e le sale cinematografiche..., ed essere oggetto di dibattiti! Insomma, diventare alla moda!

Perché se ne parla tanto? L’attuale esagerato interesse per il diavolo (e spiriti e altre cose simili) è, probabilmente, una reazione agli anni precedenti, quando, per l’illusione che la scienza e la tecnica potessero spiegare tutto, era praticamente proibito parlare di realtà spirituali (“roba da Medioevo”!).

In questi ultimissimi anni, però s’è iniziato a riflettere: «Soldi e cibo, vestiti, non mancano; tempo e possibilità di divertirsi non mancano...; si può “fare quello che si vuole” ... Si potrebbe essere felici e fare tanto bene, ed invece sembra che la cattiveria aumenti. Di chi è la colpa? Tutta dell’uomo? Ma può essere l’uomo così cattivo, tanto malvagio, come appare da tante cronache? Non c’è forse “qualcuno” o “qualcosa” che lo spinge ad agire così, contro il suo stesso bene?...».

È l’eterno problema del male che, buttato fuori dalla porta, rientra dalla finestra. Ed ecco il diavolo!

Che dire di tale interesse verso il diavolo? È un segnale che la gente sta superando l'orizzonte degli interessi materiali: mangiare, arricchirsi, divertirsi? Non sempre è così. Spesso simile curiosità quasi morbosa intorno al diavolo è il tentativo meschino di gente annoiata e vuota, di procurarsi sensazioni forti. Una prova? Se a parlare del diavolo – in modo serio! – è il Papa, tutti si ribellano ed i soliti “esperti televisivi”, ci ridono su, sproloquiando di “oscurantismo”, di “roba sorpassata”, “scusa per non assumersi le proprie responsabilità” ...; e chi più ne ha, più ne mette.

Perché simile reazione? Elementare: il Papa parla del diavolo in modo scomodo, dal momento che ci invita a contrastarlo: cambiando vita, rinunciando all’egoismo, alla violenza, all’ingiustizia. Perché...ci tocca nel vivo! Se invece a trattarne sono registi, giornalisti, “esperti” (o “maghi”!) – con abbondante contorno di fatti raccapriccianti e sensazionali –, allora tutti rizzano le orecchie e fanno le ore piccole per vedere come va a finire l’”interessantissima” trasmissione. Come non nutrire il sospetto che questi stuzzichino la curiosità sul diavolo per fare soldi e spettacolo? – Beh, allora facciamoci anche noi delle domande, ma seriamente

► TANTE DOMANDE SUL DIAVOLO

«Si parla molto del diavolo sui quotidiani di ogni corrente, dopo che ne ha parlato il Papa in alcune udienze del mercoledì. Ma in sintesi, qual è il pensiero della Chiesa?». N.N.- Emilia

– «Come si spiega che questo angelo intelligentissimo – che ha vissuto gomito a gomito con Dio e, quindi, ne ha conosciuto tutta la bellezza – abbia potuto ribellarsi a Lui e fissarsi per sempre nel male?».

«Mi rendo conto che in tempi di scetticismo e di confusione di idee, come quelli in cui viviamo, è importante par-lare in maniera chiara ed esplicita del diavolo. A volte, però, si finisce per illustrarlo in un modo che suscita nei lettori paura, senso di scoraggiamento e di impotenza». D.O - Toscana

Dalle testimonianze del Nuovo Testamento e soprattutto dagli atteggiamenti e da certe dichiarazioni molto importanti di Gesù (Mt. 6-13; Mt. 12, 25-26, 28; Mt. 13, 19; Mt. 13, 38-39; Lc. 4, 3; Lc. 22, 31; Gv. 8, 44; Gv. 12,31; Gv. 14, 30; Gv. 16, lI, ecc.;), la fede della Chiesa ha ricavato la propria dottrina, una dottrina lineare e sobria, che si potrebbe riassumere in questi punti. [Cfr. Catechismo, II. La caduta degli angeli (n. 391-395]

a – Il diavolo non è un concetto astratto, non è una personificazione fantastica del male, ma è una realtà concreta, una persona, o meglio un insieme di persone ben definite. È una creatura di Dio, quindi originariamente buona. È uno “spirito puro”, dotato di capacità molto superiori alle nostre, ma si è irrimediabilmente pervertito in conseguenza del suo essersi ribellato a Dio.

b – È diventato così l'antagonista di Dio, che s’oppone in tutti i modi al suo regno, tentando soprattutto gli uomini al male. La tentazione è una suggestione che egli esercita sulle facoltà superiori dell'uomo; di fronte ad essa, però, l'uomo conserva intatta la propria libertà e responsabilità.

c – In certi casi rarissimi – che devono essere scientificamente accertati –, per permissione di Dio può disturbare anche il corpo dell'uomo con malattie e danni di vario genere. Noi ignoriamo per quale motivo Dio permetta questo; probabilmente affinché ci rendiamo conto che il diavolo c'è e per farci meglio apprezzare il dono della redenzione operata da Cristo.

d – Cristo, infatti, ha vinto il diavolo. Con la grazia... ci pone in grado di resistere a tutte le seduzioni del demonio e ci immunizza contro i suoi attacchi. Ogni motivo di panico o di pessimismo per il cristiano resta perciò escluso. È sulla base di tali punti fermi che dobbiamo cercare di rispondere alle domande poste.

1 – La prima riguarda la sua ribellione a Dio e fissazione nel male.

Rispondere a tale domanda è molto difficile, perché ci troviamo di fronte ad esseri dotati di una psicologia assai diversa dalla nostra.

Volendo spiegare il “peccato degli angeli”, per forza di cose dobbiamo supporre una prova che essi non hanno saputo superare. In che cosa sia consistita tale prova, esattamente, non lo conosciamo. La prova, comunque, comporta sempre una difficoltà cui viene sottoposta la fedeltà della creatura; la quale, essendo libera, conserva sempre la possibilità di dire di “no” al suo Creatore. Si può aggiungere che, come per ogni peccato, anche alla radice del peccato degli angeli c'è la superbia e la conseguente pretesa dell'emancipazione da Dio. Ci può aiutare, poi, un principio che, in proporzione, vale anche per noi. Ogni azione, ogni scelta che noi facciamo, orienta la nostra volontà e la fissa sempre più in quella determinata direzione.

D'altra parte, l'amore e la luce che ci sono offerti da Dio, possono trasformarsi in tenebra e in ribellione contro di Lui, se noi li respingiamo. Quello che in noi – creature limitate – può accadere attraverso una catena più o meno prolungata di azioni, negli angeli ribelli sarebbe avvenuto con un atto solo.

2 – L'altra domanda riguarda il posto che la realtà del diavolo occupa nel quadro della rivelazione e il peso, l'importanza pratica che essa ha per la vita del cristiano.

Ebbene, il diavolo vi occupa un posto periferico. Egli non può ostacolare il piano divino della salvezza; perciò, non dev’essere sopravvalutato. Tuttavia, egli vi svolge una forte azione di disturbo e quindi, non si può non tenerne conto. In proposito:

a/ La realtà del diavolo ci aiuta a capire meglio certi aspetti del male. Pensando appunto a certe proporzioni gigantesche, sconcertanti e paurose del male nella nostra storia, Papa Paolo VI si sentiva indotto ad affermare: “Il male non è più soltanto una deficienza, ma anche una efficienza, un essere vivo, spirituale, pervertito e pervertitore" (Paolo VI, udienza del mercoledì, 15 novembre 1972).

b/ Il peccato degli angeli ci aiuta pure a capire meglio il nostro peccato e la nostra responsabilità. Il peccato, questo rifiuto che noi opponiamo alla volontà di Dio, non è un semplice passo sbagliato, un punto nero della nostra vita, ma ha il potere di operare una vera involuzione nella nostra mente e nella nostra volontà. "I nostri atti ci seguono". Gesù afferma: «Chi opera il peccato diventa schiavo del peccato» (Gv. 8, 34), nel senso che, se non ci riprendiamo, diventerà sempre più difficile dire di sì alla luce e all'amore di Dio. Di qui la raccomandazione che egli ci rivolge di educare la nostra mente e il nostro cuore alla scelta di Dio mediante la preghiera e cercando di vivere la sua parola.

c/ Infine, il fatto di sapere che dietro la tentazione o dietro l'esplosione collettiva del male può nascondersi la realtà del diavolo, ci rende più vigilanti («Pregate e vegliate. Lo spirito è forte, ma la carne è debole» Mt. 26, 41; 1 Pt5, 8) e ci spinge, a valorizzare maggiormente il grande dono della redenzione.

In effetti, è questo che sta al centro dell'annuncio evangelico: l'amore sconfinato di Dio per noi, la persona e l'opera di Gesù, la sua parola, la sua grazia, la sua presenza nella Chiesa, con i mezzi incalcolabili di salvezza che attraverso di essa ci offre, Il cristianesimo, quindi, non può essere la religione dell'angoscia o della paura, ma della pace, della gioia e dell'amore che scaccia ogni timore (1 Gv 4,18).

Dio s'è totalmente schierato dalla nostra parte e «se Dio è per noi, chi potrà mettersi contro di noi?». (Rom. 8,31).

Esorcisti e Stregoni

«... Dopo la visita del santo Padre al Santuario di S. Michele, ove ha ripetuto la preghiera che un tempo si diceva alla fine d’ogni Messa, qualche giornale ha scritto che il diavolo torna a fare notizia. Io mi sono rivolto al mio parroco; l’ho trovato diffidente, quasi incredulo, su questa materia; in realtà mi pare poco preparato. Una mia amica, dopo la vana ricerca d’un esorcista (nella nostra archidiocesi di Modena non ce n'è nessuno), si è rivolta ai gruppi di Rinnovamento, affinché almeno quelli preghino per la liberazione. Ha fatto bene?».

Tutta la Bibbia ci parla di angeli e di demoni; Cristo venne appunto per sconfiggere il regno di satana; vari episodi del vangelo si riferiscono alla cacciata di demoni che avevano preso possesso di persone. Identico potere Gesù diede agli apostoli: il libro degli Atti degli Apostoli ci mostra episodi analoghi a quelli evangelici, e tutta la storia della Chiesa ci offre testimonianze in tal senso.

Perché oggi non si crede al demonio, e anche dei sacerdoti fanno discorsi che denotano una quasi incredulità?

Non esito a rilevare come lo spirito razionalistico abbia, oggi, influenzato pure uomini di Chiesa, al punto da indurre a pensare che non credano più se non a ciò che si tocca o si dimostra [come si ama ripetere] “scientificamente” ... Ma poi avviene che, spesso, si assumano atteggiamenti contraddittori. Ad esempio, un vescovo mi confidava la fatica che aveva fatto per trovare un sacerdote che accettasse la facoltà di esorcista: proprio coloro che sembravano i più increduli circa l'esistenza del demonio, di fronte alla richiesta di diventare esorcisti, si rifiutavano con “paura”, quasi che si sentissero arrivare tutti i diavoli in corpo. Ci teniamo subito a precisare un fatto: il demonio c'è e col demonio non si viene a patti. Egli esiste, e tutto il male che può fare, lo compie. Sbagliano coloro che s’illudono di essere lasciati in pace dal demonio, se loro “lasciano in pace” lui! Lo dico perché più volte ho sentito anch'io errori di questo genere: sacerdoti che rifiutavano la facoltà di esorcista per timore di “rappresaglie”, come se fosse possibile un ragionamento più o meno di questo tipo: «Io lo lascio in pace, così lui non ha motivo per procurarmi fastidi».

È sbagliato. Col demonio non si può scendere a patti; si può e si deve solo combatterlo, in noi e negli altri. Quando un sacerdote amministra il sacramento della confessione, fa molta più rabbia al demonio di quella che gli può fare un esorcista. E, a mio parere, ne fa ancor di più quando predica la Parola di Dio, che genera o alimenta la fede.

• I frutti velenosi dell’ignoranza

Il nostro mondo culturale ha relegato l'esistenza del demonio al regno della fantasia, delle favole, della puerilità. E quali ne sono state le conseguenze?

– La conseguenza più disastrosa è stata quella di non avere più combattuto contro Satana, illudendosi che bastasse negarne l'esistenza per farlo sparire. Non combattendolo, la nostra società, ne è diventata succube.

– Perciò, con la negazione del demonio, ha negato pure il peccato; ed è diventata schiava delle tentazioni più aberranti; illudendosi così di liberarsi da falsi “tabù”. essa è giunta persino alla legalizzazione di delitti e di stati peccaminosi. Però gli scritti degli apostoli (Pietro, Paolo, Giacomo), ci esortano, invece, alla lotta contro satana.

– Ma la conseguenza più dannosa è stata un'altra: la perdita della fede. È sempre così. L'apostolo Giovanni l’immortala una frase tagliente: «La Luce è venuta nel mondo, ma gli uomini non l’hanno accolta» (Gv. 1,5).


• Satana teologo e poeta

Si sa che il demonio è «padre della menzogna»; ma qualche volta è stato costretto fagli “sputare” la verità. – Un giorno il bresciano don Faustino Negrini (deceduto da alcuni decenni) gli chiese, mentre faceva un esorcismo, perché avesse tanto terrore della Vergine Maria. Rispose, suo malgrado: «Perché lei è la creatura più umile, io sono il più superbo; è la più ubbidiente, io sono il più ribelle; è la più pura, io sono il più sozzo”. E più volte confessò che il Rosario lo annienta.

– Nel 1823 ad Ariano Irpino (Avellino) due celebri predicatori domenicani (P. Cassiti e P. Pignataro) furono invitati ad esorcizzare un ragazzo. Allora si discuteva ancora tra i teologi sulla Immacolata Concezione, che fu proclamata dogma di fede 31 anni dopo, nel 1854. Ebbene, i due frati imposero al demonio di dimostrare che Maria era Immacolata, e gli ingiunsero di farlo mediante un sonetto [poesia di 14 versi endecasillabi a rima obbligata]. Si noti che l'indemoniato era un fanciullo di 12 anni ed analfabeta. Immediatamente Satana recitò questi versi, come se fosse la Madonna a parlare:

Vera Madre son io d'un Dio ch'è Figlio

e son Figlia di Lui, benché sua Madre.

Ab aeterno nacqu'Egli, ed è mio Figlio,

in tempo io nacqui e pur gli sono Madre.

Egli è il mio Creator ed è mio Figlio;

son io sua creatura e Gli son Madre:

fu prodigio divin l'esser mio Figlio

un Dio eterno, e me d'aver per Madre.

L'esser, quasi è comun fra Madre e Figlio

perché l'esser dal Figlio ebbe la Madre

e l'esser della Madre ebbe anche il Figlio.

Or, se l'esser dal Figlio ebbe la Madre,

s'ha da dir che fu macchiato il Figlio,

o senza macchia s'ha da dir la Madre.

Quando Pio IX proclamò il dogma dell'Immacolata, ci fu chi gli fece leggere questo sonetto; il Papa rimase commosso per i versi così teologicamente esatti; scritti da un simile “poeta”!

Ma, quindi, il diavolo esiste? La Bibbia non ammette dubbi: il diavolo c’è, ed è potente.

Si può, tuttavia, dimostrare la sua esistenza con la ragione? No.

Il diavolo, come Dio, è una realtà che non può essere dimostrata con il metro, la bilancia e il microscopio, perché è un essere spirituale. Si tratta di realtà su cui anche la scienza più evoluta non potrà mai esercitare un controllo, essendo essa al di là delle capacità umane. In questo campo il maggior aiuto ci viene dalla Parola di Dio; vi troviamo la spiegazione di fatti e situazioni reali, ma le cui cause sfuggono alla nostra esperienza immediata. Ne vediamo però le conseguenze; basti pensare a certe forme di malvagità, di mali voluti e provocati, che non trovano una spiegazione umana. Il diavolo è “persona”, ma non come lo siamo noi: è una forza, è una potenza intelligente. È un veleno, intelligente, che s’insinua nelle menti e nei cuori per contrastare gli spazi di quel Dio che egli ha rifiutato.

Santa Teresa d’Avila, che di demoni se ne intendeva, lo descrive come la “Menzogna”.

Ma allora, tutte quelle illustrazioni che si vedono del diavolo, sono fantasie?

Si, sono fantasie! Non sappiamo, e non possiamo sapere come lui è fatto – così come non sappiamo come sono “fatti” Dio, o gli angeli..., o la mia stessa intelligenza [so di averla, ma immateriale com’è, non posso descriverla, né “pitturarla”!].
Quelle rappresentazioni fiabesche, scaturite non dalla Bibbia ma dalla fantasia popolare, sono dannose, perché ci portano fuori strada.
► Egli opera nel Mondo – «Devi saperlo: Satana c’è».
- «Mi hanno colpito due fatti recenti: la conoscenza di una giovane cui da tempo stanno facendo gli esorcismi, e la risposta attribuita alla Madonna, in Jugoslavia, secondo cui Satana ha ottenuto da Dio un particolare potere sul nostro secolo. Ma come sono possibili queste cose, se il demonio è all'inferno?». N. Bergamo

La frase attribuita alla Madonna è questa: «Scusami se l'ho permesso, ma devi saperlo: Satana c'è!». L'espressione è stata riferita da una delle veggenti di Medjugorje, dopo aver vissuto un'esperienza terrificante della presenza diabolica.
Non c'è dubbio che tutta la Bibbia ce ne testimonia la presenza e ci esorta a contrastarla. Come?

– Paolo, scrivendo ai cristiani di Efeso, li esorta a combattere contro le ingegnose macchinazioni del diavolo con le “armi divine”, perché i mezzi umani non bastano. Infatti, «non lottiamo contro una natura umana mortale, ma contro i principi, contro le potenze, contro i dominatori di questo mondo oscuro, contro gli spiriti maligni delle regioni celesti» (Ef 6,12). Però
– Dio ci dà il potere di vincere; lo assicura s. Giacomo: «Resistete al diavolo ed egli fuggirà da voi» (Gc 4,7).
– Ma si richiede una continua vigilanza, come ammonisce s. Pietro: «Il vostro nemico, il diavolo, come leone ruggente va in giro, cercando chi divorare. Resistetegli saldi nella fede» (lPt 5,8-9).
• Sui poteri di Satana, sappiamo dalla Bibbia che egli agisce nel mondo. Certo, non potrebbe fare nulla se Dio non glielo permettesse, per motivi che Egli solo conosce, ma certo è Satana, che è pur sempre una creatura di Dio. Nel Vangelo troviamo frequenti dialoghi tra Cristo e Satana: sia diretti (nelle Tentazioni di Gesù), sia tramite indemoniati. Sappiamo anche di una richiesta cui il Signore acconsente (Mc 5,13).
• Fino a quando durerà il potere di Satana? Fino all'instaurazione del regno escatologico: «Ora si è attuata la salvezza... È stato precipitato l'accusatore dei nostri fratelli, colui che li accusava davanti a Dio, giorno e notte» (Ap 12,10). L'espressione è forte. Il demonio non è così lontano da Dio da non poterci accusare, e non è così lontano da noi da consentirci di ignorarlo o di negarne l'esistenza.
• Ci sono pure i casi di possessione diabolica, da cui talvolta è difficile liberarsi. Lo illustra l'episodio evangelico dell'ossesso che resiste ai tentativi degli apostoli. Gesù ne approfitta per fornire una grande lezione: «Questo genere di demoni non si scaccia se non con la preghiera e il digiuno»
(Mt 17,21).
Riguardo a tali casi di possessione diabolica teniamo ben presente che essi non implicano nessun giudizio morale sulla persona che ne è vittima: essi possono essere una forma particolare di sofferenza che Dio permette anche ad anime elette. Tutt'altra è invece la condizione di coloro che assecondano le seduzioni di Satana e ne diventano quasi “figli”. Su Giuda è scritta una frase tremenda: «Satana entrò in lui» (Gv 13,27). Si ha l'impressione d’un uomo che, per aver assecondato continuamente il Tentatore, ne diventa pienamente schiavo.
• Che il nostro secolo sia sotto un particolare influsso (ossia “assalto”) del demonio, può essere dedotto dall'estensione assunta dall'ateismo e dal materialismo, dalla perdita progressiva dei valori umani e religiosi più profondi: rispetto della vita, della famiglia, della dignità umana.
• E constatiamo pure l'insufficienza dei mezzi terreni contro tali nefasti influssi.
Afferma il celebre esorcista Gabriele Amorth, basandosi sulla sua esperienza: «Si può uscire da questo tunnel della morte soltanto con un sincero ritorno a Dio: preghiera, digiuno, conversione, sacramenti. Occorrono, ossia le “armi dello Spirito”.
E occorre l'aiuto di Maria, colei che, fin dall'inizio, è stata profetizzata come la nemica di Satana, a cui schiaccia il capo («Ed io porrò ostilità fra te e la donna e tra il lignaggio tuo ed il lignaggio di lei: esso ti schiaccerà la testa e tu lo assalirai al tallone» – Genesi, 3. 15

I VESTITI NUOVI DELL'IMPERATORE di Padre MAURO ARMANINO

I vestiti nuovi dell’imperatore
I personaggi della nota fiaba del danese Hans Christian Andersen sono ancora di attualità. L’imperatore vanitoso e narcisista che cura la messa in scena dell’apparenza. Due imbroglioni che si fingono provetti sarti e sfruttano la vanità del re e lo illudono con meravigliosi abiti inesistenti. I suoi ministri e i cortigiani non osano, per timore, riconoscere la realtà per denunciare l’artistico misfatto dei sarti. Mentre passa il corteo dell’imperatore e il popolo che applaude, c’è un bimbo che nota la realtà e, solo, svela la nudità del re. A questo punto anche la gente osa deridere lo spettacolo di un re svestito.  Quest’ultimo continua, senza alcun abito e malgrado tutto, il corteo regale annunciato.

Gli imperi nascono, vivono e prosperano solo tramite imbrogli, illusioni, armi e immaginari a buon mercato di promesse non mantenute. Chi ne favorisce la creazione e la continuità non è altro che la vanità e dunque l’illusione di onnipotenza che ne consegue. Il delirio di potere abbisogna di rivestirsi di abiti e uniformi.  Conta infatti apparire ad ogni costo per coprire il vuoto che lo pedina. Il potere diventa fine a se stesso e si confonde coi mezzi per ottenerlo e gestirlo. Il vuoto si arma, concepisce guerre, semina discordie, provoca divisioni, assolutizza le nazioni e si vuole predatore di alterità. Gli imperi nascono dalla vanità e l’arroganza che si trasforma in religione di stato.
Gli imperi non mancano mai di faccendieri che seducono, promettono e che, con le lusinghe e le menzogne, rendono possibili e fattibili gli scopi e le follie mortali dei principi, dei re e dei militari al potere. Vendono illusioni, fingono di assecondare le vanità e i misfatti dei potenti mentre non fanno che renderli ancora più menzogneri e codardi. Contribuiscono a creare una realtà inesistente e funzionale al delirio di potere che si trasforma in un idolo necrofilo. Sono mercanti che si arricchiscono vendendo il nulla di cui si nutre il potere. Il loro mercimonio funziona perché il re e i poteri che li rappresenta si circonda di ministri e cortigiani che lo assecondano per connivenza.
La viltà, la convenienza, la speranza di trarne dei benefici o una possibile promozione spinge parenti, amici, intellettuali, poeti, religiosi e artisti a confezionare la stessa finzione della realtà. Il re non ha nessun abito, il potere si mostra com’è, fragile, ridicolo, cieco e spietato allo stesso tempo. Nessuno osa dirlo e allora la realtà e il reale si allontanano l’uno dall’altro definitivamente. Tra l’accadimento e il racconto di questo si inserisce la menzogna che è il tradimento del fatto. L’onestà delle parole è travisata e rivenduta al miglior acquirente dello spettacolo col quale si confisca la realtà. Il re, i sarti e i cortigiani non sono altro che attori comici e consumati nel dramma che si chiama impero.
Il corteo potrebbe chiudersi nella banalità dell’effimera gloria delle parate militari e dei matrimoni tra principi se non ci fosse stati lui, il bambino. Nella favola di Andersen tra tutti i presenti, spettatori compresi, sarà solo un bimbo che, scevro da calcoli opportunistici e compiacenti, grida la nudità del re! Non è casuale che, per l’autore danese, la verità sia detta da un bambino, simbolo dell’inedita novità che la vita gli offre come privilegio in occhi non colonizzati dalla menzogna. Il potere del re, dei principi, dei generali e degli imprenditori religiosi che ne confiscano l’esercizio sono senza abiti, ridicoli, buffi e vulnerabili. Pagliacci di un circo che continua ad attirare gli ignavi spettatori paganti.
Proprio un bimbo che riconosce e grida la verità dell’inganno può offrire a tutti, poteri compresi, la possibilità di redimersi. Forse è anche per questo che, non casualmente, in Occidente i bambini sono osteggiati, evitati e, spesso, percepiti come una minaccia. Eppure, solo un bimbo ci salverà.


Bambino Gesù della Melograna di  Sandro Botticelli  



     Mauro Armanino, Padova, fine novembre 2025
                                                                        

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