AFORISMA

Meglio aggiungere vita ai giorni, che non giorni alla vita
(Rita Levi Montalcini)

Nostra Signora del Carmelo

Nostra Signora del Carmelo
colei che ci ha donato lo scapolare

domenica 14 dicembre 2025

LE ULTIME REALTÀ [I “NOVISSIMI”] - Ottava conferenza di Padre CLAUDIO TRUZZI OCD


LE ULTIME REALTÀ [I “NOVISSIMI”]
8 – I “CIELI” e “TERRA NUOVA”

□ – Il CIELO, non è un luogo fisico ma un’immagine della gloria che ci attende
«Assieme a miei amici ci siamo chiesti che cosa significhi “Maria assunta in cielo”, dal momento che il cielo non è un luogo... E ancora, che cosa vuol dire l'espressione: «Gesù salì al cielo». 
Vorremmo perciò che ci spiegasse queste frasi ricorrenti nella Bibbia».
Spontaneamente e da sempre l'uomo ha considerato il cielo come l'area divina: non è forse sopra il nostro orizzonte ed a noi inaccessibile? Proprio per questo si costruivano sui monti i santuari: per mostrare la meta verso cui si dirige la fede, cioè l'infinito di Dio. Il sogno del patriarca Giacobbe, che ebbe luogo ove sarebbe sorto il santuario di Betel [in ebraico "casa di Dio"], è significativo: «Una scala poggiava sulla terra, mentre la sua cima raggiungeva il cielo e gli angeli di Dio salivano e scendevano su di essa» (Genesi 28,12).
•    La meta dell'umanità – È quasi l'osservatorio da cui Dio «si china a guardare l'umanità per vedere se esista almeno un saggio, uno che cerchi Dio» (Sal. 14,2). L’Incarnazione stessa del Figlio di Dio è rappresentata come un viaggio di andata e ritorno cielo-terra-cielo. Cristo diventa "il pane disceso dal cielo" per offrire all'umanità la vita eterna, e, poi “ritorna” al cielo nella gloria pasquale: «Nessuno è asceso al cielo se non colui che è disceso dal cielo» fa notare Gesù a Nicodemo (Gv. 3,13). Anzi, Gesù raffigura la meta dell'intera storia umana come "il Regno dei cieli", invitando a pregare così: «Padre nostro che sei nei cieli...». 
S’intuisce, allora, il significato delle due rappresentazioni teologiche dell'ascensione di Gesù risorto e dell'assunzione di Maria. Esse sono anticipate dall'esperienza di Elia profeta, rapito al cielo in un cocchio di fuoco (2Re 2, 1-18), e tale ascesa diventa immagine del destino dei giusti che, dopo la morte, sono condotti tra le braccia di Dio, come canterà il Salmo: «Tu non abbandonerai la mia vita nel sepolcro, né lascerai che il tuo santo veda la corruzione. M’indicherai il sentiero della vita, gioia piena nella tua presenza, dolcezza senza fine alla tua destra» (Sal 16, vv. 10-11).
Tali parole le Pietro applicherà alla risurrezione di Cristo (Atti 2, 24-28); risurrezione che spesso Giovanni e Paolo raffigurano come un “innalzamento" verso l'alto, una "esaltazione" celeste. Il significato dell'Ascensione – descritta da Luca, nel Vangelo (24,51) e negli Atti degli Apostoli (1,9) – è allora chiaro: sotto l'immagine dell’“innalzamento” dalla terra al cielo s’intende la realtà profonda della Pasqua del Signore. 
L'ascensione-assunzione è, quindi, l'indicazione della meta ultima di Cristo, ma pure di tutti i giusti. Il "cielo", perciò, è un segno di grande rilievo, purché sia spogliato da interpretazioni "astro-nautiche" o troppo letterali [come oggi le concepiamo] riportato al suo valore religioso e "pasquale".  
□ – COME RISORGEREMO? 
«Io risorgerò; ma con la faccia rifatta secondo un certo "maquillage" spirituale? Non è feticistica la faccenda? Eppure, il corpo risorgerà. Allora: con Cristo che cosa tornerà in vita di noi? Qualcuno forse, come me si chiederà: «Ma come risuscitano i morti? Quale aspetto avranno?"».        
La domanda è di grande interesse, poiché tocca un punto centrale della fede cristiana; d’altra parte, è una questione difficile. Si tratta di una dimensione completamente nuova dell'esistenza. Sarà la nostra un giorno. Naturale quindi che vengano formulate domande “sul corpo della risurrezione”
Dopo tutto Gesù Cristo è il Precursore di tutti noi. È stato risuscitato, e tutti noi saremo risuscitati, con corpi come il suo, un giorno. Egli è una realtà sconcertante. Pensiamo alle apparizioni “post-risurrezione”. «Toccatemi e verificate – Gesù fece notare ai discepoli – Un fantasma non ha carne ed ossa come me».   Si tratta di una dimensione completamente nuova dell'esistenza. Sarà la nostra, un giorno.           
Come possiamo essere certi che avverrà una cosa simile?  
La nostra certezza si fonda su Gesù Cristo: «Io sono la risurrezione e la vita», disse a Marta: «Chi crede in me, anche se muore, vivrà; anzi, chi vive e crede in me non morirà mai». È una promessa non meno meravigliosa di un'altra ripe¬tuta ben quattro volte: la promessa che Cristo risusciterà tutti coloro che saranno suoi nell'ultimo giorno.          
Può, tuttavia, quella dimensione dell'esistenza essere meno reale, meno appagante di quella che sperimentiamo adesso?
No, certo. Sarà una vita potenziata oltre le nostre possibilità di comprensione. Il meglio, ciò che di gran lunga è il meglio, deve ancora venire!  
Come saranno i corpi risorti?  
Come il corpo glorioso di Gesù. Saranno quindi riconoscibili (come lo era quello di Gesù) ma con poteri insoliti.  
Attenzione, però: il corpo di Cristo, per quanto spirituale, era sempre capace di stare sulla terra. È immaginabile che ci sia una differenza tra il corpo che i suoi discepoli videro dopo la risurrezione e il nostro corpo glorificato di Cristo in Paradiso. 
[Noi, tuttavia, non sappiamo se simile differenza fra Cristo e noi esista realmente]. 
Quindi gli eventi ultimi includono come un elemento essenziale: la risurrezione. Il corpo risorgerà, ma anche qui è necessaria la prudenza riguardo al "come". In noi tornerà in vita, con Cristo, tutto quello che siamo. Tutto il nostro essere sarà pieno di Cristo e del suo Spirito. 
Proprio per rispondere a simili domande san Paolo scriveva ai cristiani di Corinto: «Si semina corruttibile e risorge incorruttibile; si semina ignobile e risorge glorioso, si semina debole e risorge pieno di forza; si semina un corpo animale, risorge un corpo spirituale» (I Cor. 15, 42-49). 
Paolo non ci illustra direttamente come saremo. Sottolinea, però con chiarezza che sparirà tutto ciò che in noi è debolezza e corruttibilità per essere simili al Signore risorto. Infatti, la vita che noi speriamo non è altro che la comunione con Gesù, «il quale trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso» (FiI 3,21).            
Il nostro corpo risuscitato sarà simile al nostro corpo terreno?  Sarà simile al nostro corpo terrestre – con vera continuità, ma con un'importante differenza: sarà un corpo perfetto, glorioso, come quello di Gesù; non ci saranno processi di decadenza o invecchiamento. Sarà – con san Paolo – un "corpo spirituale". 
“Corpo–spirituale”: a noi sembra una contraddizione di termini. Ma allorché inizierà il nuovo ordine, i corpi che saranno dati ai seguaci di Cristo saranno “adatti” alla “nuova” dimensione. 
Gesù affermò: «Dove sono io potete essere anche voi». È la presenza glorificata del Signore che dominerà la prossima vita. La Bibbia non scende ai particolari. Ciò che vale è la meravigliosa prospettiva indicata da questi versetti della Bibbia: «Quel che nessuno ha mai visto e udito, quel che nessuno ha mai immaginato, Dio lo ha preparato per quelli che lo amano».        
 ♦   La risurrezione è più che una lontana speranza.                 
La vita della risurrezione inizia nel momento in cui si accetta Cristo come Salvatore. Noi siamo già “risuscitati con Cristo”. La nuova vita con Lui è già realtà, grazie alla fede ricevuta nel Battesimo.         
– Viviamo, già, un’“altitudine diversa”. Possiamo anche vivere in un quartiere-formicaio con enormi palazzi dovunque, ma la nostra vita, rafforzata dalla comunione con Gesù nella preghiera,, ci dà la possibilità di vivere e di sollevarci sopra le pressioni che ci assalgono da ogni lato. "Mirate al Paradiso" – è stato osservato con acutezza – e prenderete anche la terra; se mirate alla terra, non prenderete un bel niente”.
–  Vediamo, già, le cose da una prospettiva diversa. «Pensate alle cose del cielo» – esorta Paolo – e non a quelle della terra».  Ancora: «Perché voi siete già come morti, e la vostra vera vita nascosta con Cristo in Dio».  La prima parte della vita cristiana è un libro chiuso. È morta. Gesù è morto per noi e noi siamo morti con Lui. Ma Lui vive per sempre. I nostri destini sono legati al suo. È il mondo di Dio, durerà per sempre.            
– Guardiamo un orizzonte diverso. «Perché – dice Paolo –, quando Cristo, che la vostra vita, sarà visibile a tutti, allora si vedrà anche la vostra gloria, insieme con la sua». 
□ – RISORGEREMO SÌ, MA QUANDO?
Mi chiedo perché per noi si debba attendere la cosiddetta "fine del mondo". Per ognuno, quando muore, è la fine di tutto. Non è semplicistico pensare ad una messinscena di tutti i miliardi di morti e di quanti verranno? Non va letta diversamente l'Apocalisse?» Merano
♦ “A che ora è la fine del mondo?", si chiedeva Ligabue in una canzone del 1994, dove prevedeva: "Fine del mondo in mondovisione. Diretta da San Pietro per l''occasione".  Ma è da un po’ che il Duemila è iniziato, e Ligabue sbagliò senza dubbio indirizzo. A San Pietro e dintorni nessuno attese la fine del mondo imminente.
Mille anni or sono, al termine del primo millennio dell'era cristiana, l'Europa fu percorsa da un fremito di attesa e di paura: la fine del mondo era imminente?  Molte sono le Sette protestanti che ricorrono a tale tema, e pure i giornali riportano, decenni or sono, le tragiche conclusioni cui erano giunte. 
E ora? Salvando le distanze, oggi non si respira tale atmosfera. Si hanno troppe cose da pensare per credere che stia per capitarci in testa la “fine del mondo”; però è un fatto che, alla luce dei disordini in tutti i campi che colpiscono un po' dovunque e sotto le più svariate forme, c’è chi teme di avvicinarsi.
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– Due sole parole sugli “specialisti della fine del mondo”, che, nel secolo sorso, dopo averlo preannunciato varie volte, con date precise, oggi sembra che si siano po’ calmati, constatando che il mondo continua la sua vita. Intendiamo i Testimoni di Geova, chiamati in causa da una signora: «Caro Padre, qui ogni tanto vengono i Testimoni di Geova e mi raccontano tante cose: che viene la fine del mondo, ... e che risorgeranno tutti i morti...  Io rispondo loro che sono 26 anni che è morto il mio primo marito e non è ancora risorto, 4 anni che è morto il secondo e non è ancora risorto... Nella mia ignoranza dico che risorgerà l'anima, ma il corpo è già, marcito. Questo è giusto?».
  La risposta della signora, purtroppo, non è esatta. Quando noi cattolici parliamo di risurrezione, intendiamo ciò che insegna il Vangelo, quello, cioè, che è successo a Gesù stesso, con tutte le conclusioni tirate da san Paolo. Noi parliamo proprio di “risurrezione dei corpi”, anche se sono “marciti” [come nota la signora], ma non di “risurrezione dell'anima”. E questo perché? Perché l'anima per noi non è mai morta, ma è sempre in vita, perché spirituale. Quindi se è sempre in vita, essa non risorge. Sono invece i corpi che per l'onnipotenza divina risorgeranno, trasformati come quello di Cristo, per la gioia o per la pena eterna.
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Perché parlare ancora della fine del mondo? 
La risposta ci viene suggerita dalla natura sociale e cosmica dell’uomo. 
•  L’uomo è, infatti, un essere corporeo-spirituale, che è parte di questo mondo, anche se d'altra parte lo trascende. Non possiamo dunque pensare ad una pienezza totale dell'uomo che non includa la sua corporeità – e pure il cosmo in cui essa s'inserisce. [L’uomo non ha un ‘anima e un corpo, ma è anima e corpo]. 
•  Può ognuno di noi giungere alla perfezione senza gli altri? Siamo tutti consapevoli della dimensione sociale dell'uomo in tutti gli aspetti dell’esistenza. Tale elemento è anche di grandissima importanza per la nostra fede. Non possiamo dunque pensare che con la nostra morte si giunga alla fine di tutto senza tener conto degli altri, di tutta l'umanità. 
Per ciò, non si tratta, quindi, di una "messinscena" di tutti gli uomini, bensì di una realtà molto profonda: nel mistero della solidarietà di tutti gli uomini in Cristo, nella pienezza della Chiesa, affinché noi, come membri del “Corpo di Cristo”, possiamo partecipare pienamente alla vittoria del Capo. 
Naturalmente, non possiamo "descrivere'' in anticipo la modalità il mondo futuro, oppure ciò che accadrà alla fine dei tempi. Le stesse "descrizioni" degli eventi futuri che si trovano nel Nuovo Testamento (o nell’Apocalisse) non vanno intese in un senso letterale, ma sono modi di esprimere una realtà che supera la nostra capacità di capire e d'immaginare. La Chiesa mantiene con fermezza, e ribadisce, la certezza della risurrezione finale, ma è pure consapevole della propria “ignoranza” sul "come" e sul "quando" degli eventi ultimi (cfr. Concilio, Gaudium et spes, 39).
(E l’Apocalisse stessa non va interpretata come fosse la cronaca di un avvenimento normale). 
•   Per quanto riguarda il “dove si mettono i miliardi di defunti”:
1. Gli esseri “spirituali” – come saremo – non hanno un corpo come il nostro –, che occupa spazio.
2. Se anche fosse così, abbiamo un'idea di quanti miliardi di esseri umani potrebbe “ospitare” anche soltanto il piccolo [astronomicamente] sistema solare?

□ – GIUDIZIO FINALE: FANTASIA E REALTÀ
«Guardando una trasmissione sui restauri michelangioleschi della Cappella Sistina, ho pensato al Giudizio Universale, quello vero. Un prete mi diceva che si può credere che non vi è un distacco di tempo tra la morte del corpo e la sua risurrezione (che molti uniscono alla fine del mondo). Ma che il corpo con l’anima, risorge subito, glorificato, cioè in un'altra dimensione. Il cosiddetto Giudizio Universale sarebbe un simbolo della signoria di Dio, del suo giudizio (nel bene o per il male) per singoli e per l'umanità nel suo insieme. Lei che ne pensa?». P.  Gorizia
Nel libro di Daniele l'ultimo giudizio è descritto così: «Furono disposti dei troni, e un Anziano s’assise. Il suo vestito era candido come neve e come lana pura erano i capelli della sua testa. Il suo trono era di fiamme con le ruote di fuoco ardente. Un fiume di fuoco sgorgava e usciva davanti a lui. Mille migliaia lo servivano e miriadi di miriadi stavano in piedi davanti a lui. La corte si assise, e i libri furono aperti...» (Dan 7,9-10). 
–  La profezia descrive una scena che si può vedere con gli occhi. Ora, la maniera in cui il giudizio si svolgerà, sarà molto diversa dal modo in cui un'udienza di un tribunale umano si effettua, per la semplice ragione che il giudizio di Dio non si ambienta nel mondo materiale, non è accessibile ai nostri sensi. Dio non ha capelli, non ha veste, non è seduto su un trono e non ha bisogno di libro.
[C'è di più. Secondo la Lettera agli Ebrei, è stato stabilito che ognuno deve morire, dopo di che viene il giudizio (Ebr 9,27); ma secondo Giovanni, chi non crede è già giudicato, poiché il giudizio si svolge «ora», nel momento in cui ciascuno deve decidere di stare con Gesù o contro Gesù (Gv 12,31)]. 
Ciò mostra che il giudizio non è da considerarsi neppure come un evento limitato ad un attimo del tempo, con una chiara distribuzione dei diversi ruoli. La scena descritta da Daniele è piuttosto una rappresentazione drammatica, che esprime una realtà descritta in categorie accessibili alla nostra esperienza sensibile.
Che cosa è dunque questa realtà, espressa con la scena del giudizio? 
Mi sembra molto importante che la Scrittura insista che il giudizio sarà fatto «secondo le nostre opere» (cfr. Mt 16,27; Rm 2,6; Apoc 22,12). Il nucleo del discorso sul giudizio è che la nostra vita eterna è determinata dal modo in cui nella vita temporale, sotto l'attrazione della grazia, accettiamo la volontà dl Padre, per opera del Figlio, nell'unione con lo Spirito. San Giovanni afferma: «Quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio! E lo siamo realmente! Carissimi, noi fin d'ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato» (1 Gv 3,1-2). 
 La frase può servire per comprendere la realtà del "giudizio". 
Appena abbiamo ricevuto il dono del perdono, il Padre ci giudica giusti. 
Quando moriremo, sperimenteremo il dono che abbiamo, e sentiremo       il   suo immenso valore: questo sarà il nostro "giudizio particolare". 
Alla fine della storia della salvezza, il possesso e il valore della grazia       in noi (= che noi siamo di Dio e Dio è nostro Padre) saranno manifestati a tutto l'universo, e questo sarà il "giudizio universale". 
E, naturalmente, lo stesso discorso vale per il rifiuto del dono, e l'immenso male che è la mancanza della Vita che abbiamo respinto per il peccato. 
L'autore di questo "giudizio" è il Padre, che ha stabilito che il rapporto con il Cristo crocifisso vissuto sulla terra corrisponda al rapporto che avremo con il Cristo glorioso nell'eternità. Si può dire anche che colui che ci giudica è Cristo, perché il criterio secondo cui saremo destinati alla risurrezione gloriosa o alla risurrezione di sconfitta, sarà il nostro rapporto con Lui, pietra angolare, risurrezione o rovina per tutti (cfr. Lc 2,34). E se proprio vogliamo esprimere struttura organica e ordinata di eventi con mezzi immaginativi, sia pur "umani", quale migliore via potremmo trovare che i grandi affreschi del giudizio, che ornano le nostre chiese? [Z. Alszcghyj].
□ – PARADISO, ANCHE GLI ANIMALI?
«… L'altro giorno è successo una mezza tragedia in famiglia: è morto un cagnolino. Può immaginare le lacrime di mio figlio (sette anni!). Ha voluto che gli scavassimo una piccola fossa in giardino, per averlo sempre vicino... Ad un certo punto mi ha chiesto: «Mamma, anche i cagnolini vanno in paradiso?». Per consolarlo, gli ha risposto di sì, anche se non credo... Ma, com'è la storia?». (S.  Monza)
  Siamo proprio strani! C'è sempre più gente che nega l’esistenza stessa del paradiso, mentre altri ci vogliono mettere i cani e i gatti!
   Ebbene, su questo punto non c’è proprio nulla nella Rivelazione di Dio e quindi nella Chiesa! E, qualunque sia la risposta, si tenga ben presente che non si tratta certo del "paradiso" di cui si parla per gli uomini e che, per gli uomini, ha preparato Dio [Non risulta che Gesù Cristo sia morto per i "peccati" degli animali!].  
•  Ma, in proposito che cosa dicono i teologi?  
Dio ha creato tutte le cose per la sua gloria. Egli non crea mai le cose per distruggerle, ma solo affinché siamo più splendenti nel rispecchiare le sue perfezioni: "Quanto sono grandi, Signore, le tue opere! Tutto hai fatto con saggezza, la terra è piena delle tue creature" (Sal 36, 6).
Ma, allora – ci si potrebbe chiedere – perché Dio non risuscita tutti gli animali, selvatici e domestici, per renderceli presenti in paradiso, così che si possa goderne la compagnia e scoprire più perfezioni divine di quanto abbiamo scoperto negli animali limitati, incontrati sulla terra?  
   Dio può fare senz'altro qualunque cosa. Se il nostro cane o gatto prediletto ci davano una gioia grande, manifestandoci la bontà e la gloria divina, perché Dio non dovrebbe continuare a rivelare la sua bellezza nell’infinità quantità di altri animali, di piante, di stelle, di oceani, di montagne, immersi nella sua bontà e magnificenza, che non abbiamo ancora ammirato?
   Dio ci ha dato il potere su tutte le creature esistenti al di sotto di noi. Perciò in paradiso dovremmo aspettarci di trovare non un ricovero di individui inattivi, ma una continua creatività tra gli esseri umani e il mondo della bellezza divina presente in tutte le creature animate (animali, uccelli, pesci, piante, ecc.), e presente in quelli che noi chiamiamo esseri "inanimati", anche se li vedremo come manifestazione dell'energia vitale di Dio, sempre in movimento verso un unità più grande e più consapevole. 
   I nostri piccoli animali rappresenterebbero le prime fonti della nostra conoscenza celeste e troveremo in loro una traccia di Dio. Gusteremo simile bellezza sempre di più, man mano che matureremmo nella scoperta della bellezza divina presente negli altri animali. Li "addomesticheremmo", imparando a contemplare la straordinaria bellezza di Dio in questa o in quella particolare creatura”. – Questo è quanto.  
  • Ho citato un autore “favorevole” (!) a quel bambino e ai sentimenti di tanti altri umani... 
Personalmente, però, non sono della medesima opinione; ma ognuno è libero di pensarla come meglio crede – sempre tenendo presente le precisazioni fatte sopra e ricordando che non è un articolo di fede! Penso – sullo stile del Vangelo – che ad una simile domanda Gesù avrebbe risposto: «Pensate piuttosto a salvare l'anima vostra, e lasciate ogni altra cosa al Padre mio!». 
P. S. E perché solo gli animali che piacciono, e non anche gli altri? (Discriminazione? E la “par condicio” e l’“inclusione”?). Non credo che Gesù sia venuto in mezzo a noi per salvare l’anima degli animali...
Comunque, lasciamo fare al buon Dio? Lui sa che cosa sia meglio per tutti e per tutto, e stiamo in pace.



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Il Paradiso non può attendere: dobbiamo già cercare il nostro Cielo qui sulla terra! Questo blog tratterà di argomenti spirituali e testimonianze, con uno sguardo rivolto al Carmelo ed ai suoi Santi