AFORISMA

Meglio aggiungere vita ai giorni, che non giorni alla vita
(Rita Levi Montalcini)

Nostra Signora del Carmelo

Nostra Signora del Carmelo
colei che ci ha donato lo scapolare

venerdì 31 gennaio 2014

ciclo pittorico sul colle don Bosco (At)

Presso il Duomo di Milano, si può pregare davanti all'urna delle reliquie di San Giovanni Bosco, oggi, che è la sua ricorrenza, lo ricordiamo con questo splendido ciclo pittorico, fotografico e poetico realizzato da Padre Nicola Galeno

 LA VETRATA DEL CROCIFISSO COI PATRONI D’ITALIA   

Dolce Signore, paiono i Patroni
di questa nostra Italia supplicarti
di ridestar assilli di bontà,
facendo rifiorir la santità...

(Parma 31-1-2014), Padre Nicola Galeno
tutte le altre riportano la stessa data


LA VETRATA DI S. GIOVANNI EVANGELISTA  

Quell’aquila davvero simboleggia
la voglia d’addentrarsi nei Misteri
del solo Amor che seppe riscattarci...

LA VETRATA DI S. GIOVANNI BOSCO    


Sempre ripensi al detto del Signore:
i piccoli tu vuoi privilegiare!



LA VETRATA DELLA CASETTA DI NAZARET     

Invidio questa vita cadenzata
dalla preghiera ed operosità...

   LA VETRATA DELLA B. LAURA VICUNA    

La gioia di sentirci possedute
da Chi ci spinge a somma dedizione...



 LA VETRATA DEI SS. IGNAZIO E LUIGI GONZAGA    

La gloria del Signor e la struggente
unione col suo Figlio sanno dare
inconfondibil smalto ai nostri cuori... 


 LA VETRATA DI S. GIUSEPPE CAFASSO     

Viver intimamente la presenza
del Cristo sa l’Amore propagare..


LA VETRATA DI S. GIUSEPPE COTTOLENGO    


Sovra i diseredati sa curvarsi
sempre il paterno sguardo del Pastore...


LA VETRATA DEL BATTISTA    

Tu fosti annunciatore coerente
della divina Parola che salva...


LA VETRATA DI S. MARIA MAZZARELLO    

Sapevan le fanciulle al primo incontro
sentire pulsazioni assai materne...

 LA VETRATA DI S. PAOLO   

Apostolo, sapesti riversare
nel core delle martiri fulgenti
la fiamma dell’Amor per il Signore.


MAMMA MARGHERITA    

Chi mai creduto avrebbe che un gigante
di santità celasse la collina?



 L’AUSILIATRICE  

Vergine, non ti stanchi di donare
l’ausilio ai tribolati pellegrini..



 MAMMA MARGHERITA ACCOGLIE UN RAGAZZO    


Figliolo, tu perpetui la missione
di questa Mamma che l’abbraccio estende
ai tanti trovatelli della vita...
 LA CHIESETTA     

Chiesetta, tu davvero rassomigli
ad una cittadella spirituale...

  


MAMMA MARGHERITA CON GIOVANNINO    

Al ragazzino pare sconfinato
davvero il cor di Mamma Margherita...


MAMMA MARGHERITA   


La mente, pur solcata dalle rughe,
rivela una perenne giovinezza
nella ricerca dell’immolazione...


S. GIOVANNI BOSCO    

Neppure gli strapazzi cancellare
possono l’ottimismo originale
di chi confida sempre nell’Eterno...

LA CASETTA NATALE    

Casetta, fai sentire nostalgia
struggente d’una santa povertà...



S. GIOVANNI BOSCO     

Pastore, ti stupisci che il tuo gregge,
uscito da un ovile sì ristretto,
si sia per il mondo propagato..



SCORCIO DEL SANTUARIO    

La cupola somiglia a navicella
spaziale che gioiosa all’universo
voglia il messaggio del Cristo portare..

lunedì 27 gennaio 2014

BRUNDIBAR (Nel giorno della Memoria)


Nel 1941 a Praga il compositore Hans Krasa scrive l'operina per bambini  “Brundibar”, per un concorso organizzato dal Ministero della Cultura e dell'Educazione della Cecoslovacchia; lo stesso anno Krasa viene arrestato e internato a Terezin. Sappiamo come quel campo, esaltato in un filmato voluto dal Ministero della Propaganda nazista dal titolo “Il Fuhrer dona una città agli Ebrei” come campo “modello” in cui gli ebrei sarebbero stati protetti dall'odio che li circondava ( bugia che fu serenamente  inghiottita da tutte le istituzioni, Croce Rossa compresa, in un sopralluogo che fecero il 23 giugno del '44 ) era in realtà l'anticamera dei campi di sterminio.
Costretti a mimare una vita “normale”, gli ebrei di Terezin cercano nella cultura e nell'arte e non nella sopraffazione per una sopravvivenza a tutti i costi, la forza di esistere, dando una lezione di civiltà al mondo.
“Brundibar” racconta  la storia – metaforica – di due bimbi che sconfiggono un prepotente. E il ritmo ternario del valzer di Brundibar (“lento cantabile” in partitura) diventò l'inno dei prigionieri di Terezin, la colonna sonora di una residua speranza di libertà.
L'operina di Krasa, con la sua ingenua “moralitè” viene messa in scena a Terezin nel settembre del '43 e  replicata 55 volte. C'era già stata la ritirata di Russia e lo sbarco in Sicilia, l'impero di Brundibar scricchiolava ma la sua ferocia era intatta. Nei mesi successivi quasi tutti gli interpreti e il compositore vengono “trasferiti” e uccisi
Nell'operetta i bambini alzano gli occhi verso un aeroplano che vola e sognano di volarsene via. Ma quell'aeroplano sorvola troppo tardi il campo di Terezin.


ILGHETTO DI TEREZIN

Terezin è una città della Cecoslovacchia che servì da ghetto fra il 1941 e il 1945, per circa 140.000 ebrei deportati dai nazisti dall'Europa Centrale ed Orientale.
Aterezin, su un'area che aveva contenuto in precedenza 6-7000 abitanti, fu stipata, per ondate successive, una popolazione che raggiunse, nel 1942, 87.093 persone. I piani nazisti prevedevano un duplice scopo:
·       trasferire gradatamente gli abitanti del ghetto ai campi di sterminio;
·        nascondere al mondo libero il fatto che la comunità ebraica europea fosse in procinto di essere sterminata, esibendo in maniera  propagandistica Terezin come un “insediamento modello”.
 Quando, nell'ottobre del 1943, il governo danese chiese conto degli ebrei catturati a Copenhagen, le autorità naziste concessero una visita del Campo ai rappresentanti della Croce Rossa Internazionale, ma la visita poté avere luogo solo
nella primavera dell'anno successivo, ai tedeschi serviva tempo per effettuare una eccezionale operazione di abbellimento del campo..
La Croce Rossa Internazionale e due membri del governo danese visitarono il Campo il 23 giugno 1944  per circa tre ore durante le quali la messa in scena del Campo modello, sapientemente orchestrata, funzionò alla perfezione.

LA MUSICA A TEREZIN

Musicisti professionisti e semplici dilettanti sfidarono l'iniziale proibizione di svolgere qualsiasi iniziativa artistica pur di organizzare un'attività musicale all'interno del ghetto.
Si ha notizia di almeno due formazioni quartettistiche che iniziarono la loro attività clandestinamente perché sprovvisti di musica stampata. Questi musicisti copiavano a mano o ricostruivano a memoria gli spartiti, su carta di pessima qualità e rischiando la vita.
Significativo fu l'allestimento dell'operina per bambini, intitolata “Brundibar”, composta e strumentata da Hans Krasa e questa fu l'unica opera lirica che poté essere rappresentata in forma teatrale, con scene e costumi.
L'operina venne replicata 55 volte e il livello dello spettacolo era tanto elevato che Berlino mandò a Terezin un troupe cinematografica per girare un documentario di propaganda. In quella occasione, “Brundibar”, venne rappresentata in un teatro vero e proprio. Finite le riprese tutti i membri dell'orchestra, i collaboratori, i bambini che vi avevano partecipato, vennero deportati ad Auschwitz.

I BAMBINI DI TEREZIN

Fra i prigionieri del ghetto di Terezin ci furono all'incirca 15.000 bambini, compresi i neonati, in prevalenza figli degli ebrei cechi deportati a Terezin insieme ai genitori. La maggior parte di essi morì nel corso del 1944 nelle camere a gas di Auschwitz.
Nelle case operarono educatori e insegnanti prigionieri che riuscirono, nonostante le infinite difficoltà e nel quadro di limitate possibilità, a organizzare per i bambini una vita giornaliera e perfino l'insegnamento clandestino.
Sotto la guida degli educatori  i bambini frequentavano le lezioni e partecipavano a molte iniziative culturali preparate dai detenuti e non furono solo ascoltatori, molti di essi divennero attivi partecipanti a questi avvenimenti, fondando circoli di recitazione e di canto e facendo teatro.
E quei bambini di Terezin scrivevano soprattutto poesie..
NOTA:
“Brundibar” è l'unica opera musicale per bambini del compositore ceco Hans Krasa su libretto di Adolf  Hoffmeister
originariamente rappresentata dai bambini del Campo di concentramento di Theresienstadt.

 Questa piccola storia, nell'immensità della tragedia mai dimenticata dell'Olocausto, è stata prodotta e musicata dal Circolo LABORINTUS, di Sassari, e dal Coro voci bianche della Polifonica Santa Cecilia ed una  Ensemble di musicisti che con i loro strumenti ne han “enfatizzato” la tragicità.
La voce recitante dell'attrice Maria Antonietta Azzu ha creato la giusta atmosfera, silenzio e suspence, dovuto.
Venerdì 25 gennaio, al Teatro Smeraldo di Sassari, erano presenti più di 450 bambini, il nostro futuro, per continuare a ricordare, sempre.

Ed oggi, 27 gennaio 2014, “Brundibar” sarà presentata a Nuoro, nel Teatro Eliseo, dalla Scuola Civica di Musica “A. Chironi”, in collaborazione con l'Istituto Comprensivo n. 2 “Pietro Borrotzu”, il Liceo Artistico “Francesco Ciusa” e l'Ente Musicale di Nuoro. Due spettacoli al mattino ed uno, stasera, alle20,30, per il pubblico..
I giovanissimi interpreti saranno gli alunni della Scuola Media “Borrotzu”, preparati da Franca Floris.
L'orchestra della Scuola Civica sarà diretta da Andrea Ivaldi, con allestimento scenico di Maria Grazia Carta e realizzato dagli studenti del Liceo Artistico “Ciusa”.

Gavino Puggioni







venerdì 24 gennaio 2014

Centrafica: attacco alla missione

La Stampa: Vatican Insider
 L'unico rifugio è la foresta

TERRORE NELLA REPUBBLICA CENTRAFRICANA
Una decina di ribelli Seleka ha assaltato la missione. Tre morti, razzie e furti. I missionari e la popolazione sono fuggiti. La città di Bocaranga è rimasta deserta
DAVIDE DEMICHELIS
ROMA


“Erano una decina. Hanno sparato dappertutto: per strada, alle finestre, alla gente che vedevano scappare”. La voce di Denis Ngoto è ancora rotta dall’emozione. L’attacco risale a due giorni fa, ma lui è rimasto in foresta, dove ha cercato rifugio, a cinque chilometri da Bocaranga, nel nord della Repubblica Centrafricana. Denis è un catechista. Era anche lui nella missione martedì scorso, quando sono arrivati i ribelli della Seleka. Padri, suore, catechisti, sono tutti fuggiti.

Denis non sa dove siano gli altri. Bocaranga aveva circa 16mila abitanti, prima della guerra, ora è praticamente deserta.
Denis forse è l’unico che ha ancora un cellulare. La sua voce va e viene, il segnale è molto debole, ma riesce ancora a raccontare quei drammatici momenti: “Sono entrati nella missione. Padre Robert è uscito, ha cercato di trattare con loro, li ha pregati di andarsene. Loro però non hanno dato retta né a lui, né a fratel Nestor, uscito a dargli manforte”. I ribelli stavano fuggendo dal Centrafrica, Bocaranga è a pochi chilometri dal confine con il Ciad. Volevano seminare il terrore e soprattutto portare via tutto quello che potevano. Hanno rubato le moto, una decina, un’auto, computer, telefoni, macchine fotografiche, soldi e tutto quello che hanno trovato.

“Quando ha visto che non c’era niente da fare, padre Robert li ha pregati almeno di non fare del male a nessuno”. Denis ricorda con un filo di voce quegli interminabili attimi di terrore: “E invece loro hanno visto un uomo che tentava di scappare e lo hanno freddato. Il suo corpo dev’essere ancora là. Poi hanno ucciso ancora un uomo e una donna. Per fortuna non hanno fatto del male alle molte altre donne che erano accampate là intorno, molte tenevano in braccio i loro bambini”.

“Hanno sparato, sparato e sparato all’impazzata” conferma padre Serge Mbremandji, superiore dei Frati Cappuccini in Centrafrica: “E’ stato terribile: anche fratel Nestor è stato ferito ad un braccio. Abbiamo detto a tutti i religiosi di prendere le precauzioni del caso”. Oggi a Bocaranga si teme un nuovo attacco dei Seleka, un altro convoglio di guerriglieri è stato avvistato sulla strada che porta verso il Ciad. “Erano ciadiani, li ho sentiti parlare arabo – ricorda ancora Denis – ma c’era anche qualche centrafricano. Li ho sentiti esprimersi anche in francese e nella nostra lingua, il sango”. 

Il giorno prima di questo attacco, il Consiglio nazionale di transizione del Centrafrica aveva eletto la nuova Presidente: Catherine Samba-Phanza. La prima donna incaricata di guidare la Repubblica Centrafricana ha chiesto a tutte le milizie di deporre le armi, e alla comunità internazionale di intervenire con più mezzi per riportare la pace. Il giorno dopo, mentre i ribelli Seleka attaccavano Bocaranga, anche a Roma, presso la Comunità di Sant’Egidio, una delegazione di centrafricani chiedeva un impegno comune per un nuovo patto Repubblicano. Una delegazione di Sant’Egidio si recherà a Bangui nei prossimi giorni per incontrare la neopresidente. Intanto l’arcivescovo e l’imam di Bangui, Dieudonné Nzapalainga e Oumar Kobine Layama, hanno ricordato oggi a Parigi che mentre a Bangui la situazione è relativamente sotto controllo, il resto del Paese continua a essere alla mercé di ribelli Seleka e Anti-balaka.
Denis, i missionari e gran parte della popolazione di Bocaranga infatti sono ancora là: nascosti fra la vegetazione della foresta.


mercoledì 22 gennaio 2014

La vita in famiglia, nella solidarietà e malattia


Ci si chiede perché tante famiglie si disgregano, anche se in principio c’era la volontà di amarsi. Cerchiamo di individuare cosa può essere mancato, nel rapporto tra coniugi, o tra figli e genitori.
Pazienza
Condivisione
Accettazione della diversità di pensiero o di scelte
Perdono
Sacrificio
Disponibilità all’ascolto e al sostegno reciproco
Capacità di educare e educarsi.
Esistono di certo altri aspetti, ma credo che questi citati siano  la base per costruire una famiglia unita ed in grado di reggere nel tempo, malgrado le difficoltà che si incontrano durante il percorso comune.
Sempre più di frequente entrambi i coniugi lavorano, la sera sono stanchi, rinunciano al dialogo in famiglia, e tendono così a delegare altri nell’educazione dei figli, dimenticando che i primi educatori devono essere essi stessi. Ci si rivolge a specialisti, si ricorre agli psicologi, quando qualche membro della famiglia pare possa creare problemi. Responsabilità che ci facciamo scivolare di dosso. Coppie in crisi richiedono consigli ai centri di ascolto. Tutto questo serve, laddove i problemi sono autentici e di grossa rilevanza. Ma nel quotidiano, prendiamoci a carico la nostra responsabilità personale, osservando la lista qui sopra: mettiamo in atto la pazienza? Condividiamo in famiglia i nostri problemi, gioie o dolori? Accettiamo che l’altro possa pensarla in modo diverso da noi, perché non siamo cloni, e quindi ogni essere umano è unico e irripetibile? Sappiamo perdonare se ci sentiamo feriti? Riusciamo a sacrificarci, mettendo da parte l’egoismo, per dedicare il nostro tempo ai familiari anziani, malati, bisognosi di attenzione o aiuto?  Ci rendiamo disponibili all’ascolto di chi ha bisogno di esprimere quanto ha nel cuore, e sappiamo sostenerlo dimostrando che lo compendiamo, consolandolo con parole che leniscano o risolvano i suoi problemi? Se almeno ci provassimo, educheremo noi stessi al rispetto, e chi ci è vicino ne prenderebbe buon esempio.

Le giornate per la Vita, Famiglia, Malato e Solidarietà non ricorrono una volta l’anno, tanto per far qualcosa di diverso, servono invece per fare il punto della situazione, per portarci a riflettere sul nostro comportamento in questi ambiti, per far scaturire domande alle quali dobbiamo trovare risposte. Di certo la famiglia è la piattaforma sulla quale dobbiamo testare la nostra capacità di dimostrarci buoni seguaci di Cristo: nella carità, nell’amore, nel rispetto, nel sacrificio, in tutto quello che Gesù ci ha pazientemente insegnato. Poi saremo in grado di estendere in altri ambienti queste virtù, con le quali il mondo diverrebbe senza dubbio migliore.
Cito una frase che mi ha scritto pochi giorni fa uno scrittore ultra-novantenne: “Quando si ha la possibilità di poter incontrare nella società umana, delle persone che sanno donarsi,  presumo che la terra dovrà continuare a girare intorno al Sole, che ancora non potrà spegnersi.”
Noi dobbiamo cercare di essere quelle persone, per illuminare un mondo che sta perdendo la sua luce a causa dell’individualismo, dell’egoismo e dell’incapacità di avvertire che l’altro è nostro fratello, e che l’Altro ci ha posto su questa Terra per amarLo e amarci tra noi. Non dimenticando che l’amore è l’insieme di molte virtù.

Danila Oppio



sabato 18 gennaio 2014

martedì 14 gennaio 2014

Bergoglio e pregiudizio


 Mi piace proporvi la visione di uno scrittore che si dichiara agnostico (ma che ha condotto i suoi studi presso i Barnabiti, quindi informato su questioni teologiche e della Chiesa in generale). Perché ve la propongo? Perché in parte la condivido e sicuramente per il fatto che Papa Francesco non smette mai di stupirmi, mi ha affascinata, da tempo aspettavo un Papa come lui. Senza nulla togliere al mio Lolek, che per me è un simbolo e l'antecessore di Francesco, posso dire - perdonatemi il paragone - giusto per far comprendere il mio pensiero, che se Papa Wojtyla potrebbe essere paragonato a San Giovanni Battista, sicuramente Papa Francesco calpesta le orme di Gesù, di quel Gesù ancora così poco conosciuto, e spesso mistificato. Colgo l'occasione per complimentarmi con Max per il titolo che ha dato al suo articolo... ottima parodia di uno dei più celebri romanzi di Jane Austen (Pride and Prejudice).



Vuole una recente leggenda metropolitana che in quella città dove le sue statue parlanti ebbero a dire peste e corna del potere papalino, lui si aggiri di notte con il suo elemosiniere per il luoghi di quel disagio ch’oramai si annida dove meno te lo aspetti. D’altro canto, io da questa mia “torre d’avorio” dalla quale osservo con distacco il panorama di un mondo che non mi appartiene, non posso fare a meno di continuare a stupirmi e sorprendermi per un uomo così lontano da quelle che sono le mie idee, che sia vera o meno quella leggenda. Sono i fatti, gli atti quelli che mi appassionano, assai di più delle parole gettate in libertà che lasciano il tempo che trovano. Nel mentre la politica italiota affonda nel suo stesso fango e perfino il “nuovo” non ha timore di retrocedere su posizioni culturali revansciste e finanche un po’ scioviniste, Francesco in una sorta di “autoritarismo” personale che non guarda in faccia nessuno, battezza la bimba di una coppia che non si è sposata in chiesa.

Per chi non sia addentro delle questioni teologiche che possono ancora appassionare solo un folle agnostico come lo scrivente, si tratta di un gesto con una enorme carica simbolica. E’ il battesimo di fatti l’unico dei sacramenti che può essere somministrato anche da un laico. In via puramente teorica (i cattolici solitamente conoscono poco la loro religione), la stessa coppia avrebbe potuto battezzare da sola la propria bimba e, al solo fine della salvezza di quell’anima, almeno per chi ci crede, sarebbe stata salvata al limbo. Limbo che oltretutto, insieme con l’inferno, è istituzione postuma del medioevo ad uso e consumo del potere temporale. E’ quello di Francesco un gesto verso la sua stessa Chiesa, lui che è Vescovo di Roma come lo furono i primi Papi quando ancora erano nelle catacombe.

Se Giovanni XXIII è passato alla storia come il Papa Buono, Francesco la storia ha deciso di scriverla in prima persona. Ovvio che questi atteggiamenti possano appassionare soltanto degli inguaribili “romantici”, per i quali morale ed etica non hanno sfumature e che hanno sempre visto la Chiesa come la contraddizione in terra del messaggio di quel Cristo uomo tra gli uomini, per taluni di noi addirittura antesignano di una sorta di marxismo mistico e primitivo.

Francesco sovverte un potere antico della Chiesa asservito a una morale bacchettona e, inevitabilmente, sorprende. Gli stessi detrattori a priori sono spiazzati, costretti a intravedere complotti, atteggiamenti che nascondo chissà quale oscuro progetto. Una passione tanto cara a una Rete, anche lei ben lungi dall’essere quel luogo di conoscenza che dovrebbe essere.

Se in questo momento ho un dispiacere, parrà singolare ad alcuni , ma è proprio quello di non credere, del non potermi abbandonare all’unica vera rivoluzione di questo secondo millennio, considerato il fatto che quelle del millennio passato sono avvenute senza la mia presenza. In Francesco io vedo solo un uomo logicamente, ma un uomo che marcia contro millenari pregiudizi, forte di una sua fede in un ideale che in questo momento appartiene soprattutto ai diseredati, agli “irregolari” quelli che la politica ha eliminato da tempo dalla sua agenda e che la Chiesa aveva messo ai margini.
Ho sempre amato le solitarie battaglie di quegli uomini che poi, da soli, hanno cambiato le sorti del mondo e riscritto la storia e mi fa strano, molto strano che io lontano da lui migliaia di anni  luce, apprezzi il suo operato che non potrà cambiare di una virgola la mia esistenza, mentre con la stessa passione disprezzo quello di coloro che invece potrebbero cambiare la mia vita e quella di molti altri.

Massimo Mariani Parmeggiani


BENVENUTO|

Il Paradiso non può attendere: dobbiamo già cercare il nostro Cielo qui sulla terra! Questo blog tratterà di argomenti spirituali e testimonianze, con uno sguardo rivolto al Carmelo ed ai suoi Santi