AFORISMA

Meglio aggiungere vita ai giorni, che non giorni alla vita
(Rita Levi Montalcini)

Nostra Signora del Carmelo

Nostra Signora del Carmelo
colei che ci ha donato lo scapolare

domenica 14 dicembre 2025

L’organetto e i piedi in piazza di Padre MAURO ARMANINO

 

                    L’organetto e i piedi in piazza

Siamo a Trieste. Giusto davanti alla stazione ferroviaria si trova la nota e spaziosa Piazza della Libertà. Perché sia tale occorre però condividerla con chi la porta da lontano. Adesso la piazza è stata ribattezzata informalmente ‘Piazza del Mondo’. Proprio in quello spazio è nato e continua da anni l’incontro e lo scambio della libertà condivisa con centinaia di giovani che cercano un luogo dove ricostruire una vita persa e ritrovata dal viaggio. Arrivano dall’Afghanistan, dai Pakistan, dal Bangladesh, dal Nepal e da altri distanti paesi che la geografia e la politica hanno, col tempo, reso più vicini. Mesi e talvolta anni sono passati viaggiando di Paese in Paese e di frontiera in frontiera per arrivare su questa piazza creata come avvenimento che contribuisce a ‘rimanere umani’.
Ci sono i nuovi arrivati, che si mettono con disciplina da una parte ad ascoltare i consigli di un mediatore culturale. Indica loro come districarsi in questo mondo dove i documenti, gli uffici e i servizi eventuali fanno parte dell’iniziazione. Ascoltano con attenzione il giovane che si fa capire nella loro lingua madre e poi attendono, anch’essi, un tè caldo, un poco di riso e frutta quando c’è. Tutto ciò è condiviso con i ben più numerosi ‘anziani’ della piazza, seduti o in piedi attorno alla statua di bronzo che osserva il tutto con malcelata invidia. Mentre si parla tra vicini e connazionali o si conversa con la famiglia altrove tramite telefono si ascolta, leggero, pacato e dolce il suono di un organetto.
La giovane signora, che suona questo strumento di fabbricazione artigianale d’altri tempi, sembra non dare importanza all’apparente distrazione e al rumore di fondo che ne sembra soffocare il suono. Del tutto inutile ‘sembra, suonare mentre si parla, mangia e si cercano soluzioni per passare la notte con qualche coperta in più a causa del freddo di stagione. Le cose belle e importanti sono spesso inutili come la musica, rivestita di modestia, dell’organetto. Lei passa da un gruppo all’altro e pochi davvero, almeno apparentemente, danni segni di attenzione o apprezzamento. Rossella, il nome della signora dell’organetto, si ritira come chiedendo scusa per avere osato suonare, in silenzio, il mondo.
Poi ci sono i piedi dei richiedenti asilo. Feriti, fieri, nudi, fragili, dimenticati, spezzati, testimoni e pudici come tutto ciò che si trova in basso, nella polvere. Piedi che hanno corso, camminato, attraversato montagne, pianure, reticolati, commissariati di polizia, detenzione amministrativa e fragili vittorie. Piedi che ricordano, registrano, piangono, ridono e dimenticano per andare avanti fino alla prossima frontiera. Piedi che fanno la storia e che si raccontano anche nel nome di coloro che non sono mai arrivati a destinazione. Piedi comuni perché assomigliano a tutti gli altri piedi che nascondiamo perchè poco appariscenti. Sono questi piedi che la cofondatrice dell’associazione ‘Linee d’Ombra’ e all’origine, col suo compagno, delle Piazza del Mondo, pone sul suo grembo.
 Con timore, quasi si trattasse di un bimbo che sta per nascere, se ne prende cura con reverenza. Pulisce, medica, lenisce le ferite, si mette in ascolto di ognuno di loro, i racconti scritti sui piedi, per rispettare e dare quella dignità che, confiscata alle frontiere, ricostruisce e riscrive la storia, quella che si fa, appunto, coi piedi. La Piazza della Libertà si chiama per molti a Trieste ‘Piazza del Mondo’, grazie a loro, i piedi profumati e custoditi sulle ginocchia di una donna.




    Mauro Armanino, Trieste, 14 dicembre 2025


LE ULTIME REALTÀ [I “NOVISSIMI”] - Ottava conferenza di Padre CLAUDIO TRUZZI OCD


LE ULTIME REALTÀ [I “NOVISSIMI”]
8 – I “CIELI” e “TERRA NUOVA”

□ – Il CIELO, non è un luogo fisico ma un’immagine della gloria che ci attende
«Assieme a miei amici ci siamo chiesti che cosa significhi “Maria assunta in cielo”, dal momento che il cielo non è un luogo... E ancora, che cosa vuol dire l'espressione: «Gesù salì al cielo». 
Vorremmo perciò che ci spiegasse queste frasi ricorrenti nella Bibbia».
Spontaneamente e da sempre l'uomo ha considerato il cielo come l'area divina: non è forse sopra il nostro orizzonte ed a noi inaccessibile? Proprio per questo si costruivano sui monti i santuari: per mostrare la meta verso cui si dirige la fede, cioè l'infinito di Dio. Il sogno del patriarca Giacobbe, che ebbe luogo ove sarebbe sorto il santuario di Betel [in ebraico "casa di Dio"], è significativo: «Una scala poggiava sulla terra, mentre la sua cima raggiungeva il cielo e gli angeli di Dio salivano e scendevano su di essa» (Genesi 28,12).
•    La meta dell'umanità – È quasi l'osservatorio da cui Dio «si china a guardare l'umanità per vedere se esista almeno un saggio, uno che cerchi Dio» (Sal. 14,2). L’Incarnazione stessa del Figlio di Dio è rappresentata come un viaggio di andata e ritorno cielo-terra-cielo. Cristo diventa "il pane disceso dal cielo" per offrire all'umanità la vita eterna, e, poi “ritorna” al cielo nella gloria pasquale: «Nessuno è asceso al cielo se non colui che è disceso dal cielo» fa notare Gesù a Nicodemo (Gv. 3,13). Anzi, Gesù raffigura la meta dell'intera storia umana come "il Regno dei cieli", invitando a pregare così: «Padre nostro che sei nei cieli...». 
S’intuisce, allora, il significato delle due rappresentazioni teologiche dell'ascensione di Gesù risorto e dell'assunzione di Maria. Esse sono anticipate dall'esperienza di Elia profeta, rapito al cielo in un cocchio di fuoco (2Re 2, 1-18), e tale ascesa diventa immagine del destino dei giusti che, dopo la morte, sono condotti tra le braccia di Dio, come canterà il Salmo: «Tu non abbandonerai la mia vita nel sepolcro, né lascerai che il tuo santo veda la corruzione. M’indicherai il sentiero della vita, gioia piena nella tua presenza, dolcezza senza fine alla tua destra» (Sal 16, vv. 10-11).
Tali parole le Pietro applicherà alla risurrezione di Cristo (Atti 2, 24-28); risurrezione che spesso Giovanni e Paolo raffigurano come un “innalzamento" verso l'alto, una "esaltazione" celeste. Il significato dell'Ascensione – descritta da Luca, nel Vangelo (24,51) e negli Atti degli Apostoli (1,9) – è allora chiaro: sotto l'immagine dell’“innalzamento” dalla terra al cielo s’intende la realtà profonda della Pasqua del Signore. 
L'ascensione-assunzione è, quindi, l'indicazione della meta ultima di Cristo, ma pure di tutti i giusti. Il "cielo", perciò, è un segno di grande rilievo, purché sia spogliato da interpretazioni "astro-nautiche" o troppo letterali [come oggi le concepiamo] riportato al suo valore religioso e "pasquale".  
□ – COME RISORGEREMO? 
«Io risorgerò; ma con la faccia rifatta secondo un certo "maquillage" spirituale? Non è feticistica la faccenda? Eppure, il corpo risorgerà. Allora: con Cristo che cosa tornerà in vita di noi? Qualcuno forse, come me si chiederà: «Ma come risuscitano i morti? Quale aspetto avranno?"».        
La domanda è di grande interesse, poiché tocca un punto centrale della fede cristiana; d’altra parte, è una questione difficile. Si tratta di una dimensione completamente nuova dell'esistenza. Sarà la nostra un giorno. Naturale quindi che vengano formulate domande “sul corpo della risurrezione”
Dopo tutto Gesù Cristo è il Precursore di tutti noi. È stato risuscitato, e tutti noi saremo risuscitati, con corpi come il suo, un giorno. Egli è una realtà sconcertante. Pensiamo alle apparizioni “post-risurrezione”. «Toccatemi e verificate – Gesù fece notare ai discepoli – Un fantasma non ha carne ed ossa come me».   Si tratta di una dimensione completamente nuova dell'esistenza. Sarà la nostra, un giorno.           
Come possiamo essere certi che avverrà una cosa simile?  
La nostra certezza si fonda su Gesù Cristo: «Io sono la risurrezione e la vita», disse a Marta: «Chi crede in me, anche se muore, vivrà; anzi, chi vive e crede in me non morirà mai». È una promessa non meno meravigliosa di un'altra ripe¬tuta ben quattro volte: la promessa che Cristo risusciterà tutti coloro che saranno suoi nell'ultimo giorno.          
Può, tuttavia, quella dimensione dell'esistenza essere meno reale, meno appagante di quella che sperimentiamo adesso?
No, certo. Sarà una vita potenziata oltre le nostre possibilità di comprensione. Il meglio, ciò che di gran lunga è il meglio, deve ancora venire!  
Come saranno i corpi risorti?  
Come il corpo glorioso di Gesù. Saranno quindi riconoscibili (come lo era quello di Gesù) ma con poteri insoliti.  
Attenzione, però: il corpo di Cristo, per quanto spirituale, era sempre capace di stare sulla terra. È immaginabile che ci sia una differenza tra il corpo che i suoi discepoli videro dopo la risurrezione e il nostro corpo glorificato di Cristo in Paradiso. 
[Noi, tuttavia, non sappiamo se simile differenza fra Cristo e noi esista realmente]. 
Quindi gli eventi ultimi includono come un elemento essenziale: la risurrezione. Il corpo risorgerà, ma anche qui è necessaria la prudenza riguardo al "come". In noi tornerà in vita, con Cristo, tutto quello che siamo. Tutto il nostro essere sarà pieno di Cristo e del suo Spirito. 
Proprio per rispondere a simili domande san Paolo scriveva ai cristiani di Corinto: «Si semina corruttibile e risorge incorruttibile; si semina ignobile e risorge glorioso, si semina debole e risorge pieno di forza; si semina un corpo animale, risorge un corpo spirituale» (I Cor. 15, 42-49). 
Paolo non ci illustra direttamente come saremo. Sottolinea, però con chiarezza che sparirà tutto ciò che in noi è debolezza e corruttibilità per essere simili al Signore risorto. Infatti, la vita che noi speriamo non è altro che la comunione con Gesù, «il quale trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso» (FiI 3,21).            
Il nostro corpo risuscitato sarà simile al nostro corpo terreno?  Sarà simile al nostro corpo terrestre – con vera continuità, ma con un'importante differenza: sarà un corpo perfetto, glorioso, come quello di Gesù; non ci saranno processi di decadenza o invecchiamento. Sarà – con san Paolo – un "corpo spirituale". 
“Corpo–spirituale”: a noi sembra una contraddizione di termini. Ma allorché inizierà il nuovo ordine, i corpi che saranno dati ai seguaci di Cristo saranno “adatti” alla “nuova” dimensione. 
Gesù affermò: «Dove sono io potete essere anche voi». È la presenza glorificata del Signore che dominerà la prossima vita. La Bibbia non scende ai particolari. Ciò che vale è la meravigliosa prospettiva indicata da questi versetti della Bibbia: «Quel che nessuno ha mai visto e udito, quel che nessuno ha mai immaginato, Dio lo ha preparato per quelli che lo amano».        
 ♦   La risurrezione è più che una lontana speranza.                 
La vita della risurrezione inizia nel momento in cui si accetta Cristo come Salvatore. Noi siamo già “risuscitati con Cristo”. La nuova vita con Lui è già realtà, grazie alla fede ricevuta nel Battesimo.         
– Viviamo, già, un’“altitudine diversa”. Possiamo anche vivere in un quartiere-formicaio con enormi palazzi dovunque, ma la nostra vita, rafforzata dalla comunione con Gesù nella preghiera,, ci dà la possibilità di vivere e di sollevarci sopra le pressioni che ci assalgono da ogni lato. "Mirate al Paradiso" – è stato osservato con acutezza – e prenderete anche la terra; se mirate alla terra, non prenderete un bel niente”.
–  Vediamo, già, le cose da una prospettiva diversa. «Pensate alle cose del cielo» – esorta Paolo – e non a quelle della terra».  Ancora: «Perché voi siete già come morti, e la vostra vera vita nascosta con Cristo in Dio».  La prima parte della vita cristiana è un libro chiuso. È morta. Gesù è morto per noi e noi siamo morti con Lui. Ma Lui vive per sempre. I nostri destini sono legati al suo. È il mondo di Dio, durerà per sempre.            
– Guardiamo un orizzonte diverso. «Perché – dice Paolo –, quando Cristo, che la vostra vita, sarà visibile a tutti, allora si vedrà anche la vostra gloria, insieme con la sua». 
□ – RISORGEREMO SÌ, MA QUANDO?
Mi chiedo perché per noi si debba attendere la cosiddetta "fine del mondo". Per ognuno, quando muore, è la fine di tutto. Non è semplicistico pensare ad una messinscena di tutti i miliardi di morti e di quanti verranno? Non va letta diversamente l'Apocalisse?» Merano
♦ “A che ora è la fine del mondo?", si chiedeva Ligabue in una canzone del 1994, dove prevedeva: "Fine del mondo in mondovisione. Diretta da San Pietro per l''occasione".  Ma è da un po’ che il Duemila è iniziato, e Ligabue sbagliò senza dubbio indirizzo. A San Pietro e dintorni nessuno attese la fine del mondo imminente.
Mille anni or sono, al termine del primo millennio dell'era cristiana, l'Europa fu percorsa da un fremito di attesa e di paura: la fine del mondo era imminente?  Molte sono le Sette protestanti che ricorrono a tale tema, e pure i giornali riportano, decenni or sono, le tragiche conclusioni cui erano giunte. 
E ora? Salvando le distanze, oggi non si respira tale atmosfera. Si hanno troppe cose da pensare per credere che stia per capitarci in testa la “fine del mondo”; però è un fatto che, alla luce dei disordini in tutti i campi che colpiscono un po' dovunque e sotto le più svariate forme, c’è chi teme di avvicinarsi.
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– Due sole parole sugli “specialisti della fine del mondo”, che, nel secolo sorso, dopo averlo preannunciato varie volte, con date precise, oggi sembra che si siano po’ calmati, constatando che il mondo continua la sua vita. Intendiamo i Testimoni di Geova, chiamati in causa da una signora: «Caro Padre, qui ogni tanto vengono i Testimoni di Geova e mi raccontano tante cose: che viene la fine del mondo, ... e che risorgeranno tutti i morti...  Io rispondo loro che sono 26 anni che è morto il mio primo marito e non è ancora risorto, 4 anni che è morto il secondo e non è ancora risorto... Nella mia ignoranza dico che risorgerà l'anima, ma il corpo è già, marcito. Questo è giusto?».
  La risposta della signora, purtroppo, non è esatta. Quando noi cattolici parliamo di risurrezione, intendiamo ciò che insegna il Vangelo, quello, cioè, che è successo a Gesù stesso, con tutte le conclusioni tirate da san Paolo. Noi parliamo proprio di “risurrezione dei corpi”, anche se sono “marciti” [come nota la signora], ma non di “risurrezione dell'anima”. E questo perché? Perché l'anima per noi non è mai morta, ma è sempre in vita, perché spirituale. Quindi se è sempre in vita, essa non risorge. Sono invece i corpi che per l'onnipotenza divina risorgeranno, trasformati come quello di Cristo, per la gioia o per la pena eterna.
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Perché parlare ancora della fine del mondo? 
La risposta ci viene suggerita dalla natura sociale e cosmica dell’uomo. 
•  L’uomo è, infatti, un essere corporeo-spirituale, che è parte di questo mondo, anche se d'altra parte lo trascende. Non possiamo dunque pensare ad una pienezza totale dell'uomo che non includa la sua corporeità – e pure il cosmo in cui essa s'inserisce. [L’uomo non ha un ‘anima e un corpo, ma è anima e corpo]. 
•  Può ognuno di noi giungere alla perfezione senza gli altri? Siamo tutti consapevoli della dimensione sociale dell'uomo in tutti gli aspetti dell’esistenza. Tale elemento è anche di grandissima importanza per la nostra fede. Non possiamo dunque pensare che con la nostra morte si giunga alla fine di tutto senza tener conto degli altri, di tutta l'umanità. 
Per ciò, non si tratta, quindi, di una "messinscena" di tutti gli uomini, bensì di una realtà molto profonda: nel mistero della solidarietà di tutti gli uomini in Cristo, nella pienezza della Chiesa, affinché noi, come membri del “Corpo di Cristo”, possiamo partecipare pienamente alla vittoria del Capo. 
Naturalmente, non possiamo "descrivere'' in anticipo la modalità il mondo futuro, oppure ciò che accadrà alla fine dei tempi. Le stesse "descrizioni" degli eventi futuri che si trovano nel Nuovo Testamento (o nell’Apocalisse) non vanno intese in un senso letterale, ma sono modi di esprimere una realtà che supera la nostra capacità di capire e d'immaginare. La Chiesa mantiene con fermezza, e ribadisce, la certezza della risurrezione finale, ma è pure consapevole della propria “ignoranza” sul "come" e sul "quando" degli eventi ultimi (cfr. Concilio, Gaudium et spes, 39).
(E l’Apocalisse stessa non va interpretata come fosse la cronaca di un avvenimento normale). 
•   Per quanto riguarda il “dove si mettono i miliardi di defunti”:
1. Gli esseri “spirituali” – come saremo – non hanno un corpo come il nostro –, che occupa spazio.
2. Se anche fosse così, abbiamo un'idea di quanti miliardi di esseri umani potrebbe “ospitare” anche soltanto il piccolo [astronomicamente] sistema solare?

□ – GIUDIZIO FINALE: FANTASIA E REALTÀ
«Guardando una trasmissione sui restauri michelangioleschi della Cappella Sistina, ho pensato al Giudizio Universale, quello vero. Un prete mi diceva che si può credere che non vi è un distacco di tempo tra la morte del corpo e la sua risurrezione (che molti uniscono alla fine del mondo). Ma che il corpo con l’anima, risorge subito, glorificato, cioè in un'altra dimensione. Il cosiddetto Giudizio Universale sarebbe un simbolo della signoria di Dio, del suo giudizio (nel bene o per il male) per singoli e per l'umanità nel suo insieme. Lei che ne pensa?». P.  Gorizia
Nel libro di Daniele l'ultimo giudizio è descritto così: «Furono disposti dei troni, e un Anziano s’assise. Il suo vestito era candido come neve e come lana pura erano i capelli della sua testa. Il suo trono era di fiamme con le ruote di fuoco ardente. Un fiume di fuoco sgorgava e usciva davanti a lui. Mille migliaia lo servivano e miriadi di miriadi stavano in piedi davanti a lui. La corte si assise, e i libri furono aperti...» (Dan 7,9-10). 
–  La profezia descrive una scena che si può vedere con gli occhi. Ora, la maniera in cui il giudizio si svolgerà, sarà molto diversa dal modo in cui un'udienza di un tribunale umano si effettua, per la semplice ragione che il giudizio di Dio non si ambienta nel mondo materiale, non è accessibile ai nostri sensi. Dio non ha capelli, non ha veste, non è seduto su un trono e non ha bisogno di libro.
[C'è di più. Secondo la Lettera agli Ebrei, è stato stabilito che ognuno deve morire, dopo di che viene il giudizio (Ebr 9,27); ma secondo Giovanni, chi non crede è già giudicato, poiché il giudizio si svolge «ora», nel momento in cui ciascuno deve decidere di stare con Gesù o contro Gesù (Gv 12,31)]. 
Ciò mostra che il giudizio non è da considerarsi neppure come un evento limitato ad un attimo del tempo, con una chiara distribuzione dei diversi ruoli. La scena descritta da Daniele è piuttosto una rappresentazione drammatica, che esprime una realtà descritta in categorie accessibili alla nostra esperienza sensibile.
Che cosa è dunque questa realtà, espressa con la scena del giudizio? 
Mi sembra molto importante che la Scrittura insista che il giudizio sarà fatto «secondo le nostre opere» (cfr. Mt 16,27; Rm 2,6; Apoc 22,12). Il nucleo del discorso sul giudizio è che la nostra vita eterna è determinata dal modo in cui nella vita temporale, sotto l'attrazione della grazia, accettiamo la volontà dl Padre, per opera del Figlio, nell'unione con lo Spirito. San Giovanni afferma: «Quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio! E lo siamo realmente! Carissimi, noi fin d'ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato» (1 Gv 3,1-2). 
 La frase può servire per comprendere la realtà del "giudizio". 
Appena abbiamo ricevuto il dono del perdono, il Padre ci giudica giusti. 
Quando moriremo, sperimenteremo il dono che abbiamo, e sentiremo       il   suo immenso valore: questo sarà il nostro "giudizio particolare". 
Alla fine della storia della salvezza, il possesso e il valore della grazia       in noi (= che noi siamo di Dio e Dio è nostro Padre) saranno manifestati a tutto l'universo, e questo sarà il "giudizio universale". 
E, naturalmente, lo stesso discorso vale per il rifiuto del dono, e l'immenso male che è la mancanza della Vita che abbiamo respinto per il peccato. 
L'autore di questo "giudizio" è il Padre, che ha stabilito che il rapporto con il Cristo crocifisso vissuto sulla terra corrisponda al rapporto che avremo con il Cristo glorioso nell'eternità. Si può dire anche che colui che ci giudica è Cristo, perché il criterio secondo cui saremo destinati alla risurrezione gloriosa o alla risurrezione di sconfitta, sarà il nostro rapporto con Lui, pietra angolare, risurrezione o rovina per tutti (cfr. Lc 2,34). E se proprio vogliamo esprimere struttura organica e ordinata di eventi con mezzi immaginativi, sia pur "umani", quale migliore via potremmo trovare che i grandi affreschi del giudizio, che ornano le nostre chiese? [Z. Alszcghyj].
□ – PARADISO, ANCHE GLI ANIMALI?
«… L'altro giorno è successo una mezza tragedia in famiglia: è morto un cagnolino. Può immaginare le lacrime di mio figlio (sette anni!). Ha voluto che gli scavassimo una piccola fossa in giardino, per averlo sempre vicino... Ad un certo punto mi ha chiesto: «Mamma, anche i cagnolini vanno in paradiso?». Per consolarlo, gli ha risposto di sì, anche se non credo... Ma, com'è la storia?». (S.  Monza)
  Siamo proprio strani! C'è sempre più gente che nega l’esistenza stessa del paradiso, mentre altri ci vogliono mettere i cani e i gatti!
   Ebbene, su questo punto non c’è proprio nulla nella Rivelazione di Dio e quindi nella Chiesa! E, qualunque sia la risposta, si tenga ben presente che non si tratta certo del "paradiso" di cui si parla per gli uomini e che, per gli uomini, ha preparato Dio [Non risulta che Gesù Cristo sia morto per i "peccati" degli animali!].  
•  Ma, in proposito che cosa dicono i teologi?  
Dio ha creato tutte le cose per la sua gloria. Egli non crea mai le cose per distruggerle, ma solo affinché siamo più splendenti nel rispecchiare le sue perfezioni: "Quanto sono grandi, Signore, le tue opere! Tutto hai fatto con saggezza, la terra è piena delle tue creature" (Sal 36, 6).
Ma, allora – ci si potrebbe chiedere – perché Dio non risuscita tutti gli animali, selvatici e domestici, per renderceli presenti in paradiso, così che si possa goderne la compagnia e scoprire più perfezioni divine di quanto abbiamo scoperto negli animali limitati, incontrati sulla terra?  
   Dio può fare senz'altro qualunque cosa. Se il nostro cane o gatto prediletto ci davano una gioia grande, manifestandoci la bontà e la gloria divina, perché Dio non dovrebbe continuare a rivelare la sua bellezza nell’infinità quantità di altri animali, di piante, di stelle, di oceani, di montagne, immersi nella sua bontà e magnificenza, che non abbiamo ancora ammirato?
   Dio ci ha dato il potere su tutte le creature esistenti al di sotto di noi. Perciò in paradiso dovremmo aspettarci di trovare non un ricovero di individui inattivi, ma una continua creatività tra gli esseri umani e il mondo della bellezza divina presente in tutte le creature animate (animali, uccelli, pesci, piante, ecc.), e presente in quelli che noi chiamiamo esseri "inanimati", anche se li vedremo come manifestazione dell'energia vitale di Dio, sempre in movimento verso un unità più grande e più consapevole. 
   I nostri piccoli animali rappresenterebbero le prime fonti della nostra conoscenza celeste e troveremo in loro una traccia di Dio. Gusteremo simile bellezza sempre di più, man mano che matureremmo nella scoperta della bellezza divina presente negli altri animali. Li "addomesticheremmo", imparando a contemplare la straordinaria bellezza di Dio in questa o in quella particolare creatura”. – Questo è quanto.  
  • Ho citato un autore “favorevole” (!) a quel bambino e ai sentimenti di tanti altri umani... 
Personalmente, però, non sono della medesima opinione; ma ognuno è libero di pensarla come meglio crede – sempre tenendo presente le precisazioni fatte sopra e ricordando che non è un articolo di fede! Penso – sullo stile del Vangelo – che ad una simile domanda Gesù avrebbe risposto: «Pensate piuttosto a salvare l'anima vostra, e lasciate ogni altra cosa al Padre mio!». 
P. S. E perché solo gli animali che piacciono, e non anche gli altri? (Discriminazione? E la “par condicio” e l’“inclusione”?). Non credo che Gesù sia venuto in mezzo a noi per salvare l’anima degli animali...
Comunque, lasciamo fare al buon Dio? Lui sa che cosa sia meglio per tutti e per tutto, e stiamo in pace.



domenica 7 dicembre 2025

LE LUCI DELLA CITTA' di Padre MAURO ARMANINO


Le luci della città


Titolo di uno dei film più belli e noti di Charlie Chaplin. Film muto del 1931, scritto, prodotto, diretto e interpretato da Chaplin. Le luci della città raccontano con struggente dolcezza la storia di una giovane fioraia cieca che, grazie all’aiuto finanziario del protagonista, ritrova la vista. Il film termina con l’episodio della fioraia che riconosce il suo benefattore tramite una stretta di mano. La mano che, da cieca, aveva avuto modo di sentire e apprezzare come strumento di bontà nei suoi confronti.

A causa del pretesto commerciale del Natale prossimo le nostre città sono inondate di luci. Luci artificiali che si vorrebbero festive, gioiose e spensierate. Si propongono di compensare così le innumerevoli tenebre che sembrano invece prosperare poco lontano. Le luci delle nostre città appaiono false e poco credibili perché, invece di illuminare, accecano gli occhi, le parole e financo una festa così innocente come quella natalizia. Si tratta di luminarie che, in realtà, tradiscono la luce. 

Fanno parte dello spettacolo che, come su un palcoscenico, accendono e attirano l’attenzione su ciò che si vuole sottolineare. Le cose vere e autentiche occorrono però altrove, all’ombra, al buio, nelle trincee che da troppe parti si stanno scavando tra un cimitero e l’altro. Sono, invece di assordanti luci, silenzi gravidi di sofferenze, umiliazioni, paure e file interminabili di sfollati che, protetti dalle tenebre, tentano di scavalcare i fili spinati delle frontiere. Le luci delle città nascondono, complici, le tenebre.

Chi, come chi scrive, ha avuto il privilegio di vivere per alcuni anni in Africa Occidentale, ricorderà i tagli all’elettricità o i blackout improvvisi specie nella stagione calda dell’anno. Nel buio delle capitali e delle città si sentiva con nitidezza la musica prodotta dai generatori di corrente. Di varie dimensioni e per tutte le borse creavano un’atmosfera quasi magica e fatalmente interrotta dal grido di gioia dei bambini quando la corrente era ripristinata. Da quelle parti le luci della città erano povere e vere.

Luci di città beffarde, ingannatrici, eccessive, arroganti e fuorvianti rispetto al mondo e alla verità dell’avvenimento che le luci vorrebbero mistificare. In città sarebbe meglio instaurare l’oscurità, la penombra, il coprifuoco non appena tramonta il sole e fino all’aurora del primo giorno della settimana. Affinché si possa meglio udire il grido ...’sentinella quanto resta della notte’, perché poi ‘arriva il mattino e poi ancora la notte’, risponderebbe la sentinella. Il buio sarebbe più sincero.

Con che diritto e come osare mettere le illuminazioni più sfrontate nelle città quando si fa la propaganda delle guerre e muoiono, lontano dalle luci, i migliori tra loro. Cercatori di utopie, fabbricatori di sogni, disegnatori di nuovi sentieri, funamboli di frontiere inventate, minatori di parole libere e poeti dalle nude mani fioriscono solo nella notte. Bisognerà spegnere le luci superflue e lasciar brillare le stelle per quanti nasceranno quella notte. Tutti sentiranno allora il canto del mattino.

          Mauro Armanino, Casarza, 7 dicembre 2025 

ALL'INSAPUTA poesia di Padre NICOLA GALENO OCD


 

LE ULTIME REALTÀ [I “NOVISSIMI”] settima conferenza – PARADISO di Padre CLAUDIO TRUZZI OCD



LE ULTIME REALTÀ [I “NOVISSIMI”]

7 – PARADISO


□ LA STERMINATA SCHIERA DEGLI ELETTI

[Io Giovanni udii che] «Tutte le creature del cielo e della terra, sotto la terra e nel mare ...dicevano: «A Colui che siede sul trono e all’Agnello lode, onore, gloria e potenza, nei secoli dei secoli». E i vegliardi si prostrarono in adorazione». [Ap. 5, 1-14]


[...] Dopo ciò apparve una gran folla, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua; stava ritta davanti al trono e davanti all’Agnello; indossavano vesti bianche e avevano palme nelle loro mani. Tutti gridavano a gran voce: «La salvezza appartiene al nostro Dio che siede sul trono e all’Agnello!» E tutti gli angeli che circondavano il trono con i Seniori e i quattro Viventi, si prostrarono davanti al trono per adorare Dio dicendo: «Amen! Lode e gloria, sapienza e grazie, onore, potenza e forza al nostro Dio, per i secoli dei secoli. Amen!»

Quindi uno dei Seniori prese la parola e mi disse: «Costoro che sono avvolti in vesti candide, sai tu chi sono e da dove sono venuti?». Io gli risposi: «Signor mio, tu lo sai». Ed egli a me: «Essi sono quelli che vengono dalla grande tribolazione: hanno lavato le loro vesti rendendole candide nel sangue dell’Agnello. Per questo si trovano davanti al trono di Dio e lo servono notte e giorno nel suo tempio.

Colui che siede sul trono distenderà la sua tenda sopra di loro: non avranno più né fame né sete; non li colpirà più il sole, né calore alcuno, poiché l’Agnello che sta in mezzo al trono, li pascerà e condurrà alle sorgenti d’acqua viva, e Dio tergerà ogni lacrima dai loro occhi». [Ap. 5, 1-14] • Il brano è tratto dall’Apocalisse (o “rivelazione”): un genere letterario speciale che per porre a contatto con la rivelazione divina con la storia, si serve del simbolo. Esso si specifica nelle visioni, negli sconvolgimenti cosmici, diventa aritmetico quando ricorre ai numeri, si serve di animali, a volte mostruosi.

Di non semplice interpretazione – anche per gli esperti – esso è quindi da non prenderlo “letteralmente” con leggerezza. La gran folla di cui parla è composta da cristiani provenienti da ogni nazione, martiri di Cristo con il segno della vittoria: palma e veste bianca. La loro felicità consiste nel fatto che Dio abita in essi, li consola, li protegge, li sazia di ogni bene.

Teniamo presente che si tratta di visione, e descrive come presente ciò che invece sarà (anche la loro stessa felicità). Intende rappresentare la grandiosità e la felicità del Paradiso con i concetti che possedeva l’autore in quel tempo.

Noi, come potremmo esprimerlo?

□ PARADISO – Come saremo?

«M’ha colpito la frase di s. Paolo secondo cui che Paradiso "Saremo come gli angeli in cielo". Che significa? Avremo ancora una nostra personalità... E, scusi il tipo di domanda, saremo ancora uomo e donna?».

Sono domande che sottendono, sotto vari aspetti, il medesimo tema: Come sarà la vita eterna?

Catechismo: «Coloro che muoiono nella grazia e nell'amicizia di Dio e che sono perfettamente purificati, vivono per sempre con Cristo. Sono per sempre simili a Dio, perché lo vedono «così come egli è» (1 Gv 3,2), «a faccia a faccia» (1 Cor.13,12) [n. 1023]

Premetto, per chiarezza, che la Fede rivelata afferma, al riguardo, poche cose ma essenziali:

1– Vedremo Dio, saremo con Lui e con Lui godremo di una felicità eterna.

2– C'è una comunione fra noi e coloro che “sono morti nel Signore”.

3– Le cose di questo mondo, come il nostro stesso corpo, avranno un'altra dimensione.

Da questi punti fermi, la Chiesa e i teologi hanno tratto delle conseguenze che mantengono il loro valore, ma che, tuttavia, non sono dogmi di Fede. Quindi ciò che, ispirandomi a loro, cercherò di illustrare (e che non toccano i primi due punti fondamentali sopra elencati) devono essere presi per quello che valgono. – [Un tipo simile di quesiti li posero pure a Gesù!...] [Cfr. Appendice: 1023-1029]


 1° «Saremo come gli Angeli». Cioè: Chi sono e qual è il loro compito? Appaiono nella Scrittura?».

– L'esistenza di esseri spirituali, incorporei – che la Bibbia chiama abitualmente “angeli” –, è verità di fede. La testimonianza della Bibbia è tanto chiara quanto l'unanimità della Tradizione. [cfr. Append.]

– l termine “angelo” designa l’ufficio, non la natura. Se si chiede il nome di tale natura, si risponde che è spirito; se si chiede l'ufficio, si risponde che è angelo: [...]. In tutto il loro essere, gli angeli sono “servitori” e “messaggeri” di Dio. Per il fatto che «vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli» (Mt.18,10), essi sono «potenti esecutori dei suoi comandi» (Salmo 103,20).

– Creature puramente spirituali, essi possiedono intelligenza e volontà: sono creature personali e immortali. Superano in perfezione tutte le creature visibili. [App n. 338-328-336]

– Cristo «con tutti i suoi angeli»

Cristo è il centro del mondo angelico. Essi sono i suoi angeli: «Quando il Figlio dell'uomo verrà nella sua gloria con tutti i suoi angeli...» (Mat. 25,31). Sono suoi perché creati per mezzo di Lui e in vista di Lui: «Poiché per mezzo di lui sono state create tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra, quelle visibili e quelle invisibili: troni, dominazioni, principati e potestà. Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui» (Colossesi 1,16).

– Essi, fin dalla creazione e lungo tutta la storia della salvezza, annunciano da lontano o da vicino la salvezza e servono la realizzazione del disegno di Dio: “Chiudono” il paradiso terrestre, proteggono Lot, salvano Agar e il suo bambino, trattengono la mano di Abramo; la Legge viene comunicata mediante il ministero degli angeli, essi guidano il popolo di Dio, annunziano nascite e vocazioni, assistono i profeti, per citare soltanto alcuni esempi. [Catechismo.] – La vita di Gesù è circondata dall'adorazione e dal servizio degli angeli. [...]

È l'angelo Gabriele che annunzia la nascita del Precursore e quella di Gesù. Il loro canto alla nascita di Gesù non ha cessato di risuonare nella Chiesa: «Gloria a Dio...» (Lc 2,14). Essi proteggono l'infanzia di Gesù, lo servono nel deserto, lo confortano durante l'agonia. Sono ancora loro che evangelizzano la Buona Novella della risurrezione di Gesù. Al ritorno di Cristo, che essi annunziano, saranno là, al servizio del suo giudizio.

Gli angeli nella vita della Chiesa

Ugualmente tutta la vita della Chiesa beneficia dell'aiuto misterioso e potente degli angeli:

– Nella liturgia, la Chiesa si unisce agli angeli per adorare il Dio tre volte santo; invoca la loro assistenza (così nel “In paradiso ti accompagnino gli angeli” (nella liturgia dei defunti); e celebra la memoria di alcuni in particolare (san Michele, san Gabriele, san Raffaele, gli Angeli custodi).

– Dal suo inizio sino all'ora della morte la vita è circondata dalla loro protezione e dalla loro intercessione. «Ogni fedele ha al proprio fianco un angelo come protettore e pastore, per condurlo alla vita».

Fin d’ora noi partecipiamo, nella fede, alla beata comunità degli angeli e degli uomini, uniti in Dio.

2° domanda: «Avremo ancora una mostra personalità...?».

Innanzi tutto, ognuno di noi sarà sempre una persona unica, ma “limitata”. Cioè, il nostro “corpo spiritualizzato” – cioè, il nostro intero essere in rapporto ad altri esseri creati – non sarà qualcosa di fluttuante, di "indeterminato", ma possederà piuttosto dei limiti che lo definiranno. Tali limiti non saranno determinati da una materia quantificata, ma dall'intera persona, che esprime se stessa per mezzo di un corpo “spirituale”, che diventa uno specchio trasparente della persona reale che contiene.

Certo, possederemo la nostra sessualità e saremo riconosciuti come uomo o donna. Ma tali segni non deriveranno più dal ruolo occupato nella società come maschio o femmina (con l'assegnazione di determinate mansioni da svolgere e con tutti i limiti che la nostra società generalmente impone ai diversi sessi). La nostra sessualità sarà considerata singolare partecipazione alla bellezza divina, quando saremo in grado di amare gli altri esattamente in quanto donna o in quanto uomo. Dio ha riversato nella donna qualità che l'uomo non ha, e viceversa. In paradiso la sessualità sarà vista come una qualità per glorificare Dio ed esprimere la nostra unicità come dono per gli altri.

– Da queste premesse, la riposta alla domanda che emerge fra le righe – e che spesso gli uomini si pongono a proposito della vita celeste, è questa: marito e moglie godranno ancora di quell'unità di corpo, anima e spirito che hanno sperimentato sulla terra nei rapporti coniugali? [La domanda dei Sadducei a Gesù!]

Bisognerebbe innanzitutto fare una distinzione tra sesso e sessualità.

In paradiso non ci saranno corpi fisici. Tuttavia, noi saremo completamente noi stessi, maschio o femmina, e vivremo con corpo glorificato rapporti di spirito e di anima. Saremo uniti da un amore particolare a nostro marito, a nostra moglie e ai nostri parenti e amici. Anzi, in ogni sguardo, in ogni parola (espressa o non espressa) e in ogni rapporto, cresceremo verso un'unione di amore più grande ed intima.

In questa vita siamo soliti separare con facilità, almeno intellettualmente, il sesso dal nostro intero essere sessuale, relegandolo semplicemente all'aspetto genitale.

In paradiso, invece, non ci sarà alcuna separazione tra spirito, anima e corpo spiritualizzato, poiché incontreremo le altre persone ai livelli più profondi dell'amore. Le gioie profonde dell'unione che sperimentiamo con una persona a noi cara, nei rapporti coniugali se siamo stati sposati, non solo saranno rivissute, ma saranno gustate in modo più intenso di qualunque altra unione estatica raggiunta sulla terra. Gesù ci insegna: «Quelli che sono giudicati degni dell'altro mondo e della risurrezione dai morti, non prendono moglie né marito; e nemmeno possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, essendo figli della risurrezione, sono figli di Dio» (Lc 20, 35–36). «Quelli che sono giudicati degni dell'altro mondo e della risurrezione dai morti, non prendono moglie né marito; e nemmeno possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, essendo figli della risurrezione, sono figli di Dio» (Lc 20, 35–36).

In paradiso, i limiti della carne saranno superati e godremo di una straordinaria unione di amore con chi ci è caro, mediante l'incontro con lui nella sua interezza e a tutti i livelli.

Perciò sperimenteremo particolari affetti, gioie e intimità come li abbiamo sperimentati sulla terra. Ma questi verranno trasformati in modo tale da racchiudere tutte quelle esperienze d'amore divino sulla terra, che saranno innalzate ad una nuova unione mai sperimentata prima d'ora con una tale pienezza, ma solo fugacemente immaginata nei nostri pensieri su ciò che ci avrebbe atteso nell'aldilà. Certo, il modo in cui in paradiso avverrà simile particolare ed intima unione sessuale senza "sesso" – non basata cioè sull'unione mediante rapporti sessuali – resta, per gli esseri umani, ancora da sperimentare come parte di un’esperienza inimmaginabile che li attende e che deve essere inclusa nell'affermazione di san Paolo: "Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo, queste ha preparato Dio per coloro che lo amano" (1 Cor 2, 9).

□ PARADISO– Rapporto con NOI vivi

«Assistendo al funerale di un'amica, le parole del parroco mi fecero spuntare queste domande: «Riconosceremo ancora i nostri cari che rimangono sulla terra? Che tipi di sentimenti avremo in Paradiso: come potremo essere felici se, per esempio abbiamo lasciato in terra, persone care che ora soffrono per la nostra morte?». ...

La Lettera agli Ebrei descrive i santi del Paradiso come coloro che sulla terra ci circondano: «Circondati da un così gran nugolo di testimoni...». (Eb. 12,1). –

I santi e i nostri cari che ora sono in paradiso ci riconoscono e ci assistono con amore. In paradiso anche noi conosceremo i bisogni dei nostri cari e di coloro che sono sulla terra, e vivremo per servirli nella carità. Intercederemo per loro. Ma vorremo anche comunicare con loro per condividere il nostro amore, la nostra saggezza, i nostri consigli e tutto quanto abbiamo condiviso con loro sulla terra.

– Che tipo di sentimenti avremo in paradiso?

Immersi nell'amore di Dio, parteciperemo dei suoi “sentimenti”: «Amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di se'» (Gal. 5,22). Sono i sentimenti che domineranno nel nostro cuore e in tutti i nostri rapporti. Non avremo quelli provenienti da una natura peccatrice: la rabbia egoistica, ostinatezza, ipocrisia di chi ricerca solo se stesso, saranno state purificate nella terapia del purgatorio.

• Ma, in paradiso non ci potrà essere l'afflizione che deriva dall'essere addolorati per coloro che ancora soffrono? Ci sarà, ma nel modo in cui Dio ha compassione di tutti noi. Sappiamo, infatti, che Dio ha a cuore le nostre sofferenze [non avrebbe fatto tanto, se gli fossimo indifferenti!], ma allo stesso tempo è “Felicità somma”. Per noi in terra, ciò è una esperienza sconosciuta, ma non può essere diversamente.

□ In Paradiso non ci si ANNOIA?

«Mi sono chiesto tante volte, e ancora mi chiedo: Come sarà possibile non annoiarci in Paradiso dove vivremo per tutta l'eternità a “rimirare Dio”? Pur ammettendo che Dio, Creatore e Signore l’universo, possa interessarci, non le sembra che ad un certo punto potremmo anche stancarci? Soprattutto ci mancherà l'interesse alla conquista, la meraviglia delle scoperte, la gioia delle invenzioni. Immagino una vita monotona, fatta di visione beatificante, ma senza più sorprese».

Noi godiamo per tutto il corso della vita, anche se lunga, delle realtà che ci circondano, perché Dio che ha creato l'universo come una casa fatata da offrire all'uomo, ha messo nell'uomo stesso le capacità di sorprendersi e di godere delle meraviglie di questa casa.

"Dio ci ha dato l'intelligenza per comprendere, la volontà per realizzare, un cuore per amare. Ci ha dato gli occhi per vedere le meraviglie del cielo stellato, per godere dell'incanto dei fiori, del volto delle persone care ... Ci ha dato l'udito per cogliere le sinfonie stupende del vento, le armonie del canto e della musica, che a me sfugge. Vorreste aiutarmi a capire meglio?». Ferrara

il cinguettare degli uccelli... Soprattutto Dio ha posto in noi la capacità di amare e di godere l'uno dell'altro.

Ora, il Paradiso dev'essere pensato come una “creazione nuova”, diversa da quella di questo mondo. Se dovessimo vivere in Paradiso soltanto con quello che Dio ci ha elargito per godere ed allietarci qui sulla terra, certamente non potremmo avere in Paradiso pienezza di felicità. Ma Dio, che ci ha creati per la felicità, al momento in cui lasceremo questa terra per entrare nella sua Casa, compirà per noi una «creazione nuova». Il che significa che porrà in noi altre capacità d’intendere, di vedere, d’udire, d’allietarci, di gioire, di godere per meraviglie che mai occhio vide e orecchio udì. In verità, sarà una nuova creazione – [Cfr. san Paolo, 1° Corinzi 15,35-37.42-44]

Una cosa è certa: Gesù Cristo, nell'ultima sera della sua vita, chiese al Padre di glorificare la sua umanità con la medesima gloria che aveva prima che il mondo fosse, cioè con la gloria infinita della divinità. Noi che per l'Incarnazione del Figlio di Dio partecipiamo all'umanità che Cristo assunse nel grembo verginale di Maria SS.ma, parteciperemo a quella stessa gloria.

Non è possibile pensare che la gloria di Dio possa dare luogo alla noia, perché allora, prima di noi, si annoierebbe Gesù Cristo stesso, la Madonna e gli Angeli del cielo...! Ma la verità è che non è possibile farci, ora, un'idea adeguata della felicità celeste.

□ IN "PARADISO", SAREMO LIBERI?

«In una omelia, ho ascoltato, il sacerdote affermare che in paradiso non saremo più liberi. Non avremo scelta: la presenza di Dio ci assorbirà. Sarà tutto molto bello, ma obbligatorio (io almeno ho capito così). Vuol dire, dunque, che in paradiso saranno annullate la nostra personalità e libertà? Ma, forse, il sacerdote voleva dire qualcosa d'altro"

1 – La vita eterna è la pienezza della comunione con Dio. Il suo amore, trasformandoci completamente, farà di ciascuno di noi una cosa sola con Lui. Lungi però dall'annullarla, metterà in risalto al massimo la nostra personalità. È, infatti, una caratteristica del vero amore il rispettare, e non già l’assorbire la persona dell'altro.

2 – Quanto poi al secondo problema – e cioè se in paradiso saremo ancora liberi – occorre premettere una considerazione. Come sappiamo, la libertà – nel senso radicale del termine è la possibilità di fare ciò che vogliamo: d’andare al cinema anziché a scuola, e viceversa, ecc.

Questa facoltà, però, non è fine a se stessa, ma è finalizzata al bene. L'uomo è fatto per la felicità, che egli trova quando raggiunge la verità ed il bene. Ne segue che la libertà, vista nel suo esercizio, è strettamente legata con l'educazione: educazione della mente mediante la cultura ed educazione della volontà mediante l'auto-disciplina, che ci pone in grado di orientarci verso i valori autentici. Si comprende allora che noi saremo tanto più liberi quanto più conosceremo la verità e diventeremo capaci di compiere il bene. E noi cristiani sappiamo che la Verità ed il Bene, in ultima analisi, s’identificano con Dio, con la sua parola.

Le persone più libere di questo vita sono i santi, perché, cercando d’imitare Gesù, sono giunti a sintonizzarsi talmente con i suoi pensieri ed i suoi sentimenti da essere praticamente incapaci di fare il male.

L’affermazione che in paradiso “non saremo più liberi” significa precisamente questo: pur essendo fondamentalmente liberi, la nostra mente sarà talmente illuminata dalla verità e la volontà sarà talmente unificata con Dio e con la sua volontà da esser incapaci di scegliere qualcosa in contrato con Lui.


DOTTRINA DELLA CHIESA–

Paradiso (Catechismo, n. 1023-1029)

– Coloro che muoiono nella grazia e nell'amicizia di Dio e che sono perfettamente purificati, vivono per sempre con Cristo. Sono per sempre simili a Dio, perché lo vedono «così come egli è» (1 Gv 3,2), «a faccia a faccia» (1Cor.13,12):

– «Con la nostra apostolica autorità definiamo che (...) le anime di tutti i santi morti prima della passione di Cristo [...] e quelle di tutti i fedeli morti dopo aver ricevuto il santo Battesimo di Cristo, nelle quali al momento della morte non c'era o non ci sarà nulla da purificare, quando dopo la morte, si saranno purificate, [...] anche prima della risurrezione dei loro corpi e del giudizio universale [...] sono state, sono e saranno in cielo, associate al regno dei cieli e al paradiso celeste con Cristo, insieme con i santi angeli. [...».

– Questa vita perfetta, questa comunione di vita e di amore con la Santissima Trinità, con la Vergine Maria, gli angeli e tutti i beati è chiamata “il cielo”. Il cielo è il fine ultimo dell'uomo e la realizzazione delle sue aspirazioni più profonde, lo stato di felicità suprema e definitiva.

– Vivere in cielo è «essere con Cristo». Gli eletti vivono «in lui», ma conservando, anzi, trovando la loro vera identità, il loro proprio nome: (...) La vita, infatti, è stare con Cristo, perché dove c'è Cristo, là c'è la vita, là c'è il Regno».

– Con la sua morte e risurrezione Gesù Cristo ci ha «aperto» il cielo. La vita dei beati consiste nel pieno possesso dei frutti della redenzione compiuta da Cristo, il quale associa alla sua glorificazione celeste coloro che hanno creduto in Lui e che sono rimasti fedeli alla sua volontà. Il cielo è la beata comunità di tutti coloro che sono perfettamente incorporati in Lui.

– Questo mistero di comunione beata con Dio e con tutti coloro che sono in Cristo supera ogni possibilità di comprensione e di descrizione. La Scrittura ce ne parla con immagini: vita, luce, pace, banchetto di nozze, vino del Regno, casa del Padre, Gerusalemme celeste, paradiso: «Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo, queste ha preparato Dio per coloro che lo amano» (1 Cor 2,9).

– A motivo della sua trascendenza, Dio non può essere visto quale è se non quando Lui stesso apre il suo mistero alla contemplazione immediata dell'uomo e gliene dona la capacità. Questa contemplazione di Dio nella sua gloria celeste è chiamata dalla Chiesa «la visione beatifica» ...

– Nella gloria del cielo i beati continuano a compiere con gioia la volontà di Dio in rapporto agli altri uomini e all'intera creazione. (...).

I. Gli ANGELI (Catechismo n. 328-336) – L'esistenza degli angeli - una verità di fede

– L'esistenza degli esseri spirituali, incorporei, che la Sacra Scrittura chiama abitualmente angeli, è una verità di fede. La testimonianza della Scrittura è tanto chiara quanto l'unanimità della Tradizione.

Chi sono?

– [...]

– In quanto creature puramente spirituali, essi hanno intelligenza e volontà: sono creature personali e immortali.

Superano in perfezione tutte le creature visibili. Lo testimonia il fulgore della loro gloria Cristo «con tutti i suoi angeli»

– Cristo è il centro del mondo angelico. Essi sono i suoi angeli: «Quando il Figlio dell'uomo verrà nella sua gloria con tutti i suoi angeli [...]» (Mat. 25,31). Sono suoi «Poiché per mezzo di lui sono state create tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra, quelle visibili e quelle invisibili: troni, dominazioni, principati e potestà. Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui» (Col 1,16). Sono suoi ancor più perché li ha fatti messaggeri del suo disegno di salvezza: «Non sono essi tutti spiriti incaricati di un ministero, inviati per servire coloro che devono ereditare la salvezza?» (Eb 1,14).

– Essi, fin dalla creazione e lungo tutta la storia della salvezza, annunciano da lontano o da vicino questa salvezza e servono la realizzazione del disegno salvifico di Dio: chiudono il paradiso terrestre, proteggono Lot, salvano Agar e il suo bambino, trattengono la mano di Abramo; la Legge viene comunicata mediante il ministero degli angeli, essi guidano il popolo di Dio, annunziano nascite e vocazioni, assistono i profeti, per citare soltanto alcuni esempi. È [Catechismo.]

– La vita di Gesù è circondata dall'adorazione e dal servizio degli angeli. [...][Catechismo.] È l'angelo Gabriele che annunzia la nascita del Precursore e quella di Gesù. Il loro canto alla nascita di Gesù non ha cessato di risuonare nella Chiesa: «Gloria a Dio...» (Lc 2,14). Essi proteggono l'infanzia di Gesù, lo servono nel deserto, lo confortano durante l'agonia. Sono ancora loro che evangelizzano la Buona Novella della risurrezione di Gesù. Al ritorno di Cristo, che essi annunziano, saranno là, al servizio del suo giudizio.

Gli angeli nella vita della Chiesa

– Allo stesso modo tutta la vita della Chiesa beneficia dell'aiuto misterioso e potente degli angeli.

– Nella liturgia, la Chiesa si unisce agli angeli per adorare il Dio...; invoca la loro assistenza (così nel “In paradiso ti accompagnino gli angeli – nella liturgia dei defunti,; o ancora nell'«Inno dei cherubini» della liturgia bizantina, e celebra la memoria di alcuni angeli in particolare (Michele, Gabriele, Raffaele, Angeli custodi).

– Dal suo inizio sino all'ora della morte la vita umana è circondata dalla loro protezione e dalla loro intercessione.

«Ogni fedele ha al proprio fianco un angelo come protettore e pastore, per condurlo alla vita». Fin da quaggiù, la vita cristiana partecipa, nella fede, alla beata comunità degli angeli e degli uomini, uniti in Dio.

Domani è il giorno dell'Immacolata concezione per cui ho pensato di chiudere questa parte della conferenza con l'Immagine della Vergine assunta al Cielo.


venerdì 5 dicembre 2025

SAN NICOLA 6 DICEMBRE auguri a tutti coloro che si chiamano Nicola e Nicoletta


La leggenda di San Nicola vescovo di Myra, narra di numerosi atti 
di generosità e miracoli, come aver donato doti d'oro a tre fanciulle
per impedire che fossero avviate alla prostituzione. Questa e altre storie, 
come il salvataggio di marinai durante la tempesta, hanno contribuito a
creare la sua immagine di benefattore. La sua figura è anche l'origine
di Babbo Natale e le sue celebrazioni sono legate alla notte tra il 5 e 6
dicembre.

Un augurio speciale a padre NICOLA GALENO OCd, Buon onomastico religioso! 


BENVENUTO|

Il Paradiso non può attendere: dobbiamo già cercare il nostro Cielo qui sulla terra! Questo blog tratterà di argomenti spirituali e testimonianze, con uno sguardo rivolto al Carmelo ed ai suoi Santi