AFORISMA

Meglio aggiungere vita ai giorni, che non giorni alla vita
(Rita Levi Montalcini)

Nostra Signora del Carmelo

Nostra Signora del Carmelo
colei che ci ha donato lo scapolare

domenica 30 novembre 2025

LE ULTIME REALTÀ [I “NOVISSIMI”] 6 – IL “MENZOGNERO" quinta conferenza di Padre CLAUDIO TRUZZI OCD

 Ary Scheffer - The Temptation of Christ (1854)

Come riporta il testo sottostante il tentatore non ha corpo e quindi i pittori lo dipingono 

a modo loro

LE ULTIME REALTÀ [I “NOVISSIMI”]

6 – IL “MENZOGNERO"

PERCHÈ SI PARLA TANTO DEL DIAVOLO?

«Capita di vedere in televisione programmi e film che trattano di possessioni diaboliche, di esorcismi e di altre cose simili. Cosa c’è di vero in queste storie di possessioni e di esorcismi? Perché se ne parla tanto? Esiste davvero il diavolo? Come è fatto? Si può riconoscere la sua presenza? E come possiamo difenderci? C’è stata anche una discussione con amici, ed ognuno diceva la sua: chi ci credeva, chi ci rideva sopra....».

* Chi poteva immaginare, vent’anni fa, che, all’epoca del trionfo del computer, il diavolo avrebbe conquistato le prime pagine del giornale, gli schermi della TV, e le sale cinematografiche..., ed essere oggetto di dibattiti! Insomma, diventare alla moda!

Perché se ne parla tanto? L’attuale esagerato interesse per il diavolo (e spiriti e altre cose simili) è, probabilmente, una reazione agli anni precedenti, quando, per l’illusione che la scienza e la tecnica potessero spiegare tutto, era praticamente proibito parlare di realtà spirituali (“roba da Medioevo”!).

In questi ultimissimi anni, però s’è iniziato a riflettere: «Soldi e cibo, vestiti, non mancano; tempo e possibilità di divertirsi non mancano...; si può “fare quello che si vuole” ... Si potrebbe essere felici e fare tanto bene, ed invece sembra che la cattiveria aumenti. Di chi è la colpa? Tutta dell’uomo? Ma può essere l’uomo così cattivo, tanto malvagio, come appare da tante cronache? Non c’è forse “qualcuno” o “qualcosa” che lo spinge ad agire così, contro il suo stesso bene?...».

È l’eterno problema del male che, buttato fuori dalla porta, rientra dalla finestra. Ed ecco il diavolo!

Che dire di tale interesse verso il diavolo? È un segnale che la gente sta superando l'orizzonte degli interessi materiali: mangiare, arricchirsi, divertirsi? Non sempre è così. Spesso simile curiosità quasi morbosa intorno al diavolo è il tentativo meschino di gente annoiata e vuota, di procurarsi sensazioni forti. Una prova? Se a parlare del diavolo – in modo serio! – è il Papa, tutti si ribellano ed i soliti “esperti televisivi”, ci ridono su, sproloquiando di “oscurantismo”, di “roba sorpassata”, “scusa per non assumersi le proprie responsabilità” ...; e chi più ne ha, più ne mette.

Perché simile reazione? Elementare: il Papa parla del diavolo in modo scomodo, dal momento che ci invita a contrastarlo: cambiando vita, rinunciando all’egoismo, alla violenza, all’ingiustizia. Perché...ci tocca nel vivo! Se invece a trattarne sono registi, giornalisti, “esperti” (o “maghi”!) – con abbondante contorno di fatti raccapriccianti e sensazionali –, allora tutti rizzano le orecchie e fanno le ore piccole per vedere come va a finire l’”interessantissima” trasmissione. Come non nutrire il sospetto che questi stuzzichino la curiosità sul diavolo per fare soldi e spettacolo? – Beh, allora facciamoci anche noi delle domande, ma seriamente

► TANTE DOMANDE SUL DIAVOLO

«Si parla molto del diavolo sui quotidiani di ogni corrente, dopo che ne ha parlato il Papa in alcune udienze del mercoledì. Ma in sintesi, qual è il pensiero della Chiesa?». N.N.- Emilia

– «Come si spiega che questo angelo intelligentissimo – che ha vissuto gomito a gomito con Dio e, quindi, ne ha conosciuto tutta la bellezza – abbia potuto ribellarsi a Lui e fissarsi per sempre nel male?».

«Mi rendo conto che in tempi di scetticismo e di confusione di idee, come quelli in cui viviamo, è importante par-lare in maniera chiara ed esplicita del diavolo. A volte, però, si finisce per illustrarlo in un modo che suscita nei lettori paura, senso di scoraggiamento e di impotenza». D.O - Toscana

Dalle testimonianze del Nuovo Testamento e soprattutto dagli atteggiamenti e da certe dichiarazioni molto importanti di Gesù (Mt. 6-13; Mt. 12, 25-26, 28; Mt. 13, 19; Mt. 13, 38-39; Lc. 4, 3; Lc. 22, 31; Gv. 8, 44; Gv. 12,31; Gv. 14, 30; Gv. 16, lI, ecc.;), la fede della Chiesa ha ricavato la propria dottrina, una dottrina lineare e sobria, che si potrebbe riassumere in questi punti. [Cfr. Catechismo, II. La caduta degli angeli (n. 391-395]

a – Il diavolo non è un concetto astratto, non è una personificazione fantastica del male, ma è una realtà concreta, una persona, o meglio un insieme di persone ben definite. È una creatura di Dio, quindi originariamente buona. È uno “spirito puro”, dotato di capacità molto superiori alle nostre, ma si è irrimediabilmente pervertito in conseguenza del suo essersi ribellato a Dio.

b – È diventato così l'antagonista di Dio, che s’oppone in tutti i modi al suo regno, tentando soprattutto gli uomini al male. La tentazione è una suggestione che egli esercita sulle facoltà superiori dell'uomo; di fronte ad essa, però, l'uomo conserva intatta la propria libertà e responsabilità.

c – In certi casi rarissimi – che devono essere scientificamente accertati –, per permissione di Dio può disturbare anche il corpo dell'uomo con malattie e danni di vario genere. Noi ignoriamo per quale motivo Dio permetta questo; probabilmente affinché ci rendiamo conto che il diavolo c'è e per farci meglio apprezzare il dono della redenzione operata da Cristo.

d – Cristo, infatti, ha vinto il diavolo. Con la grazia... ci pone in grado di resistere a tutte le seduzioni del demonio e ci immunizza contro i suoi attacchi. Ogni motivo di panico o di pessimismo per il cristiano resta perciò escluso. È sulla base di tali punti fermi che dobbiamo cercare di rispondere alle domande poste.

1 – La prima riguarda la sua ribellione a Dio e fissazione nel male.

Rispondere a tale domanda è molto difficile, perché ci troviamo di fronte ad esseri dotati di una psicologia assai diversa dalla nostra.

Volendo spiegare il “peccato degli angeli”, per forza di cose dobbiamo supporre una prova che essi non hanno saputo superare. In che cosa sia consistita tale prova, esattamente, non lo conosciamo. La prova, comunque, comporta sempre una difficoltà cui viene sottoposta la fedeltà della creatura; la quale, essendo libera, conserva sempre la possibilità di dire di “no” al suo Creatore. Si può aggiungere che, come per ogni peccato, anche alla radice del peccato degli angeli c'è la superbia e la conseguente pretesa dell'emancipazione da Dio. Ci può aiutare, poi, un principio che, in proporzione, vale anche per noi. Ogni azione, ogni scelta che noi facciamo, orienta la nostra volontà e la fissa sempre più in quella determinata direzione.

D'altra parte, l'amore e la luce che ci sono offerti da Dio, possono trasformarsi in tenebra e in ribellione contro di Lui, se noi li respingiamo. Quello che in noi – creature limitate – può accadere attraverso una catena più o meno prolungata di azioni, negli angeli ribelli sarebbe avvenuto con un atto solo.

2 – L'altra domanda riguarda il posto che la realtà del diavolo occupa nel quadro della rivelazione e il peso, l'importanza pratica che essa ha per la vita del cristiano.

Ebbene, il diavolo vi occupa un posto periferico. Egli non può ostacolare il piano divino della salvezza; perciò, non dev’essere sopravvalutato. Tuttavia, egli vi svolge una forte azione di disturbo e quindi, non si può non tenerne conto. In proposito:

a/ La realtà del diavolo ci aiuta a capire meglio certi aspetti del male. Pensando appunto a certe proporzioni gigantesche, sconcertanti e paurose del male nella nostra storia, Papa Paolo VI si sentiva indotto ad affermare: “Il male non è più soltanto una deficienza, ma anche una efficienza, un essere vivo, spirituale, pervertito e pervertitore" (Paolo VI, udienza del mercoledì, 15 novembre 1972).

b/ Il peccato degli angeli ci aiuta pure a capire meglio il nostro peccato e la nostra responsabilità. Il peccato, questo rifiuto che noi opponiamo alla volontà di Dio, non è un semplice passo sbagliato, un punto nero della nostra vita, ma ha il potere di operare una vera involuzione nella nostra mente e nella nostra volontà. "I nostri atti ci seguono". Gesù afferma: «Chi opera il peccato diventa schiavo del peccato» (Gv. 8, 34), nel senso che, se non ci riprendiamo, diventerà sempre più difficile dire di sì alla luce e all'amore di Dio. Di qui la raccomandazione che egli ci rivolge di educare la nostra mente e il nostro cuore alla scelta di Dio mediante la preghiera e cercando di vivere la sua parola.

c/ Infine, il fatto di sapere che dietro la tentazione o dietro l'esplosione collettiva del male può nascondersi la realtà del diavolo, ci rende più vigilanti («Pregate e vegliate. Lo spirito è forte, ma la carne è debole» Mt. 26, 41; 1 Pt5, 8) e ci spinge, a valorizzare maggiormente il grande dono della redenzione.

In effetti, è questo che sta al centro dell'annuncio evangelico: l'amore sconfinato di Dio per noi, la persona e l'opera di Gesù, la sua parola, la sua grazia, la sua presenza nella Chiesa, con i mezzi incalcolabili di salvezza che attraverso di essa ci offre, Il cristianesimo, quindi, non può essere la religione dell'angoscia o della paura, ma della pace, della gioia e dell'amore che scaccia ogni timore (1 Gv 4,18).

Dio s'è totalmente schierato dalla nostra parte e «se Dio è per noi, chi potrà mettersi contro di noi?». (Rom. 8,31).

Esorcisti e Stregoni

«... Dopo la visita del santo Padre al Santuario di S. Michele, ove ha ripetuto la preghiera che un tempo si diceva alla fine d’ogni Messa, qualche giornale ha scritto che il diavolo torna a fare notizia. Io mi sono rivolto al mio parroco; l’ho trovato diffidente, quasi incredulo, su questa materia; in realtà mi pare poco preparato. Una mia amica, dopo la vana ricerca d’un esorcista (nella nostra archidiocesi di Modena non ce n'è nessuno), si è rivolta ai gruppi di Rinnovamento, affinché almeno quelli preghino per la liberazione. Ha fatto bene?».

Tutta la Bibbia ci parla di angeli e di demoni; Cristo venne appunto per sconfiggere il regno di satana; vari episodi del vangelo si riferiscono alla cacciata di demoni che avevano preso possesso di persone. Identico potere Gesù diede agli apostoli: il libro degli Atti degli Apostoli ci mostra episodi analoghi a quelli evangelici, e tutta la storia della Chiesa ci offre testimonianze in tal senso.

Perché oggi non si crede al demonio, e anche dei sacerdoti fanno discorsi che denotano una quasi incredulità?

Non esito a rilevare come lo spirito razionalistico abbia, oggi, influenzato pure uomini di Chiesa, al punto da indurre a pensare che non credano più se non a ciò che si tocca o si dimostra [come si ama ripetere] “scientificamente” ... Ma poi avviene che, spesso, si assumano atteggiamenti contraddittori. Ad esempio, un vescovo mi confidava la fatica che aveva fatto per trovare un sacerdote che accettasse la facoltà di esorcista: proprio coloro che sembravano i più increduli circa l'esistenza del demonio, di fronte alla richiesta di diventare esorcisti, si rifiutavano con “paura”, quasi che si sentissero arrivare tutti i diavoli in corpo. Ci teniamo subito a precisare un fatto: il demonio c'è e col demonio non si viene a patti. Egli esiste, e tutto il male che può fare, lo compie. Sbagliano coloro che s’illudono di essere lasciati in pace dal demonio, se loro “lasciano in pace” lui! Lo dico perché più volte ho sentito anch'io errori di questo genere: sacerdoti che rifiutavano la facoltà di esorcista per timore di “rappresaglie”, come se fosse possibile un ragionamento più o meno di questo tipo: «Io lo lascio in pace, così lui non ha motivo per procurarmi fastidi».

È sbagliato. Col demonio non si può scendere a patti; si può e si deve solo combatterlo, in noi e negli altri. Quando un sacerdote amministra il sacramento della confessione, fa molta più rabbia al demonio di quella che gli può fare un esorcista. E, a mio parere, ne fa ancor di più quando predica la Parola di Dio, che genera o alimenta la fede.

• I frutti velenosi dell’ignoranza

Il nostro mondo culturale ha relegato l'esistenza del demonio al regno della fantasia, delle favole, della puerilità. E quali ne sono state le conseguenze?

– La conseguenza più disastrosa è stata quella di non avere più combattuto contro Satana, illudendosi che bastasse negarne l'esistenza per farlo sparire. Non combattendolo, la nostra società, ne è diventata succube.

– Perciò, con la negazione del demonio, ha negato pure il peccato; ed è diventata schiava delle tentazioni più aberranti; illudendosi così di liberarsi da falsi “tabù”. essa è giunta persino alla legalizzazione di delitti e di stati peccaminosi. Però gli scritti degli apostoli (Pietro, Paolo, Giacomo), ci esortano, invece, alla lotta contro satana.

– Ma la conseguenza più dannosa è stata un'altra: la perdita della fede. È sempre così. L'apostolo Giovanni l’immortala una frase tagliente: «La Luce è venuta nel mondo, ma gli uomini non l’hanno accolta» (Gv. 1,5).


• Satana teologo e poeta

Si sa che il demonio è «padre della menzogna»; ma qualche volta è stato costretto fagli “sputare” la verità. – Un giorno il bresciano don Faustino Negrini (deceduto da alcuni decenni) gli chiese, mentre faceva un esorcismo, perché avesse tanto terrore della Vergine Maria. Rispose, suo malgrado: «Perché lei è la creatura più umile, io sono il più superbo; è la più ubbidiente, io sono il più ribelle; è la più pura, io sono il più sozzo”. E più volte confessò che il Rosario lo annienta.

– Nel 1823 ad Ariano Irpino (Avellino) due celebri predicatori domenicani (P. Cassiti e P. Pignataro) furono invitati ad esorcizzare un ragazzo. Allora si discuteva ancora tra i teologi sulla Immacolata Concezione, che fu proclamata dogma di fede 31 anni dopo, nel 1854. Ebbene, i due frati imposero al demonio di dimostrare che Maria era Immacolata, e gli ingiunsero di farlo mediante un sonetto [poesia di 14 versi endecasillabi a rima obbligata]. Si noti che l'indemoniato era un fanciullo di 12 anni ed analfabeta. Immediatamente Satana recitò questi versi, come se fosse la Madonna a parlare:

Vera Madre son io d'un Dio ch'è Figlio

e son Figlia di Lui, benché sua Madre.

Ab aeterno nacqu'Egli, ed è mio Figlio,

in tempo io nacqui e pur gli sono Madre.

Egli è il mio Creator ed è mio Figlio;

son io sua creatura e Gli son Madre:

fu prodigio divin l'esser mio Figlio

un Dio eterno, e me d'aver per Madre.

L'esser, quasi è comun fra Madre e Figlio

perché l'esser dal Figlio ebbe la Madre

e l'esser della Madre ebbe anche il Figlio.

Or, se l'esser dal Figlio ebbe la Madre,

s'ha da dir che fu macchiato il Figlio,

o senza macchia s'ha da dir la Madre.

Quando Pio IX proclamò il dogma dell'Immacolata, ci fu chi gli fece leggere questo sonetto; il Papa rimase commosso per i versi così teologicamente esatti; scritti da un simile “poeta”!

Ma, quindi, il diavolo esiste? La Bibbia non ammette dubbi: il diavolo c’è, ed è potente.

Si può, tuttavia, dimostrare la sua esistenza con la ragione? No.

Il diavolo, come Dio, è una realtà che non può essere dimostrata con il metro, la bilancia e il microscopio, perché è un essere spirituale. Si tratta di realtà su cui anche la scienza più evoluta non potrà mai esercitare un controllo, essendo essa al di là delle capacità umane. In questo campo il maggior aiuto ci viene dalla Parola di Dio; vi troviamo la spiegazione di fatti e situazioni reali, ma le cui cause sfuggono alla nostra esperienza immediata. Ne vediamo però le conseguenze; basti pensare a certe forme di malvagità, di mali voluti e provocati, che non trovano una spiegazione umana. Il diavolo è “persona”, ma non come lo siamo noi: è una forza, è una potenza intelligente. È un veleno, intelligente, che s’insinua nelle menti e nei cuori per contrastare gli spazi di quel Dio che egli ha rifiutato.

Santa Teresa d’Avila, che di demoni se ne intendeva, lo descrive come la “Menzogna”.

Ma allora, tutte quelle illustrazioni che si vedono del diavolo, sono fantasie?

Si, sono fantasie! Non sappiamo, e non possiamo sapere come lui è fatto – così come non sappiamo come sono “fatti” Dio, o gli angeli..., o la mia stessa intelligenza [so di averla, ma immateriale com’è, non posso descriverla, né “pitturarla”!].
Quelle rappresentazioni fiabesche, scaturite non dalla Bibbia ma dalla fantasia popolare, sono dannose, perché ci portano fuori strada.
► Egli opera nel Mondo – «Devi saperlo: Satana c’è».
- «Mi hanno colpito due fatti recenti: la conoscenza di una giovane cui da tempo stanno facendo gli esorcismi, e la risposta attribuita alla Madonna, in Jugoslavia, secondo cui Satana ha ottenuto da Dio un particolare potere sul nostro secolo. Ma come sono possibili queste cose, se il demonio è all'inferno?». N. Bergamo

La frase attribuita alla Madonna è questa: «Scusami se l'ho permesso, ma devi saperlo: Satana c'è!». L'espressione è stata riferita da una delle veggenti di Medjugorje, dopo aver vissuto un'esperienza terrificante della presenza diabolica.
Non c'è dubbio che tutta la Bibbia ce ne testimonia la presenza e ci esorta a contrastarla. Come?

– Paolo, scrivendo ai cristiani di Efeso, li esorta a combattere contro le ingegnose macchinazioni del diavolo con le “armi divine”, perché i mezzi umani non bastano. Infatti, «non lottiamo contro una natura umana mortale, ma contro i principi, contro le potenze, contro i dominatori di questo mondo oscuro, contro gli spiriti maligni delle regioni celesti» (Ef 6,12). Però
– Dio ci dà il potere di vincere; lo assicura s. Giacomo: «Resistete al diavolo ed egli fuggirà da voi» (Gc 4,7).
– Ma si richiede una continua vigilanza, come ammonisce s. Pietro: «Il vostro nemico, il diavolo, come leone ruggente va in giro, cercando chi divorare. Resistetegli saldi nella fede» (lPt 5,8-9).
• Sui poteri di Satana, sappiamo dalla Bibbia che egli agisce nel mondo. Certo, non potrebbe fare nulla se Dio non glielo permettesse, per motivi che Egli solo conosce, ma certo è Satana, che è pur sempre una creatura di Dio. Nel Vangelo troviamo frequenti dialoghi tra Cristo e Satana: sia diretti (nelle Tentazioni di Gesù), sia tramite indemoniati. Sappiamo anche di una richiesta cui il Signore acconsente (Mc 5,13).
• Fino a quando durerà il potere di Satana? Fino all'instaurazione del regno escatologico: «Ora si è attuata la salvezza... È stato precipitato l'accusatore dei nostri fratelli, colui che li accusava davanti a Dio, giorno e notte» (Ap 12,10). L'espressione è forte. Il demonio non è così lontano da Dio da non poterci accusare, e non è così lontano da noi da consentirci di ignorarlo o di negarne l'esistenza.
• Ci sono pure i casi di possessione diabolica, da cui talvolta è difficile liberarsi. Lo illustra l'episodio evangelico dell'ossesso che resiste ai tentativi degli apostoli. Gesù ne approfitta per fornire una grande lezione: «Questo genere di demoni non si scaccia se non con la preghiera e il digiuno»
(Mt 17,21).
Riguardo a tali casi di possessione diabolica teniamo ben presente che essi non implicano nessun giudizio morale sulla persona che ne è vittima: essi possono essere una forma particolare di sofferenza che Dio permette anche ad anime elette. Tutt'altra è invece la condizione di coloro che assecondano le seduzioni di Satana e ne diventano quasi “figli”. Su Giuda è scritta una frase tremenda: «Satana entrò in lui» (Gv 13,27). Si ha l'impressione d’un uomo che, per aver assecondato continuamente il Tentatore, ne diventa pienamente schiavo.
• Che il nostro secolo sia sotto un particolare influsso (ossia “assalto”) del demonio, può essere dedotto dall'estensione assunta dall'ateismo e dal materialismo, dalla perdita progressiva dei valori umani e religiosi più profondi: rispetto della vita, della famiglia, della dignità umana.
• E constatiamo pure l'insufficienza dei mezzi terreni contro tali nefasti influssi.
Afferma il celebre esorcista Gabriele Amorth, basandosi sulla sua esperienza: «Si può uscire da questo tunnel della morte soltanto con un sincero ritorno a Dio: preghiera, digiuno, conversione, sacramenti. Occorrono, ossia le “armi dello Spirito”.
E occorre l'aiuto di Maria, colei che, fin dall'inizio, è stata profetizzata come la nemica di Satana, a cui schiaccia il capo («Ed io porrò ostilità fra te e la donna e tra il lignaggio tuo ed il lignaggio di lei: esso ti schiaccerà la testa e tu lo assalirai al tallone» – Genesi, 3. 15

I VESTITI NUOVI DELL'IMPERATORE di Padre MAURO ARMANINO

I vestiti nuovi dell’imperatore
I personaggi della nota fiaba del danese Hans Christian Andersen sono ancora di attualità. L’imperatore vanitoso e narcisista che cura la messa in scena dell’apparenza. Due imbroglioni che si fingono provetti sarti e sfruttano la vanità del re e lo illudono con meravigliosi abiti inesistenti. I suoi ministri e i cortigiani non osano, per timore, riconoscere la realtà per denunciare l’artistico misfatto dei sarti. Mentre passa il corteo dell’imperatore e il popolo che applaude, c’è un bimbo che nota la realtà e, solo, svela la nudità del re. A questo punto anche la gente osa deridere lo spettacolo di un re svestito.  Quest’ultimo continua, senza alcun abito e malgrado tutto, il corteo regale annunciato.

Gli imperi nascono, vivono e prosperano solo tramite imbrogli, illusioni, armi e immaginari a buon mercato di promesse non mantenute. Chi ne favorisce la creazione e la continuità non è altro che la vanità e dunque l’illusione di onnipotenza che ne consegue. Il delirio di potere abbisogna di rivestirsi di abiti e uniformi.  Conta infatti apparire ad ogni costo per coprire il vuoto che lo pedina. Il potere diventa fine a se stesso e si confonde coi mezzi per ottenerlo e gestirlo. Il vuoto si arma, concepisce guerre, semina discordie, provoca divisioni, assolutizza le nazioni e si vuole predatore di alterità. Gli imperi nascono dalla vanità e l’arroganza che si trasforma in religione di stato.
Gli imperi non mancano mai di faccendieri che seducono, promettono e che, con le lusinghe e le menzogne, rendono possibili e fattibili gli scopi e le follie mortali dei principi, dei re e dei militari al potere. Vendono illusioni, fingono di assecondare le vanità e i misfatti dei potenti mentre non fanno che renderli ancora più menzogneri e codardi. Contribuiscono a creare una realtà inesistente e funzionale al delirio di potere che si trasforma in un idolo necrofilo. Sono mercanti che si arricchiscono vendendo il nulla di cui si nutre il potere. Il loro mercimonio funziona perché il re e i poteri che li rappresenta si circonda di ministri e cortigiani che lo assecondano per connivenza.
La viltà, la convenienza, la speranza di trarne dei benefici o una possibile promozione spinge parenti, amici, intellettuali, poeti, religiosi e artisti a confezionare la stessa finzione della realtà. Il re non ha nessun abito, il potere si mostra com’è, fragile, ridicolo, cieco e spietato allo stesso tempo. Nessuno osa dirlo e allora la realtà e il reale si allontanano l’uno dall’altro definitivamente. Tra l’accadimento e il racconto di questo si inserisce la menzogna che è il tradimento del fatto. L’onestà delle parole è travisata e rivenduta al miglior acquirente dello spettacolo col quale si confisca la realtà. Il re, i sarti e i cortigiani non sono altro che attori comici e consumati nel dramma che si chiama impero.
Il corteo potrebbe chiudersi nella banalità dell’effimera gloria delle parate militari e dei matrimoni tra principi se non ci fosse stati lui, il bambino. Nella favola di Andersen tra tutti i presenti, spettatori compresi, sarà solo un bimbo che, scevro da calcoli opportunistici e compiacenti, grida la nudità del re! Non è casuale che, per l’autore danese, la verità sia detta da un bambino, simbolo dell’inedita novità che la vita gli offre come privilegio in occhi non colonizzati dalla menzogna. Il potere del re, dei principi, dei generali e degli imprenditori religiosi che ne confiscano l’esercizio sono senza abiti, ridicoli, buffi e vulnerabili. Pagliacci di un circo che continua ad attirare gli ignavi spettatori paganti.
Proprio un bimbo che riconosce e grida la verità dell’inganno può offrire a tutti, poteri compresi, la possibilità di redimersi. Forse è anche per questo che, non casualmente, in Occidente i bambini sono osteggiati, evitati e, spesso, percepiti come una minaccia. Eppure, solo un bimbo ci salverà.


Bambino Gesù della Melograna di  Sandro Botticelli  



     Mauro Armanino, Padova, fine novembre 2025
                                                                        

domenica 23 novembre 2025

ANNUNCIO RITARDO - di PADRE MAURO ARMANINO


Annuncio ritardo

Il treno regionale in provenienza da Napoli Centrale e diretto a Roma Termini arriva puntuale nella stazione di Villa Literno. Non ricordavo che, il 25 agosto del 1989, in questa cittadina fu ucciso Jerry Essan Masslo, richiedente asilo e raccoglitore di pomodori. La sera prima Jerry, fuggito dall'apartheid  in Sudafrica, dormiva con altri 28 migranti in un capannone. Aveva denunciato le condizioni di sfruttamento di cui erano oggetto i lavoratori migranti della zona. Un gruppo di quattro persone, coi volti coperti, fece irruzione con armi e spranghe esigendo i salari che erano stati distribuiti. Il rifiuto di sottostare alla domanda gli costò la vita. Poco dopo l’assassinio, ebbe luogo a Roma la prima grande manifestazione antirazzista in Italia con la partecipazione di circa 200 mila persone. Per Jerry furono tributati i funerali di Stato perché più volte era stata uccisa la sua dignità. A Roma Termini si annuncia invece che il treno Intercity con destinazione Torino Porta Nuova arriverà in ritardo.
Invece a Castel Volturno, ospite per qualche giorno dei compagni di viaggio missionari comboniani, fu il 18 settembre del 2008 che vennero attaccati e uccisi sei migranti e ferito gravemente un settimo. Tutti di origine dell’Africa subsahariana e in particolare del Ghana, componevano la ricca varietà di migranti che caratterizza a tutt’oggi il paesaggio del tutto particolare di Castel Volturno. Il giorno dopo il massacro circa duecento migranti organizzano un corteo di solidarietà e bloccano per alcune ore la via Domiziana. Le indagini, facilitate dalla testimonianza dell’unico superstite, condussero all’arresto, al processo e, per la prima volta nel Paese, ad una condanna definitiva per una strage di camorra che riconosce l’aggravante di razzismo. Nel luogo stesso della sparatoria si trova, come monumento, due semplici ferri intrecciati a simbolo delle storie migranti che si ‘incrociano’ ancora oggi. Nel frattempo, si ripete l’annuncio che il treno arriverà in ritardo.
Sono otto le zone nelle quali è stato suddiviso Castel Volturno e colpisce, allo sguardo del viaggiatore di pochi giorni, la straordinaria differenza tra di esse. La parte turistica, abbiente e caratterizzata da molto cemento in poco spazio a quelle dove il degrado ambientale facilita anche quello umano. Centinaia di case abbandonate, fatiscenti, vuote o abitate, saltuariamente o con regolarità, da migranti, richiedenti asilo o stranieri senza un’identità affermata. Alcune case sono chiamate ‘connection houses’ e diventano luoghi di incontro, scambio, convivialità e piacere prezzolato per chi cerca di ricostruire il pezzo d’Africa abbandonato per cercare fortuna altrove. C’è la violenza dello sfruttamento, l’economia sommersa del lavoro sottopagato e la mano non troppo invisibile della camorra. In alcune strade di periferia si possono osservare signore offerte come mercanzia per clienti occasionali. Il treno è annunciato in crescente ritardo.

Miriam Makeba

Non ricordavo affatto che la grande Miriam Makeba, militante e cantante originaria del Sudafrica era morta proprio a Castel Volturno. Ormai provata da una salute malferma si dedicò a un giro mondiale di addio allo spettacolo, cantando in tutti i Paesi che aveva visitato nella sua lunga carriera. Makeba morì la notte del 9 novembre del 2008, lo stesso anno e luogo dove erano stati uccisi i migranti di cui sopra. Fu a causa di una crisi cardiaca presso la clinica Pineta Grande di Castel Volturno durante il concerto che aveva confermato, malgrado i forti dolori al petto, che l’avevano accompagnata. Nel luogo del decesso è stata posta una targa metallica col suo nome e il titolo col quale era conosciuta e amata. Mama Africa e Miriam Makeba si confondono nello stesso volto con la forma dell’Africa che arriva per tentare di liberare il continente che l’ha resa schiava. Intanto si informano i signori viaggiatori che l’Intercity arriverà in ritardo a destinazione.
Segue una serie di foto scattate a Castel Volturno:







     Mauro Armanino, in treno, novembre 2025



- LE ULTIME REALTA’ [I “NOVISSIMI”] 5 – INFERNO - quinta conferenza di Padre CLAUDIO TRUZZI OCD


 Illustrazione di Gustave Doré per la Divina Commedia di Dante

LE ULTIME REALTA’ [I “NOVISSIMI”]
5 – INFERNO
► Ma l’Inferno è così?
Da anni, durante le prediche, non sento più agitare lo spauracchio dell’inferno. Quand'ero ragazzo, negli Anni Cinquanta, il parroco del mio paese indugiava spesso e volentieri sull'inferno e sui suoi inimmaginabili tormenti eterni. A distanza di oltre trent'anni ricordo ancora con inquietudine quelle cupe disquisizioni. Oggi noto che l'argomento è quasi scomparso: è effettivamente così o mi sbaglio? 
Mia moglie,... ricevette in omaggio L'imitazione di Cristo, dove, a pagina 65, leggo: «... Colà i pigri saranno incalzati da pungoli infuocati; e i golosi saranno tormentati da grande sete e fame. Colà sui lussuriosi e sugli amanti dei piaceri saranno versati in abbondanza pece ardente e zolfo fetido, e gli invidiosi, per il gran dolore, daranno in ululati, quali cani rabbiosi. Non ci sarà vizio che non abbia il suo speciale tormento... Un'ora trascorsa colà, nella pena, sarà più grave di cento anni passati qui in durissima penitenza».
Ora mi domando, e le domando: in base a che cosa è possibile una descrizione tanto dettagliata e decisa dei tormenti infernali? Non le pare eccessivamente dantesca quella pagina? 
Nel 1979 mi trovavo in vacanza in Scozia con una comitiva di cui faceva parte un sacerdote di grande cultura e preparazione. Un giorno, contemplavamo un lago sulla cui superficie scintillavano pagliuzze luminose, e tutto appariva dolce, acquerellato. Gli chiesi: «Padre, lei crede veramente nell'inferno?». Mi guardò sorpreso, meditò un attimo la risposta, quindi disse: «È un argomento tutto da studiare, approfondire». La sua risposta non mi bastò, perciò aggiunsi: «Lucia, la pastorella di Fatima, dice chiaramente che durante la terza apparizione la Vergine aprì le mani e i pastorelli si trovarono di fronte a una visione terrorizzante. Videro l’inferno e in esso le anime dei demoni e dei dannati». Il sacerdote non si scompose e aggiunse: «Lucia vide il “suo” inferno, lasciando intendere la soggettività della visione. Poi concluse: «Resta ancora un argomento tutto da discutere, studiare, analizzare. Un dibattito nuovo». Se è così, padre, che cosa si aspetta ad aprirlo?» N.N di Pavia
•  Alla tradizionale predicazione sull'inferno è accaduto di ritrovarsi fra le mani parole, frasi ed immagini ormai consunte, che non riescono più ad esprimere il messaggio lanciato da Gesù sulla sorte finale dell'uomo. Questa è senz'altro la ragione del diffuso silenzio sul tema. Anche se bisogna riconoscere che a volte la mancanza della parola "inferno" non coincide con il silenzio: di ogni cosa si può parlare in tanti modi diversi.
Ora, il fenomeno della consunzione degli strumenti espressivi della fede è un dato abbastanza diffuso nella nostra cultura. Dipende dal fatto che l'uomo di oggi non ha più quella visione mitica del mondo in cui le cose e i fatti dell'esperienza quotidiana sembravano nascondere in sé significati misteriosi. Allora l'uomo combinava audacemente cose spirituali e materiali, accavallava i fatti più disparati l'uno sull'altro e si serviva del fantastico complesso che ne risultava, con il suo alto potenziale emotivo, per indicare le cose sublimi della fede che altrimenti non riusciva ad esprimere.
Pure Gesù usò più volte il linguaggio mitico: per esempio quando – proprio a proposito del nostro problema – parlò della possibile ultima rovina dell'uomo come d’un essere precipitato nella Geenna [che era la fossa-discarica dove si bruciavano i rifiuti di Gerusalemme]; parlò del «fuoco inestinguibile», che è riservato a chi sino alla fine della vita rifiuta di credere e di convertirsi, e dove possono perire sia l'anima che il corpo. Gesù annunzia con parole severe: «Il Figlio dell'uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno [...] tutti gli operatori di iniquità e li getteranno nella fornace ardente» (Mt 13,41-42), ed Egli pronunzierà la condanna: «Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno!» (Mt 25,41).
Delle cose, ormai, l'uomo moderno ne conosce assai l'interno ed esterno, il diritto e il rovescio: esse sono sempre meno misteriose e quindi sempre meno manipolabili per indicare altre realtà più grandi di lui. Ecco perché oggi pensare il diavolo con le corna e le zampe di capra o l'inferno di fuoco, pece e zolfo appare ridicolo. Come ugualmente ridicolo è immaginare Dio Padre con la barba seduto in trono sopra l'arco del cielo.

Il problema, quindi, non consiste nell'abbandono, ormai definitivamente avvenuto, della effervescente massa d’immagini con cui s’illustrava l'inferno, ma piuttosto nella necessità di cogliere il senso del messaggio che Gesù e la tradizione della fede ci hanno inteso trasmettere in proposito. 
Non si può, però, pretendere di dare una risposta a tutte le curiosità – pur naturali – dell'uomo sull'Aldilà. 
La rivelazione biblica è particolarmente avara di notizie, ed avventurarsi oltre il poco che troviamo nelle Sacre Scritture, inseguendo le visioni o le cosiddette "rivelazioni private" di questo o quel personaggio – per quanto illustre in santità –, è molto rischioso. Diceva molto bene quel sacerdote, sulla panchina, in Scozia, a proposito della veggente di Fatima: «Lucia vide il suo inferno».
►   Qual è, allora, il significato del discorso di Gesù sulla sorte finale dell'uomo?
– Gesù, prima di tutto intende renderci responsabili della nostra vita. Ricordiamo le parabole? L'erbaccia cresciuta fra il grano verrà strappata e bruciata; i pesci raccolti nella rete del Regno di Dio verranno selezionati e quelli cattivi scartati via; le ragazze con la lampada spenta non saranno ammesse alla festa di nozze; il ricco impietoso finirà nel fuoco, mentre il povero Lazzaro sarà beato «nel seno di Abramo»; il ladrone pentito sarà con Gesù in Paradiso; chi avrà sfamato, vestito, accolto e consolato il povero e il sofferente sarà accolto dal Padre nel Regno, mentre chi si sarà rifiutato sarà spedito «nel fuoco eterno» ... eccetera.
•  Molti obiettano – a simile visione delle cose – l'estrema debolezza dell'uomo e suoi molteplici condizionamenti. Troppa la responsabilità di cui Dio vorrebbe caricata la nostra coscienza! 
Ma, in realtà, nel Vangelo è pure evidente che Dio conosce le sue creature ed ha compassione dei peccati degli uomini. Per Gesù, Dio è un padre che giudica il cuore, la profondità delle intenzioni dell'uomo e non i suoi successi od insuccessi esternamente appariscenti. La sua giustizia è fatta di misericordia senza fine.
Però, se il messaggio evangelico non rendesse noi responsabili della nostra esistenza, neppure avrebbe qualcosa da dire sulla storia degli uomini; né potrebbe voler cambiare in essa alcunché: si ridurrebbe ad un puro messaggio consolatorio. Per Gesù, invece, ogni istante dell'esistenza dell’uomo, con la sua libertà giocata nella scelta delle cose da fare o evitare, ha la capacità di “costruire” la nostra eternità. Gesù si paragona ad un ladro che viene di notte. Curiosa, a prima vista, ed antipatica, immagine, ma ricca di significato: essa   sottolinea che ogni cosa che l'uomo realizza nella libertà della sua coscienza, ha un tale valore che Dio stesso potrebbe volerla per sé; cioè che ogni momento terreno ha tale grandezza da poter diventare eterno.
Naturalmente quanto simile discorso è entusiasmante nel suo risvolto positivo, tanto suona terribile nel suo lato negativo. Gesù ci lascia con questo sconcerto. Egli, però, non ritratta una sola virgola della sua rivelazione della buona, clemente, perdonante paternità di Dio.
►   Che cosa ci insegna la Chiesa, sull’Inferno?  (Cfr. Catechismo 1033-1037 – IV. L'inferno)
1 – Non possiamo essere uniti a Dio se non scegliamo liberamente di amarlo. Ma non possiamo amare Dio se pecchiamo gravemente contro di Lui, contro il nostro prossimo o contro noi stessi: «Chi non ama rimane nella morte. Chiunque odia il proprio fratello è omicida, e voi sapete che nessun omicida possiede in sé la vita eterna» (1 Gv 3,14-15) ... Morire in peccato mortale senza essersene pentiti e senza accogliere l'amo-re di Dio, significa restare separati per sempre da Lui per nostra libera scelta. Ed è questo stato di definitiva auto-esclusione dalla comunione con Dio e con i beati che viene designato con la parola «inferno».
2 – Gesù parla ... della «geenna», del «fuoco inestinguibile» ... riservato a chi sino alla fine della vita rifiuta di credere e di convertirsi, e dove possono perire e l'anima e il corpo. Gesù annunzia con parole severe: «Il Figlio dell'uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno tutti gli operatori di iniquità e li getteranno nella fornace ardente» (Mt13,41-42), ed egli pronunzierà la condanna: «Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno!» (Mt 25,41).
3 – La Chiesa afferma l'esistenza dell'inferno e la sua eternità. Le anime di coloro che muoiono in stato di peccato mortale, dopo la morte discendono immediatamente negli inferi, dove subiscono le pene dell'inferno, il fuoco eterno». La pena principale dell'inferno consiste nella separazione eterna da Dio, nel quale soltanto l'uomo può avere la vita e la felicità per le quali è stato creato e alle quali aspira.
4 – Le affermazioni della Sacra Scrittura e gli insegnamenti della Chiesa riguardanti l'inferno sono un appello alla responsabilità con la quale l'uomo deve usare la propria libertà in vista del proprio destino eterno. Costituiscono nello stesso tempo un pressante appello alla conversione: «Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che entrano per essa; quanto stretta invece è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e quanto pochi sono quelli che la trovano!» (Mt 7,13-14).
►   Se Dio è Amore, perché l’Inferno?

«Come si può concepire Dio-Amore, se permette la perdizione di esseri da Lui creati per amore? Nel Vangelo, a proposito di giudizio finale, Gesù afferma: "Andate lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e gli angeli suoi". 
Da tale espressione sembra che Dio sapesse che angeli e uomini avrebbero disobbedito, per cui già preparò per loro la pena eterna. Se così fosse, come si concilia con l'amore infinito di Dio?».
Il problema che si pone è cruciale anche oggi: perché mette in crisi l'oggetto stesso della fede cristiana: cioè: Dio-Amore e la sua buona novella di salvezza in Gesù, per tutti gli uomini. [Il tema “Predestinazione” ]
Il nostro Dio si è rivelato pienamente e definitivamente come Amore, come Padre. 
Infatti: «Dio usa pazienza verso di noi, non volendo che alcuno perisca, ma che tutti abbiano modo di pentirsi». «Se ci amiamo reciprocamente come Gesù ci ha amato, Dio rimane in noi, e l'amore di Lui è perfetto in noi... E questo amore scaccia il timore» (2Pt. 3,91 – Gv. 4, 12,17-18;).
Gesù è proprio morto e risorto per la salvezza di tutti gli uomini; è partito da questo mondo per “andare a prepararci un posto nel suo paradiso”.
Certo, il peccato continua ad essere commesso dagli uomini; la tendenza al male è sempre attiva nella storia dell'umanità e catastrofi del cosmo. E l'uomo con la sua libertà, terribile e meravigliosa, corre il rischio di ostacolare tale disegno di salvezza, di fallire il suo destino, di costruirsi il “suo inferno”: cioè questo dolore indicibile, che lo tiene separato per sempre dal suo Dio che lo ama, estraneo a tutti i suoi fratelli, in una orrenda solitudine, che si auto-genera eternamente, in opposizione al senso della sua vita nel mondo.
Per questo il magistero della Chiesa, fondato sulla Parola di Dio, da sempre ha affermato «l'esistenza dell'inferno», cioè la possibilità reale di fallimento definitivo dell'uomo. 
A tale riguardo, essa cita giustamente una frase, che trae dalla drammatica rappresentazione dell'ultimo giudizio dei popoli, fatta da Gesù. (cfr. Mt. 25, 31-46)
[Il genere letterario di questo testo rimanda alla cultura apocalittica, predominante al tempo del Signore: il testo di Gesù, pertanto, va letto come un discorso con tante figure, che rivela il criterio della ricompensa eterna nel giudizio finale; non quindi come descrizione, cronaca di ciò che accadrà alla fine dei tempi come il lettore sembra intenderlo] 
Questa lettura va accordata con la dottrina della morte eterna affermata in altri testi del Nuovo Testamento, in cui il giudizio di condanna di Dio va inteso esplicitamente come auto-giudizio del peccatore stesso. Non è necessario che Cristo condanni qualcuno; l'uomo basta a se stesso per perdersi, quando si sottrae all'offerta di salvezza (cfr. Gv. 3, 16-19:12, 47-50). I rigettati di cui si parla nel Vangelo di Matteo sono tali; non perché il Signore li collochi in quello stato – costruisca, cioè, per loro l'inferno –, ma perché loro stessi si sono preparati un destino di condanna, chiudendosi alle opere dell'amore fraterno verso gli ultimi, con i quali Gesù si identifica.
La difficoltà espressa dal lettore, insomma, nasce da un pensare che egli non tiene sufficiente-mente conto che Dio non vuole o crea l'inferno, ma che è l'uomo, con il suo libero e definitivo peccare, che si crea l'inferno.
Certo, Dio è l'eterno presente dell'Amore vivente per l'uomo, per la sua storia, per il suo fine. Dio è onnisciente ed onnipotente, ma questi attributi sono radicati nell'amore. Dio, in Gesù, non poteva amare di più la sua creatura-capolavoro, che chiedendo e donando la libera decisione nell'adesione al suo messaggio d'amore e di salvezza sconfinata. Dio vuole e lavora con la sua grazia per la salvezza; si aspetta la salvezza dell'uomo senza esclusioni. 
È significativo che la Chiesa – mentre sancisce, con la canonizzazione dei santi, la salvezza definitiva dei fedeli – mai ha osato emettere un verdetto di condanna definitivo per alcuno, [neppure su Giuda!).
Così possiamo pensare ed augurarci che nessun uomo sia giunto a quel destino tremendo, e dobbiamo lavorare e pregare affinché nessun uomo vi giunga.
►   SCOMUNICATI ANCHE NELL'ALDILA’?
«Vorrei sapere dove vanno a finire nell'aldilà coloro che muoiono scomunicati senza pentimento, come colui che dai pulpiti era detto il “diavolo in carne e ossa”, cioè Martin Lutero. Cambierà forse “appartamento", ora che la Chiesa l’ha riabilitato? … Più serenamente: Non vi pare che queste riabilitazioni postume siano una concessione al gusto corrente, col rischio di confondere le anime semplici?». 

Occorre distinguere bene tra peccato e pena giuridica, per districarsi nei problemi posti dalla domanda. 
–  La scomunica è una pena giuridica, riguarda cioè il buon ordinamento della vita comunitaria ecclesiale. In quanto tale, la scomunica non esclude la possibilità di salvezza eterna, e neppure la santità di una persona. In altre parole, la scomunica viene inflitta per gravi atti che provocano disordini o scandali. Con essa un fedele viene estromesso temporaneamente dalla comunione con la Chiesa, ed è privato di alcuni beni spirituali.
Ma anche se l'azione punitiva (la scomunica) è considerata giusta o anche doverosa da chi la commina, la pena inflitta non suppone necessariamente un peccato (= cioè che il soggetto sia un peccatore, un delinquente). 
E ben vero che il Codice di Diritto Canonico sancisce che «nessuno è punito se la violazione esterna della legge o del precetto da lui commessa non sia gravemente imputabile per dolo o per colpa» (can.1321 par. 1). Ma è pure stabilito che «posta la violazione esterna, l'imputabilità si presume, salvo che non risulti altrimenti» (ib. Par.3). Il che significa, in parole povere, che l'autorità può infliggere una pena quando vi è una grave violazione della legge, e che il colpevole può non riuscire a provare la sua buona fede o la retta intenzione.
Tutto ciò nella storia è capitato varie volte. Si pensi ad esempio alla scomunica inflitta dal papa Alessandro VI al domenicano Girolamo Savonarola (1452-1498). Questi fu condannato dai commissari apostolici come «eretico e scismatico» e consegnato al braccio secolare per essere arso vivo. Ciò non è sufficiente perché egli debba essere considerato un peccatore. Anzi ben presto molti conventi toscani ne celebrarono la festa liturgica ed alcuni domenicani hanno avanzato la richiesta all'Ordine affinché sia avviata la procedura per ottenere la sua canonizzazione. Anche le recenti affermazioni fatte dal Papa sulla religiosità di Lutero non sono entrate nel merito del giudizio storico sulla scomunica comminatagli. Essa aveva un significato disciplinare e riguardava il buon ordinamento della vita ecclesiale di quel tempo. Ciò non significa che la scomunica fosse la via migliore per regolare la vita comunitaria. Tant’è vero che l'attuale Codice di Diritto Canonico sancisce che «il legislatore non costituisca censure, soprattutto la scomunica, se non con la massima moderazione e soltanto contro i delitti più gravi» (canone 1318). In altri tempi s’era più inclini a comminare pene, con risultati aleatori, come la storia insegna. In ogni caso, anche oggi scelte come quelle di Lutero non sarebbero accolte con molto entusiasmo, e qualche pena gli sarebbe certamente comminata.
Ma per uscire dal terreno storico e tornare all'aspetto teorico della domanda, la scomunica non significa dannazione eterna, anche se chi è morto non ha sconfessato le azioni per cui è stato condannato. E quando la storia rivede giudizi o sentenze formulati in altri secoli, non v’è nessuna necessità che gli interessati debbano “cambiare appartamento”. La giustizia di Dio non conosce i limiti o i ripensamenti degli uomini.


►   Cristo discese negli Inferi 
«Quando recitiamo in Credo, proclamiamo che Gesù risorto “discese negli Inferi”. Che significa: discese agli Inferi? Mi sembra una cosa strana, se così fosse. E a fare che cosa?. Mi può schiarire le idee?».
È uno dei numerosi casi in cui ripetiamo formule della fede, senza comprenderne la sostanza, il senso, le implicazioni. Non è sempre colpa dei semplici fedeli; tutt’altro! 
Cerchiamo di essere concisi e possibilmente chiari, seguendo ciò che il Catechismo ci illustra (n. 632-635)
Le frequenti asserzioni del Nuovo Testamento secondo cui Gesù «è risuscitato dai morti» (1Cor15, 20) presuppongono che, prima della risurrezione, egli abbia dimorato nel “soggiorno dei morti”. 
È il senso primo che la predicazione apostolica ha dato alla discesa di Gesù agli “inferi”: cioè, che Gesù ha conosciuto la morte come tutti gli uomini e li ha raggiunti, con la sua anima, nella “dimora dei morti”. 
La Scrittura chiama inferi (Shéol) il “soggiorno” dei morti dove Cristo morto è disceso, perché quelli che vi si trovavano erano privi della visione di Dio. Naturalmente noi immaginiamo un “luogo”, perché siamo abituati così, avendo un corpo che occupa spazio, ma le anime sono spirito! Più rettamente dovremmo parlare di “condizione”, di “stato”. [Ciò si applica anche a “inferno”, “paradiso”, “limbo”, ecc.]
Tale infatti era, nell'attesa del Redentore, la sorte di tutti i morti – cattivi o giusti –.” Tutti”, d’altra parte, non significa che la loro sorte fosse identica, come dimostra Gesù nella parabola del povero Lazzaro: soltanto lui accolto nel «seno di Abramo». «Furono soltanto le anime di questi giusti in attesa del Cristo ad essere liberate da Gesù disceso all'inferno». Gesù, infatti, non discese agli inferi per liberare i dannati né per distruggere l'inferno della dannazione, ma per liberare i giusti che l'avevano preceduto.
In proposito, il Catechismo:
634 «La Buona Novella è stata annunciata anche ai morti...», scriverà san Pietro (1Pt 4,6). La discesa agli inferi è... la fase ultima della missione di Gesù, fase condensata nel tempo ma che si estende a tutti gli uomini di tutti i tempi e di tutti i luoghi, perché tutti coloro i quali sono salvati sono stati resi partecipi della redenzione.
635 Cristo, quindi, è disceso nella profondità della morte affinché i «morti» udissero «la voce del Figlio di Dio» (Gv 5,25) e, ascoltandola, vivessero. Gesù, «l'Autore della vita», ha ridotto «all'impotenza, mediante la morte, colui che della morte ha il potere, cioè il diavolo», liberando «così tutti quelli che per timore della morte erano soggetti a schiavitù per tutta la vita» (Eb2,14-15). Ormai Cristo risuscitato ha «potere sopra la morte e sopra gli inferi» (Ap 1,18) e nel nome di Gesù ogni ginocchio – si piega – nei cieli, sulla terra e sottoterra» (Fil 2,10)


Come possiamo immaginare il PURGATORIO?
«Rev.mo Padre, mi interessa molto sentire parlare del Purgatorio, soprattutto per il dubbio che ho, cioè che molte persone a me care possano esserci... Non le nascondo anche qualche dubbio sulla stessa esistenza del Purgatorio: è difficile capire come la misericordia di Dio permetta questo stato di sofferenza, e un gruppo di protestanti mi ha aumentato tale dubbio. Poi, mentre per l'Inferno il Vangelo ha delle precisazioni (parla di fuoco, pianto, stridore di denti...), resta più difficile immaginare le pene del Purgatorio». Ferrara

Innanzitutto, mi preme sottolineare la sicura esistenza di questo stato provvisorio, molto impor tante da tener presente per le nostre preghiere di suffragio e anche di impetrazione, dal momento che si tratta di anime in grazia di Dio, che hanno una grande forza d’intercessione per noi, con le loro preghiere.
La Bibbia non ne parla direttamente, ma contiene vari accenni che ne suppongono l'esistenza, tanto che Leone X condannò la tesi di Lutero, secondo cui l'esistenza del Purgatorio non potrebbe essere provata dalla sacra Scrittura (Denz. 777). Molte volte la Bibbia ribadisce il concetto che, anche dopo che un peccato è stato rimesso, restano da espiare delle pene temporali. Ed insegna pure che, quando tali pene non sono state scontate in questa vita, si scontano nell'altra.
E molto chiaro, a questo proposito, è quanto si legge nel libro dei Maccabei (Il Macc. 12,43 e seg.). All'indomani di una battaglia vittoriosa, il condottiero che guidava la rivolta contro il tentativo di “paganizzare” i Giudei, Giuda Maccabeo scoprì che, sotto gli abiti dei suoi soldati caduti in combattimento, vi erano degli oggetti idolatrici, che essi avevano rubato durante il saccheggio, contravvenendo alle disposizioni della legge. Guida, allora fece una colletta e la mandò a Gerusalemme, affinché fosse offerto un sacrificio in espiazione per quei peccati. Agì così perché, da uomo pio e religioso qual era, credeva nella resurrezione della carne: se infatti non avesse avuto questa certezza, sarebbe stato inutile pregare per i morti. 
Il sacro autore approva l'operato del grande condottiero e vi aggiunge una propria osservazione: «È un pensiero santo e salutare quello di pregare per i morti, perché siano liberati dai loro peccati».  
Anche nei Vangeli leggiamo che il Signore allude al Purgatorio quando afferma che vi sono dei peccati (i peccati veniali) che possono essere perdonati nell'altra vita (Mt 12,32). E pure chiaro il testo di s. Paolo (2 Cor 3,11-15) ove si afferma che Cristo, al giudizio, vaglia le nostre opere: quelle difettose ne soffriranno danno, ma l'autore di esse «sarà salvo, come passando per il fuoco». (Da qui alcuni autori hanno pensato che anche in Purgatorio ci fosse un fuoco purificatore).
•  Si noti che la fede della Chiesa nel Purgatorio risale ai primi tempi e troviamo un'esplicita definizione di questa realtà fin dal Medio Evo. Nella professione di fede dell'imperatore Michele Paleologo, che fu accettata dal 2° Concilio di Lione (a. 1274), si dichiara che «le anime separate dal corpo nel pentimento e nella carità, dopo la morte, vengono purificate con pene purificatrici». Tale dichiarazione fu ripetuta dal Concilio Fiorentino (a. 1439) e più tardi dal Concilio di Trento (a. 1545-1563) che, per combattere la negazione dei protestanti, riaffermò l'esistenza del Purgatorio (Denz. 983).
Non ci pare neppure difficile conciliare questo stato con la misericordia di Dio che ci vuole tutti salvi, ossia tutti in Paradiso. È proprio un grande atto di bontà quello di offrire la possibilità, a quanti non hanno completato la loro purificazione sulla terra, di potervi rimediare nell'altra vita. 
Certo, l'esistenza del Purgatorio è pure un invito per noi a non commettere peccati veniali, a purificarci per le nostre mancanze dovute a debolezza, e quindi ad attuare una continua conversione. 
Che ciò avvenga con sofferenza, fa parte di quel mistero che trova nella Croce la più alta espressione.
•   Piuttosto, è più arduo farci un'idea delle pene del Purgatorio, come non possiamo farci un'idea dello stato futuro, se non per via di qualche analogia. 
Un'osservazione che ci pare molto suggestiva è quella di un Vescovo, che è fu impressionato, studiando le sofferenze descritte dai mistici, quando parlano della «notte dei sensi e dello spirito» [san Giovanni della Croce]. Il vescovo pensa che tale “notte” possa dare un'idea delle pene del Purgatorio. Si tratta infatti di uno stadio di purificazione, in cui l'anima si sente immensamente distante da Dio, di cui intuisce la santità assoluta, mentre d'altro canto prende coscienza piena della propria miseria, dello squilibrio che il peccato ha prodotto in lei. Ella, perciò, sperimenta il bisogno impellente, quasi tormentoso, di purificarsi per potersi riunire al suo Signore.

È una pallida idea dello stato del Purgatorio e, ripetiamo, può valere solo come analogia, perché non esiste un paragone adeguato tra lo stato nostro presente e quello dell'altra vita. Ma ci pare che veramente la «notte dello spirito» ci possa offrire un po' di luce su quelle che possono essere le pene del Purgatorio.






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Il Paradiso non può attendere: dobbiamo già cercare il nostro Cielo qui sulla terra! Questo blog tratterà di argomenti spirituali e testimonianze, con uno sguardo rivolto al Carmelo ed ai suoi Santi