AFORISMA

Meglio aggiungere vita ai giorni, che non giorni alla vita
(Rita Levi Montalcini)

Nostra Signora del Carmelo

Nostra Signora del Carmelo
colei che ci ha donato lo scapolare

lunedì 28 aprile 2014

Come si prega il Santo Rosario

Come si prega il Santo Rosario




Delle origini della preghiera mariana credo se ne sia parlato in modo esauriente.Del motivo per cui si festeggia nel Mese di Maggio la Madonna, altrettanto. Sono una carmelitana secolare, e da quanto ho appreso nella formazione, pregare è per noi carmelitani (Frati e Monache in primis) l’espressione al centro del nostro carisma. Pregare per tutti indistintamente. Pregare soprattutto per coloro che non hanno fede, per coloro che non hanno compreso che è il modo più diretto per dialogare con il Signore e con la Madre Sua amatissima. Allora, quando preghiamo il Rosario, non facciamolo in modo meccanico, di corsa, come fosse la recita di una poesia imparata a memoria.

I tre saluti separati:

L’ “Ave Maria” è la preghiera più diffusa tra quelle che rivolgiamo a Maria, non è invenzione di nessun devoto. La prima parte deriva dalla Bibbia: richiama i due saluti che, nel Vangelo di Luca, prima l’Angelo Gabriele e poi la cugina Elisabetta, porgono alla Vergine. La seconda parte è teologicamente costruita in relazione al mistero di Maria, alla sua santità e maternità divina.
Questa preghiera assomiglia ad un coro a tre voci: La prima voce l’interpreta l’Arcangelo Gabriele, la seconda ce la narra l’Evangelista Luca, quando racconta della visita di Maria ad Elisabetta, la terza voce è quella della Chiesa, cioè la successione ininterrotta di figli suoi che l’hanno tenuta come Madre dal momento della sua esistenza ad oggi: figli in necessità, figli riconoscenti, figli che ripetono: Santa Maria, Madre di Dio, prega per noi peccatori, adesso e nell’ora della nostra morte.

AVE MARIA:                   ti saluto Madre di Dio e Madre nostra
PIENA DI GRAZIA:          sei la persona che il Signore ha scelto come Madre del
                                     Salvatore e te ne siamo grati
IL SIGNORE E’ CON TE:   si tratta di un’unione profonda tra un essere umano e   
                                     Dio nostro Padre, la stessa che dovremmo sentire
                                     anche noi cristiani
TU SEI BENEDETTA TRA TUTTE LE DONNE E BENEDETTO IL FRUTTO DEL SENO TUO GESU’:                           
                                      una lode immensa, un ringraziamento profondo a  colei che con il                                       suo sì, è stata l’artefice della nostra salvezza, accogliendo il Figlio                                        di Dio nel suo grembo per donarlo a tutte le creature.

Quando recitiamo il Santo Rosario –  facciamolo senza fretta - almeno alla prima Ave Maria, meditiamo e pensiamo intensamente al significato delle nostre parole rivolte alla Vergine, interiorizziamole, in questo modo, la nostra preghiera diverrà dialogo diretto tra noi e la nostra Madre Celeste.


Danila Oppio ocds






   
                            



domenica 27 aprile 2014

OGGI FESTA GRANDE: SANTI DUE PAPI!

Jorge Mario Bergoglio li ha canonizzati durante la messa solenne in piazza San Pietro. Applausi alla folla quando Joseph Ratzinger arriva sul sagrato. L’abbraccio di Francesco a Benedetto XVI


IACOPO SCARAMUZZI   
CITTÀ DEL VATICANO



Beatos Ioannem XXIII et Ioannem Paulum II Sancots esse decernimus et definimus, ac Sanctorum Catalogo adscribimus…”. Sono le 10.15 quando Papa Francesco dichiara santi Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II. Su piazza San Pietro pioviggina, la folla di fedeli è in silenzio. A riprova della gravità della decisione, il cardinale Angelo Amato, prefetto della congregazione dei Santi, si era rivolto per tre volte al Papa con altrettante “petitio” per chiedergli la canonizzazione dei suoi due predecessori. “Ad onore della Santissima Trinità, per l’esaltazione della fede cattolica e l’incremento della vita cristiana, con l’autorità di nostro Signore Gesù Cristo, dei Santi Apostoli Pietro e Paolo e Nostra, dopo aver lungamente riflettuto, invocato più volte l’aiuto divino e ascoltato il parere di molti Nostri Fratelli nell’Episcopato, dichiariamo e definiamo Santi – è la risposta pronunciata da Jorge Mario Bergoglio in latino – i Beati Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II e li iscriviamo nell’albo dei Santi e stabiliamo che in tutta la Chiesa essi siano devotamente onorati tra i Santi”. Un applauso attraversa la marea umana di pellegrini che si estende oltre i giardini di Castel Sant’Angelo e i ponti sul Tevere.


I due Papi sono santi. Sul sagrato della basilica vaticana, altri due Pontefici. Benedetto XVI è giunto poco prima dell’inizio della messa. Vestito con gli stessi paramenti liturgici, colore bianco semplice, degli altri cardinali che lo seguiranno, si muove a piccoli passi. Dalla folla, che osserva da vicino l’evento grazie ai maxi-schermi, si leva un applauso. Accanto a lui mons. Georg Gaenswein, suo segretario e prefetto della Casa pontificia. Fino ad allora Gaenswein aveva accolto sul sagrato reali, presidenti e presidenti del Consiglio: il premier italiano Matteo Renzi accompagnato dalla moglie Agnese, quello francese Manuel Valls, i reali di Belgio e di Spagna (le due regine, Paola e Sofia, le sole che il protocollo ammette vestite di bianco), l’anziano e discusso presidente dello Zimbabwe Robert Mugabe, i vertici dell’Unione europea (José Manuel Barroso e Herman Van Rompuy),  il premier irlandese Enda Kenny, il presidente libanese Michel Sleiman, quello polacco Bronislaw Komorowksi, il presidente e il premier dell'Ungheria, Janos Ader e Viktor Orban… Quando arriva, Joseph Ratzinger si siede alla sinistra dell’altare, nel settore riservato ai porporati, saluta da lontano, inforca lentamente gli occhiali e apre il libretto della messa. Prima che i cardinali, in fila, vadano a salutarlo, qualcuno baciandogli la mano, è il cardinale Roger Etchegaray, vice-decano del collegio cardinalizio, che si intrattiene con lui alcuni secondi. Lo avvicina poi Suor Tobiana, storica collaboratrice di Papa Giovanni Paolo II. Mons. Gaenswein accoglie sul sagrato Giorgio Napolitano, affiancato dalla consorte, la signora Clio, e li invita a salutare il Papa emerito, che con il Presidente della Repubblica ha sempre avuto un cordiale rapporto. Ratzinger si alza, i tre conversano brevemente. Papa Francesco, nel frattempo, giunge sul sagrato ultimo dei cardinali, nuovi applausi, benedice l’altare con l’incenso, poi si reca a sua volta, dopo tutti i porporati, a salutare il suo predecessore. Joseph Ratzinger di nuovo si alza in piedi, i due si abbracciano, la folla prorompe in un nuovo applauso.


Dopo la proclamazione della santità di Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, accanto all’altare sono state portate le rispettive reliquie. A portare quella di Angelo Roncalli, un pezzo di pelle prelevato durante la riesumazione della salma per la beatificazione, quattro nipoti del Papa bergamasco assieme al sindaco di Sotto il Monte, il paesino natale del Pontefice, e il direttore della fondazione Giovanni XXIIII. A portare la reliquia di Giovanni Paolo II, un lembo di stoffa intriso del suo sangue, invece, è Floribeth Mora Diaz, la donna della Costa Rica la cui guarigione inspiegabile è stato il miracolo che ha permesso la canonizzazione, accompagnata dal marito. La suora francese miracolata per la beatificazione di Wojtyla, Marie Simone Pierre, dirà un'intenzione in francese durante la preghiera dei fedeli. La messa, preceduta dalla recita della coroncina della misericordia (questa domenica è per la Chiesa cattolica la festa della divina misericordia introdotta da Giovanni Paolo II), è iniziata alle dieci con le litanie dei santi e la processione dei celebranti. Dopo le letture, l’omelia di Papa Francesco, la liturgia eucaristica, il Regina coeliconclusivo. La cerimonia dovrebbe concludersi attorno a mezzogiorno.

Sono lieta di ricordare il nostro Padre Carmelitano Scalzo P. Teresio Raiteri quando, in occasione di un incontro con Papa Wojtyla, è stata scattata questa foto. Entrambi sono in Cielo, ed ora uno dei due è anche Santo!


Domenica della Divina Misericordia

Omelia della II Domenica di Pasqua  
Di Padre Antonio Mazzoni

Sono diversi i motivi che colpiscono la nostra attenzione riguardo a questo brano del Vangelo (L’incontro di Cristo con gli Apostoli, dopo la sua Risurrezione, e con Tommaso).
1)    La paura degli Apostoli
2)    L’apparizione del Cristo
3)    Il dono dello Spirito
4)    Il potere di rimettere i peccati
5)    L’invio in missione
6)    L’incredulità di Tommaso e la sua professione di fede
7)    La beatitudine per quelli che credono senza aver visto.
Ma c’è un altro aspetto assai importante, al quale noi forse non diamo il giusto peso, ma che è fondamentale: il segno dei chiodi e la ferita al petto. I segni delle sofferenze di Cristo non sono cancellati ma sono lì a testimoniare che Egli è entrato nell’altra vita rimanendo sé stesso, portando nell’altro mondo i frutti dell’opera di salvezza da Lui compiuta in obbedienza al disegno del Padre. Cristo Risorto non è un fantasma, ma è il Gesù Crocefisso, l’uomo dei dolori, l’uomo che ha dato la sua vita per salvare il mondo.
Anche noi, quindi, come veri discepoli di Cristo, quando raggiungeremo la vita eterna, porteremo con noi quello che avremo fatto in questa vita terrena. Porteremo su di noi i segni di tutto ciò che avremo fatto per essere veri seguaci di Cristo, ma porteremo anche i segni dei nostri vizi e delle nostre sconfitte. Facciamo quindi molta attenzione a non sprecare la nostra vita, ad usare bene del nostro tempo. Il dono della vita che Dio ci ha dato ha un significato e un valore inestimabile e quindi resterà la traccia di ogni atto che faremo, proprio come i segni dei chiodi e della lancia sul Corpo glorioso di Cristo. Tocca a noi decidere quale volto vogliamo avere per l’eternità. In questa vita terrena in cui il tempo fugge veloce, noi siamo chiamati a costruire il nostro destino eterno. Quando verrà il momento di lasciare questa dimora terrena, dovremo lasciare tutto: cose, onori, potere, persone…
Facciamo quindi attenzione a costruire la casa sulla roccia e non sulla sabbia. Solitamente noi diciamo ai nostri bambini: “Che cosa ti piacerebbe fare da grande?”.Ma i sogni dei bambini sono ambizioni che spesso non si avverano, sono sogni  infantili.
Da adulti dobbiamo porci questa domanda: qual è il progetto della mia vita? Bisogna andare fino in fondo e non fermarsi lungo la strada rincorrendo cose futili, provvisorie o, peggio ancora, cose dannose, che rovinano l’esistenza. Molte persone hanno l’ambizione di riuscire in cose che non valgono. Il cristianesimo è veramente affascinante se noi seguiamo Cristo fino in fondo. Gesù dice che non si può mettere un pezzo di stoffa nuova su un vestito vecchio. Il progetto del cristiano è questo: seguire Cristo totalmente, perché solo così potremo uscire dalla nostra oscurità, dalle nostre insoddisfazioni, dalle false illusioni, dalla pigrizia e dalla noia. Seguiamo Cristo con tutte le nostre forze e Lui non ci lascerà mai, come ci dice nel Vangelo di oggi: Cristo ieri, oggi e sempre!

Nota: Mi pare che questa omelia si ricolleghi felicemente all’articolo che ho scritto e che è stato pubblicato sul Bollettino Parrocchiale del Santuario di Santa Teresa del Bambino Gesù e anche su questo blog. Quel Cristo Risorto di cui ho parlato, quella Risurrezione in forma pneumatica, o spirituale, non modifica che l’aspetto esteriore di un essere umano trasferitosi nella Vita eterna, ma mantiene intatti i segni di quella che è stata la sua vita terrena: in Cristo, le sue piaghe, a testimonianza della sua Passione offerta per la nostra salvezza, e in noi, i segni del nostro agire nel bene o nel male.
Per questo Cristo è stato riconosciuto dai discepoli di Emmaus e dai suoi apostoli  quelle sere in cui lui si è presentato a loro risorto, così come Maria di Magdala lo ha riconosciuto nel momento che l’ha chiamata per nome.
Cristo si è presentato a loro con i segni e le parole di quel che era come uomo, nella sua totale interiorità, ovvero la sua anima immortale. Così noi, quando risorgeremo, saremo riconosciuti non dal nostro aspetto fisico (Gesù non è stato riconosciuto dagli occhi degli uomini, nel suo aspetto fisico di quando i suoi piedi calpestavano la Terra, ma dai Suoi gesti e dal Suo linguaggio.
Grazie Padre Antonio, per la bella omelia che mi ha dato conforto in quel che avevo già esternato, e ulteriori punti di riflessione.
In sintesi, quando noi passeremo “a miglior vita”- e questa non è una proposizione assurda, tutt’altro! – saremo noi stessi davvero, con il nostro bagaglio di cose ben fatte, ma anche con le ferite dei nostri errori, pur se il nostro aspetto esteriore non sarà quello che abbiamo attualmente. Sarà poi Gesù a risanare le nostre ferite, con la sua  Divina Misericordia (oggi ne è il giorno) e con il suo Perdono!

Danila Oppio



mercoledì 23 aprile 2014

Ieri mio nipote Simone era a Roma, per la sua Professione di Fede. E per incontrare il Papa.
Ha scattato dal suo cellulare queste due belle foto, e considerata la gran folla, è stato fortunato ad avvicinarsi tanto al Vicario di Cristo. Ho seguito alla TV l'intera mattinata, condividendo l'emozione di Simone. Danila


In memoria di Padre Pierluigi Pertusi

J M J T     Parma 22-4-2014


PASQUETTA LISTATA A LUTTO

Nella tarda serata di ieri
21 aprile 2014
 è mancato
ad Uji, vicino a Kyoto,
il decano della Provincia Lombarda
e fondatore della Missione in Giappone,
P. Pierluigi Pertusi di S. Cristina.

Sarebbero mancati quattro mesi scarsi
al compimento dei 100 anni.
Anche in questo ha voluto imitare
l’amico salesiano
Don Renato Tassinari,
fermatosi lui pure
in dirittura del traguardo del secolo.
Staranno ora entrambi dialogando
col loro amato Don Vincenzo Cimatti,
più che in odore di santità.

Presentiamo questa carrellata di foto
presa dal mio Archivio ufficioso,
lasciando a qualche premuroso postero
il compito di precisare luoghi e date... 



EMMAUS 

(Ripensando al caro P. Pierluigi Pertusi)
Nel momento delle sue esequie


Ci sembra così strano che non abbia
nulla afferrato di tanto scalpore,
che tenne in ansia tutta la città,
Straniero dalla faccia stralunata!

Era Gesù di Nazaret la stella
di tanti nostri cuori. Venne spenta
dalla malvagità dei nostri capi.

E’ vero che le solite donnette
vanno dicendo cose che si basan
sul fatto che sarebbe lui risorto
il terzo giorno, eppur non l’hanno visto.
S’è chiuso quel capitolo per noi.

Non resta che tornare sfiduciati,
pronti a subir i frizzi della gente
che vide l’entusiastica partenza
quando al suo gruppo aggregarci volemmo.
Emmaus, tu dovresti scomparire
ormai per questo smacco sì cocente...

Eppure tu, Straniero, non ti abbatti
e sai novella grinta sfoderare,
mostrando conoscenza approfondita
delle Scritture Sacre. Tu non parli
col compassato stile dei rabbini,
ma come se vivessi di persona
le tante profezie del passato,
sapendole tra loro collegare.

Avvince la parlata i nostri cuori,
che paion riscoprire la speranza.
E’ forse solo timida fiammella

o linfa che ritorna a circolare...

Adesso cosa fai? Vuoi proseguire
da solo questo viaggio nella notte,
soltanto dalla luna rischiarato?
Credici: non puoi farlo. Non rischiare!
Vieni a cenar con noi e qui pernotta!

Il core pare tutto ossigenarsi
dinanzi all’insperato tuo consenso.
Sì, questa Cena sembra il sospirato
banchetto che da tempo ci mancava.
Vediamo sol il pane sulla mensa,
eppure sa irraggiar una fragranza
capace d’appagar la stessa fame.

Adesso lo sollevi e guardi il cielo,
dicendo le parole sublimanti
che sanno far cader le nostre squame.
Or contempliamo il Maestro risorto!


Vorremmo dire tutto il nostro grazie
chiedendoti perdono per la troppa
glacialità di questi nostri cuori:
nulla capimmo della tua Missione!

Ma tu ti sei dissolto... Cosa fare?
Sentiamo la vampata dell’Amore
e senza indugio in viaggio ci mettiamo...

Gerusalemme, sembri più vicina
e pur la luna gode nel sentire
i nostri sì gioiosi ritornelli.
Col Cristo in cor andremmo dappertutto,
ignari d’ogni atavica paura!

(Parma 23-4-2014), Padre Nicola Galeno




martedì 22 aprile 2014

Le scarpette della Madonna dell'Annunziata a Napoli

di Paolo Barbuto

La statua della Madonna dell’Annunziata non è al centro della chiesa. Si trova in un angolo, dentro una teca dai vetri puliti di fresco. I lunghi capelli che coprono il mantello azzurro sono veri: le donne del quartiere: se ne privarono per regalarli alla mamma di tutti i bimbi abbandonati. 

Suor Maura ha un’età indefinita, sulle spalle il peso di una vita intera, cammina a fatica ma sorride in quella maniera dolce che solo certe donne sante conoscono. Suor Maura racconta la storia delle scarpe della Madonna. Storia, favola dolce. Nessuno lo chiama miracolo, per carità. Qualcuno la definisce leggenda. La voce flebile si perde nel chiaroscuro della chiesa. La statua della Madonna viene curata con amore dalle suore. Capelli sempre in ordine, vestiti lindi, comprese le scarpine. Che vanno cambiate spesso, perché la suola si consuma. E qui la realtà si fonde con leggenda e fantasia.

Per il quartiere, quelle scarpine consumate sono il segno di un miracolo: «La Madonna va a visitare tutti i suoi figli», dice senza ombra di dubbio una donna di Forcella. Suor Maura conferma. Quelle scarpine consumate vengono trattate come reliquie, anche se per la Chiesa non sono tali. Sono custodite con amore, vengono affidate a chi ha bisogno di una grazia. Una mamma le infila sotto al cuscino del figlio malato finché non guarisce; un marito le chiede per la moglie in fin di vita: «Solo che una volta una donna me ne chiese una, e non me l’ha più restituita».

Suor Maura per un solo istante s’incupisce. Dicono che la Madonna continui ancora oggi a vegliare sui bimbi dell’Annunziata. Raccontano che un giorno un medico in servizio di notte ha sentito una voce chiamare il suo nome. Quella voce lo ha trascinato davanti alla culla di un neonato, poi è sparita. «Quel bimbo stava soffocando, la Madonna l’ha salvato». La Madonna che consuma le scarpe, quella notte vegliava su uno dei suoi figli. Forse non sarà un miracolo, ma crederci non costa nulla...

(tratto da "Il Mattino" del 5 ottobre 2009)



In memoria di Padre Pierluigi Pertusi Missionario in Giappone

Ciclo su Trittico pertusiano in memoria di P. Pierluigi Pertusi (1914-2014)

(Monastero di Brugora)


ULTIMA CENA 

(Per i 70 anni di Ordinazione sacerdotale di P. Pierluigi Pertusi)

Dolce Maestro, sempre mi ritrovo
nel gesto di Giovanni che posare
ti volle sovra il petto la sua testa
onde captare tutto il palpitare
del Cuore che conosce sommo Amore!
Tu mi chiamasti nella santa vigna
di questa Chiesa, fatta per portare
sino a i confini estremi della terra
quell’unica Parola che ci salva
e lieto pur la patria abbandonai!
E’ bello questo spendersi continuo
sapendo che soltanto ci alimenta
la fiamma inestinguibil dell’Amore
che tu volesti porre dentro al cuore
d’un umil portatore di salvezza!

(Legnano 10-12-2006), Padre Nicola Galeno

Per l’80° di Professione Religiosa di un missionario carmelitano 96enne


LA SUPPLICA DI P. PIERLUIGI PERTUSI  

Vergine, non credevo di vedere
la fine del nazismo e comunismo...
I medici mi davan già spacciato
oltre quarantacinque anni fa.
Invece grazie a Te sto celebrando
sedici lustri di consacrazione
in questa dolce Casa del Carmelo.
Stessa freschezza sento di quel giorno
quando come il tuo Bimbo m’affidai
alle sicure braccia della Mamma!

(Ferrara 19-8-2010), Padre Nicola Galeno



Convento di Uji 2004: P. Pierluigi accompagna all’armonio F. Antonio Inoue

NOVANTASETTE ANNI  



Venne dato per spacciato
quasi cinquant’anni fa...
Sono morti i suoi dottori:
lui rimane ancor di qua!

Chi potrebbe mai narrare
le molteplici avventure
di quegli anni tra i Cinquanta
e i Sessanta nel sud-est

di quell’Asia misteriosa
visitando le sparute



Consorelle circondate
dagli islamici regimi?

Vide crescer il Carmelo
femminil pur in Giappone
sempre il nettare a lor dando
della spiritualità!

Campa, campa, gran Pertusi!
Tutti gli altri sono fusi...
Solo tu punti al traguardo
dei cent’anni nel Carmel!

(Parma 4-8-2011), Padre Nicola Galeno



venerdì 18 aprile 2014

Antologia I MIGLIORI ANNI

Antologia I MIGLIORI ANNI


Ho partecipato al concorso nazionale indetto dal Caffè Letterario La Luna e il Drago, un mio breve racconto ha conseguito il Primo Premio, ed è stato pubblicato nella relativa antologia.
Nella stessa edizione appare anche la poesia dell'amico, scrittore e poeta, dott. Tommaso Mondelli.
Sono lieta di condividere con voi le nostre opere.

All’ombra dei migliori anni

Quanta biancheria da stirare! Accendo la radio perché mi faccia compagnia. Ne sgorga una ballata di De André ed è subito flashback! Vedo Franco e Anna, seduti su di una panchina di Piazza Mirabello. Suonano la chitarra e stanno eseguendo proprio questa canzone. La voce del ragazzo è profonda e, in barba ai suoi soli diciassette anni – gli stessi di Anna – ricorda quella di Fabrizio.

All’ombra dell’ultimo sole
S’ era assopito un pescatore…

La memoria torna indietro come un boomerang, di decine d’anni. Era il ’68, tempo di contestazioni giovanili, e non solo. I miei amici suonavano bene, avevano una bella voce, un vero piacere ascoltarli.

E aveva un solco lungo il viso
Come una specie di sorriso

Molti rimpiangono la gioventù passata, come avessero perso qualcosa che non si può recuperare, con nostalgica malinconia. Io no. Sono felice di avere gli anni che ho, e una vita vissuta pienamente. A quell’età post-adolescenziale si hanno idee fumose, progetti a volte assurdi e tanta, tanta paura del futuro.
Ci si chiede: come sarà? Sarò felice? Si sbobinano film mentali a volte cupi, oppure surreali. Ipotizziamo la vita che si dipanerà davanti a noi, simile a una strada che ci condurrà in nessun posto o colma di sogni irrealizzabili.

Venne alla spiaggia un assassino
Due occhi grandi da bambino

Il futuro potrebbe anche rivelarsi un assassino che uccide i nostri sogni giovanili. Quegli occhi grandi da bambino si potrebbero spalancare su un orizzonte sereno, su panorami di straordinaria bellezza…perché no?

Due occhi enormi di paura
Erano gli specchi di un’avventura

Giusto, la vita è un’avventura, dalla nascita, ciascun giorno della nostra esistenza potrebbe essere vissuto passivamente, oppure affrontato con grinta ed entusiasmo. Basta volerlo! Resta comunque un’affascinante incognita.

E chiese al vecchio dammi il pane
Ho poco tempo e troppa fame
E chiese al vecchio dammi il vino
Ho sete e sono un assassino

Anche noi ci trasformiamo in assassini, se sciupiamo il nostro tempo in gesti parole e pensieri che non hanno un fine utile né a noi, né agli altri. Non occorre uccidere qualcuno per macchiarsi di gravi pecche, è sufficiente gettare alle ortiche i giorni. Giorni che rendiamo vuoti, come una lattina di birra bevuta d’un fiato e lanciata tra i rifiuti. A volte penso di aver buttato via troppo tempo, da giovane. E allora perché una canzone non mi porta a ricordare, come i migliori anni, quelli della mia giovinezza, ma mi fa riflettere sul presente? Perché si deve forzatamente credere che gli anni migliori fossero quelli in cui avevamo pochi anni e poca esperienza? De Andrè continua:

Gli occhi dischiuse il vecchio al giorno
Non si guardò neppure intorno
Ma versò il vino e spezzò il pane
Per chi diceva ho sete e ho fame

E brava Anna! Ha scelto una canzone che, pur in tempi di rivoluzione culturale, contiene un ottimo insegnamento. Non fermiamoci in superficie, scaviamo ne profondo: qual è la primaria necessità dell’uomo? Vivere!

E fu il calore di un momento
Poi via di nuovo verso il vento
Davanti agli occhi ancora il sole
Dietro alle spalle un pescatore

Ho vissuto, il pescatore rappresenta la mia vita trascorsa, il sole deve ancora tramontare davanti ai miei occhi. Gli anni migliori della mia vita sono questi che sto vivendo. Ma se lo avessi dovuto dichiarare decine d’anni fa, avrei asserito lo stesso concetto. E’ l’attimo presente la parte migliore della nostra vita.

Dietro alle spalle un pescatore
E la memoria è già dolore
E’ già il rimpianto d’un aprile
Giocato all’ombra di un cortile.*

E all’ombra dei ricordi, cavolini di Bruxelles, sono riuscita a bruciacchiare la camicia che stavo stirando!

* O di Piazza Mirabello a Milano. . So che Anna vive a Roma, e ha raccolto consensi nella sua vita artistica. Il suo cognome è Melato, come la sorella Mariangela, splendida e indimenticata attrice, scomparsa l’11 gennaio dello scorso anno. Questo racconto è a loro dedicato, con grande affetto.
Danila Oppio   

Motivazione del premio

La vitalità tonificante di un ricordo che, una volta tanto, non è rimpianto ma motivo di riflessione che trascina e coinvolge il lettore. Sulle note di una melodia senza tempo, mescolando la quotidianità con un passato in cui molti si possono riconoscere (il '68 e le contestazioni giovanili) si guarda comunque al futuro.                                


                                               Piemontesina

Oggi son più di novanta
Torino resta il mio cuore
La Piemontesina lì canta
A ricordo di quell'amore

Quel tempo del Valentino
Con lo studente e l'amore
Il ricordo stregato vicino
Divenne presto un dottore

Ora sono vecchio e stanco
E del Valentino il ricordo
Cura quel cuore che manco
Ad altro io resto già sordo

Sono stato a curare la gente
Senza scordar quell'amore
Altro non testa per niente
Estraneo a quel fatuo colore

Da Via Po a Piazza Castello
Sotto i Portici e le vetrine
Lasciato il sogno più bello
E il cuore tra quelle manine

La vita s'è chiusa nel sogno
A Torino l'allegro studente
Nel cuore rimane il bisogno
Cui resto un fedele credente

Nel sogno tuo ultimo bacio
Segnato al sospiro che suole
Eternare al cuore poi taccio
Immortale l'amore che vuole

Tommaso Mondelli

Tommaso Mondelli nato a Monteforte Cilento (SA) nel 1919, vive con la famiglia a Pinerolo. Una volta in pensione, ha deciso di conseguire lauree in giurisprudenza, in lettere e filosofia.
Quest'ultima, dieci anni fa, all'età di 85 anni. Autore dalla vena poetica particolarmente fertile, ha pubblicato diverse sillogi poetiche e due libri in prosa. Insignito dal Presidente della Repubblica Italiana del titolo di Cavaliere della Repubblica.

BENVENUTO|

Il Paradiso non può attendere: dobbiamo già cercare il nostro Cielo qui sulla terra! Questo blog tratterà di argomenti spirituali e testimonianze, con uno sguardo rivolto al Carmelo ed ai suoi Santi