AFORISMA

Meglio aggiungere vita ai giorni, che non giorni alla vita
(Rita Levi Montalcini)

Nostra Signora del Carmelo

Nostra Signora del Carmelo
colei che ci ha donato lo scapolare

giovedì 30 maggio 2013

VICINA A DON MAURIZIO ROMA




Nel grande dolore per la scomparsa di suo padre. Ecco la comunicazione ricevuta dal Parroco della Pieve di Lubaco, nel Comune di Pontassieve, provincia di Firenze.


Ciao Danila,
stamani il mio papà è salito al cielo. Ci tenevo a dirtelo, ti chiedo una preghiera.
Grazie.
Un abbraccio formato paradiso.

Chiedo a tutti i lettori di questo blog, una preghiera per colui che è tornato alla Casa del Padre, e per Don Maurizio, affinché il Signore gli dia la forza di affrontare con serenità il dolore della perdita del papà.

Caro don Maurizio,
sappi che ti sono vicina in questo momento di grande dolore, con la certezza che ora il tuo caro si trova tra le braccia del Signore.


Salmo 90 - La caducità della vita

Tu, o Signore, 
fai ritornare l'uomo in polvere
e dici: "Ritornate, figli dell'uomo".
Ai tuoi occhi, mille anni
sono come il giorno di ieri che è passato
come un turno di veglia nella notte
Li annienti: li sommergi nel sonno
sono come l'erba che germoglia al mattino
al mattino fiorisce, germoglia
alla sera è falciata e dissecca
Tutti i nostri giorni svaniscono per la tua ira
finiamo i nostri anni come un soffio
Gli anni della nostra vita sono settanta
ottanta per i più robusti
ma quasi tutti sono fatica, dolore
passano presto e noi ci dileguiamo
Insegnaci a contare i nostri giorni
e giungeremo alla sapienza del cuore
Volgiti, Signore, fino a quando?
Muoviti a pietà dei tuoi servi.
(90, 3-6. 9-10. 12-13)

Dolce e intensa preghiera che medita sulla caducità della vita, simile all'erba dei campi, germogliata al mattino e dissecata già a sera, dopo essere stata falciata dal contadino. Siamo creature fragili,sospese ad un filo e a quell'ordine divino che improvvisamente squarcia la nostra vita; "Ritorna,figlio dell'uomo,alla polvere da cui sei stato tratto!" Giobbe affermava: " Dio ha in mano il respiro di ogni vivente, l'alito di ogni creatura umana": Anche il grande poeta Omero raffrontava le creature mortali alle foglie che cadono a terra in autunno per marcirvi. E Dante nel "Purgatorio" osservava che la nostra fama "è color dell'erba, che viene e va" e la fa scolorire Colui "per cui ella esce dalla terra acerba" (XI 115-117)
Quando la malattia ci colpisce, questa sensazione diventa ancor più acuta, Sentiamo di essere come un soffio che svanisce, colpito dalla mano del Creatore che ormai ha tagliato quel filo che egli reggeva con le sue mani. Guardiamo, allora, indietro nei giorni passati, a quei settant'anni - o agli ottanta , se siamo più robusti - che abbiamo vissuto. Ed ecco la coperta amara: sono stati un nulla, soprattutto se confrontati all'eternità. Ma anche sono stati tutti segnati dal dolore e dalla fatica. Tra le mani, perciò, stringiamo ben poco e tutte le illusioni si dissolvono facilmente.
Scatta,allora, l'invocazione rivolta a Dio: "Insegnaci a contare i nostri giorni e giungeremo alla sapienza del cuore": Se si avesse maggiormente il senso del proprio limite, della provvisorietà, se si stesse più attenti al sibilo della falce del contadino che taglia l'erba della vita, cioè se meditassimo più spesso sulla morte, conquisteremmo la vera sapienza che ci fa distinguere ciò che vale dalle cose futili, il bene dal male, il  vero dal falso, la realtà dalle illusioni. La malattia può essere, perciò, una grande lezione di vita, capace di spezzare l'orgoglio che ci fa immaginare di essere potenti, eterni, sicuri, indistruttibili.
In quel momento ci dobbiamo rivolgere all'unico potente, eterno ed indistruttibile, il Signore, perché si chini sulla nostra debolezza fisica e spirituale e dia forza al nostro corpo e alle nostre opere così che possiamo continuare a vivere e a prosperare ma anche perché sappiamo varcare la soglia della morte per essere da Lui accolti nella Sua comunione. Infatti, il Salmo, di cui abbiamo letto solo alcuni versetti, finisce così: " Sia su di noi la bontà del Signore, nostro Dio: rafforza per noi l'opera delle nostre mani, l'opera delle nostre mani rafforza": (v. 17)

"Signore del tempo, ai cui occhi mille anni sono come un giorno, ricordaci sempre, sopratutto quando siamo sano e nel successo, che noi siamo come l'erba che spunta all'alba e a sera è falciata e riarsa. Insegnaci a contare, a usare, a non disperdere ogni ora, ogni giorno, ogni mese, ogni anno di vita che tu ci doni. Fa che accumuliamo tesori non consumati dalla ruggine ma destinati a sopravvivere alla morte. Nel momento della malattia, dà forza al nostro corpo e alle nostre opere, ma anche illuminaci sul nostro destino che è la morte,soglia aperta all'incontro con te."

Quanto sopra, è tratto dal libro del Vescovo Gianfranco Ravasi, dal titolo "Perché il cuore possa cantare - I salmi della consolazione", che mi è stato donato da Padre Cristoforo Colombo, OCD, che era stato Primo Confessore al Duomo di Milano, ed esorcista, l'11 novembre 2001, giorno in cui venni accolta nel Carmelo Secolare. Padre Cris, come affettuosamente lo chiamavo, che è tornato molti anni fa alla Casa del Padre, era il confessore di Ravasi.

Ho pubblicato questo Salmo con commento, che prepara il credente alla morte, perché rimaniamo sempre stupiti che la morte ci "rubi" i nostri cari, fatichiamo a credere che la nostra vita sia breve come un prato d'erba...e allora dobbiamo non solo prepararci al nostro "strappo del velo", quel velo che altro non è che una sottile separazione tra la vita e la morte, secondo Santa Teresa, ma anche a quello che lacerano i nostri cari, "trapassandolo" da una vita limitata, ad una vita illimitata: eterna! Dovremo essere sereni,quando un nostro caro, che ha vissuto la sua fede nel Signore con costanza, torni al Padre...anche se, egoisticamente...la scomparsa da questa terra di una persona che ci è cara, ci lascia nello sconforto. 


Per chi non conoscesse la Pieve di Lubaco e il suo parroco, prego di cliccare sui link a destra della home page, denominati rispettivamente "blog Pieve di Lubaco" e "Pieve di Lubaco".


Danila Oppio

CONCORSO THESAURUS





E' ancora aperto il concorso poetico e narrativo, indetto dal Cenacolo altre voci e specificatamente Thesaurus, Seconda edizione 2013, con scadenza 15 luglio del corrente anno.
Qui sotto il regolamento, ma se aprite i link sottostanti, avrete modo di visionare in modo più specifico i contenuti del bando e l'Associazione che ha creato il concorso.






REGOLAMENTO
Il Premio si articola in più sezioni a Tema Libero.
Sezione A Poesia Inedita
Inviare fino a tre liriche di lunghezza ragionevole, in quattro copie, di cui una firmata e completa dei dati personali dell’autore: nome, cognome, data di nascita, indirizzo, recapiti telefonici ed email, qualora disponibile. Compilare la scheda di partecipazione obbligatoria.
Sezione B Narrativa Inedita
Inviare quattro copie di un racconto, di un saggio, di lunghezza contenuta in cinque cartelle editoriali, copie di cui una sola firmata e completa dei dati personali e recapiti dell’autore e scheda di partecipazione, come per la sezione A.
Sezione C Poesia Edita
Inviare due copie dell’opera edita a partire dal 2010 compreso, complete di firma e dati personali e recapiti dell’autore e scheda di partecipazione, come per la sezione A
Sezione D Narrativa Edita
Inviare due copie dell’opera edita a partire dal 2010 compreso, complete di firma, dati personali e recapiti dell’autore e scheda di partecipazione come per la sezione A
Sezione E Giovani Riservata ad autori minorenni alla data di scadenza del bando. Inviare quattro copie di un’opera, poesia o racconto di massimo cinque cartelle editoriali. Una copia sarà completa dei dati personali e recapiti, scheda di partecipazione con firma del genitore esercitante la patria potestà.
Le opere di qualunque sezione potranno avere già ottenuto riconoscimenti in altri analoghi premi letterari. Per le sezioni dell’inedito, le opere pur se già premiate, non dovranno però aver ricevuto pubblicazione editoriale.
La scadenza per la presentazione degli elaborati è fissata alla data del 15 luglio 2013. Farà fede il timbro postale di partenza.
Il plico delle opere e la scheda di partecipazione (vedi all.) andranno spediti all’indirizzo del Cenacolo Letterario Internazionale ALTREVOCI Casella Postale n.27 Ufficio Postale di Rosolina (Rovigo) Cap. 45010 Indicare chiaramente sulla busta di spedizione la sezione o le sezioni di partecipazione
QUOTE DI PARTECIPAZIONE
Per la partecipazione al premio è richiesto un contributo per spese organizzative di euro 20 (venti) per ciascuna sezione. Il contributo è ridotto a euro 10 per la Sezione E - Giovani. E’ ammessa la partecipazione a più sezioni versando i relativi contributi in forma cumulativa. L’importo dovrà venire versato sul Conto Corrente Banco Posta
n. 00 1011797436 intestato a: Cenacolo Letterario Internazionale ALTREVOCI, casella postale 27 Rosolina (Rovigo), motivazione: contributo spese organizzative. L’importo potrà in alternativa venire corrisposto in contanti o mediante assegno bancario a favore del Cenacolo Letterario Internazionale ALTREVOCI. Ricevuta di versamento, contante o assegno bancario verranno uniti alla scheda di partecipazione, il tutto inserito in busta chiusa e allegato al plico di spedizione delle opere.PREMI
I primi classificati delle sezioni A e B di opere inedite riceveranno rispettivamente come premio la pubblicazione di una raccolta di poesie o di una raccolta di racconti o di un romanzo o saggio a cura delle Edizioni Helicon di Arezzo, più targa e motivazione della giuria. Saranno pubblicate opere di lunghezza ragionevole e, per quanto riguarda saggi o romanzi, da contenere nel limite delle 150 pagine.
I secondi e i terzi classificati delle sezioni A e B riceveranno opere d’arte, targa e motivazione della giuria.
I primi classificati delle sezioni C e D di opere edite riceveranno un gettone di presenza di euro 500, targa e motivazione della giuria.
I secondi classificati riceveranno un gettone di presenza di euro 300, targa e motivazione della giuria. I terzi classificati riceveranno un gettone di presenza di euro 200, targa e motivazione della giuria.
Il primo classificato della sezione E Giovani riceverà un gettone di presenza di euro 300, il secondo e il terzo classificati riceveranno in premio opere d’arte oltre a targa e motivazione della giuria.
Menzioni d’Onore (quarti premi) e Menzioni Speciali (quinti premi), per altre posizioni in classifica, verranno discrezionalmente attribuite dalla Giuria.
Sempre a discrezione della Giuria saranno conferiti Premi Speciali, Premi alla Carriera, Premi alla Cultura ad Autori o ad Operatori Culturali di rilievo.
I premi saranno consegnati esclusivamente durante la cerimonia di premiazione agli autori premiati o a loro delegati. Non sono previste spedizioni successive.
I premiati e i menzionati, saranno ospitati , con possibilità di presentare opere personali, presso “LA FIERA DELLE PAROLE” organizzata a Padova nel periodo 8-13 ottobre 2013. www.lafieradelleparole.it Verranno informati dei risultati i vincitori e i menzionati in tempo utile per poter partecipare alla premiazione.
I risultati del Premio saranno comunque visibili sul sito del Cenacolo ALTREVOCI,www.cenacoloaltrevoci.weebly.com, dopo la premiazione. Notizie relative al Premio THESAURUS seconda edizione 2013 saranno diramate attraverso la stampa nazionale e ogni altro veicolo di informazione
GIURIA
La giuria del Premio THESAURUS seconda edizione 2013 è così composta:
Presidente onorario Alessandro Quasimodo Presidente esecutivo Rodolfo Vettorello Vice Presidente esecutivo Bruna Coscia Consulente artistica Marina Pratici
Giurato Antonio Colandrea Giurato Carmelo Consoli Giurato Monica Serena
COMITATO D’ONORE
prof. Giuseppe Benelli prof. Liliana Biondi prof. Paolo Briganti prof. Francesco D’Episcopo prof. Hafez Haidar
prof. Giuseppe Lupo prof. Silvio Ramat prof. Paolo Ruffilli prof. Stefano Valentini
presentazione a cura di Sergio Gnudi webmaster: Anna Montella www.annamontella.weebly.com
Per informazioni:
marina.pratici@teletu.it antoniocolandrea55@libero.it carmelo.consoli@libero.it rodolfovettorello@yahoo.it
333 6972429 Rodolfo Vettorello www.cenacoloaltrevoci.weebly.com www.cuoredicarta.org
328 8396082 Carmelo Consoli Notizie ai seguenti link:
Il presidente esecutivo Rodolfo Vettorello Il vice presidente esecutivo Bruna Coscia
SITI AMICI
www.caffeletterariolalunaeildrago.org
http://www.associazionearchicultura.it/
www.concorsoguidogozzano.wordpress.com
http://www.ilporticciolocultura.it/
http://www.tribunaletteraria.it/
http://www.veniliaeditrice.it/
http://www.tapirulan.it/
http://www.circoloiplac.com/
SPONSOR
Primoforno di Matera
Oliver Club Gruppo Matarazzo di Matera
Comitato Matera 2019, città di Matera

venerdì 24 maggio 2013

FELICITAZIONI A MARISTELLA ANGELI!

Carissimi,
condivido una bella notizia che mi è giunta, sperando che ne siate lieti.
Un abbraccio
Maristella
Premio Internazionale della Pace nell’Arte G.O.M.P.A.

Ho ricevuto questa importante comunicazione:

Gentile Artista,
su precisa indicazione del Dott. Salvatore Russo, ormai noto per organizzare prestigiose manifestazioni artistiche nel mondo, la metto a conoscenza di questa importante iniziativa.
L'amministrazione comunale di Monreale nella persona del Sindaco Avv. Filippo Di Matteo, l’ambasciatore della pace nel mondo, S.A. Sacro Principe - N. H. Sandro Pulin, l'Editore Sandro Serradifalco, hanno il piacere di conferirLe
il Premio Internazionale della Pace nell’Arte G.O.M.P.A.
In occasione della cerimonia di premiazione le sarà conferita una targa l'attestato di premiazione.
La rivista OverArt le dedicherà una pubblicazione su un quarto di pagina in concomitanza con lo speciale redazionale
dedicato all’evento e in più la sua opera sarà pubblicata in una pagina in uno speciale catalogo della mostra.
Lo stesso sarà distribuito nelle principali ambasciate del mondo.
Numerose copie saranno inviate alla sede dell’ONU a New York.

Due mie opere saranno esposte:
Mostra di 2 mesi dal 29 Giugno al 31 Agosto 2013 presso Complesso Monumentale Guglielmo II Palermo.

I CARMELITANI E LA CARITA'

A Milano, da tantissimi anni esiste la Mensa dei Poveri, così come da un decennio, anche a Legnano. Ma i Padri Carmelitani non si limitano ad offrire un pranzo caldo a chi non ha di che vivere, anche una calorosa accoglienza, e tutto quel che il povero, il bisognoso, possa aver bisogno: abiti, un riparo, la possibilità di un lavoro, qualora la persona che ne è priva, sia in grado di rendersi utile e di integrarsi nella società. Il nostro Fra Maurizio, da qualche settimana è andato a dare un mano ai volontari che si occupano di nutrire i loro ospiti, presso la mensa del Corpus Domini, di Via Canova a Milano,
Eccolo, con alcuni degli amici che ogni giorno bussano al convento!





"Ogni volta che avete fatto
queste cose a uno solo
di questi miei fratelli più piccoli,
l'avete fatto a me"
(Mt 25,40).



            Nel momento in cui Pilato, riferendosi a Gesù, condannato come malfattore, fa la nota affermazione "Ecce homo" (Gv 19,5b), non indica in quel momento un uomo, ma l'Uomo-Dio e, in lui, l'intera umanità.
            Non finiremo mai di cogliere le conseguenze concrete del dogma dell'Incarnazione. Il Verbo di Dio fatto uomo, Cristo Gesù ha assunto la natura umana, per renderci partecipi della sua vita divina. Che significa questo per noi, nella nostra vita di tutti i giorni, nelle nostre relazioni quotidiane? Significa che ogni uomo e ogni donna sono indissolubilmente uniti a Cristo, al punto tale che in ogni prossimo possiamo incontrare Gesù.
            Amare l'altro è allora amare Cristo, secondo la nota affermazione di Gesù: "Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me" (Mt25,40). Il discorso relativo al giudizio finale spiega quest'affermazione.

"Quando il Figlio dell'uomo verrà nella sua gloria con tutti i suoi angeli, si siederà sul trono della sua gloria. E saranno riunite davanti a lui tutte le genti, ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri, e porrà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra. Allora il re dirà a quelli che stanno alla sua destra: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi. Allora i giusti gli risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo veduto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando ti abbiamo visto forestiero e ti abbiamo ospitato, o nudo e ti abbiamo vestito? E quando ti abbiamo visto ammalato o in carcere e siamo venuti a visitarti? Rispondendo, il re dirà loro: In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me" (Mt 25,31-40).

Il giudizio finale sarà dunque basato unicamente sull'amore verso Gesù presente nel prossimo incontrato in ogni attimo della nostra vita.
Impariamo, allora, a vedere, con gli occhi della fede, Gesù presente in ogni persona che ci passa accanto, senza badare alla sua condizione sociale, al suo credo o alla sua religione, o al colore della sua pelle.
Ricca o povera, dotta o semplice, ammalata o sana, ogni creatura umana ha un'immensa dignità, quella che le viene dal sangue di Cristo sparso per lei.
Qualunque cosa facciamo al fratello o alla sorella, con cui ci imbattiamo, è a Cristo che la facciamo.
Gesù, nel Vangelo, ci esorta ad amarci scambievolmente, è la legge del comandamento nuovo da lui datoci; a tale reciprocità possiamo giungere se impariamo a fare il primo passo nell'amare il prossimo, con gratuità e libertà.
L'amore vero è universale, non fa differenza di persone: Nicodemo, la Maddalena, la Samaritana, Marta, Maria, Pietro, Giacomo, il cieco nato, Zaccheo… tutti sono stati oggetto dell'attenzione e delle cure amorose del Maestro, nonostante la loro differenza di età, di condizione, di situazione.
Se ameremo sinceramente, avverrà che, prima o poi, qualcuno incomincerà a corrisponderci e l'amore diventerà vicendevole, permettendoci di sperimentare, concretamente, gli effetti del comandamento nuovo di Gesù: "Amatevi l'un l'altro come io ho amato voi" (cfr. Gv 15,12).
La reciprocità è la caratteristica dell'amore cristiano, esso ci domanda di donarci perdendo anche le nostre idee, i nostri gusti, il sonno, il tempo e persino le nostre ispirazioni, per andare incontro al prossimo, che ci chiede pane, istruzione, soccorso, o semplicemente attenzione e ascolto.
Amiamo e rendiamoci amabili, fino a suscitare nell'altro una risposta. Finché non stabiliremo una vera relazione, non sarà possibile instaurare, concretamente,  un'autentica comunità cristiana.
L'amore reciproco, aperto, dichiarato e vissuto esplicitamente nel nome di Gesù, fa di coloro che sono così uniti, in Cristo, una cellula viva del Corpo mistico.
Per contribuire all'edificazione della comunione non c'è una via diversa da Cristo e dall'amore del prossimo.
L'eutanasia, l'aborto, il terrorismo, la violenza, la guerra…, questi e tanti altri sono i mali che affliggono l'umanità in cerca di speranza.
La pace di Cristo si fonda sull'amore concreto e si realizza nell'amore a Gesù nel fratello e nella sorella che incontriamo; il prossimo con cui entriamo in relazione,  però, non va amato come uno fra i tanti, ma come l'unico.
Nella Trinità Gesù è il Figlio Unigenito; il Padre celeste ha per termine del suo amore il Figlio e ci ama tutti in lui. Anche noi dobbiamo amare tutti in Cristo, tutti in lui, lui in tutti e in ogni prossimo come fosse l'unico: in ognuno è presente Cristo.
La nostra fede ci fa riconoscere in ogni persona la presenza dell'Unigenito Figlio del Padre, fatto uomo e indissolubilmente unito a ciascuno di noi; basta, allora, un solo fratello o una sola sorella per incontrare Cristo e l'intera umanità. Non occorre amare un numero infinito di persone per dilatare il nostro cuore alla carità di Cristo, basta amare chi ci sta davanti con la certezza, dataci dalla fede, che ci fa scorgere in ognuno Cristo Gesù e tutti in lui, membra gli uni degli altri, suo mistico Corpo. Non è la quantità, ma la qualità delle nostre relazioni che ci apre alla carità.
L'amore evangelico, inoltre, è chiamato a crescere e durare nel tempo attraverso la fedeltà, che ci apre ad accogliere la persona amata nelle varie stagioni della vita, fino alla vecchiaia e alla morte.
Non basta amare l'altro di sfuggita, alla festa da ballo o al caffè, nell'età giovanile e in buona salute, la comunione vera esige la comunanza di vita, la condivisione della fatica, la capacità di crescere insieme; lo sanno bene gli sposi, i genitori, i membri delle comunità religiose o delle varie realtà ecclesiali o sociali…, lo sa chiunque conosce il vero amore.
Amiamo, allora, ogni prossimo come fosse l'unico, sapendo che il rapporto con una sola persona amata in Cristo ci mette in comunione con Gesù e con tutto il Corpo mistico; non si può amare veramente in Dio senza entrare in comunione con l'intera umanità.
Il fratello, la sorella è il sacramento del nostro incontro con Dio e con l'umanità.
      Restandovi unita, nell'Amore bello,
                                    sr. Nunziella Scopelliti

Istituto Religioso Suore del Bell'Amore


SAN CORRADO DA PARZHAM .seconda parte

Il Santo della settimana
San Corrado da Parzham - seconda parte
1818 - 1894
In un continuo silenzio interiore fra Corrado da Parzham elevava la sua preghiera a Dio. Quando predicava, consigliava o confortava si esprimeva "con brevità di sermone" secondo l'insegnamento di San Francesco. Questo il suo atteggiamento anche in mezzo alle occupazioni  della vita quotidiana, convinto che una persona che parla molto non giungerebbe mai ad un'autentica vita interiore. Dominata da un continuo impegno la sua esistenza fu caratterizzata dalla ripetizione di azioni metodiche e ordinate, ma sempre animate da entusiasmo e viva carità. La sua giornata, dopo la preghiera notturna, iniziava col servire la prima messa conventuale alle cinque del mattino  con la comunione quotidiana, cosa abbastanza insolita in quei tempi. Quando non era impegnato in portineria amava mettersi in una piccola stanza ricavata in un sottoscala da dove poteva intravedere il tabernacolo e mettersi in adorazione e contemplazione di Gesù, di qui usciva come trasfigurato per passare alla distribuzione ai poveri del cibo e della birra che raccomandava al frate cantiniere di produrre in abbondanza, ma leggera di gradazione. Prediligeva la lettura dell'Imitazione di Cristo, opera di autore ignoto, ma straordinaria per la ricchezza  degli insegnamenti spirituali e pratici validi anche per la vita quotidiana dei laici. Meditava con amore la passione di Cristo, "La croce - diceva- è il mio unico libro: un solo sguardo ad una croce mi insegna in ogni occasione come debbo comportarmi". Per  lui un crocifisso era il richiamo e l'invito più sollecito all'amore e al sacrificio vissuto nel servizio del prossimo e nel desiderio di  ricambiare l'amore di Dio, che temeva di non amare mai abbastanza. Una mattina del 1880 i fedeli presenti alla messa lo videro improvvisamente avvolto di una luce che si diffondeva per tutta la rotonda della cappella e osservarono  tre globi di fuoco usciti dalle sue labbra dirigersi verso la statua della Madonna delle Grazie. Tutti  proruppero in  esclamazioni di meraviglia. Alle sei del mattino fra Corrado era già in portineria e vi rimaneva fino alle diciannove, non amava perdere tempo né perdersi in chiacchiere, durante la ricreazione era più facile trovarlo nell'orto a lavorare o nel chiostro a pregare con la corona del rosario. Il suo era un impegno umile e costante, assolutamente non ostentato. Quando i confratelli  lo invitavano a prendersi qualche svago o qualche giorno di riposo rispondeva anche dopo essere sopravvissuto a dopo due polmoniti  che ringraziava i genitori perché da bambino gli avevano insegnato che il riposo bisognava aspettarlo solo in Paradiso e che in questa vita c'erano soltanto milizia e combattimento. Per lui era naturale rispondere così. Col tempo la sua figura si incurvò e invecchiando perse un po' alla volta  tutti i capelli, gli rimase l'ornamento di una bella barba candida. Il padre guardiano gli diede l'obbedienza di coprirsi il capo con una berretta perché la portineria era priva di riscaldamento, obbedì. Il superiore sapeva bene che fra Corrado non avrebbe cercato alcun sollievo di sua iniziativa. Il frate infermiere che lo aveva invitato ad andare a riscaldarsi un poco vicino al fuoco si sentì dire sorridendo: "Scaldarsi! Il mio braciere eccolo lì " e gli additò il crocifisso sulla parete. Il fuoco lui lo aveva nel petto: era l'amore sempre presente in lui per Gesù crocifisso. La sua vita semplice e operosa determinò un risveglio di fede nelle zone circostanti,  ebbe doni straordinari come la predizione di eventi futuri che si realizzarono puntualmente. Il 18 aprile 1894 servì per l'ultima volta la messa delle cinque del mattino nella cappella della Madonna delle Grazie e nella mattinata accolse l'arrivo di sette pellegrinaggi provenienti dalla Germania e dall'Austria, alla fine ne rimase prostrato. Nel pomeriggio dello stesso giorno, dopo i Vespri, si presentò con molta serenità al padre guardiano dicendogli: "Padre guardiano, ora non va più, è finita". Si mise a letto "per prepararsi all'eternità". Tre giorni dopo ricevette  il sacramento dell'Unzione degli Infermi, era ben in sé tanto che la sera quando udì suonare due volte il campanello della portineria, si alzò con uno sforzo estremo  e si avvicinò alla soglia della cella chiamando il confratello che lo stava sostituendo, proprio in quel momento  passò davanti alla porta un novizio che lo sostenne fra le braccia mentre stava cadendo. La mattina dopo, all'alba, fra Corrado morì.  
Fine seconda parte.

Roberto Arioli

giovedì 23 maggio 2013

SANTA MARIA MADDALENA DE' PAZZI

Il Santo della settimana
Santa Maria Maddalena de’ Pazzi
1566 – 1607
Il nome della nobile famiglia fiorentina si ricollega ancor oggi alla congiura che nel 1478  aveva provocato la morte di Giuliano de’ Medici e il ferimento di Lorenzo. Caterina di Geri de’ Pazzi nacque a Firenze, la madre Maria di Lorenzo Buondelmonti la educò nella fede cristiana e le fu di esempio per la coerenza con cui viveva. Anche la presenza dei Padri Gesuiti ,confessori fissi di casa de’ Pazzi, contribuì alla sua formazione. Dal p. gesuita Andrea Rossi apprese la pratica della preghiera meditata e ad amare l’Eucarestia. Non aveva ancora dieci anni. Della fanciullezza si ricorda la sua generosità nel donare quello di cui disponeva ai bambini del contado,  mentre nel silenzio delle sue stanze amava  meditare la Passione di Cristo. Nel 1574 fu “messa in serbo” presso le educande del monastero di San Giovannino de’ Cavalieri per essere convenientemente educata; ne uscì dodicenne per rientrarvi quando il padre fu inviato a Cortona come commissario governativo. In questa seconda permanenza Caterina tradusse la sua intensa vita di preghiera in un quotidiano umile servizio prestato con gioia e dedizione alle suore anziane e malate. Questa  condotta costituì un tacito rimprovero per alcune monache  mediocri e tendenti al lassismo che non le nascosero la loro avversione.  Nel 1581 raggiunse il padre a Cortona, nel 1582, dopo forti resistenze da parte dei familiari che sognavano per lei il  matrimonio e un brillante futuro nella società fiorentina, Caterina entrò nel convento carmelitano di Santa Maria degli Angeli per un periodo di verifica al termine del quale iniziò il noviziato  prendendo il nome di Maria Maddalena. Fu afflitta da una misteriosa malattia con altissime febbri e tosse tremenda, il perdurare della malattia e la sua gravità indussero la madre priora ad abbreviare i tempi del noviziato cosicché il 27 maggio 1584, festa della Santissima Trinità, Maria Maddalena  emise i voti solenni. Iniziò per lei, guarita miracolosamente, un periodo di esperienze mistiche eccezionali che si concentrarono principalmente proprio dal 27 maggio 1584 al 9 marzo 1591. In questo periodo, chiamato estatico, ella percorse l’itinerario completo dell’esperienza mistica nella misura in cui è possibile a un essere umano: ebbe lunghissime estasi, visioni, rapimenti. Dal 27 maggio al 6 luglio 1584, i famosi quaranta giorni, rimase estatica ogni giorno per due o tre ore dopo la santa Comunione provando impeti irrefrenabili d’amore che la portavano a ripetere: “Amore non sei conosciuto, né amato” rivolgendosi a Dio.  L’8 giugno 1584 sperimentò visibilmente tutto il dramma della Passione di Cristo, mentre il 15 aprile 1585 ricevette le stigmate.  Il 28 aprile Gesù le donò l’anello delle nozze mistiche, simbolo dell’ unione perfetta con Lui. Queste sono solo alcune  delle sue esperienze eccezionali. Visse momenti di indicibile felicità. Per accertarsi che non si trattasse di illusioni o di isterismi il confessore le comandò di mettere tutto per iscritto, ma poiché dichiarava che non riusciva a descrivere con umane parole le esperienze che viveva, tre sue consorelle furono incaricate di trascrivere tutto quello che diceva nelle estasi. I manoscritti vennero accuratamente esaminati e si rivelarono ricchi di una profonda dottrina spirituale. Al termine del periodo estatico, nel 1585, per Maria Maddalena iniziarono terribili prove e tentazioni. La grande prova, chiamata il “lago dei leoni”, la portò alla tentazione della disperazione, della fuga dal monastero e del suicidio. Era la purificazione passiva che perfeziona ogni esperienza mistica e che è tanto più severa quanto più perfetta. Anche in questo periodo la sua fede rimase ferma e il coltello per il suicidio fu deposto ai piedi della statua di Cristo. Maria Maddalena preferiva la carità fraterna ai doni eccezionali e tutta la sua vita quotidiana fu animata da una eccezionale carità ed umiltà. Questi aspetti non possono essere sottotaciuti perché la sua santità non è consistita nell’avere visioni ed esperienze mistiche straordinarie, ma nell’aver praticato le virtù cristiane e religiose che le hanno permesso di amare Dio, il prossimo e la società nei momenti comuni della normalità. Nel 1604 si ammalò di nuovo, dopo essere stata priora, trascorse gli ultimi tre anni come una semplice suora in tutta umiltà, nel nascondimento e fra prove fisiche e morali. Questo fu il periodo del “nudo patire”, morì il 25 maggio 1607 consumata nell’inseguimento di quell’Amore che sapeva non amato e che voleva fare amare da tutti come quando si era attaccata alle campane e aveva suonato a lungo fra la meraviglia del popolo di Firenze gridando: “Venite ad amare l’Amore!” 


Roberto Arioli

ABBIAMO PERSO UN GRANDE PRETE!







E' morto Don Gallo, prete di mille battaglie Si è spento a 84 anni nella comunità della sua Genova Il cordoglio di Napolitano: «Era un sacerdote amato»

È morto don Andrea Gallo: il prete impegnato di mille battaglie non ce l'ha fatta. È scomparso a 84 anni, dopo una lunga malattia, nella sua Genova, nella sua comunità di San Benedetto al Porto che aveva fondato lui stesso alla metà degli anni'70 per ospitare poveri ed emarginati, circondato dalle persone più care. «Provo tristezza e rammarico, era un sacerdote amato» ha scritto il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano in un messaggio indirizzato alla comunità. E proprio lì, a San Benedetto al Porto, mercoledì sera sarà allestita la camera ardente per rendere l'ultimo saluto a Don Gallo: la camera sarà aperta anche giovedì e venerdì. Ancora da stabilire, invece, i dettagli dei funerali che, probabilmente, si svolgeranno sabato.

MESSAGGIO DEI DUE CONSIGLI GENERALI OCARM E OCD A TUTTA LA FAMIGLIA CARMELITANA

(Aylesford, 10-17 maggio 2013)
Nell’Anno della Fede, noi, membri dei due Consigli Generali, OCarm e OCD, ci siamo recati in pellegrinaggio a Aylesford, in Inghilterra, un luogo molto significativo per tutta la Famiglia Carmelitana. Qui infatti, da dove vi scriviamo questa lettera-messaggio nella festa di San Simone Stock, si trova l’antico convento carmelitano, fondato nel 1242 da alcuni pellegrini-eremiti del Monte Carmelo. Il loro ritorno dalla Terra Santa in Europa, il loro passaggio dalla vita eremitica alla vita mendicante, la loro esperienza di Dio e soprattutto il loro umile e fraterno affidamento alla Madonna in un tempo di crisi culturale sono stati per noi fonte di ispirazione e di ripensamento della nostra missione nei tempi odierni – il tema a cui abbiamo dedicato gran parte del nostro lavoro, guidati dal P. Benito De Marchi, missionario comboniano.
A Aylesford, siamo stati ospiti della comunità locale dei frati OCarm, ai quali vogliamo esprimere il nostro vivo ringraziamento per la calorosa e premurosa accoglienza. È stato un tempo di preghiera, di fraternità e di riflessione, durante il quale abbiamo anche vissuto due significative esperienze ecumeniche. Abbiamo celebrato i primi Vespri della domenica insieme ai fratelli anglicani nell’antica cattedrale di Rochester (risalente all’anno 604). Il secondo incontro è stato a Cambridge con l’arcivescovo-emerito di Canterbury, dr. Rowan Williams, fine teologo ed eccellente conoscitore della spiritualità e dei santi del Carmelo. Questi due incontri di preghiera e di riflessione teologica ci hanno aiutato a capire che la missione oggi deve essere svolta in stretta collaborazione con le altre confessioni cristiane, in un atteggiamento di apertura ecumenica.
Dal nostro pellegrinaggio alle fonti del Carmelo in Europa è scaturita l’umile convinzione che il nuovo tempo, caratterizzato dalla globalizzazione, dalla mobilità in tutte le direzioni, dall’irruzione dell’”altro”, dall’affermazione del “soggetto” e dalla dimenticanza di Dio, richiede un nuovo cuore missionario. Richiede cioè un cuore sempre più evangelico e meno sicuro di sé. Quello infatti che vogliamo condividere con gli altri non sono le visioni del mondo e gli atteggiamenti del nostro uomo vecchio, ma l’umanità nuova donataci da Dio Padre tramite il suo Figlio morto e risorto e plasmata continuamente dallo Spirito Santo. Rowan Williams, nel suo apprezzato intervento all’ultimo Sinodo dei Vescovi, riferendosi a santa Edith Stein, ha chiamato questa umanità nuova “l’umanità contemplativa”. Riprendendo questa felice espressione, di sapore tipicamente carmelitano, noi l’abbiamo descritta, nelle nostre riflessioni, come un’umanità dimentica di sé, silenziosa, libera dall’affanosa ricerca di soddisfazioni personali e dalla pretesa di rendere felici gli altri imponendo le proprie concezioni e i propri progetti. Tale umanità, rivolta verso il Padre, è capace di vedere tutti gli uomini, specialmente i poveri, gli emarginati e sofferenti, con occhi pieni di compassione. È un’umanità ospitale, pronta a intraprendere un pellegrinaggio incessante per trovare insieme agli uomini e alle donne del nostro tempo la via che ci conduce più profondamente nel cuore della vita trinitaria.
Immaginare questa umanità nuova è per noi impossibile senza “liberare il carisma per un tempo nuovo” (P. Benito De Marchi), senza cioè liberare il suo potenziale contemplativo e missionario da tutte le superficialità, superbie ed egoismi, che impediscono di vedere l’amore trinitario e ci chiudono in un circolo autoreferenziale. In modo positivo, liberare il carisma vuol dire sperimentare in maniera viva le relazioni trinitarie nella vita fraterna e comunitaria; vuol dire ritrovare la gioia evangelica e gustare il sapore dell’unità e della semplicità esistenti tra il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, per testimoniarle in ogni luogo, in ogni momento, in ogni situazione in cui siamo mandati.
In tutto questo ci accompagna Maria, Madre di Dio e Madre nostra. Per noi carmelitani Ella è il modello umano sublime dell’ascolto della Parola e della contemplazione del Dio vivo. Lei, contemplativa per eccellenza, si avvicina ad ognuno di noi e si fa pellegrina con noi. Ci abbraccia col suo amore materno e fraterno e accende nei nostri cuori la fiamma della carità. Povera e umile, con il semplice segno dello scapolare protegge questa fiamma nei nostri fragili corpi umani e la trasforma in una grande passione evangelizzatrice e missionaria. La sua discreta ma eloquente presenza nella nostra vita fa sì che tutti coloro che indossano lo scapolare sono chiamati ad impegnarsi allo stesso amore verso il prossimo. In questo senso giustamente la Vergine del Carmelo è stata chiamata “Missionaria popolare” (Oscar Romero).
Cari fratelli e sorelle, ripartiamo da Aylesford con una rinnovata consapevolezza del dono della nostra vocazione e della missione connessa a tale dono. Il Signore Risorto ci invita a non avere paura delle difficoltà, a non scoraggiarci di fronte alle inevitabili prove e ai possibili fallimenti. C’è in tutti noi, piccoli e poveri, una forza più grande, che ha vinto il mondo. È la forza dell’amore con cui il Padre ci ama, è la forza della sua Parola e del suo Spirito che ci spingono ad andare verso il mondo, ad aprirci a tutti coloro che il Signore vorrà porre sul nostro cammino. Molti uomini e donne ci attendono, attendono che la famiglia del Carmelo manifesti loro la tenerezza del nostro Dio. Che il Signore ci aiuti a non deludere la loro speranza.

I FESTEGGIAMENTI PER PADRE PIERLUIGI MISSIONARIO IN GIAPPONE

Il 75° di Sacerdozio di P. Pierluigi ad Uji (Giappone) il 15-5-2013

SPIRITUALMENTE    44246

Spiritualmente sol partecipai
a quella Festa piena di ricordi...
Sentivo scalpitar la digitale:
“Perché non mi portasti fin laggiù?
Sarei entrata anch’io nella Storia!”.
Abbi pazienza, figlioletta mia...
Vuoi che la Provvidenza non rimedi?
Ed ecco farsi viva dal Giappone
una Terziaria cara che mi manda
i suoi sfocati scatti, ma che importa?
Son la testimonianza d’un affetto
che lega i giapponesi a questo Padre:
per sei decenni seppe divulgare
l’Amore di Teresa per Iddio!

(Montechiaro 22-5-2013), Padre Nicola Galeno
Padre Pierluigi con il Padre Provinciale di Milano

Al centro: P. PIERLUIGI CIRCONDATO DA CONFRATELLI E FEDELI
IL FESTEGGIATO, AMOREVOLMENTE... VEGLIATO!
P. CARMELO SORREGGE IL ...VEGLIARDO!

Da sinistra i Resti dell’Armata lombarda:

PP. BERNARDO, CARMELO, PIERLUIGI E CLAUDIO

Ciclo su Padre Pierluigi, realizzato da Padre Nicola Galeno, che ringrazio di cuore.
Noi non abbiamo potuto partecipare, il Giappone è ben lontano, ma queste foto ci permettono di ricordare coloro che, rinunciando alla propria terra, alle proprie origini, si sono messi al servizio del Signore come missionari del Suo Vangelo e far conoscere il carisma carmelitano di Santa Teresa D'Avila

BENVENUTO|

Il Paradiso non può attendere: dobbiamo già cercare il nostro Cielo qui sulla terra! Questo blog tratterà di argomenti spirituali e testimonianze, con uno sguardo rivolto al Carmelo ed ai suoi Santi